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La vita appesa a un filo...
Ma quanto è difficile a volte per un detenuto telefonare a casa!
Di Enrico Flachi, gennaio 2002
Quattro sono i colloqui telefonici che possiamo fare ogni mese, ma proprio quelle telefonate, che dovrebbero rappresentare per alcuni minuti il piacere di comunicare con i propri cari, si trasformano troppe volte in un momento di frustrazione, di nervosismo, di rabbia. "Siete in tanti, non si riesce a farvi telefonare tutti!", ti dicono. È vero, siamo in troppi in carcere, dovremmo essere molti di meno. Succede poi che con il nuovo Regolamento Penitenziario, entrato in vigore nel settembre 2000, il legislatore ha introdotto alcune sostanziali modifiche, una delle quali riguarda la durata massima di ciascuna conversazione telefonica, che ora è di dieci minuti (prima erano sei): un’ottima cosa, se non fosse che le linee sono rimaste le stesse, e per motivi di tempo non si riesce quindi sempre a fare tutte le telefonate consentite. Più volte abbiamo fatto presente questo problema, sono successi anche fatti deprecabili, come quando qualcuno, preso da rabbia per non aver potuto telefonare a casa pur avendone diritto, ha frantumato il box telefonico della sezione. Ci sono infatti episodi e circostanze, anche molto piccoli per una persona dotata di un normale equilibrio, che in carcere invece a volte ti portano a toccare i limiti estremi della sopportazione. E ci sono detenuti che, incalzati dalla stanchezza e dalla frustrazione, arrivano alla perdita del controllo sino ad esplodere, e finiscono per fare danni, ma anche per rovinarsi, spesso per cose da niente, dopo avere per anni avuto un comportamento corretto e rispettoso. E così, fioccano quei rapporti disciplinari che sono sempre pronti a scattare, ed ogni rapporto può costare al detenuto la perdita di 45 giorni di liberazione anticipata: come dire che un momento di rabbia lo puoi pagare con 45 giorni di galera in più! Si dovrebbe assolutamente trovare una soluzione, e non lasciare incancrenire il problema, che è fonte di forti tensioni, con persone esasperate perché non c’è stato il tempo per inserire la loro telefonata. E per un detenuto saltare una telefonata significa perdere una boccata di ossigeno; per i suoi cari, vuol dire sentir crescere la tensione, chiedersi che cosa può essere successo, attendere con angoscia crescente lo squillo del telefono. Noi siamo soliti avvisare le nostre famiglie del colloquio in ogni modo possibile, giorni prima, o addirittura una settimana prima, proprio per non incorrere nel rischio di non trovare nessuno in casa, ed è poi desolante quando ci si sente dire: "Abbiamo provato, ma non risponde nessuno", o "Lei non ha potuto telefonare, perché è senza fondi!". A molte persone è stato detto, quando hanno chiesto perché non sia stato loro possibile telefonare nonostante avessero soldi sul libretto, i famigliari fossero in attesa, e la telefonata spettasse loro di diritto, che non è colpa del carcere, che le linee sono quelle che sono e miracoli non se ne possono fare. Noi vogliamo allora sollevare il problema, per far capire che, per chi fatica a mantenere in vita i già fragili rapporti con i famigliari, saltare una telefonata può voler dire mettere la famiglia in un inutile stato di ansia e nello stesso tempo rischiare di lasciarsi prendere la mano dalla tensione e di perdere il controllo. Quello che chiediamo è semplice: che vengano messe altre linee telefoniche. Perché già prima dell’entrata in vigore del nuovo Regolamento, con le telefonate di sei minuti, capitava di saltare qualche telefonata, ora sta diventando quasi una normalità il fatto che ogni tanto non si telefona. Ma per noi e per le nostre famiglie è una "normalità" pesante da sopportare, in una situazione nella quale già sono pochissime le possibilità di incontro e di condivisione di qualche momento di intimità.
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