La verità è che nessuno vuole mandarci a scontare la pena vicino alle nostre famiglie

 

di Elton Kalica, settembre 2008

 

Sono uno “spaventoso” immigrato di origine balcanica che da tredici anni disturba la tranquillità di questo paese occupando una cella in carcere, e l’unico lavoro che ho svolto in questi anni è stato pulire i corridoi per poco più di cento euro al mese. Quindi, un po’ per la mia posizione sociale e un po’ per quella economica, ambedue disastrate, di solito quando sento dei politici parlare di immigrati mi spavento e spero che le loro promesse di sicurezza non si realizzino, proprio per i costi che avrebbero sui milioni di disgraziati come me. Tuttavia recentemente, nelle parole di tanti politici, ho sentito echeggiare una ricorrente minaccia di svuotare le carceri mandando i detenuti stranieri a scontare la pena nel proprio Paese. Devo dire che questo è l’unico impegno dei politici italiani per cui incrocio le dita nella speranza che siano di parola.

Ho però forti sospetti che, come le altre volte, anche questo entusiasmo si riveli una trovata mediatica e alla fine, così come è successo in precedenza, io e molti miei conterranei continueremo ad abitare le celle sovraffollate delle carceri italiane. I media parlano tanto di carceri strapiene e di condizioni invivibili, ma in realtà per noi detenuti stranieri la cosa che rende la detenzione inaccettabile è la separazione dai nostri cari. Più che la perdita della libertà ci addolora sapere che i nostri genitori devono affrontare mille peripezie, se sperano di poter venire per qualche giorno in Italia: intere settimane di file di fronte all’Ambasciata italiana per chiedere un visto d’ingresso, controlli, sospetti, umiliazioni, e alla fine, molti ricevono tante porte in faccia e solo pochi riescono ad avere il tanto desiderato timbro sul passaporto.

L’ultima volta che mia madre ha avuto un visto per venire a trovarmi è stato un anno e mezzo fa: dopo anni di rifiuti, all’Ambasciata hanno deciso di darle un visto di dieci giorni, giusto il tempo del viaggio e di fare un colloquio di poche ore con il figlio che non vedeva da anni. Non so quando la rivedrò di nuovo, e quanto a mio padre, ormai si è rassegnato e dopo otto anni di domande respinte non chiede più nulla alle autorità italiane. Sono migliaia i detenuti stranieri che incontrano i loro famigliari raramente o quasi mai, per non parlare del fatto che molti hanno famiglie talmente povere che non sognano nemmeno di intraprender un viaggio così costoso.

Ecco perché, rispetto alle minacce di liberare le carceri dagli stranieri mandandoli a scontare la pena nel proprio paese, siamo tanti  detenuti a dire “fatelo”. Fatelo e lasciateci ritornare vicino alle nostre famiglie, così, anche se magari andremo a vivere in carceri peggiori, per lo meno non saremo più obbligati a sentire le minacce di chi pensa che siamo la causa di tutti i mali del vostro Paese e non continueremo a essere preda di insulti quotidiani.