Riusciremo mai a capire quanti sono i pentiti recidivi?

La legge Gozzini non ha nulla a che fare con la legge sui pentiti

Quella astuta abitudine di confondere le agevolazioni concesse a chi ha collaborato con i benefici di cui possono faticosamente usufruire i detenuti comuni

 

Qualche tempo fa a Pescara un uomo, colpevole di vari omicidi e altri reati, ma che godeva di una serie di privilegi perché collaboratore di giustizia, tra cui quello di lavorare fuori dal carcere per una cooperativa, ha ucciso il titolare di uno stabilimento balneare. Sul fatto si sono buttati giornali, televisioni, politici, per mettere sotto accusa il sistema che dà la possibilità, grazie alla legge Gozzini, ai detenuti, dopo alcuni anni di carcerazione, di cominciare a uscire dal carcere gradualmente con benefici come permessi premio e semilibertà. Un sistema che ha reso le carceri meno violente e più vivibili. Ci pare che nessuno abbia avuto il coraggio di dire che quell’uomo era fuori dal carcere, nonostante i gravissimi reati commessi, non per la legge Gozzini, ma perché era un “pentito”.

 

 

Collaboratori di giustizia o detenuti comuni?

 

di Elton Kalica, ottobre 2008

 

Un Paese è come una persona, più tempo ci stai insieme e più impari a conoscere i suo pregi e i suoi difetti. Oltre alla lingua e alle tradizioni, la giustizia è un’altra faccia dell’Italia che ho potuto conoscere in modo abbastanza approfondito, però, ciononostante, sulla giustizia italiana non si smette mai di scoprire cose nuove, e devo confessare che ho vissuto la storia dell’omicidio avvenuto a Pescara pochi mesi fa come un’altra scoperta di questo Paese.

Sono tante le persone che sono rimaste sorprese nel vedere l’autore di quindici omicidi girare in libertà, e per giunta ritornare a uccidere ancora. Nonostante la stagione estiva, lo sconcerto è stato talmente grande che occorreva dare qualcosa alla gente in modo che, come si dice in Italia, se ne facesse una ragione ed ecco che un pubblico mea culpa del Magistrato di Sorveglianza sembra abbia placato l’indignazione della popolazione. Questo mi ha fatto scoprire il volto di un magistrato secondo me rassegnato al potere mediatico, che decide di accollarsi colpe non sue purché si spengano i riflettori.

Ma se questa è un’altra Italia che sto conoscendo, io credo che non bisogna rassegnarsi sempre di fronte al potere dei media e dei politici, che non hanno perso tempo per criticare ancora una volta i permessi premio concessi ai detenuti. Chi sta in carcere, anche uno straniero come me, sa distinguere tra lo scontare la pena secondo la legge Gozzini e l’uscire dal carcere usufruendo della legge sui pentiti, e allora molti di noi sono rimasti sorpresi sentendo i media parlare di permessi premio o di semilibertà.

La differenza è enorme poiché la cosiddetta Gozzini è una legge che lo Stato ha fatto per proteggere la società, che altrimenti si ritroverebbe con ex-detenuti usciti a fine pena incapaci di vivere una vita normale; mentre la legge sui pentiti è stata fatta per barattare confessioni di reati gravi e informazioni sulla malavita organizzata con la libertà di ritornare nella società, spesso per fare l’unica cosa che si sa fare, delinquere. La prima legge insomma impone ai condannati, prima di dar loro qualche permesso premio, un percorso verso la libertà fatto di anni di galera, in cui si deve passare attraverso équipe di specialisti e collegi di magistrati, mentre la seconda ha dato spesso ai boss mafiosi la possibilità di tenere le istituzioni sotto ricatto, usando la rivelazione di altri omicidi commessi come una specie di bonus per ritornare subito in libertà ogni volta che si viene arrestati.

Tuttavia, non si può negare l‘importanza che hanno avuto i collaboratori di giustizia nel far luce su molti crimini orribili. Noi oggi ci sentiamo indignati non tanto perché lo Stato non ha saputo studiare altre forme per gestire chi vuole collaborare, quanto per questo atteggiamento assurdo che molti politici continuano ad avere rispetto alla legge Gozzini: criticano una norma che tutela la società, dato che noi detenuti, quando usciamo dal carcere alla mattina per andare a lavorare, rimaniamo sempre sotto il controllo degli operatori del carcere, e dopo il lavoro rientriamo in galera, mentre chi è libero perché aveva crimini da raccontare e coi quali barattare dei vantaggi, quello potrebbe essere davvero un pericolo per la società.