Pagare per i propri errori, ma rimanere persone

Comprendo, ma la testa non credo di doverla abbassare

So di dover chiedere scusa, di voler rimediare e riparare verso chi ho colpito, ma guardando dritto negli occhi chiunque

 

di Bruno De Matteis, giugno 2008

 

Un assassino deve sempre girare a testa bassa e i miei diritti vengono e verranno sempre prima dei suoi”… Frase forte, anzi fortissima, dura anzi durissima. L’espressione del dolore mai sopito, che resterà dentro tutta la vita in Silvia Giralucci per l’assassinio del padre da parte di terroristi quando aveva solo 3 anni, lo comprendo e, pur essendo a mia volta un omicida, le sono idealmente vicino nel dolore avendo perso dieci anni fa mio figlio di 25 anni in un incidente stradale, e non avendo potuto partecipare al suo funerale a causa di una applicazione insensibile di una normativa assurda e pure disumana… Pertanto ritengo di essere una delle persone più adatte (me ne sento il diritto come carnefice e vittima) a rispondere ribadendo che capisco le parole più dure, ma non credo di dover abbassare la testa.

Comprendo il dolore, lo condivido intimamente, capisco forse più di ogni altro colpevole quanto può essere profonda e mai del tutto rimarginabile una ferita di questa natura e che la difficoltà, l’impossibilità di metabolizzare in pieno o in parte un evento di tale tragicità possa portare ad esprimersi nel modo di Silvia Giralucci, ma non posso, non voglio e non mi sento in dovere di girare a testa bassa… Posso anche accettare che i suoi diritti vengano prima dei miei, ma la dignità data da un percorso dolorosissimo di ripensamento verso gli atti, compiuti nel mio passato, a cui si è aggiunta la tragica morte di mio figlio, che ha reso esponenziale la difficoltà del mio “viaggio interiore”, del mio rivisitarmi in questi dieci anni, mi fa dire a Lei e a tutti quelli che la pensano in quel modo… no. Io la testa non la abbasso di fronte a nessuno… La mia dignità mi impone di guardare dritto negli occhi chiunque, di chiedere scusa, di rimediare e riparare verso chi ho colpito, verso la mia famiglia che paga pure lei per una colpa che non ha, verso me stesso, ma sempre e comunque a testa alta.

Essere persone, riconoscere i propri errori, pagare per questi non deve voler dire subire la “condanna del capo chino”… è la richiesta di una umiliazione perenne e sono sicuro che tutto ciò non appartiene neppure a Silvia. Ripeto: comprendo benissimo il suo sfogo, durissimo e spietato, per un immenso, e a volte insopportabile, dolore.

Non so se ci sarà mai modo di incontrarci e di parlarne uno di fronte all’altro con sincera lealtà. Mi auguro di poterla incontrare per poterle stringere la mano, se lo vorrà, e per ribadire quanto comprendo la sofferenza per un padre che le è stato sottratto con tanta brutalità e mai le potrà essere restituito.

Un padre, come un figlio, non sono merce riproducibile, sono entità uniche che restano nel cuore sino all’ultimo giorno della nostra vita… proprio per questo reputo lei una persona non diversa ma speciale, che spero di poter risentire e rivedere… Lo riterrò un privilegio e un arricchimento per una persona quale sono io… una persona che comunque porterà dentro sino alla fine il peso degli errori commessi, ma sempre a testa alta. Questo mi deve essere concesso.