Quegli incredibili incontri tra tante classi e noi detenuti

La parola d’ordine è migliorarsi sempre

Che forza devono avere avuto quelli prima di me, che forza hanno quelli che ho incontrato quando sono arrivato, che forza dovremo mettere tutti insieme per andare avanti, per andare oltre!

 

di Bruno De Matteis, giugno 2008

 

Credo di essere uno degli ultimi entrati a far parte della “famiglia” di Ristretti Orizzonti. Dovrei forse iniziare esprimendo gratitudine verso qualcuno, così potrei sempre contare, un domani, su una buona parola, una piccola raccomandazione, visto che in Italia nel bene e nel male funziona così, ma, in questo caso, non lo farò perché qui ho trovato qualcosa di particolare, qualcosa di molto diverso: uno spirito che mai avevo trovato e provato prima in altre carceri (e ne ho visto parecchie purtroppo). E poi, parliamoci chiaro, se dovessi farmi “raccomandare” dopo 30 anni di carcere vorrebbe dire essere ridotto davvero male. Invece quello di cui voglio parlare è il clima, le persone con cui mi viene consentito quotidianamente di lavorare, la sincerità e leale amicizia che per primo mi sento di dare da quando sono in questa redazione.

Non è la prima volta che mi trovo a lavorare con giornalisti “creati” in carcere, ma qui ho incontrato un mondo tutto nuovo. Un modo di collaborare, di confrontarsi (a volte anche duramente) che fa capire che tipo di sforzo debba essere stato compiuto in questi dieci anni per arrivare a questo livello. Questo posso dirlo proprio confrontando le mie passate esperienze con quella attuale. Qui la parola d’ordine è migliorarsi sempre, andare avanti anche contro tutto e nonostante la condizione di detenzione. Proprio questa condizione è stata tramutata in energia aggiunta che permette di trascinarsi dietro qualsiasi peso, ogni fardello, senza arrendersi o farsi condizionare. Tutto nel segno del massimo rispetto tra tutte le diverse componenti della redazione.

Fatti personali dieci anni fa (proprio quando nasceva Ristretti Orizzonti) mi hanno fatto capire che c’è sempre, anche quando ormai non ci credi più, chi può dirti una buona parola, chi può darti un aiuto, anche solo con un gesto. Così ha avuto inizio il mio percorso, ho cominciato a frequentare la scuola media sino a diplomarmi in Ragioneria Commerciale e ora posso affermare con sincero rammarico: quanto tempo ho perso, come avrei potuto sfruttare meglio i tanti anni sprecati in odio e ribellioni!

Oggi, con mia enorme sorpresa, ho scoperto, grazie ai miei compagni d’avventura in questa redazione, il mondo degli studenti. Questi incredibili incontri (così erano per me all’inizio e ancora lo sono in parte) tra tante classi e noi detenuti mi fanno ancora più rimpiangere di aver abbandonato gli studi troppo in fretta, e questa consapevolezza è un altro grande merito di chi ha cercato con tutte le sue forze di aprire questa strada di grande confronto con le scuole. Questi ragazzi/e, spesso con lucidità, ti fanno domande che non sai come sviare, a volte sono dure sassate che ti lanciano nella loro innocenza (e forse anche con un po’ di furbizia). Ma questo confronto ti fa sentire ancora parte integrante di una società, che tu hai lasciato da tanti anni, e per questo trovi le parole per confrontarti e cercare con delicatezza di dare la tua testimonianza, sperando venga accettata e possa essere davvero utile per il loro futuro.

Quando il pensiero va a questi dieci anni trascorsi per arrivare a questo punto, non posso fare a meno di riflettere su un aspetto di questa attività: che forza devono avere avuto quelli prima di me, che forza hanno quelli che ho incontrato quando sono arrivato, che forza dovremo mettere tutti insieme per andare avanti, per andare oltre.