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La redazione e io: perché mi sono detto “Voglio farne parte”
Ristretti Orizzonti è giunto al suo 50mo numero, mentre io ho visto partorire soltanto gli ultimi sei. Ricordo come se fosse ieri la mia conoscenza con questo giornale e la voglia di farne parte
di Altin Demiri, agosto 2005
Appena arrivato nel carcere di Padova mi hanno messo in una cella con uno che fumava come un turco. Io non ho mai fumato, e vivere all’improvviso con un fumatore mi era impossibile. Con questa motivazione ho chiesto alla direzione di essere messo in una cella con un compagno che non fumasse. Dopo qualche settimana, la mia richiesta è stata esaudita, e mi hanno messo con Francesco Morelli. Mi sono reso subito conto che oltre ad essere uno che non fumava, Francesco era anche un ragazzo intelligente e disponibile. La considerai una fortuna, anche perché cominciai a imparare molto da lui. Lui era uno dei detenuti fondatori di Ristretti Orizzonti, e da anni se ne occupava a tempo pieno. E io vedevo una forte passione e serietà in questo impegno.
Un giorno, mentre mi trovavo ai passeggi, un agente mi ha invitato a recarmi all’area scolastica
Aveva anche un personal computer in cella, e in tutto il periodo della nostra convivenza l’ho visto ogni notte davanti al suo computer fino alla mattina per sistemare il sito di Ristretti Orizzonti. Ricordo in particolar modo che lo vedevo lavorare a una ricerca sui detenuti che morivano nelle carceri d’Italia. Tutto ciò mi incuriosiva molto, e così spesso gli domandavo cose per capire di più su queste sue attività. E lui, sempre educato e disponibile, non si è mai sottratto al compito di spiegarmi non solo l’importanza di questa attività per quanto riguarda l’informazione, ma anche come era bello farne parte e lavorarci. Tutto ciò mi affascinava. Vedevo Francesco occuparsi anche di studi giuridici, e allora mi avvicinavo per sbirciare le carte, le nuove leggi che lui leggeva con interesse, e che mi spiegava con pazienza. Io poi andavo ai passeggi e informavo a mia volta i miei paesani che ne parlavano con i compagni di cella, cosicché diventava una catena informativa in tutto il carcere, e a volte gli argomenti trattati nel giornale venivano a conoscenza dei detenuti prima che il giornale stesso venisse stampato. Spesso “sfogliavo” nel suo computer il sito di Ristretti Orizzonti, che contiene più di seimila pagine di testimonianze e informazioni riguardo a leggi e regolamenti attinenti il mondo del carcere e la giustizia, e mi accorgevo dell’utile lavoro che questa redazione svolgeva per i detenuti. Ho conosciuto così il perché della passione e della volontà di Francesco, ho visto la sua soddisfazione, ma soprattutto ho capito che questo giornale combatteva per il miglioramento della vita dei detenuti e li informava dei loro diritti. Francesco mi aveva parlato anche della presenza di stranieri e specialmente di albanesi come me, che svolgevano un ruolo fondamentale in questa redazione. In poco tempo avevo scoperto una realtà che mi incuriosiva molto, perciò ad un certo punto ho deciso che dovevo fare parte di questo giornale. Dovevo imparare per poi cercare di dare il mio contributo. La voglia di fare era enorme, e aspettavo con ansia l’autorizzazione del direttore. Poi un giorno, mentre mi trovavo ai passeggi, è venuto l’agente e mi ha invitato a raggiungere l’area scolastica. Ero stato autorizzato. Finalmente facevo parte di questo gruppo.
Quello che conta è anche lo spirito umano che il giornale fa crescere in chi ci crede
Certamente all’inizio avevo delle difficoltà come tutti i nuovi arrivati, non avevo nessuna esperienza di scrittura, ma poi ho conosciuto meglio Elton, il mio paesano, che si è dimostrato subito disponibile e mi è stato molto d’aiuto costruendo per me un percorso di scrittura. Con questo voglio dire che ho trovato da subito un ambiente caloroso e amico. E quindi mi sono inserito perfettamente sia nel lavoro serio che questa attività impone, e sia nello spirito umano che il giornale fa crescere in chi ci crede. Ho dovuto fare uno sforzo enorme per non “rimanere ultimo” e per più di un anno mi sono dedicato con tutte le forze a raggiungere e poi tenere il passo degli altri miei compagni che sono certamente più bravi di me. Ed ecco che in questo cinquantesimo numero di Ristretti Orizzonti, ci sono anch’io, a tenere fede al nostro impegno di fare una corretta informazione e ad affrontare insieme ai miei compagni i problemi più importanti, che interessano a molti. Ma non sarà difficile, perché questo giornale non si è mai sottratto alle tante questioni che pongono i detenuti, al ragionamento, alla discussione e alle loro rabbie. Un lavoro importante lo fanno anche i volontari, persone che non hanno pregiudizi, ma ci considerano semplicemente degli esseri umani che hanno sbagliato. Volontari che hanno anche come obiettivo dare pari opportunità a noi stranieri, e rendere accessibili a tutti i benefici e le misure alternative. Io in loro non vedo l’indifferenza, non vedo la convenienza nel selezionare le persone detenute, e anche rispetto ai permessi premio da loro ho sempre sentito dire: “Mi prenderò se necessario una fregatura, piuttosto che non provare a dare una opportunità di cambiamento”. Loro non ci guardano dall’alto verso il basso, loro credono nel cambiamento delle persone, e noi, in questi volontari, abbiamo trovato il nostro sorriso, la sincerità e quel contatto umano che non appartiene di solito al carcere. Per tutti questi motivi voglio ricordare l’importanza che il giornale ha avuto nel cambiare la mia vita. Oggi mi sento un’altra persona. Ascolto i telegiornali e so di che cosa stanno parlando. Mi siedo intorno ad un tavolo con altre dieci persone e sono capace di reggere il confronto su diversi argomenti. Alla mattina mi sveglio con l’idea di scrivere qualche articolo, e alla sera vado a dormire riflettendo su norme, leggi e comportamenti da analizzare. |
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