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Un giorno molte più persone crederanno che si può cambiare
Parlare di categorie di detenuti non è corretto, ognuno ha la sua storia personale che può essere una lunga serie di reati o un unico reato
di Altin Demiri, febbraio 2005
Ciao, sono un detenuto della redazione di Ristretti Orizzonti, mi chiamo Altin e mi trovo in carcere dal ‘94 per omicidio con una condanna a 25 anni, di cui ho già espiato 10 anni. Sono albanese e quando ho commesso il reato avevo 21 anni, perciò sono stato condannato a più degli anni che avevo vissuto sino ad allora. Ho letto le vostre riflessioni e mi hanno colpito molto. Mi fa piacere che degli studenti si interessino della realtà carceraria e dei detenuti. Io credo che questo sia un passo importante per entrambi: per me come una nuova esperienza e per voi come approfondimento culturale su un tema importante . È mia convinzione che un confronto tra detenuti e ragazzi della vostra età sia anche un buon strumento di prevenzione agli atteggiamenti di devianza, può essere un momento per capire quanto è importante la libertà individuale che ognuno di voi ha e che noi invece abbiamo perso, perché unicamente quando ti trovi solo tra quattro mura hai l’occasione di riflettere sulla sofferenza che hai causato e su tutto ciò che hai perduto. Inoltre vedo questo progetto anche come un tentativo per sensibilizzare la società di domani e magari per crearne una migliore, dove nessuno abbia dei pregiudizi. Un giorno molte più persone crederanno che chi ha commesso un reato può cambiare e può migliorare, se gli verrà data l’opportunità. È mia opinione che aprendo le porte del carcere alla società civile e permettendo di comunicare con essa si può migliorare il carcere come luogo di pena e dare alla pena stessa quel senso di recupero della persona che dovrebbe avere, così come insegna la Costituzione italiana, mentre un carcere chiuso, isolato dagli occhi della società significa pura punizione e afflizione, al contrario di quello che uno stato civile deve garantire.
È importante coinvolgere chi ritiene che il carcere non lo riguarda
Il lavoro che svolgo in redazione mi appassiona anche per questo tipo di attività: un confronto diretto con il mondo esterno significa molto perché posso spiegare a chi sta fuori che cos’è il carcere e chi sono i detenuti con le loro storie umane, e cercare così di cambiare le opinioni troppo distanti e superficiali e di coinvolgere anche chi ritiene che il carcere non abbia nulla a che fare con la sua vita. Anch’io prima di entrare in carcere dicevo “io lì non ci andrò mai”, ed invece eccomi qua, perché gli uomini possono sbagliare. Ho notato che nelle vostre considerazioni si fa riferimento ai detenuti come ad un corpo unico, ignorando invece sia la classe sociale sia la provenienza geografica. Nel mio caso come straniero sto espiando la pena in maniera più severa: ad esempio, non ho la possibilità di colloqui, non ho aiuti economici, non posso usufruire di permessi in famiglia e sconterò l’intera pena qui dentro perché difficilmente gli stranieri possono usufruire di misure alternative al carcere. Vi ho parlato di me e non voglio rattristare nessuno, ma ho cercato tra l’altro di farvi capire che una pena comporta molte sofferenze aggiuntive che pochi conoscono, e che ognuno di noi carcerati subisce la pena in modo diverso. Perciò avrei piacere che non si parli di categorie come detenuti, assassini, ladri ecc., non è corretto, ognuno ha la sua storia personale che può essere una lunga serie di reati (recidivo) o un unico reato, ognuno prende una sua condanna che può essere minima o massima per ciò che la legge prevede, ognuno espia la sua pena, chi ne espia solo una parte in carcere e chi la espia per intero fino all’ultimo giorno. Confido che questa mia lettera vi possa far riflettere su altri aspetti del carcere e delle persone detenute. Tra tutte le domande che voi ragazzi ci avete posto, una di quelle che mi ha fatto più riflettere era se la punizione del carcere serve a pentirsi del reato che abbiamo commesso. Inizialmente l’ira, la paura, l’incoscienza della giovane età, non mi hanno permesso di capire che ero ristretto per causa mia, e anzi mi ribellavo all’idea. Penso però che ciò sia abbastanza consueto, è un istinto primordiale, davanti ad un interrogatorio, di negare tutto per sostenere la propria libertà (con tutto ciò che hai, affetti e benessere), con la speranza di non essere punito. Negare tutto anche di fronte all’evidenza dei fatti solo per mantenere la propria libertà. È quello che è successo anche a me di fronte a un grave reato come l’omicidio con prove incontestabili. Ho negato tutto, non solo per restare in libertà, ma anche per l’incoscienza che non mi permetteva di capire la gravità dell’accusa che mi veniva contestata. Mi ricordo quando il Pubblico Ministero disse alla Corte che io non ero ancora cosciente della gravità del reato che avevo commesso. Era tutto vero, io non mi rendevo conto davvero di avere tolto la vita ad un essere umano! Solo il carcere con tutto il tempo per ripensare al grave reato che ho commesso, la solitudine e la riflessione mi hanno portato a riconoscere gli errori e la sofferenza che ho provocato. Alle volte quando rifletto sulla mia vita, su come ha potuto succedere tutto ciò, quando penso al dolore che ho causato ai famigliari della vittima ed alla mia famiglia che non vedo da 12 anni, e anche a me stesso, è allora che mi rendo conto di essermi rovinato la vita, specialmente la parte più bella, quella della giovinezza, e dico a me stesso: “Testone, come hai potuto arrivare a questo?”. Quando mi domando se merito veramente questa galera, la mia coscienza si esprime sinceramente e mi dice di sì. È un sì che fa sentire dentro di me in forma quasi masochistica un piacere nel dover soffrire espiando la pena, quasi fosse una vendetta mia personale nei miei confronti che la legge ha solamente applicato. “Godere” di questo piacere così crudele, come il carcere e tutte le privazioni che comporta, significa compiere una riflessione che mi porta a riconoscere l’errore che ho fatto, e pensare di poter un giorno riunirmi con la società con la quale desidero tanto riconciliarmi. |
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