Un indulto meritato

 

di Altin Demiri, settembre 2006

 

Un indulto meritato: so che dico una cosa del tutto impopolare, visto che subito dopo la sua approvazione i giornali, le forze di polizia e tanti cittadini si sono indignati, soprattutto perché con questo “beneficio” esce dal carcere anche chi ha ucciso. Probabilmente pure io se non conoscessi il mondo carcerario mi scandalizzerei. Ma invece mi ritrovo dalla parte di Caino, perché ho ucciso un uomo in una rissa, e sono stato condannato a 24 anni di galera. E siccome anch’io ho beneficiato dello sconto di pena di tre anni voglio dire due parole su questa legge.

In primo luogo questo sconto significa che potrò uscire solo dopo anni di carcere, e non che esco subito. Perciò quelle persone condannate per omicidio che sono uscite si erano già fatte senz’altro parecchia galera, e probabilmente godevano di benefici di legge come permessi premio o misure alternative alla detenzione. Ciò significa che potevano uscire dal carcere per lavorare durante il giorno, oppure per andare a casa in permesso, e quindi erano già in mezzo alla società libera.

Io poi rinuncerei volentieri all’indulto, se lo Stato mi garantisse i diritti sanciti dalla legge: in teoria infatti dovrei vivere dignitosamente, essere rieducato, e essere reinserito gradualmente nella società, ma siccome tutto ciò non succede, per mancanza di risorse economiche  e umane, è giusto che ci sia uno sconto di pena per tutti. 

Quelli che gridano allo scandalo probabilmente poi non sanno che le persone condannate per omicidio sono una minoranza. La maggior parte dei detenuti che popolano le carceri sono poveracci e tossicodipendenti. E la pena, invece di rieducarli, gli causa un danno maggiore poiché li costringe a vivere in modo per niente dignitoso. Nel caso degli stranieri poi spesso l’afflizione è doppia, perché alla condanna si sommano le difficoltà che derivano dal non avere nessuno vicino. Ripenso a tutti i trasferimenti da un carcere all’altro che io stesso ho vissuto: all’improvviso ti ritrovi impacchettato in un furgone blindato a viaggiare per centinaia di chilometri, e tutto ciò a causa del sovraffollamento. I primi ad essere “sballati” (nel gergo del carcere significa trasferiti) sono sempre gli stranieri, dato che gli manca quel contesto famigliare che dovrebbe in qualche modo sostenerli.

Bisogna dire poi che, nonostante quello che tanti credono,  le pene in Italia sono altissime: ecco allora che i tre anni d’indulto diventano una riduzione per certi versi irrisoria.

Ho fatto 13 anni di carcere e se dovessi far causa allo Stato italiano per quelle forme di tortura che sono le afflizioni gratuite, e per i diritti non applicati, forse la mia condanna moralmente sarebbe terminata. In realtà l’uomo si abitua a tutto, e noi non ci facciamo più caso, agli abusi. Ma voi che siete fuori non potete nemmeno immaginare come si vive in una stanza di pochi metri quadri in otto-dieci persone, e cosa significa dormire in letti a castello che arrivano fino al soffitto, e legarsi per non cadere. Stanno meglio i cani di quei vecchi canili, che spesso fanno vedere in televisione.

Ecco le ragioni per cui penso di meritare questo indulto.