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Pedofili: solo carcere?
L’unica risposta certa che la società in questo momento sa dare è la carcerazione. In carcere, poi, per i pedofili c’è la collocazione in particolari strutture penitenziarie protette, lontani dagli altri detenuti perché, anche se oggi le cose sono un po’ cambiate, il disprezzo nei confronti di persone accusate di reati ritenuti "infamanti" è rimasto immutato
Di Alessandro Pinti, ottobre 2000
La cronaca di tutti i giorni offre ampi spunti di riflessione su diversi argomenti, alcuni dei quali veramente complessi e delicati, che richiederebbero approfondimenti seri e misurati. Nel nostro giornale sono stati pubblicati diversi articoli che hanno provocato reazioni "vivaci", anche dure prese di posizione contro il loro contenuto, e questo è il segno che non cerchiamo consensi, e che puntiamo invece a informare e ad aprire spazi di discussione, anche feroce, ma chiara, aperta al confronto, senza ansie di dispiacere a qualcuno. Questa volta, certo delle polemiche che ne verranno fuori, cercherò di contribuire al dibattito sul fenomeno della pedofilia, che l’attualità ha drammaticamente posto all’attenzione generale con diverse storie di violenza finita in tragedia, dove le vittime sono i bambini, ma anche i loro famigliari. La chiesa invoca in questi casi il perdono cristiano dei colpevoli, la gente si spinge invece quasi fino al linciaggio e chiede in forme sempre più pressanti la pena di morte per certi reati, gli esperti danno spiegazioni di tipo psichiatrico, sociale, famigliare, e parlano, rispetto ai pedofili, di disagi e violenze subite nell’infanzia che spesso scatenano comportamenti sessualmente devianti, in un rituale che si ripete ogni volta allo stesso modo. In questo contesto di reazioni, non mancano le promesse d’inasprimenti delle pene e di avvio di progetti di sensibilizzazione e prevenzione nelle scuole e nelle famiglie. Poi il "dovuto" silenzio, fino alla prossima occasione, alla prossima vittima in una società che in certi momenti sembra veramente degradata a livelli di ferocia incredibile. Le ricerche e i dati statistici riferiti alla pedofilia e alla violenza sui minori parlano spesso di persone appartenenti allo stesso nucleo famigliare della vittima, vicini di casa, amici, e comunque persone delle quali i bambini o gli adolescenti hanno fiducia e con le quali hanno instaurato un rapporto affettivo. Spesso sono dei "carnefici" che a loro volta hanno una personalità estremamente disturbata. A volte sono anch’essi dei ragazzi giovanissimi, che agiscono in branco, come la cronaca ha purtroppo evidenziato. La risposta certa che la società in questo momento sa dare è la carcerazione cui il pedofilo è immediatamente sottoposto, con una serie di complicazioni legate alla sua sicurezza personale, e la collocazione in particolari strutture penitenziarie protette. Ancora quindi il carcere, quell’immondezzaio sociale all’interno del quale si pensa di dover buttare, e nascondere, ogni nefandezza umana. Il pedofilo inizia così il suo percorso da detenuto speciale, e viene lasciato in una condizione, rispetto alla pena, particolarmente disagiata, con mille complicazioni esistenziali e con la certezza, da parte di chi condanna, che la pena comunemente più dura sia assolutamente meritata, ed anzi che dovrebbe essere ancora di più afflittiva, se qualcuno riuscisse a mettergli le mani addosso fuori da ogni controllo! Sono, quelle dei pedofili e dei colpevoli di reati di violenza sessuale, figure detestate, isolate, discriminate, ritenute indegne di fronte a qualsiasi altro detenuto che abbia commesso reati gravissimi sotto il profilo della vita umana e della pena corrisposta. A questa tentazione di giudicare senza appello, ovviamente, non sfugge nessuno, e in questo agenti della polizia penitenziaria e detenuti sono in pieno accordo. Saranno difesi dagli agenti, i pedofili, perché la legge non consente linciaggi o discriminazioni di sorta, ma saranno altrettanto odiati e detestati. Oggi tutto questo avviene in un clima di maggiore sicurezza, considerate le strutture diverse e la nuova mentalità di legalità che inizia ad imporsi negli istituti penitenziari, una volta invece la situazione era molto diversa, e queste persone subivano ogni tipo di violenza, sino a pagare con la stessa vita il reato di pedofilia, in una sommaria quanto "sacrosanta" giustizia. Chissà, mi domando, quanti famigliari di bambini violentati e uccisi hanno pregato che quantomeno questo tipo di "vendetta carceraria" si abbattesse sul responsabile dello scempio consumato sui loro figli. Chissà, mi domando, cosa penserebbero i nostri stessi famigliari nel momento in cui qualcuno di noi non vendicasse quelle giovani vittime se ne avesse l’opportunità. Sì, perché bisogna dirselo chiaramente: la violenza sui pedofili è l’unica forma di violenza che ci verrebbe "perdonata" in nome di una pericolosa cultura della vendetta. Si potrebbe affermare che spesso, anche in carcere, i più accaniti sostenitori di "verità assolute" e di "particolari" valori, si sono poi, nella prova dei fatti, dimostrati esattamente il contrario: ho visto colpire e ferire tante persone da parte di quei "bravi ragazzi" che successivamente hanno con opportunismo e freddo calcolo tradito per convenienza, loro sì "infami". Ho visto picchiare a sangue, schernire e discriminare uomini accusati di "debolezza" e comportamenti omosessuali, in anni in cui questa "colpa" era pagata con severe punizioni, da parte di chi poi, nel silenzio e nella vergogna, e a volte nella violenza, viveva la sua diversità sessuale! Il fatto è che alcuni stereotipi comportamentali carcerari sono espressione di tanta ipocrisia e risultano intrisi di quella sottocultura "malavitosa" che per troppo tempo ha condizionato e "regolamentato" le scelte di tanti di noi, uniformandoci strumentalmente a comportamenti predefiniti. Attualmente le cose sono un po’ cambiate, ma il disprezzo nei confronti di persone accusate di reati "infamanti" è rimasto immutato. Forse sono mutate le risposte di vendetta, considerate le varie convenienze legate ai benefici carcerari che condizionano il comportamento di tante persone in carcere. C’è quindi una folta schiera di ghettizzati, uomini disperati che vivono un rapporto con la detenzione difficile e a volte drammatico, senza nessuna concreta possibilità di avere un reale percorso reinseritivo e di superamento della loro condizione, così come di ricevere adeguate cure psichiatriche e psicologiche. Si preferisce invece isolarli in sezioni differenziate, nella maggior parte dei casi per motivi d’incolumità personale, ma anche per la totale mancanza di un progetto "trattamentale" adeguato, un’incapacità del sistema di programmare una politica penitenziaria tale, da consentire una condizione di normalità di cura e trattamento. Molte di queste persone, soprattutto i colpevoli di reati particolarmente odiosi e gravi, dovrebbero essere prima di tutto curate e assistite costantemente. E’ un loro diritto, e sarebbe anche un tentativo serio per una politica di "riduzione del danno" per la società, considerato che si tratta di persone con comportamenti patologici, che una volta tornate libere molto probabilmente commetteranno gli stessi reati, anzi con un rischio di ricadute più "cruente" dopo l’esperienza carceraria. Si è tentati, comprensibilmente, di farli marcire nelle loro miserie, nel dramma e nella sofferenza, che diventa, per tutti noi che non "c’entriamo" con questi reati, una pena giusta ed equa! Questa concezione vendicativa è prerogativa, in assoluto, dei famigliari delle vittime, che nella loro disperazione hanno il diritto sia di perdonare sia di chiedere vendetta. Non so perché tale diritto alla vendetta spesso deve impropriamente acquisirlo chi non è in questa condizione d’emotività particolare, e addirittura persone che hanno, nella loro vita, lasciato una scia di sangue nel commettere i loro delitti e fatto precipitare nella disperazione tante famiglie. E’ un atteggiamento molto ipocrita, sbagliato, pericoloso, un modo per nascondere le loro miserie e contraddizioni. Ancora più grave è quando l’istituzione penitenziaria, nella sua incapacità di predisporre un trattamento equo e civile, rispettoso del diritto, attua un’indiretta e forse non voluta discriminazione, oggettivamente favorendo un’esecuzione della pena particolarmente dura, non prevista dall’Ordinamento penitenziario. E’ superfluo affermare che non sono certo solidale con chi si è macchiato di reati assolutamente schifosi. Penso però che molti di loro siano allo stesso tempo carnefici e vittime, e in carcere dovrebbero essere curati e non messi nelle condizioni di aggravarsi nelle loro patologie e devianze comportamentali. Bisognerebbe guardare avanti, anche se questo costa fatica, senza necessariamente cercare, consolandosi, di scorgere indietro qualcuno peggiore di noi!
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