|
Nella nostra redazione si discute e si ragiona, ma non abbiamo soluzioni a ogni problema
di Adnene El Barrak, marzo 2008
Sono tunisino e sono in carcere da dodici anni per concorso in omicidio. Da qualche anno frequento la redazione di “Ristretti Orizzonti”, che mi permette non solo di uscire dalla cella per alcune ore al giorno, ma soprattutto di riflettere con persone che vengono da fuori un po’ su tutto ciò che ci succede intorno. In dieci anni di attività, i volontari della redazione hanno visto passare tantissimi detenuti e credo che non sempre sia stato semplice per loro lavorare con noi, dato che siamo persone senz’altro difficili. È inevitabile, se non vogliamo fare a finta che i detenuti che stanno qui diventino tutti buoni in fretta e senza problemi, che a volte succeda, dopo che qualcuno è uscito, di ritrovarsi ancora a discutere su di lui perché commette di nuovo un reato, perché fa male a qualcuno, perché ritorna in carcere. La cronaca di questi giorni ha parlato di una persona che già aveva commesso un omicidio e che, uscita per decorrenza dei termini della custodia cautelare, ha terrorizzato una donna con la quale aveva avuto una relazione perché lei lo voleva lasciare. Si chiama Alì, io l’ho conosciuto qui in carcere, e allora vorrei dire anch’io qualcosa su ciò che i giornali scrivono di lui. Innanzitutto provo dispiacere per la ragazza, vittima di un gesto che a me pare di follia, immagino che sia stato terribile per lei passare una simile esperienza, e avere i riflettori puntati addosso per un fatto così drammatico. Ne abbiamo parlato in redazione e ho visto che tutte le persone hanno voluto dedicare a lei la loro solidarietà: anche perché qui dentro nessuno cerca giustificazioni ai propri reati, soprattutto da quando le scuole entrano in carcere e gli studenti ci “interrogano” e ci costringono a essere più sinceri anche con noi stessi. Però scrivo queste righe anche per puntualizzare qualcosa che in questa vicenda mi ha dato fastidio: sembra che il fatto che uno come Alì prendesse parte alle attività qui dentro e ai dibattiti di Ristretti Orizzonti significhi che lui ha ingannato tutti fingendosi “recuperato”, per poi tornare a commettere reati. Io credo che lui non abbia finto nulla, e noi i problemi che aveva li vedevamo bene, però la redazione è aperta a tutti i detenuti, e qui non si guarda nemmeno il tipo di reato perché tutti, per essere in galera, abbiamo commesso dei fatti anche gravissimi. Noi in redazione siamo semplicemente persone che tentano di fare informazione ragionando su quello che succede, ma anche imparando ad assumersi le proprie responsabilità. |
|