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Nonno, non ti bacio più…! Le parole per dire perché si è lì: è questo lo scoglio che sta in mezzo, ingombrante più che mai, tra le persone in carcere e i figli piccoli, i nipoti, i bambini a cui non si sa mai cosa raccontare
di Alì Abidi, novembre 2006
Siamo uno di fronte all’altro, lui seduto con le gambe incrociate sulla branda, io sullo sgabello di fianco che guardo il mio compagno di sventura, e scherzo con lui per alleggerire la tensione che sento. Lui è molto riservato, porta i segni del tempo che ha passato qui dentro, iniziando dalle rughe sul viso. È sempre gentile e cordiale con tutti, ma non si racconta facilmente, il suo cuore è pieno di mille segreti, ma io con lui credo di aver raggiunto una tale confidenza, che non ha paura neppure di farmi vedere quando è commosso. Mentre iniziamo a parlare di qualcosa che ci sta molto a cuore, gli affetti, lui di colpo diventa cupo, triste e con gli occhi un po’ lucidi. Poi accende una sigaretta, come se avesse un nodo alla gola che gli impedisce di parlare, e con gli occhi ancora più lucidi e il viso rosso inizia il suo racconto: “Ieri ero in sala colloqui, e ho avuto una discussione con mia figlia. Il fatto è che c’era la mia nipotina di tre anni, che ha accompagnato la madre in visita. Io ho salutato mia figlia e poi mi sono accorto che la nipotina stava attaccata alla gamba della madre e non veniva a salutarmi come fa di solito. La mamma si è accorta del distacco della figlia e allora le ha detto: “Vai a dare un bacio al nonno A.”. Io tacevo e mi sentivo imbarazzato davanti a loro due, e intanto la nipotina continuava a manifestare il suo dissenso, proprio non ne voleva sapere di avvicinarsi, anzi si giustificava dicendo: “Mamma, mi hai detto tu di non salutare gli estranei!”. Io non capivo il motivo di questo cambiamento nel comportamento della bambina, e allora mia figlia me lo ha spiegato: “Sai, a casa parliamo spesso di te e ti nominiamo continuamente, ma durante una di queste chiacchierate mia figlia mi ha chiesto perché nonno A. non viene a casa nostra. Io non sapevo cosa dire e le ho risposto che nonno A. non viene a trovarci a casa perché ha fatto il cattivo”. Capisco che è difficile spiegare a un bambino che cos’è il carcere, ma come si fa a dire che il nonno ha fatto “il cattivo”, che è una cosa che non capisco, non mi appartiene, non mi sento di aver fatto “il cattivo”… Sono entrato in confusione totale, pensando a quale parola diversa dalla parola “cattivo” poteva andar bene per dare una spiegazione alla mia nipotina, che non le faccia cambiare il suo atteggiamento verso il nonno. La bambina infine ha guardato la mamma e, spinta da lei, è venuta verso di me per darmi un bacino timido ed imbarazzato, probabilmente ancora convinta però che non merito il suo affetto. Per qualcuno il discorso è normale, e potrebbe anche far ridere, ma io credo che dovrebbe soprattutto farci riflettere su come gli affetti devono essere coltivati, in particolar modo quando si tratta di bambini, perché basta una piccola distrazione o una spiegazione non attenta a trasformare l’affetto in ostilità. In effetti, il “non voglio” di mia nipote come risposta all’invito a dare un bacio al nonno nella sua testa era giustificato dalla parola “cattivo”. Dopo questo incontro così difficile ho deciso di non far venir più la bambina ai colloqui, per non farle subire ulteriori traumi. Prima di entrare in carcere, con lei avevo un rapporto bellissimo, andavo spesso da mia figlia e con la bambina giocavo, ero un nonno come tutti, che fanno giocare i nipoti, ciò che invece non ho potuto fare con mia figlia da piccola come fanno gli altri padri, e questo mi pesa ancora oggi, forse per questo cercavo di essere ancora più attento, disponibile, generoso, proprio per farmi perdonare i miei errori passati. Ma in carcere mancano le strutture adeguate per rendere più umano il contatto con i nostri familiari, questa è la realtà, e nulla cambierà se non si capisce che gli affetti sono come il cibo, una necessità “fisiologica”, qualcosa di cui non si può fare a meno. Altrimenti non ha senso parlare di reinserimento dei detenuti, di rientro nella società, perché senza affetti si finisce solo per rinchiudere una persona e farla diventare rigida, inaridita, cattiva, aggressiva… Io credo che la cura degli affetti debba essere davvero, ben più di come lo è ora, parte integrante di qualsiasi proposta di riforma del carcere”. |
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