Rassegna Stampa

A cura della Cooperativa Sociale AltraCittà di Padova
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CARCERE: LAVORO E FORMAZIONE

giugno 2010

Nel sommario e negli articoli interni (inizio tabella) in rosso (corsivo) sono indicati i descrittori di ogni articolo, mentre in nero (corsivo) gli identificatori

Sommario

  1. 04/06/2010 Redattore sociale - Giustizia: lavoro in carcere, una “finestra” sul mondo, ecco l’esperienza di Rebibbia -A-
    Formazione professionale, lavoro inframurario - Roma, "Panta coop" (cooperativa sociale), Mauro Pellegrini

  2. 04/06/2010 Redattore sociale - Giustizia: il direttore di Rebibbia; il carcere non deve essere luogo del nulla -B-
    Formazione professionale, lavoro inframurario - Roma, Stefano Ricca (direttore della Casa di Reclusione di Rebibbia), "Panta coop" (infissi in alluminio), "Syntax Error" (confezionamento pasti), "Spazio verde" (gestione agricola, rifiuti), "Coos" (carrozzeria)

  3. 04/06/2010 Redattore sociale - Giustizia: la testimonianza; il lavoro in carcere ti dà il senso del reinserimento -C-
    Formazione professionale, lavoro inframurario - Roma

  4. 08/06/2010 Agi - Ascoli: sei detenuti in “trasferta” nel teramano per lavoro socialmente utile in una pineta
    Lavori di pubblica utilità - Ascoli Piceno

  5. 10/06/2010 Il Tirreno - Livorno: le orate di Gorgona in vendita sui banchi pescheria dei supermercati Unicoop
    Itticoltura - Livorno/Gorgona, "Supermercati Unicoop"

  6. 11/06/2010 Redattore sociale - Sardegna: le colonie penali agricole di Is Arenas, Isili e Mamone passano al biologico
    Agro-zootecnia, reinserimento lavorativo - Is Arenas, Isili, Mamone (Colonie penali agricole), Progetto "Colonia" (Convertire organizzazioni di lavoro ottimale negli istituti aperti)

  7. 14/06/2010 La Nuova Sardegna - Sardegna: formaggio, miele e maialetti con il marchio di qualità delle Colonie penali agricole
    Agro-zootecnia, reinserimento lavorativo - Is Arenas, Isili, Mamone (Colonie penali agricole), Progetto "Colonia" (Convertire organizzazioni di lavoro ottimale negli istituti aperti)

  8. 14/06/2010 Italpress - Palermo: “Formazione & Futuro”; 10 detenute del Pagliarelli diventano maestre cioccolataie
    Formazione professionale - Palermo, "Formazione & Futuro" (corso di pasticceria), "In.Form.House" (struttura formativa accreditata presso la Regione Sicilia)

  9. 16/06/2010 Il Centro - Chieti: progetto “Marina Mia”; i detenuti contribuiscono alla cura e alla salvaguardia della costa
    Lavori di pubblica utilità - Chieti, “Marina Mia” (attività di pulizia della costa)

  10. 17/06/2010 La Repubblica - Genova: panetteria “Marassi”; centoquaranta chili al giorno finiscono sulle tavole dei genovesi
    Formazione professionale, lavoro inframurario - Genova, “Italforno" (cooperativa di panificatori)

  11. 18/06/2010 www.sambenebettooggi.it - Teramo: detenuti al lavoro per la Provincia, si occuperanno di manutenzione del verde
    Lavori di pubblica utilità, reinserimento sociale - Teramo, "Fattoria Sociale di Rurabilandia"

  12. 18/06/2010 Comunicato stampa - Bologna: Garante; rischio di chiusura per la tipografia all’interno della Casa circondariale
    Lavoro inframurario - Bologna, “Il profumo delle parole” (tipografia), Avv. Desi Bruno (Garante dei diritti delle persone private della libertà personale)

  13. 19/06/2010 Adnkronos - Ancona: corso formazione per detenuti, diventeranno “conduttori di caldaie e di impianti termici”
    Formazione professionale - Ancona

  14. 21/06/2010 La Nuova Sardegna - Sardegna: 7 milioni di € da Cassa Ammende e Ue, per il lavoro e il reinserimento dei detenuti
    Agro-zootecnia, reinserimento lavorativo - Is Arenas, Isili, Mamone (Colonie penali agricole), Progetto "Colonia" (Convertire organizzazioni di lavoro ottimale negli istituti aperti)

  15. 21/06/2010 La Repubblica - Napoli: nove detenuti del carcere di Secondigliano stanno imparando a diventare giardinieri
    Formazione professionale, giardinaggio - Napoli

  16. 22/06/2010 Redattore sociale - Chieti: associazione “Voci di dentro”, quando il volontariato supplisce alle carenze dello Stato
    Reinserimento lavorativo, lavoro esterno - Chieti, “Voci di Dentro Onlus” (associazione di volontariato)

  17. 24/06/2010 Il Centro - Chieti: borsa lavoro dell’Università a un detenuto, per un tirocinio formativo di sei mesi
    Reinserimento lavorativo, lavoro esterno - Chieti, “Voci di Dentro Onlus” (associazione di volontariato)

  18. 25/06/2010 www.savonanews.it - Savona: “Detenuti al lavoro”, quarto anni di un progetto al servizio della comunità
    Lavori di pubblica utilità - Savona, “Detenuti al lavoro”

  19. 25/06/2010 Apcom - Milano: al parco di Monza ad Agrate Brianza nuove gelaterie gestite dai detenuti di Opera
    Lavoro inframurario, reinserimento lavorativo - Milano, “Aiscrim, prigionieri del gusto”, "Jobinside srl"

  20. 25/06/2010 Redattore sociale - Padova: i detenuti-pasticceri premiati dall’accademia italiana della cucina
    Lavoro inframurario, reinserimento lavorativo - Padova, “Dino Villani 2010” (premio gastronomico), Nicola Boscoletto, "Giotto" (cooperativa)

  21. 29/06/2010 Brescia Oggi - Brescia: dal Comune un appello alle aziende “assumete i detenuti”
    Lavoro inframurario, reinserimento lavorativo - Brescia

  22. 29/06/2010 Il Giorno - Lodi: con il progetto “Il Lavoro debole”, la Provincia ha aiutato 115 ex detenuti
    Reinserimento lavorativo - Lodi, “Il Lavoro debole” (progetto della Provincia)

  23. 29/06/2010 www.gravinaonline.it - Trani (Ba): “Con gusto, solidali e consapevoli”, presentato progetto a favore dei detenuti
    Lavoro inframurario, reinserimento lavorativo - Trani (Ba), “Con gusto, solidali e consapevoli”, Cooperativa Campo dei Miracoli

  24. 29/06/2010 Redattore sociale - Milano: “Vestiti, usciamo!”, giovane detenuto crea marchio per linea d’abbigliamento
    Milano, “Vestiti, usciamo!” (concorso), "Angelservice" (cooperativa)

  25. 30/06/2010 Adnkronos - Trieste: dalla Provincia 450 € al mese di borsa lavoro a ogni detenuto in progetto di reinserimento
    Reinserimento lavorativo - Trieste, Provincia di Trieste

  26. 30/06/2010 Redattore sociale - Venezia: un convegno sul lavoro ai detenuti; dalle aziende ancora troppi pregiudizi
    Lavoro inframurario, reinserimento lavorativo - Venezia, "Rio Terà dei pensieri" (cooperativa)

  27. IL GRUPPO DI LAVORO DELLA RASSEGNA STAMPA

Formazione professionale, lavoro inframurario
Roma, "Panta coop" (cooperativa sociale), Mauro Pellegrini

REDATTORE SOCIALE

venerdì 4 giugno 2010
1

Giustizia: lavoro in carcere,
una “finestra” sul mondo, ecco l’esperienza di Rebibbia

Una fabbrica di infissi con macchinari all’avanguardia dà lavoro a 2 lavoratori detenuti e a un capo d’arte. A gestirla è Panta coop, che per metterla su ha speso oltre 200 mila euro. Pellegrini: “Importanti le agevolazioni della legge Smuraglia”.
Il lavoro in carcere è una “finestra” sul mondo: è quello che accade, letteralmente, all’interno della Casa di reclusione di Roma Rebibbia, dove esiste un laboratorio che fabbrica infissi in alluminio. Dotato delle più moderne attrezzature e di macchinari all’avanguardia, il laboratorio è stato aperto nel 2008 dalla cooperativa Panta Coop e per il momento impiega due lavoratori e un capo d’arte. Allestita in un vecchio laboratorio da tempo fuori uso, la fabbrica è in grado di produrre portoni, finestre, grate ecc. a prezzi competitivi, grazie alle agevolazioni fiscali di cui la cooperativa gode in nome della legge 193 del 2000, meglio conosciuta come legge Smuraglia.
A dirigere l’impresa è Mauro Pellegrini, presidente di Panta Coop. “Abbiamo iniziato con la formazione di alcuni detenuti all’interno dell’istituto di Rebibbia: un percorso durato sei mesi, al termine del quale sono state assunte due persone, oltre al tecnico. L’obiettivo del progetto è dare una professione a queste persone e far sì che quando raggiungono i benefici di legge possano passare dalle attività della cooperativa all’interno del carcere a quelle esterne.
 Qual è la prima condizione necessaria perché un progetto come questo possa svolgersi?
La collaborazione di chi amministra l’istituto: se si trova un’ammirazione sensibile e aperta al tema della formazione e dell’inserimento dei detenuti, l’attività si porta avanti senza difficoltà. Noi dobbiamo rispettare esigenze di mercato: tempi di consegna e prezzi. Un’amministrazione non collaborativa ci impedisce di rispettare queste regole e quindi di portare avanti progetti come questo.
 Su quali criteri vi siete basati per la selezione dei lavoratori?
Il corso di formazione era aperto a tutti, abbiamo semplicemente pubblicato un avviso. Invece, in base a una prova d’arte, abbiamo proceduto alle assunzioni.
 Quali sono le condizioni contrattuali dei lavoratori detenuti?
Ci atteniamo completamente al contratto collettivo nazionale delle cooperative sociali.
 Di quali agevolazioni gode la cooperativa nello svolgimento di questa attività?
La Smuraglia ci concede di non pagare una quota di contributi: praticamente, risparmiamo 512 euro mensili per chi ogni lavoratore full time. Poi, va considerato che i locali sono messi a disposizione gratuitamente da amministrazione, dobbiamo pagare solo una quota dell’elettricità. I costi che abbiamo sostenuto riguardano invece la ristrutturazione dei locali, la messa a norma e i macchinari.
 Quanto vi è costato mettere su questo laboratorio?
Oltre 200 mila euro.
 Chi sono i vostri clienti?
Lavoriamo soprattutto per privati, ma anche per entri e costruttori. Adesso, per esempio, stiamo lavorando l’ordine di un grande centro sportivo.
  Chi compra i vostri infissi sa da dove arrivano?
Dipende: per ogni singolo caso, decidiamo se sia opportuno o meno rivelare la fonte. C’è chi non comprerebbe mai un prodotto, se sapesse che è fabbricato da detenuti; e chi invece, più sensibile, considera questo un valore aggiunto. Ad ogni modo, nel mercato vige una sola regola: il rapporto qualità/prezzo. E su questo noi siamo concorrenziali: grazie alle agevolazioni di cui godiamo, possiamo abbattere i prezzi.
 Un esempio? Quanto sono convenienti i vostri prodotti?
Un effetto legno sul mercato esterno, comprato, a un cliente privato arriva a 380 euro a metro quadro. Noi proponiamo lo stesso prodotto al 25% in meno. Per questo, anche nei mesi di maggiore crisi e nei momenti più difficili, abbiamo sempre lavorato e non abbiamo mandato via nessuno.
 L’esperienza lavorativa aiuta a non ricadere nel crimine?
Sì, anche se molto dipende dall’ambiente in cui il detenuto dimesso va a reinserirsi. Il lavoro mostra che esiste un’altra forma di società e che si può vivere dignitosamente senza delinquere. Molti non sapevano neanche di avere un interesse: proponendo queste attività, hanno scoperto interessi completamente diversi dal delinquere.

-A-

 

 

Formazione professionale, lavoro inframurario
Roma, Stefano Ricca (direttore della Casa di Reclusione di Rebibbia), "Panta coop" (infissi in alluminio), "Syntax Error" (confezionamento pasti), "Spazio verde" (gestione agricola, rifiuti), "Coos" (carrozzeria)

REDATTORE SOCIALE

venerdì 4 giugno 2010
2

Giustizia: il direttore di Rebibbia;
il carcere non deve essere luogo del nulla

Parla il direttore della Casa di reclusione di Rebibbia: “Accanto ai servizi alle dipendenze dell’amministrazione, stiamo rilanciando le attività produttive, affidate a cooperative sociali. Così il detenuto lavorante diventa lavoratore detenuto”.
“Il carcere non deve essere luogo del nulla, una parentesi vuota: se parentesi è, va riempita di contenuti. E questo compito spetta soprattutto al lavoro”: Stefano Ricca, direttore della Casa di Reclusione di Rebibbia dal giugno del 2000, non ha dubbi: il lavoro “deve essere il perno intorno al quale ruota la vita penitenziaria: un diritto che, in base all’ordinamento penitenziario, diventa obbligo per tutti i detenuti con pena definitiva”
 Ma di cosa parliamo quando parliamo di lavoro in carcere?
Le attività lavorative in carcere si distinguono in due tipologie: da una parte, quelle tradizionali, che possiamo chiamare servizi, che sono legate al mantenimento della struttura (pulizia, facchinaggio, piccola manutenzione ecc.) e si svolgono alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria.
In questo caso, la retribuzione corrisposta dall’amministrazione è quella prevista dall’ordinamento ed è inferiore a quella del Ccnl. Personalmente, ritengo che queste attività siano insoddisfacenti dal punto di vista quantitativo, ma anche qualitativo, perché non richiedono competenze professionali. Per questo, ho deciso di incrementare l’altra tipologia di lavoro in carcere: le attività industriali e produttive, di cui si occupa le legge n. 193/2000, meglio nota come legge Smuraglia. Questa prevede l’affidamento a soggetti esterni, soprattutto cooperative sociali, di attività produttive, da attivare in laboratori che la stessa cooperativa si impegna ad allestire. In questo modo, alle dipendenze della cooperativa e con una retribuzione dettata dal Ccnl, cambia l’identità del detenuto: da detenuto lavorante si trasforma in lavoratore detenuto. E acquisisce competenze professionali, che potranno servirgli al momento della dimissione per un reinserimento nella società.
 A Rebibbia, quanti sono i detenuti che lavorano?
Su un totale di circa 230 detenuti (esclusi quelli semiliberi), una cinquantina lavorano nei servizi alle dipendenze dell’amministrazione, mentre circa 30 sono stati assunti dalle diverse cooperative a cui abbiamo affidato le attività produttive: tra queste, la Panta Coop per il laboratorio d’infissi in alluminio, la Syntax Error per il confezionamento dei pasti, la Spazio verde per la gestione dell’azienda agricola annessa all’Istituto e presto anche per la gestione della raccolta differenziata dei rifiuti, la Coos per la carrozzeria.
 Da cosa dipende lo scarto tra domanda e offerta di lavoro all’interno del carcere?
Il lavoro in carcere è poco in relazione alle poche attività che effettivamente possono svolgersi dentro un istituto. Sarebbe auspicabile che gli istituti avessero maggiori spazi per le attività lavorative, ma è necessaria anche una maggiore disponibilità da parte delle cooperative: ancora oggi, pochi imprenditori conoscono i vantaggi offerti dalla normativa. E comunque non tutti sono disposti a sperimentarsi in un carcere.
 Quale impatto ha l’esperienza lavorativa in carcere sulla possibilità di recidiva del detenuto?
Statistiche specifiche su questo non esistono. Sappiamo però che l’indice di recidiva è pari al 75% per i soggetti dimessi che abbiano espiato per intero la condanna, mentre si riduce al 25% per coloro che abbiano godute di misure alternative, quindi abbiano svolto lavoro all’esterno o in semilibertà.
 Perché allora si ricorre così poco alle misure alternative?
Uno dei presupposti per l’ammissione alla misura alternativa è che il soggetto abbia un’attività lavorativa stabile. Siccome non c’è questa disponibilità della società e delle imprese a dare queste opportunità lavorative, anche i soggetti con i requisiti previsti da norma restano in carcere fino alla scadenza della pena.
 Quanto costa all’amministrazione penitenziaria il lavoro in carcere?
Per quanto riguarda le attività produttive, il costo è pari a zero, ma serve un dispendio notevole di energie per tessere i rapporti con i soggetti esterni. L’impiego nei servi alle dipendenze dell’amministrazione ci costa invece circa 500.000 euro l’anno.
 Quanto pesa il sovraffollamento delle carceri sull’inadeguatezza dell’offerta di lavoro?
Poco, È vero che i detenuti sono in eccedenza rispetto alla capienza delle strutture. Qui a Rebibbia per fortuna non abbiamo questo problema. Ed è vero che organici e personale, come pure risorse finanziarie, sono inadeguati. Ma anche se i detenuti fosse in numero regolamentare, non riusciremmo a dar lavoro a tutti, perché sono poche le attività da svolgere in istituto.
 Come vede il futuro del sistema penitenziario italiano, rispetto ai nodi che in questi anni stanno venendo al pettine, primo fra tutti il sovraffollamento?  Come giudica le ipotesi di cui si sta discutendo in questi giorni?
Le prospettive per il futuro a medio termine credo siano positive: credo che buone soluzioni possano essere offerte dal piano carcere, con la costruzione di nuove sezioni detentive e l’assunzione di nuovo personale di polizia penitenziaria, come pure dal disegno di legge all’esame del Parlamento, che prevede la possibilità di ammissione alla detenzione domiciliare per i detenuti in espiazione dell’ultimo anno
 Non condivide quindi l’allarme di chi teme che possano uscire dal carcere elementi socialmente pericolosi?
I detenuti che espiano l’ultimo anno di pena, se non uscissero domani uscirebbero tra un anno più domani. Sarebbe quindi opportuno comunque creare percorsi per un graduale rientro, oltre naturalmente ai dovuti controlli.

-B-

 

 

Formazione professionale, lavoro inframurario
Roma

REDATTORE SOCIALE

venerdì 4 giugno 2010
3

Giustizia: la testimonianza;
il lavoro in carcere ti dà il senso del reinserimento

“Qui dentro è importante non perdere tempo, non oziare, sfruttare ogni occasione. Mandare quella piccola somma a casa mi fa essere più vivo, mi fa sentire di appartenere ancora alla società”. La testimonianza dei lavoratori del laboratorio di infissi di Rebibbia.
“Il lavoro in carcere ti dà un senso di reinserimento: qui dentro è importante non perdere tempo, non oziare, sfruttare tutto quello che ci viene offerto: scuola, sport, lavoro”: Massimo Tata è uno dei lavoratori detenuti della fabbrica di infissi di Roma Rebibbia. In carcere dal 1994, sa bene “cosa significhi per un detenuto avere un lavoro: mandare quella piccola somma a tua moglie e ai tuoi figli ti fa essere più vivo, ti fa sentire di appartenere ancora alla società esterna”.
Massimo, insieme al collega Luigi e al capo d’arte Carlo, lavora nel laboratorio 6 ore e 40 minuti ogni giorno: “Sono 6 ore e 40 di evasione dalla monotonia della detenzione - È uno spazio in cui non c’è distinzione tra detenuto e persona libera: all’interno del momento lavorativo, si lavora e basta e siamo tutti uguali. Purtroppo - denuncia - sono ancora troppo pochi quelli che hanno la possibilità di lavorare in carcere, anche a causa del sovraffollamento degli istituti. Io mi considero fortunato: chissà, forse questo mestiere potrebbe essere una prospettiva per quando sarò un uomo libero. Finalmente”.
Luigi lavora qui da 16 mesi e “sto imparando un mestiere. Fuori da qui non ho mai avuto l’opportunità di imparare un lavoro. Non immaginavo proprio che il carcere potesse insegnarmi qualcosa!”.

-C-

 

 

Lavori di pubblica utilità
Ascoli Piceno

AGI

martedì 8 giugno 2010
4

Ascoli: sei detenuti in “trasferta” nel
teramano per lavoro socialmente utile in una pineta

Sei detenuti della Casa Circondariale di Ascoli Piceno si recheranno, domani, a Civitella del Tronto per pulire e sistemare la pineta situata nelle adiacenze della fortezza borbonica e del centro storico, entrato nel maggio del 2008 a far parte dell’esclusivo club dei Borghi più Belli d’Italia. Il progetto che i detenuti porteranno avanti, grazie alla sinergia instaurata tra il carcere circondariale e l’amministrazione comunale civitellese, avrà un duplice obiettivo: valorizzare una delle aree naturalisticamente più importanti del territorio e permettere ai detenuti che stanno scontando la pena di rendere un servizio importante alla collettività, anche ai fini di un loro reinserimento nella società civile e di un loro ravvedimento. Il parco giochi e l’area pic-nic, situate all’interno della pineta torneranno ad essere luogo di piacevole intrattenimento per l’estate.

 

 

Itticoltura
Livorno/Gorgona, "Supermercati Unicoop"

IL TIRRENO

giovedì 10 giugno 2010
5

Livorno: le orate di Gorgona in vendita
sui banchi pescheria dei supermercati Unicoop

La scorsa estate si sono guadagnate servizi sulla stampa, reportage fotografici, tanta curiosità e ottime vendite. Sono le orate di Gorgona, allevate a mare aperto dai detenuti della colonia agricola penitenziaria dell’isola di fronte a Livorno. Un progetto unico nel suo genere, nato con la collaborazione del Comune di Livorno e del dipartimento di biologia marina, che nel corso dell’estate 2009 ha portato sui banchi pescheria dei supermercati Unicoop Tirreno pesci allevati, ma con tutte le caratteristiche del pescato da altura.
Da questa settimana le orate saranno di nuovo disponibili presso dieci punti vendita Coop nelle province di Livorno e Grosseto. I supermercati dove si potranno acquistare i pesci della colonia penale sono quelli di Portoferraio, Livorno-La Rosa, Livorno-Ipercoop Fonti del Corallo, Piombino-Salivoli, Piombino-Via Gori, Venturina, Cecina, Rosignano, San Vincenzo, Follonica.
Pesci ottimi, provenienti dalle acque incontaminate dell’Isola - che fa parte del Parco Arcipelago Toscano - nutriti con mangimi biologici (di origine non animale, no Ogm e privi di antibiotici) pescati dai detenuti che hanno così l’occasione di svolgere una mansione e imparare un mestiere. Le orate di Gorgona (disponibili fino al mese di settembre e comunque sempre in relazione alle condizioni meteo) saranno accompagnate da pannelli informativi che, attraverso foto e testi in italiano e in inglese, faranno il giro dei punti vendita coinvolti, raccontando ai clienti la nascita e l’evoluzione del progetto. Un progetto che coniuga una funzione sociale con la buona e sana alimentazione legata al nostro mare.

 

 

Agro-zootecnia, reinserimento lavorativo
Is Arenas, Isili, Mamone (Colonie penali agricole), Progetto "Colonia" (Convertire organizzazioni di lavoro ottimale negli istituti aperti)

REDATTORE SOCIALE

venerdì 11 giugno 2010
6

Sardegna: le colonie penali agricole di
Is Arenas, Isili e Mamone passano al biologico

Progetto "Colonia" (Convertire organizzazioni di lavoro ottimale negli istituti aperti) finanziato dal ministero della Giustizia: coinvolge le colonie penali agricole di Is Arenas, Isili e Mamone. In tutto 6.200 ettari e 800 detenuti. Domani la presentazione.
Le colonie penali agricole di Is Arenas, Isili, Mamone passano al biologico. Nell'arco di tre anni tutti i prodotti realizzati all'interno dei penitenziari sardi (formaggio, miele, mirto, polline, conserve e piante officinali) avranno una marcia in più grazie al progetto "Colonia" (Convertire organizzazioni di lavoro ottimale negli istituti aperti) promosso dal ministero della Giustizia e finanziato dalla Cassa delle Ammende. La convenzione tra il Provveditorato Regionale e Aiab (Associazione italiana agricoltura biologica) prevede infatti la al bio le produzioni agro-zootecniche delle colonie agricole sarde che dispongono di un patrimonio di 6.200 ettari tra boschi, pascoli, terreni coltivabili e spiagge in territori incontaminati.
Le colonie agricole entreranno nel sistema di certificazione del biologico, grazie anche un processo di assistenza e formazione continuate garantite da Aiab con un corso, all'interno di ciascuna colonia penale, di 36 ore destinato al personale operativo e ai quadri dirigenti di ciascuna colonia. L'obiettivo del progetto è quello di favorire il reinserimento sociale e lavorativo degli 800 detenuti presenti nelle colonie agricole di Isili, Mamone e Is Arena. Il progetto verrà presentato ufficialmente domani, sabato 12 giugno, presso la casa di reclusione di Isili.

 

 

Agro-zootecnia, reinserimento lavorativo
Is Arenas, Isili, Mamone (Colonie penali agricole), Progetto "Colonia" (Convertire organizzazioni di lavoro ottimale negli istituti aperti)

LA NUOVA SARDEGNA

lunedì 14 giugno 2010  
7

Sardegna: formaggio, miele e maialetti
con il marchio di qualità delle Colonie penali agricole

Le sue mani pigiano dentro il recipiente il formaggio fresco. “Questo è un semicotto che dovrà poi stagionare da sei mesi a un anno”, spiega Giuseppe Cappai, 58 anni, di Furtei, 4 anni e 4 mesi di reclusione. “Ero stato accusato di spaccio di droga”, spiega Cappai mentre è passato a controllare il grande recipiente della ricotta: “Come dice il nome, “ri-cotta”, questa viene cotta due volte”. E quella che viene prodotta nella Casa di reclusione di Isili è particolarmente buona, come testimoniano tutti coloro che l’hanno assaggiata. Nello stesso caseificio c’è Nicola Planu, 45 anni, condannato a quattro anni per rapina a mano armata all’ufficio postale di Decimoputzu. Tra non molto sarà fuori. Intanto ha imparato un mestiere.
Due ore dopo, nella sala riunioni della Casa: “Il carcere più è aperto, più è sicuro e chi lavora, quando esce, non delinque - afferma Franco Ionta, capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria - e qui lavorano oltre il 91 per cento dei detenuti”. Poco prima, durante la presentazione del progetto di integrazione sociale Colonia, che si sta attuando nelle tre Case di Isili, Is Arenas e Mamone, il provveditore delle carceri della Sardegna Francesco Massidda aveva precisato l’aspetto innovativo dell’intervento. Colonia. Con due milioni e 900mila euro finanziati dalla Cassa delle Ammende (l’ente finanziario delle carceri, presieduto da Ionta) è partito il piano di recupero con “metodologie innovative mai utilizzate nei penitenziari italiani”, denominato Colonia (acronimo di Convertire organizzare lavoro ottimale negli istituti aperti).
Centosette detenuti nel novembre del 2009 sono stati avviati alla formazione in collaborazione con l’Enaip e il supporto di nove specialisti. E così si è arrivati alla produzione di 322 quintali di pecorino, ma anche di miele, mirto, polline, conserve, piante officinali. E di 800 maialetti. Gale ghiotto. Complessivamente vi sono 23 ettari di terra coltivata e a Isili l’orto è di sette. L’amministrazione carceraria ha già preso contatto con la grande distribuzione per la commercializzazione dei prodotti. E questa “è una vera sfida per i detenuti stessi che attraverso la formazione sono riusciti a qualificarsi e ad appropriarsi dell’idea che la vendita del prodotto all’esterno rappresenti una “scommessa” per un tangibile riscatto sociale”, recita l’opuscolo del Dipartimento dell’amministrazione carceraria, titolato Gale ghiotto di Sardegna.
Slogan “a più significati” a cui segue la dicitura “Vale la Pena”, un modo per riscattare il tempo passato a scontare il reato. La speranza. “Nella presentazione di Massidda, mi ha colpito “l’evasione” di un detenuto dalla Casa di Isili - afferma Ionta - poi rientrato la sera in un’altra delle tre Case: insomma si è trattato di un auto trasferimento. Un’ulteriore dimostrazione dell’efficacia di queste strutture”. Imparare un lavoro e rendere reale l’obiettivo del reinserimento dei detenuti nella società. “Una volta in carcere - continua Ionta - si entrava ladri e si usciva rapinatori. L’esempio di queste Case mostra che è possibile un’evoluzione positiva”. I problemi. A Isili il 63 per cento proviene da altre nazioni (ventinove), prevalentemente dall’Africa. Abederrahim Ibrahimi è nato 52 anni fa in Marocco, dove si è diplomato in elettromeccanica.
Ora è in Italia da 24 anni ed ha due figli. “Prima di essere arrestato per ricettazione - spiega - ho sempre avuto un regolare permesso di soggiorno, ma ora con la Bossi - Fini, una volta uscito e nonostante abbia scontato la pena, sarò espulso: avrò cinque giorni di tempo per andarmene. Altrimenti sarò riarrestato. Allora che potrò fare?”. Tanti sono gli extracomunitari che nella casa di Isili si trovano in questa situazione. Adil Ovrdane, nigeriano di 27 anni, è stato preso a Milano per spaccio, ora lavora col legno del bosco: “Sono arrivato in Italia tredici anni fa. E questa è oggi la mia terra dove ho due figli, di quattro anni e un anno. Spero che almeno questo mi aiuti a non essere espulso, una volta uscito”.

 

 

Formazione professionale
Palermo, "Formazione & Futuro" (corso di pasticceria), "In.Form.House" (struttura formativa accreditata presso la Regione Sicilia)

ITALPRESS

lunedì 14 giugno 2010
8

Palermo: “Formazione & Futuro”;
10 detenute del Pagliarelli diventano maestre cioccolataie

Un tempo donne sfortunate e incappate nelle maglie della malavita prima e della giustizia dopo, oggi aspiranti cioccolataie e pasticciere, per imparare un nuovo mestiere e dare un nuovo senso alla loro vita quando usciranno dal carcere. È l’opportunità offerta a 10 donne detenute della casa circondariale Pagliarelli, a Palermo, entrate a fare parte del corso Formazione & Futuro per “Esperto in tecniche di produzione di cioccolatini” ed “Esperto in tecniche di pasticceria siciliana”, finanziato dall’assessorato dell’Istruzione e della Formazione professione della Regione Siciliana, all’interno del Prof (Piano Regionale dell’Offerta Formativa) 2010, regolato dal Fas (Formazione ambiti speciali) linea 1.
In cinquecento ore di lezione le allieve impareranno tutte le tecniche legate al mondo della produzione e lavorazione della cioccolata. Tra le unità didattiche approfondite: produzione e storia del cioccolato, nozioni di base e tecniche del temperaggio del cioccolato, tipologia di cioccolatini prodotti, elementi di organizzazione e management della produzione e distribuzione del prodotto dolciario.
Il progetto, regolato dalla In.Form.House - struttura formativa accreditata presso la Regione Siciliana - è pensato per creare quelle condizioni affinché il carcere diventi per le persone in stato detentivo un luogo di recupero sociale.
Alla fine del corso seguirà una verifica finale, il rilascio di un attestato di competenza professionale legalmente riconosciuto e una borsa formativa individuale da 350 euro.
La lezione del 16 giugno, la prima di “pratica” in cui le allieve entreranno in contatto con gli ingredienti per i dolci, prevede anche il rito della consegna delle divise da parte della In.Form.House.
“L’obiettivo di questa iniziativa professionale - dice il direttore della In.Form.House Nicola Gambino - è creare attività formativa e allo stesso tempo sviluppare una catena di produzione di prodotti all’interno del carcere. Un’area dell’istituto è stata trasformata in un vero e proprio laboratorio dove viene insegnato come lavorare il cioccolato e i dolci siciliani, ma anche come commercializzare il prodotto. In. Form. House così amplia i suoi obiettivi nell’ambito sociale, dedicandosi a soggetti che hanno il diritto di possedere nuove carte per credere in qualcosa nella vita”.
“Abbiamo aderito con piacere - dice Nicola Sposito, responsabile dell’area pedagogica del Pagliarelli - alla richiesta dell’ente proponente. L’attività ci pare confacente con le esigenze di qualificazione professionale e perché non comporta particolari difficoltà di sicurezza. Il detenuto quando si sente utile è più soddisfatto e diventa più gentile. Questo progetto rientra all’interno di un progetto imprenditoriale del carcere, che si svilupperà nei prossimi giorni”.

 

 

Lavori di pubblica utilità
Chieti, “Marina Mia” (attività di pulizia della costa)

IL CENTRO

mercoledì 16 giugno 2010
9

Chieti: progetto “Marina Mia”;
i detenuti contribuiscono alla cura e alla salvaguardia della costa

Contribuire alla cura e alla salvaguardia della costa e offrire a un gruppo di detenuti un’importante occasione di riparazione e riscatto sociale. È duplice la finalità del progetto “Marina Mia” attività di pulizia della costa nel tratto compreso fra Punta Aderci e la foce del Sinello. L’iniziativa presentata ieri sera nei saloni di Palazzo D’Avalos dall’assessore ai servizi sociali, Marco Marra , e dalla direzione della Casa circondariale di Torre Sinello è alla quarta edizione. Domenica 11 detenuti, insieme ai volontari che fanno capo all’associazione Giovanni XXIII e alla Caritas diocesana, hanno trascorso l’intera giornata (dalle 7 alle 17) fra le dune del litorale di Vasto marina.
Alle 18 il Provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria, Salvatore Acerra, insieme al magistrato di sorveglianza, Maria Rosaria Parruti, ha fatto un consuntivo dell’attività svolta. Con loro, il direttore del carcere, Carlo Brunetti, il parroco della chiesa di Santa Maria Maggiore, don Andrea Sciascia e il presidente del Wwf Abruzzo, Camilla Crisante . L’iniziativa mette tutti d’accordo. “Il progetto dà il contenuto ad una formula che può apparire vuota, ma che in realtà si concretizza in una importante iniziativa di rieducazione”, ha sottolineato il direttore Brunetta. Dal lunedì al sabato undici detenuti puliranno la riserva di Punta Aderci e il litorale sotto la visione tecnica dei referenti della cooperativa Cogecstre a cui è affidata la gestione della Riserva. Oltre alla pulizia i detenuti avranno cura delle vegetazione. “È una forma di giustizia riparativa che passa attraverso un percorso di umanizzazione della pena”, ha spiegato il magistrata di sorveglianza Mariarosa Parruti.

 

 

Formazione professionale, lavoro inframurario
Genova, “Italforno" (cooperativa di panificatori)

LA REPUBBLICA

giovedì 17 giugno 2010
10

Genova: panetteria “Marassi”;
centoquaranta chili al giorno finiscono sulle tavole dei genovesi

di Stefano Origone
Centoquaranta chili di pane e duecento di focaccia destinati ogni giorno a finire sui tavoli dei genovesi e delle mense scolastiche. L’esperimento del panificio dentro al carcere di Marassi compie quattro anni e va avanti con una nuova iniziativa per “formare i detenuti nel loro reinserimento nel mondo del lavoro”, sottolinea soddisfatto il direttore Salvatore Mazzeo. “L’obiettivo è quello di inserire in questo progetto più detenuti possibile. Ora sono in quattro, ma vogliamo salire ad almeno dieci panettieri”.
Nel laboratorio si lavora di notte, dalle 24 alle 7, per produrre rosette, papere, tartarughe e libretti artigianali, ma presto i carcerati-panettieri sforneranno anche pane senza glutine, con farine integrali lavorate con la macina di pietra come si faceva una volta. Un prodotto che ha l’obiettivo di proporre una cultura alimentare più sana. “Questa iniziativa è molto importante sotto il profilo trattamentale continua il direttore - per acquisire professionalità spendibili all’esterno e non rischiare di ritornare nel circuito criminale”. Il progetto del “Pane Etico”, quindi, va oltre. “Non ci fermeremo qui interviene Pietro Civello, amministratore della cooperativa Italforno che mette a disposizione gli impianti e ha assunto i quattro detenuti che lavorano nel panificio di Marassi perché sono allo studio altri due progetti. Passeremo dal pane al pesce e alla cioccolata. I detenuti puliranno il pesce che andrà alla grande distribuzione e apriremo un laboratorio per lavorare cacao di alta qualità”. Il direttore Salvatore Mazzeo addenta un pezzo di focaccia. “Qui abbiamo “sfornato”, è proprio il caso di dirlo, dei veri maestri!” I panetti preparati dai detenuti di Marassi si possono trovare tutti i giorni sugli scaffali della Coop. “È un grande successo sottolinea Luigi Pestarino della Coop Liguria e ora con il pane senza glutine affrontiamo una nuova sfida. Sarà un prodotto speciale, unico”. “Ma soprattutto diverso, buono aggiunge la nutrizionista e biologa Lucia Vignolo, un toccasana per chi soffre di intolleranze alimentari”.

 

 

Lavori di pubblica utilità, reinserimento sociale
Teramo, "Fattoria Sociale di Rurabilandia"

WWW.SAMBENEDETTOOGGI.IT

venerdì 18 giugno 2010
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Teramo: detenuti al lavoro per la Provincia,
si occuperanno di manutenzione del verde

Al mattino si occuperanno di manutenzione del verde sul territorio teramano, nel pomeriggio saranno impegnati in attività della Fattoria Sociale di Rurabilandia ad Atri. L’intento è quello di ricostruire il canale con il mondo esterno interrotto dal carcere, sul quale poi basare il reinserimento sociale.
Otto detenuti del carcere di Castrogno saranno impiegati in lavori di manutenzione del verde sul territorio teramano, al fianco dei dipendenti della Provincia, e in attività lavorative della Fattoria Sociale di Rurabilandia ad Atri.
I detenuti saranno chiamati a lavorare quattro giorni al mese per un anno, in base ad una convenzione che sarà stipulata dalla Provincia, dal Ministero di Giustizia e dalla Fondazione Ricciconti, sulla base di un programma elaborato dall’Assessorato alle politiche sociali dell’ente e dai Servizi Sociali del Carcere di Castrogno.
“Quello di oggi è un importante risultato, frutto di un lavoro iniziato quasi un anno fa. - ha affermato l’assessore provinciale alle Politiche Sociali Renato Rasicci - L’idea di fondo è quella di ricostruire quel canale di comunicazione con l’esterno, con il mondo produttivo e l’ambiente sociale che al detenuto viene a mancare e che può rappresentare una prima leva sulla quale costruire un reinserimento. Il dato interessante è che la recidiva dei reati cade dal 70% al 18% se i detenuti sono accompagnati in un progetto di recupero; questo ci stimola ad attivarci, sia come cittadini che come amministratori per dare il nostro contributo alla comunità anche in termini di sicurezza sociale. È questo il concetto chiave che sta alla base di questo protocollo e che guiderà le nostre azioni future”.
Il nesso tra reinserimento sociale dei detenuti e pubblica sicurezza e fra lavoro e inclusione sociale viene sottolineato più volte nel Protocollo d’Intesa che sarà firmato nei prossimi giorni e che darà il via al progetto: l’idea condivisa, dall’Assessorato sociale e dall’Istituto di pena è che la vera riabilitazione avvenga quando si è “gratificati dalla propria attività lavorativa” ed è anche per questo che il progetto della Provincia si è arricchito della collaborazione della Fattoria sociale di Rurabilandia.
Con la Provincia i detenuti lavoreranno insieme ai cantonieri alla manutenzione di aree verdi lungo le strade provinciali; arriveranno sul luogo di lavoro da soli e poi useranno i mezzi dell’ente. A Rurabilandia pranzeranno insieme ai ragazzi della cooperativa sociale e trascorreranno il pomeriggio con loro aiutandoli nella gestione della fattoria.

 

 

Lavoro inframurario
Bologna, “Il profumo delle parole” (tipografia), Avv. Desi Bruno (Garante dei diritti delle persone private della libertà personale)

COMUNICATO STAMPA

venerdì 18 giugno 2010
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Bologna: Garante; rischio di chiusura per la
tipografia all’interno della Casa circondariale

Nell’ambito dei compiti di promozione dei diritti, previsti dall’art. 13bis dello Statuto del comune di Bologna, che istituisce la figura del Garante delle persone private della libertà personale, sono a segnalare la situazione della tipografia “Il profumo delle parole” all’interno della Casa circondariale di Bologna.
All’interno della Casa Circondariale della Dozza già nel settembre 2004 è stata attivata la tipografia, frutto di un accordo tra Regione Emilia Romagna, Comune e Provincia di Bologna, Provveditorato Regionale dell’Amministrazione penitenziaria e Consorzio SIC (consorzio di cooperative sociali).
Dal primo anno di attività sono stati inseriti tre detenuti con iniziale percorso in borsa lavoro e formati all’interno della Casa circondariale nel corso per tipografi. Nel corso degli anni sono stati regolarizzati con contratto di lavoro subordinato due detenuti, mentre ad oggi viene segnalato l’impiego di una sola risorsa. Tale situazione è senz’altro data dall’evidente situazione di crisi, per quel che riguarda i clienti privati e da un grosso calo, nel corso degli anni, delle commesse da parte dei clienti pubblici.
Nella attuale inaccettabile situazione di sovraffollamento nel carcere di Bologna il mantenimento di questa attività assume ancor di più importanza vitale, soprattutto laddove il tema della solidarietà e della reintegrazione si uniscono ad effettiva professionalità spendibile sul mercato esterno.
 Come è noto, solo una minima percentuale di detenuti riesce a svolgere attività lavorativa, per periodi limitati, consistenti per lo più in prestazioni d’opera alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria, idonee a garantire il vivere quotidiano all’interno degli istituti, ma scarsamente spendibili all’esterno.
Se nel passato alcuni enti pubblici, hanno affidato commesse alla tipografia, oggi l’Ufficio del Garante segnala con preoccupazione il venir meno dell’attenzione da parte dei committenti pubblici, anche tra ì promotori della iniziativa.
Per questo l’Ufficio del Garante chiede agli enti locali territoriali in particolare di utilizzare la tipografia all’interno della Casa circondariale di Bologna destinando ad essa tutte le commesse tipiche di una pubblica amministrazione, ad esempio la modulistica, le carpette, le pubblicazioni, ecc., affinché questa attività produttiva, ma con forte connotazione sociale, possa continuare ad esistere e rimanere esperienza positiva e di esempio per le nostre comunità.

Avv. Desi Bruno
Garante dei diritti delle persone private della libertà personale

 

 

Formazione professionale
Ancona

ADNKRONOS

sabato 19 giugno 2010
13

Ancona: corso formazione per detenuti,
diventeranno “conduttori di caldaie e di impianti termici”

Inizierà lunedì prossimo il corso di formazione per conduttori di caldaie e di impianti termici, rivolto ai detenuti del carcere di Montacuto di Ancona. Il corso, proposto dalla Confederazione nazionale artigianato di Ancona e realizzato in collaborazione con Formart, l’Ente di formazione della Cna regionale, è finanziato dal programma di interventi in materia penitenziaria, previsto dall’Ambito territoriale sociale XI di Ancona e si avvale di uno stanziamento della Regione Marche.
La durata complessiva del corso, si legge in una nota, è di 75 ore di lezioni teorico-pratiche con lo scopo di far acquisire ai detenuti le conoscenze e le competenze nell’ambito della riparazione e della manutenzione di impianti termici nelle abitazioni e nei luoghi pubblici. Conoscenze e competenze che, una volta acquisite, possono far accedere gli allievi all’esame per ottenere il patentino di abilitazione alla conduzione di impianti termici di potenza superiore alle 200mila Kcal.
Scopo della Cna, con questo progetto formativo, è di perseguire l’obiettivo di recuperare socialmente la persona detenuta in quanto l’esperienza formativa teorico-pratica gli consente di utilizzare capacità produttive che altrimenti andrebbero totalmente inutilizzate, di prospettare una dimensione di autonomia economica, auto realizzazione e valorizzazione delle proprie capacità favorendo lo sviluppo e l’affermazione della dignità sociale della persona, di prevenire, limitandole, situazioni di abbandono, disagio, depressione e devianza.
“La nostra proposta progettuale - dice Gianluca Teodoro, presidente Cna di Ancona - intende fornire agli allievi una concreta opportunità di migliorare il proprio bagaglio culturale e di nozioni tecniche mettendoli nella condizione di migliorare, di conseguenza, la propria situazione una volta usciti dalla struttura carceraria. Infatti, il corso intende fornire una formazione specifica su una materia piuttosto richiesta nel mercato del lavoro attuale, in un ambito in cui si richiede sempre maggiore attenzione alle manutenzioni ed ai controlli di qualità degli impianti. Quali docenti esperti, si intende proporre anche imprenditori artigiani che ben conoscono le richieste del mercato, dove operano con una propria impresa e numerosi collaboratori”.
La relazione che si verrebbe ad instaurare tra docenti ed allievi potrebbe, in seguito, dice Teodoro, “offrire spunto per future collaborazioni, qualora gli allievi intendano cercare una occupazione in questo ambito lavorativo, una volta usciti dalla struttura carceraria. Questo progetto formativo potrebbe costituire la base per offrire in seguito alcune borse lavoro agli allievi più meritevoli, che abbiano superato l’esame per il patentino o abbiano intenzione di farlo”.
Lucia Trenta, segretaria Cna Ancona, sottolinea che “il percorso di formazione proposto dalla Cna parte dal presupposto che il lavoro sia fondamentale come mezzo di risocializzazione, oltre che come fonte di sostegno lecito e che, quindi, rappresenti il punto di partenza più forte per un detenuto o ex-detenuto, il quale, laddove dovesse fallire nella ricerca di una occupazione dignitosa e adeguatamente retribuita, potrebbe venire a trovarsi nella condizione di commettere nuovi reati. Dunque, la cultura al lavoro è una leva fondamentale per la riabilitazione di persone detenute e riteniamo che vada sostenuta con iniziative a diversi livelli. In primo luogo, fornendo ai detenuti informazioni utili circa il mercato del lavoro ed i possibili sbocchi professionali più idonei, in secondo luogo coinvolgendoli nella riprogettazione della propria esistenza nel corso della detenzione, in vista del dopo, in un’ottica della legalità. In questo percorso andranno inseriti via via tutti gli operatori che possono accompagnare la persona nelle varie tappe”.

 

 

Agro-zootecnia, reinserimento lavorativo
Is Arenas, Isili, Mamone (Colonie penali agricole), Progetto "Colonia" (Convertire organizzazioni di lavoro ottimale negli istituti aperti)

LA NUOVA SARDEGNA

lunedì 21 giugno 2010
14

Sardegna: 7 milioni di € da Cassa Ammende e Ue,
per il lavoro e il reinserimento dei detenuti

“Le pietre, da sole, rimangono pietre: se usate insieme, possono diventare una cattedrale”. È una frase che negli uffici dell’amministrazione penitenziaria sarda ricordano spesso. Soprattutto ora che - con sette milioni già stanziati e immediatamente spendibili - nell’isola decolla un piano avveniristico, quasi unico nel panorama nazionale. Si punta a incoraggiare il lavoro nelle case di reclusione e nelle colonie penali. A favorire la formazione professionale per il reinserimento dei detenuti. A stabilire contatti all’esterno per aiutare le vittime delle violenze.
Ma c’è di più. Nelle carceri si vogliono riallacciare relazioni con università e scuole per migliorare il livello d’istruzione dei condannati. Ospitare in centri a sé le recluse con figli di età inferiore ai 3 anni. Impiegare i semiliberi (e non solo) per valorizzare le aree archeologiche completando importanti scavi. Rilanciare il telelavoro e il cammino verso l’inclusione sociale.
Finanziamenti.
I fondi, per gli oltre 2.300 ospiti delle case reclusione sarde, sono stati resi disponibili dalla Cassa ammende e dall’Unione europea. Vengono distribuiti anche attraverso l’azione di Regione e Province. Come, con quali finalità specifiche, con che tipo di esigenze territoriali è discorso che merita di essere approfondito. Innanzitutto, ascoltando la voce di protagonisti di questo lento ma deciso processo di riforma interno come il provveditore delle carceri regionali, Francesco Massidda, e l’educatore Giampaolo Cassitta, responsabile del trattamento dei detenuti.
E poi partendo dall’idea che a Isili, Is Arenas e Mamone (che con Lodè ha il record delle presenze di stranieri: 82%) ha già suscitato attenzione nell’opinione pubblica: il coinvolgimento delle colonie penali per produrre formaggi, miele, maialetti contrassegnati dal marchio di qualità del carcere. Un punto d’avvio importante, fondamentale, in un quadro di riferimento più vasto, complesso, articolato.
Dettagli.
Il programma si chiama, non a caso, “Buoni dentro”. La premessa operativa, ricordano i funzionari scesi in campo, è contenuta nell’articolo 27 della Costituzione: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Lacune. Sull’obiettivo c’è così un impegno generalizzato. Che tenta di superare i tre gravi problemi degli istituti sardi: celle sovraffollate, edifici che cadono a pezzi in attesa dei nuovi di Bancali, Oristano e Uta, cronica carenza d’organici della polizia penitenziaria, che negli ultimi anni ha perso centinaia di uomini riducendosi ad appena 1.300 effettivi.
Direttori, educatori, assistenti sociali, agenti sono comunque mobilitati per la riuscita del piano. “Grazie al 36,11% di detenuti occupati, oggi la Sardegna è al primo posto in ambito nazionale per l’attività svolta negli istituti di pena - spiegano i dirigenti - E con il 42,55% di stranieri al lavoro risulta in testa anche nelle classifiche sul totale dei reclusi non italiani”.
Investimenti.
Molte iniziative in corso passano attraverso la Cassa ammende. Questo ente finanzia progetti d’assistenza alle famiglie dei carcerati e degli internati per reati conseguenti a malattie psichiatriche. Oltre che programmi per misure alternative alla detenzione. Mamme e bebè. In Sardegna 7 progetti sono già stati finanziati e altrettanti risultano in via d’approvazione. Appoggiato dalla Provincia di Cagliari, “Il cammino delle madri detenute”, per costituire un Icam, ossia un Istituto a custodia attenuata. Nascerà tra breve, secondo in Italia dopo il primo realizzato a Milano.
“Uno dei nostri punti qualificanti sarà far ospitare le poche detenute con figli piccoli in una struttura a Decimomannu: è sempre un carcere, ma con agenti senza divise e tecniche di controllo compatibili con la presenza dei bambini”, spiega il provveditore. “Queste donne sono nomadi, tossicomani o prostitute in carcere con accuse diverse: là potranno trovare pediatri, educatori, psicologi in grado di assistere meglio anche i loro bimbi”, aggiunge Francesco Massidda. Acronimi. Ci sono poi progetti con sigle di per sé emblematiche. Alcuni finanziati dall’Ue col bando regionale “Ad Altiora”.
Uno è chiamato Gagli-off. “Riguarda Buoncammino e Iglesias, in collaborazione con l’università di Cagliari - informa Giampaolo Cassitta - Verranno sviluppati temi assolutamente innovativi. Parlo del lavoro con le persone offese e del trattamento specifico di reati delicati (sex-offender)”. “Oggi 139 reclusi in Sardegna scontano pene per violenze sessuali, sia nel Sulcis sia a Lanusei, ma spesso ci si dimentica che un giorno usciranno e inevitabilmente rientreranno in contatto con le loro vittime negli ambienti d’origine - chiarisce - Ecco, noi vogliamo evitare recidive e dare a chi ha subìto il reato l’aiuto che il suo caso richiede”. Solo per questo programma sono disponibili 416mila euro. Non sono pochi. Ma in un ambiente dove, più che altrove, le parole pesano come macigni sarà soprattutto compito degli operatori garantire il reinserimento con strategie basate su processi rieducativi.
Gli stessi nei quali il confronto e il dialogo potranno rivelarsi decisivi. Barbagia. E stata avviata poi la Filiera dell’inclusione. È un programma degli istituti di Nuoro e Mamone: in collaborazione con l’associazione Arti e Mestieri, si propone di produrre e vendere piante officinali. Nel quadro dello stesso programma, finanziato con 216mila euro, è prevista la costruzione di una falegnameria nel penitenziario di Lanusei. E, ancora, “Fadinde”, per dare vita a fattorie sociali con i detenuti di Oristano e la cooperativa sociale Il Samaritano di don Giovanni Usai (già spendibili 180mila euro). “Archeo”: un multi progetto per il recupero dell’anfiteatro romano nella zona romana di Fordongianus con detenuti di Oristano “in lavoro all’esterno” (altri 216mila euro).
“A Cagliari, inoltre, sono disponibili 60mila euro per far operare alcuni reclusi addetti al telelavoro sulla gestione del monitoraggio nel percorso cittadino delle ambulanze”, dicono Massidda e Cassitta. Cultura. Non è finita qui. La Regione da qualche anno sostiene “Biblioteche carcerarie”. Il fine? Far catalogare i libri, organizzare reading, promuovere manifestazioni. E l’ateneo di Sassari, con Ludica, segue i reclusi di Alghero. Per il momento ci 4 iscritti a diversi corsi di laurea e, recentemente, un detenuto si è laureato in “biblioteconomia”. In definitiva, tante pietre assieme, non più una lontana dall’altra. Le stesse che forse nell’isola potranno diventare una cattedrale.

 

 

Formazione professionale, giardinaggio
Napoli

LA REPUBBLICA

lunedì 21 giugno 2010
15

Napoli: nove detenuti del carcere di Secondigliano
stanno imparando a diventare giardinieri

Nove detenuti della Casa circondariale di Secondigliano ci provano dal 27 gennaio scorso. Stanno imparando a diventare giardinieri mediante un progetto lanciato dalla direzione e da Palazzo San Giacomo. E ora grazie al loro impegno il carcere diventerà uno dei fornitori ufficiali di piante per parchi e giardini comunali. Lo ha annunciato ieri l’assessore all’Ambiente, Rino Nasti, nel corso della consegna ai detenuti degli attestati di partecipazione al corso di Giardinaggio, nell’area verde destinata al colloquio con le famiglie.
“Il corso si è rivelato un successo”, ha detto Nasti ai ragazzi e alle loro famiglie. Separati dal resto della popolazione penitenziaria per tutelarne l’incolumità, questo progetto ha permesso ai detenuti di lasciare la cella quasi ogni giorno per studiare, coltivare circa seimila piante e mettere a nuovo la serra del carcere, collaborando con agenti e tecnici comunali. “Spero che mio figlio trovi lavoro fuori dal carcere” dice la madre di uno dei detenuti, “ha dimostrato quello che sa fare”.
Molte delle piante sono state vendute per raccogliere fondi per Telefono azzurro, altre destinate a parchi cittadini, ne restano tremila che saranno a breve distribuite nei quartieri della città. “Gli operatori hanno lavorato con dedizione, mostrando di credere nella validità dell’offerta riabilitativa” spiega il direttore Liberato Guerriero. La direzione ha in cantiere anche altre iniziative per i detenuti, ancora in fase embrionale: si pensa infatti all’organizzazione di un servizio catering grazie a un finanziamento regionale di 500 mila euro, che Secondigliano dovrà dividere con i carceri di Santa Maria Capua Vetere e Poggioreale. Alla cerimonia sono intervenuti il vicedirettore del carcere Giulia Leone, il commissario Gaetano Diglio e la dottoressa Rosa Stefanelli, agronomo del Comune.

 

 

Reinserimento lavorativo, lavoro esterno
Chieti, “Voci di Dentro Onlus” (associazione di volontariato)

REDATTORE SOCIALE

martedì 22 giugno 2010
16

Chieti: associazione “Voci di dentro”,
quando il volontariato supplisce alle carenze dello Stato

L’associazione “Voci di dentro” lavora per l’inserimento sociale e lavorativo dei detenuti. Ha ottenuto tre borse lavoro e il regime di semilibertà per tre reclusi che oggi lavorano nella redazione dell’omonimo giornale nato tra le mura del carcere.
Reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti. È questo lo scopo dell’associazione “Voci di Dentro Onlus” nata a Chieti nel 2009 da un gruppo di 16 persone che prestano la loro opera in modo personale, spontaneo e gratuito, senza retribuzione e senza fini di lucro all’interno della casa circondariale di Madonna del Freddo. L’associazione oltre a promuovere attività di formazione professionale all’interno e all’esterno del carcere, organizzare incontri, convegni, iniziative di sensibilizzazione sociale, è editrice di un giornale giunto al tredicesimo numero, stampato in cinquemila copie, scritto interamente dai detenuti e diffuso all’interno dell’Istituzione penitenziaria e fuori: a Chieti, Pescara, in tutta la regione.
Il progetto, nato tra le mura del carcere, ha avuto il sostegno di altri enti come il comune di Chieti e l’Ufficio di esecuzione penale esterna (Uepe) che hanno messo a disposizione delle borse lavoro servite a due detenuti e redattori del giornale di vivere in un regime di semi libertà che ha permesso loro di uscire dal lunedì al venerdì per lavorare presso la sede del giornale. Da oggi però la redazione aggiunge un altro collaboratore: Ficarelli Vincenzo, beneficiato anch’egli di una nuova borsa lavoro offerta dall’Università Gabriele D’Annunzio e presentata stamani nella sede dell’Ateneo alla presenza della direttrice del carcere, Giuseppina Ruggero, del presidente della Onlsu “Voci di Dentro” Francesco Lo Piccolo e il Direttore Generale dell’UdA Marco Napoleone.
“Un altro passo per la nostra associazione - ha spiegato Lo Piccolo - grazie alla convenzione con l’università che permette a un nuovo detenuto di uscire di carcere la mattina e lavorare nella nostra redazione. Questo è un ulteriore tassello per la creazione di un lavoro, appunto il giornale Voci di Dentro che proprio per la sua serietà e la sua qualità vuole diventare anche un giornale in grado di mantenersi “con le proprie gambe” ovvero fare reddito per i detenuti diventati ex detenuti, dunque redattori, tipografi, fotografi, correttori di bozze.
Alla base del nostro progetto - continua lo Piccolo - c’è l’articolo 27 della Costituzione, che spiega come la sanzione penale bisogna proporre a chi delinque un duro cammino, un preciso lavoro su di sé, ma anche bisogna lasciargli aperta la porta al cambiamento, che anzi va favorito ed accompagnato con tutte le energie a disposizione da parte dell’intera società”. “E il lavoro - ha aggiunto la direttrice del carcere, Giuseppina Ruggiero - è il primo e vero strumento per il recupero dei detenuti. Pensate alle difficoltà che incontrano dopo anni di carcere, alla diffidenza di chi offre un lavoro a un detenuto. Per questo - ha concluso - devo ringraziare l’associazione “Voci di Dentro Onlus”, un’organizzazione veramente utile che oltre a prestare servizio nel carcere si impegna per trovare lavoro ai nostri detenuti. Questo è un esempio di volontariato che supplisce alle carenze dello Stato. Se non ci fosse il volontariato - ha concluso - penso che l’Italia si fermerebbe”.

 

 

Reinserimento lavorativo, lavoro esterno
Chieti, “Voci di Dentro Onlus” (associazione di volontariato)

IL CENTRO

giovedì 24 giugno 2010
17

Chieti: borsa lavoro dell’Università
a un detenuto, per un tirocinio formativo di sei mesi

Borsa lavoro dell’Università D’Annunzio di Chieti-Pescara per un tirocinio formativo di sei mesi a un detenuto del carcere chietino. Quest’ultimo lavorerà tutti i giorni nella redazione della rivista edita dall’associazione onlus “Voci di Dentro”, a Chieti. “Se l’università ha il compito di costruire il futuro del paese e dei giovani attraverso formazione e ricerca”, ha detto il direttore generale dell’ateneo Marco Napoleone, “l’università ha anche la possibilità di ricostruire il futuro di qualcuno che aveva spezzato il suo ritmo di vita”.
L’iniziativa è stata presentata ieri mattina nell’aula multimediale del rettorato dell’università dalla direttrice della Casa Circondariale di Chieti Giuseppina Ruggero, dal presidente di “Voci di Dentro” Francesco Lo Piccolo. Nel corso della conferenza stampa sì anche ricordato che l’associazione ha una quarantina di soci, che sono attivi presso la sede di Chieti due corsi, uno di giornalismo e un secondo di cinese, e che a settembre prossimo partirà un corso di musica. L’associazione “Voci di Dentro” e la rivista sono sostenute da contributi dell’Arpa, della Fondazione Carichieti, della Camera di Commercio, della Caritas, della Walter Tosto.

 

 

Lavori di pubblica utilità
Savona, “Detenuti al lavoro”

WWW.SAVONANEWS.IT

venerdì 25 giugno 2010
18

Savona: “Detenuti al lavoro”,
quarto anni di un progetto al servizio della comunità

Dopo l’esperienza positiva del 2006, 2008 e 2009, si realizza anche quest’anno il progetto “Detenuti al lavoro”, l’iniziativa promossa dall’Assessorato ai Quartieri del Comune di Savona in collaborazione con la Casa Circondariale di Savona ed Ata e con il contributo della Fondazione A. De Mari Cassa di Risparmio di Savona. Il progetto è nato con l’intento di favorire il percorso di rieducazione, integrazione e recupero dei soggetti che stanno scontando una pena in carcere attraverso lo svolgimento di attività di pubblica utilità, volte a fornire supporto nel processo di conservazione e valorizzazione del territorio. I detenuti raggiungeranno i luoghi prescelti per svolgere, dalle 6 alle 9 del mattino, dal martedì al sabato, la pulizia delle spiagge cittadine: il pezzo di litorale interessato è quello della zona dello Scaletto, dove il Comune di Savona sta approntando una spiaggia fruibile per le persone disabili.
L’attività dei detenuti prescelti che saranno due, prenderà il via il 1 Luglio e terminerà il 31 Agosto, è svolta sotto il coordinamento di Ata, che opera attraverso gli operatori della Coop La Bitta.
“È la quarta volta per questo progetto al quale tengo molto che serve a dare ai detenuti la possibilità di lavorare fuori dalla Casa Circondariale cittadina. L’iniziativa ha molti aspetti positivi sia per l’Amministrazione Comunale, che dimostra ancora una volta la propria volontà di lavorare al servizio di tutti i cittadini, anche quelli più deboli, sia per L’Amministrazione Carceraria, che cerca di recuperare i suoi detenuti. Aspetti positivi anche per la Fondazione Carisa, che utilizza i propri fondi per una buona causa e per la città di Savona, oggi sempre più votata al turismo, che ha la possibilità di avvalersi di ulteriori operatori impegnati nella pulizia delle spiagge. É importante ricordare che i detenuti, due italiani i quali godranno di un parziale reinserimento, di una retribuzione, godranno di una copertura assicurativa e saranno a contatto di nuovo con una realtà al di fuori del carcere a contatto con le persone. I detenuti si sono sempre comportati al meglio dimostrando serietà e correttezza” ha dichiarato l’Assessore ai Quartieri Francesco Lirosi.
“Apprezzo molto l’interesse espresso dal Comune di Savona per queste tematiche ed è grazie alla Legge 75 che è stato possibile il reinserimento della popolazione detenuta nel tessuto sociale che è servita ad avvicinare le persone a vedere il carcere e i suoi detenuti come persone che possono riscattarsi. Spesso il carcere viene vissuto dal resto della città come un luogo che si vuole tenere distante; deve essere invece aperto al territorio, specialmente tenuto conto delle difficoltà della struttura e degli esigui spazi interni dedicati all’attività di recupero, ha sottolineato il Direttore della Casa Circondariale di Savona, Nicolò Mangraviti. È stato molto bello vedere questa grande collaborazione tra l’Amministrazione comunale e quella penitenziaria e la partecipazione delle istituzione pubbliche e delle singole persone che hanno dimostrato il loro interessamento al progetto come sindaco, assessori, la polizia penitenziaria e i volontari.
Questo progetto è importante anche perché aiuta i cittadini a vedere i detenuti come soggetti che possono svolgere servizi di pubblica utilità sociale.
Il progetto è stato realizzato grazie al contributo finanziario della Fondazione A. De Mari Cassa di Risparmio di Savona e dell’Assessorato comunale ai Quartieri, che ha fornito ai detenuti una retribuzione e la necessaria copertura assicurativa e previdenziale. Il Presidente della Fondazione Carisa Roberto Romani ha concluso dicendo: “La Fondazione è contenta di sostenere anche quest’anno il progetto, per diversi motivi, non solo perché risponde al nostro obiettivo di attenzione e sostegno verso le fasce più deboli della popolazione e a sostenerle ma anche perché l’iniziativa fa parte di un percorso di recupero e reinserimento sociale dei detenuti. Il nostro sostegno è poi un atto che sentiamo giusto ed in conformità con la nostra natura di fondazione bancaria che, come sappiamo, ha le sue basi nel patrimonio dato dalla collettività del territorio e quindi ad essa la Fondazione restituisce, nel concreto, risorse, facendolo tra l’altro in un periodo di grandi difficoltà finanziarie per gli Enti locali. La pena fine a se stessa senza un recupero non ha alcun senso perché la pena deve andare di pari passo con la rieducazione e noi è questo che cerchiamo di sostenere e che continueremo a sostenere anche nei prossimi anni”.
La Casa Circondariale di Savona attualmente ospita 89 detenuti che si sono responsabili per la maggior parte di reati verso il patrimonio (spaccio, rapine etc.). Il 50% dei detenuti presenti sono stranieri di origine africana/magrebina e le difficoltà culturali rendono la situazione carceraria ancora più complicata, ma progetti di rieducazione come questi che danno una speranza possono aiutare i detenuti e vedere un futuro diverso e migliore per loro.

 

 

Lavoro inframurario, reinserimento lavorativo
Milano, “Aiscrim, prigionieri del gusto”, "Jobinside srl"

APCOM

venerdì 25 giugno 2010
19

Milano: al parco di Monza ad Agrate Brianza
nuove gelaterie gestite dai detenuti di Opera

Una nuova gelateria nel Parco di Monza e un’altra ad Agrate Brianza. Il progetto “Aiscrim, prigionieri del gusto”, che vede direttamente coinvolti i detenuti del carcere di Opera (Milano), aumenta la rete dei suoi punti vendita. Il negozio all’interno del Parco di Monza sarà presentato alle 12 domani nel Comune del capoluogo brianzolo dall’Assessore alle politiche sociali Pierfranco Maffè insieme con il direttore del carcere di Opera Giacinto Siciliano e il suo collega del penitenziario di Monza, Massimo Parisi.
“Aiscrim”, nata per iniziativa di Jobinside srl (azienda costituita nel 2005 per iniziativa di un gruppo di persone che operano nell`ambiente carcerario), assume direttamente i detenuti formandoli per circa un anno con mastri gelatai direttamente all`interno del carcere di Opera. All`interno della struttura è stato infatti allestito un vero e proprio laboratorio attrezzato con macchinari nuovi utilizzati da una quindicina di detenuti del reparto “Alta sicurezza”. I reclusi sono tutti regolarmente assunti e ricevono un regolare stipendio. Il progetto prevede anche un percorso di inserimento nei punti vendita direttamente o indirettamente gestiti dall’azienda. Il gelato e le torte gelato, sono prodotto con l`utilizzo di latte fresco pastorizzato proveniente da allevamenti italiani selezionati e di frutta fresca (no Ogm) direttamente dai coltivatori, e in coerenza con gli standard nutrizionali.

 

 

Lavoro inframurario, reinserimento lavorativo
Padova, “Dino Villani 2010” (premio gastronomico), Nicola Boscoletto, "Giotto" (cooperativa)

REDATTORE SOCIALE

venerdì 25 giugno 2010
20

Padova: i detenuti-pasticceri
premiati dall’accademia italiana della cucina

Domani sera nel corso della “Conviviale dell’equinozio d’estate” sarà consegnato ai reclusi del Due Palazzi di Padova il premio “Dino Villani 2010” per la Noce del Santo.
Continuano i successi e i riconoscimenti per i pasticceri del laboratorio attivo nel carcere Due Palazzi di Padova. Domani sera, nel corso della “Conviviale dell’equinozio d’estate”, l’Accademia italiana della cucina consegnerà ai detenuti il premio “Dino Villani 2010” per la Noce del Santo, il dolce che ormai si è affermato come la specialità antoniana per eccellenza. La serata sarà ospitata nella cornice del chiostro del Generale della Basilica del Santo e vedrà la partecipazione di una decina di detenuti che potranno uscire dal carcere in permesso. Il premio è riservato ai titolari delle aziende artigianali o piccolo-industriali che si distinguono nella valorizzazione dei prodotti alimentari italiani con alti livelli di qualità.
Sui tavoli per i circa cento invitati saranno a disposizione, per la presentazione ufficiale, i nuovi “Dolci di Antonio” che si affiancano alla Noce del Santo. I detenuti, infatti, hanno voluto omaggiare il santo di Padova con la produzione di alcuni dolci che riprendono ricette e ingredienti risalenti al 1200, epoca in cui visse sant’Antonio. Le lunghe sperimentazioni sugli ingredienti dell’epoca sono alla base delle ricette, che evocano sapori antichi e raffinati.
“La santa alleanza tra detenuti e basilica del Santo, quindi, continua - commenta Nicola Boscoletto, presidente della cooperativa Giotto che ha dato vita al laboratorio di pasticceria -. E d’altra parte è cominciata tanto tempo fa, con il Santo stesso che in vita mostrò tutta la sua attenzione nei confronti dei carcerati, ottenendo anche dal comune di Padova di modificare in loro favore lo statuto dall’epoca. Un rapporto che non si è mai interrotto e che anzi due anni fa si è rinvigorito con il pellegrinaggio delle reliquie cella per cella nelle carceri cittadine. È poi continuato anche quest’anno con due messe nella Casa di Reclusione e nella Casa Circondariale, animate dai frati della Basilica del Santo, cui hanno partecipato centinaia di detenuti”. Durante la serata sarà anche presentato in prima assoluta “Present Continuous”, il cortometraggio che racconta l’ostensione del corpo di sant’Antonio, evento che a metà febbraio 2010 ha portato in una settimana 200 mila pellegrini a Padova e in particolare nella serata di lunedì 15 trecento persone del mondo del carcere insieme a 20 detenuti, usciti in permesso per l’occasione.

 

 

Lavoro inframurario, reinserimento lavorativo
Brescia

BRESCIA OGGI

martedì 29 giugno 2010
21

Brescia: dal Comune un appello alle aziende “assumete i detenuti”

L’appello è forte e chiaro, lo lancia il Comune all’imprenditoria locale, per chiedere di spostare lo sguardo oltre le mura del carcere, creando opportunità di lavoro per i detenuti e incentivare le commesse ai laboratori attivati a Verziano.
Oltre all’alto valore sociale del gesto, ci sono significativi sgravi contributivi e fiscali, secondo quanto prescrive la legge 193 del 2000: ad esempio le imprese profit e non profit che assumono in carcere ottengono agevolazioni contributive all’80 per cento per i detenuti reclusi, oltre a un credito d’imposta pari a 516,46 euro. “Gli sgravi sono riconosciuti anche alle realtà che fanno formazione in carcere, perché l’obiettivo è il reinserimento del detenuto e la possibilità di imparare un mestiere”, sottolinea Massimo Tacconi, presidente della commissione Lavoro e Commercio.
Una politica dei piccoli passi che “può servire a migliorare la vita all’interno delle case circondariali”, aggiunge Giovanni Aliprandi, presidente della commissione Servizi alla persona, affiancato dalla presidente del Consiglio comunale Simona Bordonali, che ha voluto testimoniare l’unità d’intenti del Consiglio su queste tematiche.
Il coinvolgimento del mondo imprenditoriale, che oltre all’appello della Loggia vede coinvolta anche la Camera di Commercio, resasi disponibile col garante dei detenuti a iniziative per coinvolgere le diverse categorie, riguarda però solo il carcere di Verziano, dove sono già attivi dei laboratori per i detenuti. Canton Mombello, con i suoi 550 reclusi e una struttura risalente al 1917, non ha gli spazi per accogliere attività lavorative interne, a parte i lavoretti di servizio svolti dai detenuti per l’amministrazione penitenziaria e ricompensati con l’ormai datata “mercede”.
L’invito rivolto dalla Loggia al mondo imprenditoriale è stato pubblicizzato a margine della commissione congiunta Servizi alla persona-Commercio, cui è intervenuto il garante per i diritti dei detenuti, Mario Fappani, per illustrare la relazione delle attività 2009. Fra gli aspetti che si è riusciti a migliorare c’è sicuramente quello sanitario, “finita la medicina penitenziaria il servizio è passato all’ospedale Civile con un netto progresso nell’assistenza - dice -. Per il futuro abbiamo chiesto più psichiatri, perché la presenza di personalità border line e bipolari è significativa e va affrontata”.
La scuola e l’alfabetizzazione, le attività sportive dell’Uisp, i progetti di genitorialità e accoglienza dell’associazione Carcere e territorio sono tutti traguardi (quest’anno sono arrivati anche mini-frigo per le celle per i quali si è prodigato il sindaco Paroli), cui fanno però da controcanto criticità pesanti, come il sovraffollamento (fino a 6 persone in 10 metri quadri), la presenza di 40 etnie e il 70 per cento di detenuti stranieri, un turnover impegnativo con ingressi che raggiungono anche le 20 persone al giorno.

 

 

Reinserimento lavorativo
Lodi, “Il Lavoro debole” (progetto della Provincia)

IL GIORNO

martedì 29 giugno 2010
22

Lodi: con il progetto “Il Lavoro debole”,
la Provincia ha aiutato 115 ex detenuti

Va in archivio con un bilancio positivo la seconda fase del progetto “Il Lavoro debole”, elaborato dalla Provincia di Lodi: 115 le persone complessivamente coinvolte, tra detenuti in pena alternativa o in misura cautelare, ex-detenuti e le loro famiglie. Richiesta di inserimento o reinserimento lavorativo e casa i due filoni più assiduamente seguiti dalle persone beneficiarie del Progetto.
“Abbiamo seguito la logica della prevenzione, del recupero e del reinserimento - spiega l’assessore ai Servizi Sociali Mariano Peviani -. Abbiamo coinvolto anche istituzioni pubbliche, associazioni datoriali e no-profit, che all’interno del progetto si sono occupate del contatto iniziale, dell’accoglienza, dell’accompagnamento, della presa in carico e del reinserimento lavorativo e sociale delle categorie coinvolte”. Le richieste prevalenti raccolte dagli sportelli sono state, quella del lavoro (soddisfatta in 49 casi), e quella della casa, a cui è stato possibile rispondere grazie alla collaborazione con la Caritas Diocesana e l’Associazione Progetto Insieme. Nel biennio 2010-2011 ci sarà la terza fase del progetto con l’avvio di un’azione mirata al sostegno alla genitorialità dei detenuti e dei partner.

 

 

Lavoro inframurario, reinserimento lavorativo
Trani (Ba), “Con gusto, solidali e consapevoli”, Cooperativa Campo dei Miracoli

WWW.GRAVINAONLINE.IT

martedì 29 giugno 2010
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Trani (Ba): “Con gusto, solidali e consapevoli”,
presentato progetto a favore dei detenuti

Si è svolta questa mattina presso il Monastero di Colonna a Trani, la conferenza stampa di presentazione del progetto cofinanziato dal Ministero della Giustizia - Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Cassa Delle Ammende, intitolato “Con gusto, solidali e consapevoli”.
Sono intervenuti Francesco Ventola (Presidente Provincia BAT), Carmelinda Lombardi (Assessore alle politiche sociali, politiche per la famiglia, pari opportunità, Provincia BAT), Giuseppe Martone (Provveditorato Regionale Amministrazione Penitenziaria), Angela Anna Bruna Piarulli (Direttrice Casa Circondariale di Trani), Antonio Bonucci (Direttore area Puglia, Coop Estense), Vito Genco (Consorzio Meridia Bari), Pasquale Scarnera (Psicologo clinico, progettista) Salvatore Loglisci (Presidente Cooperativa Sociale Campo dei Miracoli).
A coordinare l’incontro sarà Don Raffaele Bruno, Responsabile per la Puglia di Libera associazioni, nomi e numeri contro le mafie. Alle ore 12.30 seguirà il buffet con i taralli prodotti dai detenuti della Casa Circondariale di Trani e le specialità della terra murgiana
Con gusto, solidali e consapevoli è un progetto di formazione e inserimento al lavoro destinato ai detenuti della Casa Circondariale maschile di Trani; è proposto e attuato dalla Cooperativa Sociale Campo dei Miracoli di Gravina in Puglia; è approvato e cofinanziato nel 2010 da Cassa delle Ammende che riconosce i risultati ottenuti dalla Cooperativa nell’inserimento lavorativo dei detenuti.
Il progetto si propone come ulteriore sviluppo di un percorso già intrapreso. La Campo dei Miracoli, infatti, avvia la collaborazione con la Direzione della Casa Circondariale di Trani nel 2003 quando sottoscrive una convenzione che prevede l’assunzione di un gruppo di detenuti per la preparazione dei pasti giornalieri destinati alla popolazione carceraria. Nel 2007, per aumentare il numero dei detenuti assunti, nelle cucine della Casa Circondariale parte la lavorazione, il confezionamento e la commercializzazione di taralli artigianali salati della tradizione pugliese - all’olio extra vergine di oliva, al seme di finocchio, al peperoncino, al pepe, alla cipolla e alla pizza.
La Campo dei Miracoli seleziona rigorosamente le materie prime e sottopone la produzione alle misure Haccp per la sicurezza e la salubrità degli alimenti a garanzia di un risultato monitorato dalla fonte alla distribuzione. L’arte del maestro cuoco, la passione e le competenze acquisite dai detenuti rendono questa produzione un esempio di eccellenza nel campo della gastronomia e della lavorazione artigianale. La Coop Estense attenta da sempre alla dignità del lavoro e alla qualità propone alla vendita i taralli prodotti dai detenuti negli Ipermercati di Puglia e Basilicata. L’Assessorato alle Politiche Agroalimentari riconosce nei prodotti manufatti in carcere il duplice valore di solidarietà e gusto e li ospita in un ampio spazio nel padiglione Agrimed della Fiera del Levante negli anni 2008 e 2009. Attualmente, nella preparazione dei pasti e nella produzione dei taralli sono coinvolti 12 lavoratori di cui 7 detenuti. Tutti sono regolarmente assunti e retribuiti secondo il Contratto Collettivo Nazionale delle Cooperative sociali.
“Con Gusto, Solidali e Consapevoli” prevede due fasi supervisionate e gestite dalla cooperativa:
- la prima fase di formazione professionale.
I detenuti acquisteranno competenze sui temi della sicurezza sui posti di lavoro, della corretta prassi e salubrità dei prodotti HACCP, delle norme e regolazione dei rapporti di lavoro.
- la seconda fase di inserimento al lavoro.
Secondo una graduatoria di merito, una parte dei partecipanti ai corsi di formazione troverà impiego nella preparazione dei pasti destinati alla Casa Circondariale e nella produzione dei taralli destinati alla vendita esterna. Saranno seguiti da un maestro cuoco.
I lavoratori saranno regolarmente assunti dalla Cooperativa Campo dei Miracoli e retribuiti secondo il Contratto Collettivo Nazionale delle Cooperative sociali.

 

 

Milano, “Vestiti, usciamo!” (concorso), "Angelservice" (cooperativa)

REDATTORE SOCIALE

martedì 29 giugno 2010
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Milano: “Vestiti, usciamo!”, giovane detenuto
crea marchio per linea d’abbigliamento

Adrian, recluso a San Vittore in attesa di giudizio, vince il concorso “Vestiti, usciamo!”, promosso dalla cooperativa Angelservice. Ha ricevuto in premio un assegno di 500 euro
Per ora c’è solo il logo, ma è il frutto della creatività di Adrian, giovane detenuto di San Vittore in attesa di giudizio. Da gennaio 2011 sarà il marchio di una nuova linea di abbigliamento per ragazzi. È questo il risultato del concorso “Vestiti, usciamo!”, dedicato ai giovani detenuti del vecchio carcere milanese e promosso dalla cooperativa Angelservice in collaborazione con ContattoC, società specializza in comunicazione. “Nel 2009 sono stati ben 1840 i reclusi con meno di 25 anni transitati da questo istituto - spiega Gloria Manzella, direttrice della casa circondariale -. È evidente come sia necessario pensare progetti di sostegno per questi ragazzi”. Il logo riproduce la pianta a raggiera del carcere di San Vittore e si chiama “unkode”. Adrian, oltre alla soddisfazione per la vittoria, ha ricevuto in premio un assegno di 500 euro, che verrà versato sul suo conto corrente.
Nel vecchio carcere milanese ci sono oltre 1.500 detenuti su una capienza di 900 posti. “Nel 2009 abbiamo assistito ad un aumento del 10% dei reclusi - sottolinea Gloria Manzella -. Qui restano fino alla conclusione del processo di primo grado. Si tratta sempre più spesso di persone con problemi di emarginazione, che forse se fuori avessero avuto più sostegno non sarebbero finiti in cella”.

 

 

Reinserimento lavorativo
Trieste, Provincia di Trieste

ADNKRONOS

mercoledì 30 giugno 2010
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Trieste: dalla Provincia 450 € al mese di borsa
lavoro a ogni detenuto in progetto di reinserimento

La Provincia di Trieste ha siglato una Convenzione con la locale Casa circondariale per consentire ai detenuti di usufruire di borse lavoro e progetti di orientamento e formazione all’etica del lavoro a fini riabilitativi. A ogni detenuto viene corrisposta una borsa lavoro di 450 euro mensili. Il primo progetto sarà avviato nei mesi estivi e riguarda la pulizia e la manutenzione ordinaria delle strade provinciali e del patrimonio provinciale.
Il progetto della durata di sei mesi prevede la partecipazione di quattro detenuti e di un operatore provinciale in qualità di tutore. In linea generale, la Convenzione fissa a un periodo non superiore ai dodici mesi tutti i progetti formativi. Nel caso in cui si concluda l’espiazione della pena e/o venga concessa la misura alternativa, il detenuto interessato può chiedere di proseguire nello svolgimento del progetto fino alla scadenza prevista. In questo caso, la Provincia di Trieste si atterrà, per i pagamenti, a quanto previsto dagli operatori penitenziari nel relativo programma di trattamento.
Nel caso in cui la Provincia, a propria insindacabile discrezione, non accolga la richiesta, il progetto formativo dovrà ritenersi automaticamente concluso senza ulteriori oneri di qualsiasi natura in capo alla Provincia medesima. Spetta alla Direzione della Casa Circondariale individuare i detenuti da avviare ai progetti, su autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria, e stabilire le prescrizioni a cui il carcerato deve attenersi.
L’attività formativa si sviluppa su venticinque ore settimanali articolate, di norma, su cinque giorni lavorativi per cinque ore al giorno. Eventuali ore eccedenti prestate per fronteggiare eventi straordinari e imprevedibili e per calamità naturali non saranno retribuite ma potranno essere recuperate entro la scadenza del progetto.
“L’idea di fondo è quella di ricostruire quel canale di comunicazione con l’esterno, con il mondo produttivo e l’ambiente sociale che al detenuto viene a mancare e che può rappresentare un primo passo verso la restituzione alla normalità con benefici sia economici che in termini di sicurezza per l’intera società”, ha spiegato la Presidente Maria Teresa Bassa Poropat durante una conferenza stampa alla quale ha partecipato anche il direttore del carcere triestino Enrico Sbriglia.
“Compatibilmente con le nostre esigenze organizzative e nei limiti delle disponibilità finanziarie di bilancio - ha aggiunto Bassa Poropat - ci impegniamo ad accogliere persone detenute nell’istituto penitenziario triestino, ammesse alle misure alternative e al lavoro all’esterno, presso le strutture operative provinciali, per l’avvio di progetti orientamento e di formazione all’etica del lavoro”.

 

 

Lavoro inframurario, reinserimento lavorativo
Venezia, "Rio Terà dei pensieri" (cooperativa)

REDATTORE SOCIALE

mercoledì 30 giugno 2010
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Venezia: un convegno sul lavoro ai detenuti;
dalle aziende ancora troppi pregiudizi

La cooperativa veneziana Rio Terà dei pensieri punta alla creazione di una rete territoriale e punta sul lavoro come arma alla recidiva. D’Errico: “Aziende restie ad abbandonare i pregiudizi e spesso la crisi è solo una scusante”.
Promuovere opportunità di lavoro all’interno e all’esterno del carcere significa abbattere la recidiva e trasformare il costo della detenzione in risorsa: è questa la filosofia di “Rio Terà dei pensieri”, cooperativa sociale attiva da 16 anni negli istituti di pena veneziani. Consapevole che per continuare in questa direzione è indispensabile la creazione di una rete di attori pubblici e privati, la cooperativa ha deciso di assumersene l’onere. L’obiettivo è di garantire occupazione e stabilità a 20 detenuti che beneficiano di misure alternative o che sono uscite dal carcere. L’idea, già in fase di attuazione, è stata presentata nel corso del convegno “Lavorare vale la pena” che si è svolto ieri mattina a Mestre.
La creazione di una rete territoriale ha lo scopo di aumentare le opportunità di occupazione e ridurre le discriminazioni nel mercato del lavoro. In questa sfida la cooperativa è accompagnata da tre partner operativi (società cooperativa Isfid, Quest Lab e Soggetto Venezia srl) e alcuni partner di rete, come il comune di Venezia, il ministero della Giustizia, Legaccop Veneto, Caritas e altre realtà locali. Tutti insieme per abbattere il muro che separa gli ex reclusi da un lavoro stabile, un muro fatto di solidi pregiudizi. “Spesso le aziende non si rendono disponibili facendosi scudo della crisi - riflette il presidente di Rio Terà, Giampietro D’Errico -, ma il più delle volte è una scusa dietro cui si nascondono i pregiudizi.
Solo alcune piccole aziende ci hanno aperto le loro porte, rassicurate dal fatto che noi garantiamo tutoraggio e accompagnamento. Anche le associazioni di categoria non ci danno troppe attenzioni”. Proprio da questi ostacoli è nata l’idea di una rete che riunisca tutti i soggetti impegnati nell’inserimento, per dare un segnale forte di credibilità e compattezza.
“Ogni giorno - conclude D’Errico - ci troviamo di fronte a grattacieli di difficoltà. Se passasse il messaggio che un detenuto che produce cessa di essere un peso per diventare una risorsa, forse il nostro compito sarebbe più facile”.
Il convegno mestrino ha offerto l’opportunità di presentare e condividere anche altre esperienze di inserimento: in questa sede il Dap ha riferito del progetto “Sigillo”, un marchio di qualità registrato lo scorso ottobre e apposto su una linea di moda realizzata in carcere. Augusta Roscioli, dell’Ufficio Osservazione e Trattamento - Dap del ministero della Giustizia, ha spiegato che è stato siglato un protocollo d’intesa con 4 cooperative: “Alla base c’è la convinzione che i prodotti realizzati dalle esperienze di formazione come i laboratori di sartoria o l’apicoltura non possono restare avulsi dalle logiche del mercato, ma devono diventare commerciabili ed essere valorizzati. Per questo abbiamo voluto creare un marchio e speriamo che l’esperienza venga replicata in altri settori e possa coinvolgere un numero maggiore di cooperative”.

 

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IL GRUPPO DI LAVORO DELLA RASSEGNA STAMPA

IMPAGINAZIONE
INDICIZ.-THESAURUS
ORGANIZ. FASCICOLI
Antonio Cabrelle
Alberto Savi
Alberto Savi
Romdhani Kheireddine
 
Aldo Selan
Michele Mason
ARCHIVIO
Sergio Volpon
Aldo Selan
Marco Leanza
 
Sergio Volpon
 
SELEZIONE ARTICOLI
 
GESTIONE SITO
Giancarlo Residori
GRAFICA
Alberto Savi
Aldo Selan
Flavio Casagrande
 
Antonio Sonego
   
Sergio Volpon
 
COORDINAMENTO
Bruno Boscato, volontario, consulenza informatica Coop "AltraCittà"
Maria Stella Dal Pos, volontaria
Marianita De Ambrogio, volontaria, area internazionale
Rossella Favero, Coop "AltraCittà"
Valentina Michelotto, Coop "AltraCittà"
Elisa Nicoletti, volontaria