Giovanni Morandin

 

Luci e ombre dello sport in carcere

 

(Realizzata nel mese di settembre 2002)

 

A cura di Nicola Sansonna

 

L’arbitro internazionale di rugby Giovanni Morandin, responsabile del CSEN (Centro Sportivo Educativo Nazionale) per le attività motorie e sportive negli istituti di pena veneti, ci parla dei progetti, dei risultati, ma anche delle difficoltà di organizzare attività sportive nei luoghi di reclusione.

 

Lo sport in carcere, forse in maniera maggiore che nel mondo libero, diventa un’attività essenziale per trovare un equilibrio psicofisico decente. Nella consuetudine si svolgono attività sportive "spontanee", tra le quali il calcio la fa da padrone, mentre la classica corsa nei nostri vasconi di cemento, buoni per tutti gli usi, è l’alternativa più diffusa quando le attività sportive sono lasciate al caso e non c’è una palestra attrezzata.

Nel carcere di Padova ci sono ottime strutture sportive: un campo da calcio, uno da pallacanestro, un’area polivalente che può essere utilizzata per la pallavolo e per il tennis e uno spazio verde per libere attività motorie e sportive, inoltre c’è un’ampia palestra attrezzata ma… c’è sempre un ma. Per vari motivi queste strutture restano spesso inutilizzate per lungo tempo, uno spazio in completa balia dei gabbiani, invece che essere destinate ad una sana attività per chi sta 20 ore al giorno chiuso in una cella. Davanti alla frase: "Manca personale e il servizio non può essere garantito" noi siamo inermi!

L’organizzazione delle attività sportive nella Casa di Reclusione di Padova, con un finanziamento della Regione, è stata affidata da cinque anni in particolare allo CSEN, il cui responsabile è Giovanni Morandin, arbitro internazionale di rugby, nonché docente dell’ISEF di Padova e quindi formatore degli insegnanti di educazione fisica. Lo abbiamo intervistato per capire cosa funziona e cosa no nelle attività sportive in carcere.

 

Quali attività sportive state svolgendo attualmente?

Le attività sono state modificate di anno in anno a seconda della disponibilità dell’amministrazione carceraria, dal punto di vista dei tempi e degli spazi concessi e a seconda del gradimento e delle richieste fatte dai detenuti. L’iniziativa più importante, che è iniziata quest’anno, sia qui al Penale che nella Casa Circondariale, è un torneo in cui giocano le squadre dei detenuti dei vari blocchi e degli studenti degli Istituti Superiori della provincia di Padova.

Vi hanno aderito cinque scuole, quindi abbiamo potuto organizzare all’interno della Casa di Reclusione due gironi con cinque squadre l’uno, per cui alla fine del torneo si saranno disputate un totale di 27 partite.

Spero il prossimo anno di poter ampliare l’iniziativa, anche se ci troviamo di fronte a difficoltà che derivano dallo scarso organico degli agenti, che non possono sempre garantire l’utilizzo del campo, tant’è che il torneo si è prolungato oltre i termini dell’anno scolastico 2001/2002. Se la situazione sarà la stessa, invece di fare un torneo di calcio a nove all’aperto, il prossimo anno faremo un torneo di calcio a cinque in palestra, dove il comandante mi ha garantito la presenza dell’agente senza grosse difficoltà.

 

Noi abbiamo un piccolo sogno: creare una rappresentativa del carcere. Magari iscriverla poi ad un torneo esterno. Cos’è che impedisce tutto questo?

All’inizio del primo e del secondo anno le attività erano molto più ampie, anche perché era garantito l’uso del campo. C’era la possibilità di uscire tutte le volte, o quasi, per cui erano state avviate attività sportive diversificate, utilizzando, oltre al campo da calcio, anche i campi da pallacanestro, da pallavolo e quello per il tennis. Poco alla volta, sempre a causa della scarsità d’organico degli agenti, abbiamo dovuto ridurre notevolmente le attività.

Nel 1997-98, visto che avevo responsabilità simili anche nelle carceri di Rovigo, Venezia, Verona e Vicenza, sarebbe stato più semplice creare delle rappresentative, anche perché era mia intenzione organizzare un torneo tra le carceri. Ma le difficoltà si sono rivelate enormi. L’amministrazione carceraria prevede delle situazioni di controllo che pongono grossi problemi d’organizzazione, allungando i tempi anche per le verifiche delle incompatibilità tra le persone detenute, i cosiddetti "divieti d’incontro", e quindi diventa difficile realizzare un torneo di questo tipo.

 

Il problema maggiore non stava nella partita in "casa" ma nella "trasferta"?

Proprio così. Una cosa più semplice, probabilmente, poteva essere mettere insieme una rappresentativa del carcere di Padova che potesse iscriversi magari a un torneo di promozione, amatoriale. Pian piano il progetto iniziale è stato però accantonato, perché volevamo estendere le attività al più ampio numero possibile di persone detenute, piuttosto che concentrare gli sforzi su un numero limitato di detenuti che potevano uscire all’esterno. Queste cose comunque non sono facili da ottenere. In linea di principio le direzioni sono disponibili, ma poi ci si scontra con la solita realtà: "La cosa è giusta e corretta, ma se non c’è l’agente disponibile la partita salta". Solo che se si incontrano squadre di esterni, i tempi sono obbligati dagli impegni di lavoro delle persone coinvolte, che si liberano per giocare quel determinato giorno. Se salta quella partita, riprogrammarla richiede un notevole allungamento dei tempi, inoltre i tornei amatoriali, di norma, hanno giorni fissi in cui si gioca. Così è anche per le scuole, dove bisogna avere il permesso per i ragazzi ad assentarsi da scuola, oltre a quello relativo ad entrare in carcere.

 

Alcuni anni fa, nell’ambito dell’organizzazione di un convegno con il Quartiere 6 Ovest di Padova dove sorge il carcere, abbiamo avuto la possibilità di contattare le associazioni di atletica leggera di zona. Hanno risposto con molto entusiasmo aderendo all’iniziativa, e qui dentro abbiamo anche fatto una selezione tra noi. L’atletica piace. La pratichiamo magari in maniera poco ortodossa, ma la pratichiamo. Non si può pensare a qualcosa che vada in questa direzione?

Ritorno indietro agli anni 1997-98-99; in quel periodo io ho spinto molto perché gli insegnanti di educazione fisica che coordinavo coinvolgessero le persone detenute nella pratica dell’atletica leggera. Gli interessati potevano allenarsi per migliorare le loro prestazioni. Avevamo pensato al lancio del peso, al salto in lungo, al salto in alto.

C’è da dire però che alla stragrande maggioranza delle persone interessa solo il calcio. Abbiamo comunque fatto qualcosa: il torneo di tennis, di pallavolo e delle partite di pallacanestro. Ma tutto quello che si fa all’aperto lo si fa una volta e sette o otto altre volte viene annullato. All’interno la palestra è totalmente occupata dal calcetto, e insistere perché i detenuti facciano qualcos’altro, quando la stragrande maggioranza vuole fare solo quello, diventa difficile. Noi però diciamo: "Sì, giochiamo a calcio, ma abbiamo insegnanti che sono oltretutto allenatori di calcio, impariamo a fare un poco di riscaldamento, un po’ di stretching, studiamo la tattica, il gioco, la tecnica, non giochiamo solo per sfogarci".

 

Forse potremmo anche cercare di mettere a frutto questo tempo per imparare qualcosa di buono: la tecnica, il riscaldamento, la prevenzione.

Noi cercheremo di dare delle nozioni su quello che è un sano approccio all’attività sportiva che non sia solo ludica, ma anche un’attività benefica per il fisico, che, se fatta male, al contrario procura strappi e stiramenti. La preparazione è importante, per imparare a gestire meglio il proprio corpo.

Alla fine del torneo organizzeremo negli Istituti delle tavole rotonde, a cui vorremmo far intervenire sia alcuni detenuti che gli studenti delle scuole che hanno partecipato al torneo. Mi auguro che ci sarà qualcuno di voi, gli educatori, l’amministrazione, anche per portare fuori la realtà del carcere che al di là di queste mura non è molto conosciuta. Quello che voi fate qui con la rivista ad esempio è importante.

 

Come potrebbe essere un incitamento ai ragazzi a fare sport e a seguire i consigli degli insegnanti?

Il mio suggerimento è "cercare di sfruttare queste opportunità che vi vengono offerte". Questi sono gli insegnanti, sfruttateli, chiedendo informazioni, mettendo un attimo da parte la voglia di scatenarsi in una sola partita di calcio, quindi cercate di avere degli obiettivi e di raggiungerli con gli insegnanti che sono a disposizione.

 

Ritiene utile il ruolo della commissione sportiva interna?

La commissione sportiva interna aveva il problema che per legge i suoi membri devono essere scelti per estrazione, casualmente. Così non sempre erano presenti quelli che in effetti sono interessati, quelli che avevano una loro identità riconosciuta anche dagli altri, un loro carisma per cui parlare con loro significava che avrebbero spiegato ai compagni l’importanza di diversificare l’attività sportiva. Io sono stato sempre presente, ma lì ci siamo resi conto che senza persone rappresentative ed interessate, non ha senso farle.

Se ci sono comunque proposte serie di attività sportive, io ben volentieri sono disposto a supportarle, e così anche gli insegnanti.

 

 

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