Daniele Capezzone e Marco Cappato

 

Intervista a Daniele Capezzone, presidente dei Radicali italiani,
e a Marco Cappato, eurodeputato radicale

 

(Realizzata nel mese di ottobre 2002)

 

A cura della Redazione

 

Daniele Capezzone

Mi chiamo Daniele Capezzone e sono il segretario dei Radicali italiani. Noi Radicali ci caratterizziamo per avere una costante attenzione verso i problemi delle carceri… a differenza di quello che fanno gli altri partiti politici. Se ricordate, un paio di anni fa l’intera politica italiana fece il giro delle carceri: l’anno del Giubileo vide la destra, la sinistra, quelli di mezza destra e di mezza sinistra, promettere tutto a tutti, innanzitutto amnistie e indulti. Portarono anche il Papa, in processione, a Regina Coeli, con tanto di diretta televisiva.

Passato il Giubileo sono svaniti tutti quanti, con i relativi progetti di amnistia e indulto, ma i problemi del carcere non sono svaniti e non sono svaniti neanche i Radicali che, prima, durante e dopo il Giubileo, continuano a svolgere le loro attività. L’onorevole Cappato credo abbia visitato tutte le carceri di quest’area e, nel 2002, i nostri parlamentari europei e i nostri consiglieri regionali hanno già fatto più di cento visite alle carceri di tutta Italia.

Ora c’è anche un fatto nuovo: il presidente degli eurodeputati Radicali, Maurizio Turco, e Sergio D’Elia, segretario di "Nessuno Tocchi Caino", nel giro di due mesi hanno incontrato tutti i 650 detenuti che sono in regime di "41 bis".

Così il 14 agosto abbiamo presentato un rapporto complessivo sulla situazione delle carceri… e il giorno dopo c’è il ministro che, forte della visita di un quarto d’ora al carcere di Cagliari, spiega che le carceri sono dei grand hotel… comunque, oltre a questo rapporto, Turco e D’Elia presenteranno presto un dossier dettagliato sulle condizioni detentive in Italia.

Nel 2002 abbiamo contribuito a depositare in Parlamento sei proposte di legge, in materia di giustizia, alcune delle quali riguardano direttamente la realtà carceraria (riduzione dei termini di custodia cautelare, liberazione anticipata e condizionale), e altre riguardano temi come la separazione delle carriere in magistratura, la responsabilità civile dei magistrati, i termini ordinatori e perentori dei processi, che con il carcere hanno comunque a che fare.

Intanto però, in Parlamento, assistiamo ad una vera e propria rissa sui temi della giustizia: da una parte ci sono quelli che fanno i girotondi, dall’altra ci sono gli avvocati - deputati. Non voglio polemizzare, né con gli uni né con gli altri, ma resta il fatto che entrambi gli schieramenti sono del tutto indifferenti ai problemi del carcere e alla condizione dei detenuti: alzi la mano chi di voi si sente vicino ai temi dei girotondisti, o degli avvocati - deputati…

 

Ristretti

Proprio in questi giorni anche la nostra redazione sta cercando di capire cosa si profila all’orizzonte; non è facile, perché sembra che nessuno voglia entrare nel merito delle proposte di legge sulla giustizia in discussione al Parlamento…

 

Daniele Capezzone

Riflettendo sulla situazione della giustizia in Italia, serve ricordare che in questo mese di agosto abbiamo conseguito un successo, sia pur piccolo piccolo: abbiamo portato fuori dal carcere Stefano Surace. In fondo, la vicenda di Surace - e delle migliaia di Surace di cui nessuno parla - da cosa è prodotta? Dalla non - riforma della giustizia. Per esempio, se in Italia fosse abolita la contumacia - che c’è solo da noi e non c’è da nessun’altra parte - se fosse modificato il sistema delle notifiche, il "caso Surace" non sarebbe mai nato.

E, su un piano diverso, se ci fossero la separazione delle carriere in magistratura, un sistema serio di ricusazione, l’abolizione degli incarichi extragiudiziari dei magistrati, ogni cittadino potrebbe avere qualche garanzia in più, rispetto a ciò che accade oggi in qualsiasi tribunale italiano. Il risultato finale è che 56.000 detenuti pagano sulla loro pelle il prezzo della non - riforma, mentre sulla giustizia prosegue la rissa tra bande… gli interessi, evidentemente, sono altri.

Se permettete, io avverto un senso di dolore per tutto questo, infatti, se guardo agli ultimi 20 anni di storia radicale, ci sono almeno 12 proposte referendarie e una decina di proposte di legge (quest’anno 6) che, se fossero applicate, capovolgerebbero il sistema della giustizia nel nostro paese, ma non riesco a trovare un cane, di qua o di là, tra i girotondisti o gli avvocati - deputati, che voglia andare al cuore dei problemi.

Il 14 settembre avremo un’altra sceneggiata, un altro girotondo, poi avremo il contro - girotondo degli avvocati di Berlusconi, e così via, ma non riesco proprio a capire cosa questo abbia a che fare con voi, con i 56.000 cittadini italiani ospitati negli "alberghi di lusso" di Castelli.

 

Ristretti

Ci sono carceri in cui si sta bene, in altri si sta benino, in altri si sta male. Una situazione "a macchia di leopardo", insomma. Non pensate che dovrebbero esserci degli standard validi su tutto il territorio nazionale, pur con le dovute distinzioni, e stabiliti per legge?

 

Marco Cappato

Sì, ma forse oggi, con l’aria che tira, le farebbero andare tutte al livello peggiore! A questo punto non credo sia un problema di normativa, perché basta vedere il nuovo regolamento, che è un sogno, perché in buona parte prescinde dalla realtà delle strutture e degli investimenti necessari.

Io credo che il problema degli standard di vita in carcere sia inaffrontabile se si mantengono queste condizioni di affollamento: anche in quelle che oggi sono le peggiori carceri, con la metà o un terzo della popolazione detenuta, tornerebbero ad essere possibili delle attività di trattamento. (Da questo punto di vista, a Padova, mi sembra siamo messi meglio, rispetto a moltissimi altri istituti). Per questo penso che, più che la normativa, il problema sia di come effettivamente si riesce a gestire un istituto.

 

Ristretti

Ma è anche un fatto di mentalità degli operatori, di cultura sociale più o meno diffusa e di relazione con il territorio, perché succede che, più vai verso il sud del paese, e più diminuisce la qualità della vita nelle carceri…

 

Daniele Capezzone

Io ho un’impressione, che sta diventando più di un’impressione, attraverso i dati che raccolgo girando le carceri, ed è che vi sia un problema serio che riguarda gli agenti di polizia penitenziaria, che svolgono un lavoro straordinario, eccezionale… ma questa storia della carenza di organico, che viene costantemente denunciata, è al tempo stesso vera e falsa.

È vera nel senso che questa carenza la constatiamo, ma è falsa nel senso che, se si considerano i permessi sindacali, le malattie, le altre forme di assenza dal servizio, abbiamo un numero elevatissimo di agenti che non sono disponibili. Posso dirvi che qui la situazione è migliore di altrove, ma i dati che ho raccolto, in giro per l’Italia, sono francamente imbarazzanti. Ripeto, tra permessi sindacali, malattia, e altro, c’è un numero elevatissimo di persone che, quotidianamente, non sono a disposizione della direzione del carcere. Questo è un primo punto che io considero importante.

La seconda cosa che volevo dirvi e che, in realtà, non sono sorpreso dal fatto che voi abbiate scelto, per questo numero del giornale, il tema dell’affettività. Credo che su questo anche noi Radicali dobbiamo dire e fare di più. Rispetto al buio che, sul mondo delle carceri, si è scelto di mantenere, questo aspetto si tiene ancora più al buio: il fatto che nelle carceri vi sono persone, magari giovani, magari con gioventù difficili, che stanno a farsi seghe dalla mattina alla sera… Questa è una realtà che non si può nascondere e che va affrontata così come l’ho descritta, perché credo di non aver dato una immagine alterata della realtà.

 

Ristretti

Noi abbiamo cercato di fare un’indagine sulla qualità della vita nelle carceri, ma nelle carceri del sud troviamo un muro. Voi che siete andati anche nelle carceri del meridione, avete trovato la stessa difficoltà ad avere delle informazioni?

 

Marco Cappato

Io sono stato a Napoli Poggioreale ed a Bari, e confermo. È più difficile stabilire una forma di comunicazione, sia con gli operatori che con i detenuti. È difficile anche dire cosa c’è che non funziona, a parte che a Poggioreale la situazione del sovraffollamento è veramente pazzesca.

Ma io volevo dire una cosa molto più generale: cercando di prendere i problemi a monte è da ricordare, rispetto al nostro impegno, che ci sono innanzitutto le battaglie antiproibizioniste perché, quando si parla di carcere si deve parlare di giustizia, certamente, ma si deve anche parlare di quello che sta davvero alla radice: una legge proibizionista, che produce criminalità, invece di combatterla. Sulla droga e sulla prostituzione, ci sarebbero dei margini per legalizzazioni e depenalizzazioni davvero notevoli. Pensando al sovraffollamento, all’intasamento del sistema, ai magistrati di sorveglianza che non ci sono, forse bisogna affrontare questo nodo, altrimenti rimane solo da costruire più carceri, da rilanciare l’edilizia carceraria.

 

Ristretti

Cosa sta succedendo negli altri paesi europei sul fronte della legalizzazione? Perché anche su questo ci sono notizie contrastanti ed a volte è necessario avere delle esperienze a cui fare riferimento, come quella olandese, ad esempio.

 

Marco Cappato

Non c’è una direzione di marcia definita. C’è chi fa passi avanti e c’è chi fa passi indietro. Sicuramente l’esperienza olandese significa molto, soprattutto sulle droghe leggere, però non è nemmeno quella una legalizzazione, perché è una tolleranza: di fatto, il mercato rimane nelle mani della criminalità e, secondo noi, questo è il vero problema da affrontare. Poi, è senz’altro meglio la tolleranza, piuttosto che mettere in galera il diciottenne per uno spinello, però una riforma nel senso di legalizzazione vera, non l’ha fatta ancora nessuno.

 

Ristretti

Un problema di cui non si parla molto è l’aumento del disagio psichico in carcere, cioè del numero di persone portatrici di disagio psichico che sono detenute, anche per piccoli reati, e per le quali non ritrova un’alternativa…

 

Daniele Capezzone

Io sono convinto che una mano consistente nella direzione sbagliata la dà - e voi rappresentate un’eccezione positiva - il fatto che nelle carceri non si lavora. Una persona detenuta sta per 20 o 24 ore al giorno in cella, e questo aggrava anche la sua situazione psichica. C’è un dato, che io considero terrificante: agli inizi degli anni ‘90 c’erano 13.000 detenuti che lavoravano, su 26.000 totali. Oggi siamo sempre a 13.000 occupati, però su 56.000 detenuti e, da quest’anno, col dimezzamento delle spese nel settore carcerario, quei 13.000 lavorano per la metà del tempo e con la metà dello stipendio. In queste condizioni, anche chi il disagio mentale non ce l’ha, lo innesca.

Rispetto a quello che si diceva, poco fa, sull’antiproibizionismo, c’è sempre qualcuno, in particolare sul "41 bis", che sta col ditino alzato e dice: "Voi radicali siete ingenui, perché la mafia è pericolosa e va combattuta con ogni mezzo…!". Davvero? Ma non c’è uno di loro - antimafiosi "che lottano con tutti i mezzi" - che pronunci la parola "antiproibizionismo".

Qualcuno è davvero convinto che la lotta alla mafia si fa mettendo un catenaccio in più e lasciandole, poi, fiumi di denaro, decine di migliaia di miliardi l’anno, con la droga? Davvero io vorrei che, ogni volta che qualcuno di questi pronuncia la parola "41 bis", ci fosse un giornalista che gli domandi: "Ma, scusi, e la droga?".

 

Ristretti

Negli incontri con i detenuti sottoposti al regime di 41 bis, che situazioni avete trovato?

 

Daniele Capezzone

Situazioni incredibili. Ci sono persone sottoposte da 10 anni al regime di 41 bis. Ci sono bambini di 10 anni che non hanno mai potuto, non dico abbracciare, ma anche soltanto dare la mano al proprio padre. Io voglio dire solo questo, poi ciascuno può farsi la sua idea.

Una cosa conclusiva, generalissima, riguardante i 12 mesi che abbiamo alle spalle: quando c’è stato da raccogliere firme per le proposte di legge i detenuti hanno firmato, quando c’è stato da digiunare con Pannella i detenuti hanno digiunato, quando c’è stato da porre la questione della Corte costituzionale l’hanno posta i detenuti…

Ammesso che quella dei detenuti sia una categoria, non c’è nessuna categoria sociale, politica, intellettuale, religiosa, che abbia dato, in quest’anno trascorso, un contributo di civiltà e di impegno politico come quello dato dai detenuti. Mi piacerebbe poter dire un decimo, di quello che posso dire dei detenuti italiani, a proposito degli editorialisti della grande stampa italiana. Questo tenevo a dirlo, anche con il relativo "grazie".

 

 

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