Domenico Paonessa

 

Il gioco e l’arte della convivenza

Un torneo di calcetto senza arbitri, per imparare a stabilire insieme regole e sanzioni. Un ciclo di visite guidate alle bellezze della città, per riappropriarsi dei luoghi al di là della pena

 

(Realizzata nel mese di luglio 2005)

 

a cura di Marino Occhipinti

 

Quando è difficile puntare sul lavoro per rientrare in società, il Centro di Servizio Sociale per Adulti di Napoli inventa strade alternative. Come ci racconta il suo direttore, Domenico Paonessa.

Lavoro, ma non solo. Al Centro di servizio sociale per adulti di Napoli sono convinti che la risocializzazione, per chi sconta una condanna, debba passare anche attraverso altre attività. Che sembrano di svago ma in realtà aiutano i detenuti a guardarsi in modo diverso, cominciando a pensare se stessi come parte della collettività e non più individui ai margini. “Non possiamo dare risposte positive significative in termini occupazionali”, ammette Domenico Paonessa, direttore del CSSA di Napoli, “ma possiamo offrire delle occasioni per riflettere su come sia possibile vivere e interagire con gli altri. Anche partecipando a eventi che per la maggioranza dei cittadini sono normalissimi”.

 

Abbiamo sentito parlare di un vostro recente progetto, "Step one". Ce lo racconta?

Il nostro ufficio è impegnato nella ricerca di attività trattamentali che non siano necessariamente incentrate sul lavoro o sulla formazione professionale. Siamo convinti che l’offerta di diverse proposte progettuali possa arricchire il dialogo e il confronto con i nostri utenti: detenuti che beneficiano di misure alternative o auspicano di ottenerle. Step one ci ha permesso di confrontarci nell’organizzazione di un triangolare di calcetto con tre squadre: dipendenti del Cssa (assistenti sociali, agenti penitenziari e personale amministrativo), utenti del Centro, e operatori e utenti (con problemi di tossicodipendenza) del Centro diurno Gulliver.

 

Un comune torneo di calcetto?

Non proprio. La peculiarità stava nel fatto di giocare senza arbitro. Sono stati gli stessi giocatori, in campo, a decidere quali azioni fossero da giudicare fallose e meritevoli di sanzioni (punizioni, rigori, rimesse laterali), e a stabilire quando le partite dovessero terminare. Il tutto senza incidenti né discussioni. Un’esperienza unica, hanno riferito i partecipanti: ci si è messi in gioco un po’ tutti, senza tenerci a distanza tramite le solite scrivanie. Ci si è incontrati in un modo diverso, insomma.

 

Avete coinvolto anche le famiglie dei detenuti?

Sì, e anche quelle dei nostri dipendenti e degli utenti del Centro diurno. Hanno così avuto modo di stabilire un rapporto di conoscenza, in un’occasione inconsueta. Abbiamo inoltre realizzato dei momenti di confronto tra i partecipanti, con gruppi di discussione sul perché ci si facesse coinvolgere dal progetto Step one: è emersa l’importanza di incontrarsi su un “terreno di gioco” diverso da quello classico dell’ufficio. Si è poi parlato dell’assenza dell’arbitro come fosse una metafora della vita, ragionando su chi dovesse stabilire regole, sanzioni e premi.

 

Chi ha contribuito alla realizzazione del progetto?

Il progetto è stato curato dal CSSA., ma è stato un giovane assistente sociale, Umberto Esposito, che ci ha fermamente creduto e lo ha scritto e seguito con attenzione, motivando chi rischiava di impigrirsi per le ragioni più disparate. È un operatore che ha coniato il termine “pedagogia dell’esempio”, sicuro che l’esporsi in prima persona, per ognuno di noi, utente o operatore, sia un chiaro modo per far capire agli altri come sia possibile, con l’impegno, produrre significativi cambiamenti nello stile di vita, proprio e degli altri. Ma è da ricordare che l’iniziativa è stata condivisa dalla magistratura di Sorveglianza di Napoli, sempre vicina a questo Centro in tutte le occasioni trattamentali diverse da quelle classiche e rassicuranti.

 

Questa è la prima iniziativa del Centro di servizio sociale di Napoli che si allontana dalla centralità del lavoro nel percorso trattamentale?

No, fortunatamente. Nel 2001 e nel 2002 abbiamo promosso il progetto Napoli tra folklore, tradizione, storia e arte, rivolto agli utenti e ai loro familiari: erano previste visite guidate nelle chiese, nei musei, nei chiostri, al conservatorio, alle catacombe, oltre alla partecipazione a feste popolari. Il punto di forza era sempre lo stesso: ritenere che la risocializzazione di cittadini svantaggiati possa concretizzarsi anche attraverso iniziative che permettano di guardarsi in modo diverso. Difficilmente i detenuti, senza questa opportunità, si sarebbero appropriati di spazi come chiese e musei che appartengono anche a loro, certo, ma solo se si convincono (e ci convincono) che loro non sono cittadini di serie B.

 

Cosa le è rimasto particolarmente impresso di questo progetto?

Tra i molti ricordi positivi di questa iniziativa cito solo l’emozione che ho vissuto quando, in visita al Maschio Angioino ed al suo museo, mi sono reso conto che un gruppo di turisti si era aggregato a noi per ascoltare il direttore del museo, nostra autorevole guida, e non mi era più possibile distinguere gli utenti dai turisti: erano/eravamo, in quel momento, tutti semplicemente dei cittadini, tra l’altro, con un interesse comune e con il piacere che è proprio delle situazioni dove si ha voglia di con/dividere qualcosa con gli altri.

 

Qual è lo stimolo in più che questi progetti hanno saputo dare al vostro lavoro?

Ci spingono a continuare le risposte, i suggerimenti, le critiche e gli incoraggiamenti ricevuti dagli utenti attraverso questionari (a risposta aperta, libera) sul gradimento delle iniziative. Ci conforta non solo chi ci ha scritto che non aveva idea delle bellezze della nostra città, ma anche chi ci ha riferito che a casa, con gli amici, ha avuto il piacere di parlare di quanto aveva visto e sentito. E forse ci incoraggia soprattutto quel cittadino che ci ha confessato che ora, entrando nella chiesa in cui entra ogni domenica da anni, per la prima volta ha osservato il pavimento, l’altare e i quadri che, riferisce, in tutto questo tempo non aveva mai notato.

 

Il Cssa di Napoli ha previsto, a breve, ulteriori progetti con queste modalità?

Con il Comune di Napoli stiamo organizzando una serie di incontri con i cittadini in misura alternativa alla detenzione per promuovere riflessioni su alcuni temi molto sentiti, qui: le nuove sostanze stupefacenti, l’usura, la tutela dell’ambiente, la raccolta differenziata dei rifiuti, la donazione del sangue, il consumo di alcol. Per la fine dell’anno è prevista la chiusura dell’iniziativa con una giornata di sensibilizzazione sul pericolo nell’utilizzo dei fuochi d’artificio. I relatori, i conduttori, i facilitatori di queste giornate saranno operatori sanitari, sociali, delle forze dell’ordine, che quotidianamente sono impegnati sul campo.

 

Che rapporti avete instaurato con i servizi territoriali?

Stiamo continuando a operare per farci conoscere: dobbiamo recuperare del tempo perso, che è trascorso perché siamo stati chiusi in noi stessi. Occorre umilmente riconoscere che è giusto che il carcere sia noto all’opinione pubblica e non solo agli operatori del settore. Oggi, escludendo chi è in custodia cautelare, i dati ci dicono che i soggetti in esecuzione di pena all’esterno del carcere sono quantitativamente rilevanti (così come ben si evidenzia dalle preziose tabelle statistiche del vostro sito www.ristretti.it) se paragonati ai detenuti in esecuzione di pena detentiva. Eppure il nostro lavoro non è noto così come non è nota la mission del nostro ufficio.

Abbiamo creato delle brochure, stiamo diffondendo i dati su quanti e quali soggetti il nostro ufficio segua, ricordando che siamo competenti per un territorio molto particolare che corrisponde a Napoli e provincia. Abbiamo pubblicizzato ai nostri referenti istituzionali gli esiti di una ricerca sui problemi rilevati nel momento delle sottoscrizioni delle prescrizioni per gli affidamenti in prova al servizio sociale e attendiamo un riscontro, per migliorare il servizio, in particolare dalla magistratura di Sorveglianza che forse a breve ci coinvolgerà per un confronto. Siamo poi in contatto con altri soggetti: l’Università Federico II di Napoli che inizia a coinvolgerci in iniziative didattiche e divulgative; l’Ordine professionale degli assistenti sociali della Campania; gli studenti delle scuole medie superiori che hanno chiesto di essere orientati alla scelta dell’indirizzo universitario per la professione di assistente sociale (un progetto nazionale realizzato tramite la Consulta Unica delle Professioni).

Stiamo poi accettando il primo assistente volontario e attendiamo che l’Università Federico II risponda a una nostra disponibilità ad accettare assistenti sociali tirocinanti. Abbiamo firmato quest’anno una prima convenzione con l’Asl 3 della Campania, e siamo quasi pronti per la firma con l’Asl 1 per regolamentare e rendere più fluidi i rapporti tra i Servizi per le tossicodipendenze e le alcoldipendenze (Ser.T.) e il Cssa. Abbiamo firmato da pochi giorni un protocollo d’intesa con il Comune di Napoli per l’apertura di sportelli territoriali, in modo da favorire la vicinanza del nostro ufficio alla gente e ai servizi sociali dell’ente locale. Stiamo avviando rapporti simili con il Comune di Torre Annunziata e di Castellammare e, a breve, con alcuni comuni del versante flegreo; sono cominciati significativi rapporti con un consorzio di associazioni private (il Co.Re.) per borse lavoro per i nostri utenti, e sono in corso incontri mirati con i singoli Ser.T. della provincia.

Tutto questo, è giusto dirlo, con grande spirito di servizio di chi opera presso il CSSA di Napoli. Se, sempre dal vostro sito, si andranno a leggere le statistiche relative ai carichi di lavoro dei singoli Centri, emergerà che si riesce a realizzare le iniziative sopra descritte pur in presenza di un carico di lavoro dell’ufficio ed individuale che non ha pari in Italia. Un direttore di un ufficio pubblico non può gratificare economicamente il personale ma può o, meglio ancora, deve riconoscere e far conoscere all’esterno l’impegno profuso da chi permette all’ufficio di raggiungere obiettivi insperati.

 

Provveditorato

Napoli

Istituti

Tipo

Capienza Regolamentare

Detenuti Presenti

Posizione Giuridica

Condannati

Imputati

D

U

Tot

D

U

Tot

D

U

Tot

D

U

Tot

Napoli Poggioreale

C.C.

0

1.350

1350

0

1.966

1.966

0

600

600

2

1.364

1.366

Napoli Sant'Eframo

OPG

0

150

150

0

156

156

0

132

132

0

24

24

Napoli Secondigliano

C.C.

0

918

918

0

1.259

1259

0

933

933

0

326

326

Totali

2.427

2.427

3.381

3.381

1.665

1.665

2

1.714

1716

Fonte: Ministero della Giustizia - Ufficio per lo Sviluppo e la Gestione del Sistema Informativo Automatizzato - Sezione Statistica

 

 

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