Interviste di "Ristretti"

 

L’Inps entra in carcere

 

Nel penitenziario di Terni è appena partita la prima esperienza in Italia di un "Punto cliente" per le questioni previdenziali, che viene gestito da personale del carcere e che non sarà difficile esportare anche in altre realtà

 

(Realizzata nel mese di aprile 2004)

 

A cura di Marino Occhipinti

 

È tutt’altro che semplice, per un detenuto che lavora, star dietro alle proprie questioni previdenziali senza potersi recare negli uffici giusti né telefonare all’Inps per richieste e chiarimenti. Per risolvere alla radice questo problema di comunicazione, qualcuno ha pensato di creare una "filiale" di questi uffici all’interno del carcere. È accaduto a Terni, come ci spiega Giampaolo Cianchetta, direttore provinciale dell’Inps nella città umbra.

 

Com’è nato il "Punto cliente Inps" all’interno della Casa circondariale di Terni?

A volte le cose nascono quasi per caso, come in questa circostanza. Alcuni mesi fa mi sono accorto che non era mai stato approfondito il rapporto tra detenuti e Inps: molte volte succedeva che le richieste presentate dai detenuti venissero respinte dai nostri uffici, così ho cominciato a chiedermi che cosa non andasse. Ho voluto approfondire e, anche grazie alle segnalazioni del cappellano e degli assistenti sociali, mi sono accorto che le richieste erano respinte perché sul piano formale presentavano adempimenti non corretti. Ho voluto verificare ancora meglio e ho riscontrato la difficoltà di dialogo che esiste tra i detenuti e l’Inps: le nostre procedure risultavano poco chiare, e tutto era reso più problematico dall’impossibilità, per il detenuto, di parlare direttamente con noi.

 

Come ha pensato, allora, di colmare questa mancanza di comunicazione?

Partendo da zero, e l’unica soluzione possibile è stata quella di proporre all’Amministrazione penitenziaria di farci entrare in carcere. Così è nato il "Punto cliente Inps", istituito per consentire alla persona reclusa di dialogare direttamente con noi e tutelare così i propri interessi senza intermediari. Questo servizio, infatti, permette di superare le "barriere non architettoniche" tra ufficio pubblico e cittadini, vale a dire gli ostacoli che tradizionalmente rendevano i carcerati utenti "disabili" rispetto alla pubblica amministrazione.

 

Come funziona l’ufficio e da chi è gestito?

È come se nella struttura penitenziaria fosse presente tutto l’Inps. Attraverso un computer e una password, che consente l’accesso tramite internet al portale del nostro istituto, il detenuto lavoratore potrà - mai da solo ma sempre tramite un operatore - visionare la propria situazione contributiva, richiedere e stampare documenti, accedere a ogni altra informazione sugli aspetti previdenziali.

 

Quante persone vi lavorano e con quale preparazione?

Come Inps abbiamo organizzato un programma di formazione per il personale del carcere incaricato del servizio, sia amministrativo che appartenente alla Polizia penitenziaria, affinché sappiano per esempio predisporre la documentazione per richiedere gli assegni familiari o i contributi per la "disoccupazione con i requisiti ridotti". Inoltre abbiamo individuato alcuni funzionari della nostra sede che periodicamente saranno presenti in carcere per l’attività di consulenza e supporto.

 

E le persone detenute? Non potrebbero essere coinvolte e impiegate anche loro in questo servizio?

Anche per loro è prevista la formazione che li porterà a diventare tutor degli altri reclusi, ma per ora non è possibile per loro accedere a internet e alle procedure informatiche dell’Inps.

 

Come è stata accolta la vostra proposta dall’Amministrazione penitenziaria?

Senza l’accordo dell’Amministrazione penitenziaria non avremmo potuto fare nulla. Il progetto, il primo del genere in Italia, è stato attuato in stretta collaborazione tra la sede Inps e la direzione della casa circondariale di Terni (il dottor Francesco Dell’Aira), e patrocinato dal vescovo di Terni, monsignor Vincenzo Paglia. L’iniziativa ha suscitato l’attenzione e la motivata condivisione sia del Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria, che intende estendere il servizio al carcere di Spoleto, sia del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria presso il Ministero della Giustizia.

 

Quindi l’esperienza potrebbe essere allargata ad altre carceri. In questo caso, quali risorse dovrebbero mettere in campo l’Amministrazione penitenziaria e l’Inps? È un progetto facilmente esportabile, dal punto di vista economico e delle risorse umane?

È esportabile, sì, tanto che altre carceri sono già in fase di avanzata attuazione: Genova, Lecce, Oristano e Roma Tiburtino. Il "Punto cliente" è infatti uno sportello virtuale informatico che non richiede particolari risorse economiche e di personale. C’è bisogno di tre soli elementi: un personal computer (pentium III o equivalente con 128 di ram e collegamento a internet); uno o più dipendenti del carcere, secondo le esigenze, che potranno collegarsi alle procedure informatiche dell’Inps; un locale al quale possano accedere i detenuti.

 

Quando ha proposto l’apertura del "Punto cliente" nel carcere di Terni, non ha pensato anche al risvolto sociale che questa iniziativa avrebbe avuto?

Questa è la considerazione finale alla quale tengo maggiormente: il detenuto che lavora costa meno, e non certo perché lavora in nero o in maniera irregolare, ma perché la sua contribuzione è più bassa, ci sono delle agevolazioni. È un aspetto di cui tener conto, insieme a quello della ricaduta sociale e della valenza educativa del lavoro: forse è meglio muoversi in questa direzione piuttosto che andare ad aprire fabbriche in Cina.

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