Sono in tanti ad essere contrari all’amnistia e all’indulto

Ma perché le stesse persone perbene non hanno lo stesso senso di giustizia nel pretendere che almeno in carcere la legge e la legalità siano rispettate?

 

 

di Carmelo Musumeci

 

In questo periodo mi hanno colpito alcuni articoli sul carcere letti sulla Rassegna Stampa di “Ristretti Orizzonti”.

E ieri sera sono rimasto particolarmente deluso dai numeri negativi di un sondaggio relativo alla concessione di un’amnistia e indulto.

Poi mi sono acceso una sigaretta e mi sono messo a passeggiare per la cella e a pensare che forse le persone perbene non abbiano tutti i torti a essere contrari a qual­siasi gesto di clemenza umanitaria per chi ha infranto la legge.

Subito dopo però mi sono chie­sto: ma perché le stesse persone perbene non hanno lo stesso senso di giustizia nel pretendere che almeno in carcere la legge e la legalità siano rispettate?

Ormai tutti sanno delle numero­se condanne che l’Italia ha subito dalla Corte europea dei Diritti dell’Uomo per come sono trattati i detenuti nelle carceri italiane.

E molti conoscono i numerosi appelli del Presidente della Repubblica per richiamare l’attenzione politica e sociale sulle nostre “Patrie Galere”.

Penso che l’essere umano sia portato a sbagliare, ma è anche capace di rimediare al male che ha fatto se sconta la sua pena in un luogo di legalità e giustizia democratica.

Dubito che una sofferenza e un dolore non costituzionalmente legittimi possano rendere migliori i prigionieri e tutelare di più la società.

Nelle carceri italiane è difficile non impazzire e non uscire più cattivi, rancorosi e pericolosi di quando si è entrati, perché in questi luoghi tutti comandano, ma nessuno ubbidisce alla legge.

Spesso in questi luoghi i detenuti elaborano e rafforzano una sottocultura per reagire alla loro segregazione sociale.

E l’uomo non potrà mai diventare davvero onesto se sconta una pena in un luogo ingiusto, dove senti spesso dire “Tu hai violato la legge ed io adesso lo faccio di più”.

Penso che sia comprensibile che le persone perbene siano contrarie all’indulto e all’amnistia, ma le stesse persone dovrebbero essere contrarie anche all’illegalità dentro il carcere, perché è assurdo che si finisca in carcere per “atti antisociali” e si vada in un luogo che di fatto nega la nozione e la pratica della giustizia.

 

 

 

Forse chi predica la Carità Cristiana non dovrebbe sdoganare la violenza

 

di Clirim Bitri

 

 

“I figli dei padovani rischiano la vita, non è più tollerabile, questo è Far West. E dopo ci lamentiamo perché la gente usa le pistole. E cosa deve fare?”.

“Bustine di droga nascoste nelle fioriere del cortile: le hanno trovate i cani antidroga che ho dovuto chiamare; un ragazzino rapinato della bici, furti, stranieri sfaccendati e spacciatori in via Ferrari”.

“Sono un uomo libero, non cerco gloria e dico quello che voglio. Ho subìto furti, e sono soldi della parrocchia mica miei”

 

Ho letto e riletto più volte le dichiarazioni riportate sui giornali del parroco della parrocchia di Santa Giustina, Padova, don Federico Lauretta ma non ci credo, non ci credo che un uomo di chiesa giustifichi le persone che usano la violenza e le armi, non credo che un uomo di Dio manifesti contro provvedimenti che tendono a dare un po’ di dignità a delle persone che stanno in carcere e invidiano gli animali per le condizioni di vita e non ci credo, che gli altri confratelli l’abbiano accolto con un applauso. E non credo che chi predica la Carità Cristiana dovrebbe sdoganare la violenza.

Sono cresciuto in Albania in un regime comunista e non sono particolarmente affezionato a nessuna religione, ma da quando si è insediato Papa Francesco seguo con particolare attenzione le notizie che lo riguardano e ho la sensazione che predichi la pace, il perdono e il dialogo. Ho cominciato a frequentare anche la messa nella chiesa del carcere e in un tratto del Vangelo si parlava della pecora smarrita che bisognava recuperare anche a costo di lasciare sole le altre 99 pecore, e credo che quei ladri e spacciatori di cui parla don Lauretta corrispondano perfettamente a quella pecora smarrita che bisogna riportare a casa, non però con la violenza ma con il dialogo, e credo che l’essere straniero non equivalga a essere delinquente o sfaccendato e che ci sono tante ragioni e difficoltà che ti spingono a emigrare. Dal Nord Italia non tanti anni fa sono emigrate tante persone, chiedete a loro le difficoltà che hanno dovuto superare, quando per gli errori di qualcuno venivano criminalizzati tutti.

Dovete scusare la mia ignoranza, ma se è vero che anche per l’uomo che diffonde la parola di Dio vale la frase “fate quello che dico, ma non fate quello che faccio”, questo è il momento meno opportuno per rispettare quello che ha detto Frate Federico. Spero che le sue parole siano state mal interpretate dai media, ma se fosse vero che un uomo che dovrebbe predicare la Carità si esprime in questa maniera, non ho parole con le quale esprimere il mio stupore e in questo momento mi sento solo di dire: Dio proteggici Tu.