I diritti di un cane investito

 

di Ornella Favero

 

La storia di Graziano Scialpi, il vignettista di Ristretti Orizzonti, l’abbiamo già raccontata: era detenuto da anni nella Casa di reclusione di Padova, per mesi ha lamentato dolori atroci alla schiena, chiedendo di essere sottoposto a una risonanza magnetica, ma in tanti non gli hanno creduto, finché una notte d’agosto è rimasto paralizzato, è stato ricoverato e operato d’urgenza: tumore ai polmoni, arrivato ormai alla spina dorsale. È morto dopo meno di due mesi.

Ma oggi, in questo numero di Ristretti tutto sui temi della salute, che dedichiamo a lui, perché storie come la sua non si ripetano mai più nelle carceri, pubblichiamo un documento nuovo e importante, una lettera, che Graziano alla fine del 2009, quando i dolori alla schiena già gli impedivano di dormire e non gli davano tregua, aveva scritto a una persona, Rosetta Bolletti, psicoterapeuta, che l’aveva seguito quando lui lavorava all’esterno, prima di essere chiuso per aver usato sostanze non consentite, probabilmente presenti in farmaci che lui aveva assunto di sua iniziativa. È una testimonianza che fa star male per il carico di sofferenza che esprime, pur con quella sfumatura di feroce ironia che Graziano riusciva a mettere dappertutto, ma è una testimonianza anche importante per capire che cosa vuol dire ammalarsi in carcere, e non essere neppure creduti:

“Per quanto riguarda le mie condizioni di salute, il mal di schiena va peggiorando, ormai l’interessamento del nervo sciatico ha raggiunto il ginocchio sinistro. La cosa grave è che il carcere, o meglio, i medici del carcere, non mi danno farmaci sufficienti a condurre un’esistenza “normale” o quasi. Dormo una notte su quattro e le giornate sono scandite dall’attesa dell’infermiere dal quale pietire una pastiglietta di Voltaren che mi dia un paio d’ore di sollievo. In quattro-cinque occasioni sono stato aggredito da dolori così atroci e totalizzanti da pensare, se pensare si possono chiamare quei processi di pensiero, di uccidermi per far cessare le sofferenze. Per cui se sente che ho compiuto qualche gesto estremo, non si sarà trattato di depressione o cose simili, ma solo di dolore fisico. Un dolore facilmente evitabile con qualche bustina di Voltaren acquistabile in farmacia senza ricetta al prezzo di cinque euro. In questo momento ci sto scherzando sopra, ma le assicuro che durante quelle crisi esistono solo il dolore e un’unica via di fuga.

Mi farebbe piacere se venisse a trovarmi, ma al momento non saprei neppure come. Dovrebbe parlarne con l’educatrice, quanto agli psicologi me ne hanno assegnata una, ma al momento l’unica cosa che potrei dirle è: DATEMI QUEL DANNATO VOLTAREN O ABBATTETEMI (credo di avere almeno i diritti di un cane investito).

Mi scuso per la scrittura caotica, ma nell’impossibilità di sedermi a causa dei dolori ho dovuto scrivere appoggiato di sbiego a un tavolino”.