L’albero

Guardando dalla finestra della mia cella, vedevo un solo albero in mezzo a tutto quel cemento, che cresceva anche se non curato, ma cresceva. Poi lo hanno tagliato, così mi hanno tolto anche la fantasia scaturita da un albero

 

di Alain Canzian

 

Cos’è un albero, in un posto dove di alberi proprio non ce ne sono? Purtroppo io vivo in uno “stabilimento” fatto solo di cemento e di ferro, un posto che di umano non ha proprio niente, anche se dentro ci abitano delle persone. Quella che sto raccontando non è una storia bella, anche perché è raccontata in un posto di detenzione. Dove tutti noi cerchiamo in qualsiasi oggetto o forma  qualcosa che ci faccia volare un po’ con la fantasia, pensando a quello che abbiamo lasciato fuori.

È da parecchio che mi trovo rinchiuso e, guardando dalla mia finestra, vedevo un solo albero in mezzo a tutto quel cemento, che cresceva anche se non curato, ma cresceva; io ci passavo ore e ore a guardarlo e con la mente ricordavo le mie montagne, dove vivevo prima di essere un detenuto. Quando ero fuori, non sarei mai stato lì ad osservare una pianta in un modo cosi maniacale, anche perché di alberi ne avevo a bizzeffe, su in quei bellissimi posti che erano “la mia libertà”. Ma quello era speciale perché ormai era mio, e avrei voluto andare lì con delle cesoie per curarlo e farlo crescere meglio, ma questa è una cosa che non si può fare essendo una persona chiusa.

Passavano le stagioni ed io lo vedevo perdere le foglie e poi in primavera ricominciava a vivere, diventando sempre più alto e rigoglioso, era bello anche se era circondato da tutto quel cemento. Mi dicevo tra me e me: ma io non sono normale, sono qui alla finestra con le sbarre che osservo una pianta, che non si capisce bene di che genere sia, e guardandola bene non è neanche tanto bella. Ma la sentivo mia e non passava giorno che io non me ne stavo lì ad osservarla, forse dovevo scappare da qualcosa o da qualcuno e quell’albero per me era la vita e non solo, anche un po’ di speranza.

Ma gli anni passano e purtroppo per vari motivi io vengo spostato in un’altra cella, forse in quel momento non pensavo a quell’albero, perché la realtà che si presentava davanti era molto diversa e poi neanche tanto bella. Un giorno però mi ricordai di quell’impegno che avevo con quel “pezzo di natura” e entrai in quella cella che ora era stata “riempita” da altri, andai velocemente verso la finestra per vedere come stava “il mio albero”, e con rammarico mi accorsi che era stato tagliato.

Ma come? L’unico pezzo di natura che era cresciuto in quelle brutture non esisteva più, come se qualcuno avesse voluto cancellare tutto il “bello” che faceva parte della mia esistenza, privandomi anche di quel poco. Certo siamo dei reclusi e non dobbiamo avere dei motivi di “felicità”, in questo caso un albero. Quello che lo ha tagliato avrà pensato che noi non siamo più delle persone e ci devono togliere persino la più piccola soddisfazione e speranza in un futuro migliore, e così mi hanno tolto anche la fantasia scaturita da un albero.