Carcere ed Enti Locali

 

I cuscini e le coperte per gli asili fiorentini? Li fanno i detenuti

Per conto del Comune, grazie a una convenzione firmata di recente,

si occuperanno anche di informatica, giardinaggio, falegnameria e altro ancora

 

A cura di Marino Occhipinti

 

Il Comune di Firenze è uno dei pochi enti locali in Italia, forse l’unico, ad avere un Ufficio interventi Area carcere. All’interno dell’assessorato al Lavoro, si occupa di promuovere e coordinare le varie attività attinenti la cosiddetta area penale. Da Marco Verna, che dirige questo Ufficio, ci siamo fatti spiegare meglio la "convenzione per l’offerta d’opportunità di lavoro a persone in esecuzione penale", un documento stipulato di recente dall’assessorato al Lavoro del Comune di Firenze insieme al Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria della Toscana.

 

In che cosa consiste la recente convenzione che, come Comune di Firenze, avete stipulato con gli Istituti penitenziari di Sollicciano e Mario Gozzini in tema di lavoro?

Si tratta di un atto, previsto dall’articolo 20 della legge 354 del 1975 (meglio conosciuta come Ordinamento penitenziario), che prevede che le amministrazioni penitenziarie possano stipulare convenzioni con soggetti pubblici, privati o cooperative sociali interessati a fornire opportunità di lavoro ai detenuti. Le convenzioni, inoltre, disciplinano l’oggetto e le condizioni di svolgimento dell’attività lavorativa, la formazione e il trattamento retributivo, senza oneri a carico della finanza pubblica. In sostanza il Comune, come ente-azienda che ha una notevole quantità di commesse per l’acquisizione di beni e servizi, stipula un accordo col carcere per favorire l’assegnazione di commesse o direttamente al carcere, o a cooperative sociali che assumano detenuti, al fine di acquisire i beni e i servizi dei quali c’è bisogno.

 

Ci sono delle motivazioni particolari che vi hanno stimolato a promuovere la convenzione?

Sul territorio fiorentino sono presenti due Istituti di pena con una media di circa 1.100 presenze e un numero elevato, circa 350, di persone in esecuzione penale esterna quale l’affidamento in prova al servizio sociale, la detenzione domiciliare e la semilibertà. Già da parecchio tempo l’Amministrazione comunale promuove e realizza programmi di socializzazione, reinserimento e accoglienza al fine di favorire un valido percorso d’esecuzione penale. Lo scopo del percorso d’esecuzione penale, e quindi anche l’intento della recente convenzione, è quello di perseguire un principio previsto dalla Costituzione: favorire il reinserimento sociale dei detenuti e, allo stesso tempo, garantire la sicurezza collettiva lavorando per prevenire la ricaduta delle persone in circuiti criminali o devianti. Come Amministrazione pensiamo che il lavoro sia una componente determinante al raggiungimento di tali obiettivi.

 

Quali attività lavorative avete incluso nella convenzione e come pensate di svilupparle?

Le attività lavorative dipendono, da un lato, da ciò che è possibile fare in carcere: a Sollicciano, ad esempio, c’è un laboratorio di informatica, uno di sartoria, uno di riparazione di biciclette, una falegnameria. Dall’altro, il lavoro dipende da ciò di cui il Comune ha bisogno: una commessa può riguardare l’informatizzazione di un archivio, o la predisposizione di arredi tessili (coperte, cuscini, tende) per gli asili. Si tratta di far incontrare la domanda del Comune con l’offerta del carcere. La convenzione può anche stimolare il carcere a predisporre altri laboratori, a seconda delle esigenze manifestate dal Comune.

 

Come pensate di mandare avanti le attività lavorative? Bandirete delle gare di appalto e coinvolgerete le cooperative sociali?

Le varie direzioni del Comune di Firenze possono bandire gare di appalto o richieste di preventivi rivolte a cooperative sociali, dove si inserisce la clausola che determinate attività lavorative devono essere svolte da persone detenute o in esecuzione penale. Oppure il Comune può rivolgersi direttamente al carcere, da ente pubblico a ente pubblico, e affidargli la commessa. Quest’ultima ipotesi mi sembra più difficile da realizzare, soprattutto a Firenze, perché gli Istituti di pena sono in grande difficoltà – soprattutto dal punto di vista amministrativo e organizzativo – nel predisporre attività lavorative in carcere. Mi sembrano poco disponibili a modificare l’organizzazione interna e le mansioni del personale per prendersi in carico una commessa, che deve rispettare tempi e contratto.

 

Ma in che modo sono coinvolte le cooperative sociali?

Le cooperative sociali sono coinvolte come imprese sociali, per realizzare le commesse che eventualmente verranno affidate. Una volta assegnata la commessa, dovrà essere la cooperativa a stipulare con il carcere una ulteriore convenzione.

 

Prima di assumere detenuti, le cooperative dovranno impegnarsi anche nella formazione?

Nella convenzione si parla anche di formazione. La si può agganciare alle risorse messe in campo dalla Provincia (il Fondo sociale europeo) o da altri (Fondazioni bancarie, Centro servizi volontariato). In altri termini, se c’è una commessa e c’è necessità di formazione, può essere più facile ottenere fondi per realizzare i corsi connessi a quel particolare tipo di lavoro.

 

Da chi verranno scelti e selezionati i detenuti da assumere? E come verranno retribuiti?

I detenuti verranno individuati dalle direzioni delle carceri, mentre i contratti saranno quelli delle cooperative sociali, a seconda delle varie qualifiche e con gli sgravi previsti dalla legge Smuraglia.

 

Oltre all’assessorato al Lavoro del Comune di Firenze, quali altri enti, sia pubblici che privati, hanno collaborato alla realizzazione del progetto?

La convenzione è stata redatta da questo assessorato, che ha tenuto i rapporti con gli Istituti di pena e con il Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria della Toscana. Ma hanno collaborato anche le altre direzioni del Comune, una sinergia determinante senza la quale non potrebbero arrivare le commesse di lavoro. C’è bisogno del contributo di tutti, altrimenti le convenzioni rischiano di rimanere carta straccia.

 

 

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