Attenti ai libri

 

Little boy blue

 

L’adolescenza massacrata di un ragazzo tra riformatorio, manicomio, carcere

 

Oggi è uno scrittore di successo internazionale, autore tra l’altro di Cane mangia cane, Come una bestia feroce ed Educazione di una canaglia, ma Edward Bunker è stato anche un "detenuto vero", con alle spalle ben 18 anni di galera. Durante la detenzione ha scoperto la sua vena letteraria e questo lo ha portato definitivamente fuori dal pantano, fatto di carcere e violenza, in cui aveva vissuto per tutta la vita. La sua penna è spesso come un affilatissimo coltello che penetra nelle coscienze lasciando un segno indelebile.

"Le labbra del ragazzo erano quasi invisibili, risucchiate tra i denti, che di tanto in tanto le mordevano per soffocare la collera che covava come fuoco sotto la cenere. Esercizio di coraggio e di autocontrollo. La ribellione era imminente ma ancora immatura in quel particolare momento".

Questo è Alex Hammond, il protagonista di "Little boy blue", all’inizio di un cammino che lo porterà dall’età di undici anni sino al sedicesimo anno in un gorgo dove la sua infanzia e la sua adolescenza verranno triturate e massacrate, e quello che era solo un ragazzo affamato d’affetto e d’amore sarà obbligato dalle circostanze a lottare e fare a pugni con il mondo intero.

Lui non ci vuole proprio andare in riformatorio: "Non voglio andare in quel posto, papà - gemeva tra sé - no non voglio… no non voglio… portami a casa papà dormirò per terra, non ti darò problemi… per piacere papà… per piacere Signore". Ma la sua preghiera silenziosa non viene ascoltata. Il padre deve lavorare e non è in grado di badare ad Alex, la madre li ha abbandonati da anni. Sono soli.

Alex è già scappato più volte e le sue fughe si sono concluse sempre a casa dal padre. Nel riformatorio due messicani di qualche anno più grandi hanno tentato di abusare di lui, si è difeso, ha colpito duro e ha subito l’ennesima punizione, una ingiusta punizione, ma lui non dice il perché della rissa. Riesce a fuggire nuovamente, ma questa volta si trova coinvolto in una rapina dove spara ad un negoziante che, sfiga vuole, è anche un ex poliziotto. Si scatena la caccia. Il padre, saputo dell’accaduto, partecipa alle ricerche, ma muore in un incidente automobilistico. Ed Alex è sempre più solo. Arrestato, viene messo in manicomio, ma risulta sano, quindi torna nelle carceri minorili da dove esce a 15 anni. Malgrado la sua giovane età, ha già imparato le regole della sopravvivenza: Non piagnucolare mai. Non mostrare mai nessuna debolezza. Non dare mai la soddisfazione di far sapere che ti hanno fatto male. Stringere i denti e non accusare mai nessuno anche se subisci un torto.

 

All’inizio questo libro mi è sembrato piuttosto inverosimile. Avevo la sensazione che Bunker avesse esasperato una situazione già di per sé tragica. Ma con l’evolversi del racconto tutto diventa plausibile.

Nella testa di un bambino a volte può nascere anche la malsana idea del suicidio: Alex ha letto che gli antichi romani si toglievano la vita quando continuare a vivere risultava per loro intollerabile, e che quel gesto veniva considerato un atto di nobiltà. Alla fine però non mette in atto questo proposito, che per noi che conosciamo il carcere non è comunque certo un fatto raro, visto che purtroppo i suicidi nelle carceri sono molto più frequenti rispetto alle statistiche del mondo esterno, e gli atti di autolesionismo non si contano perché sono all’ordine del giorno. Alex però decide per fortuna di continuare a vivere, e per fortuna ogni tanto trova anche persone con un animo umano: "Ma come cazzo si fa a definire una canaglia un ragazzo di undici anni?", grida un poliziotto che avrebbe dovuto scortarlo ed ammanettarlo. Qualcuno si accorge ancora che è solo un bambino.

 

Paura della libertà

 

Con il passare dei giorni Alex sente crescere dentro di sé le aspettative, le idee, i sogni per il suo futuro. Aspetta la libertà, il momento in cui finalmente uscirà. Quel giorno arriva, ma un’altra paura si sta impadronendo di lui: la paura della libertà. Accade a moltissimi detenuti, dopo che hanno scontato lunghi anni di carcerazione, non dura molto ma è una sensazione che è paragonabile ad un doloroso malessere fisico. Ansia, insicurezze, timori si accumulano, si sommano, si moltiplicano in modo esponenziale. Nel codice etico di Alex, paura è sempre sinonimo di debolezza e di codardia, e lui non può aver paura! La vita ricomincia fuori, quando viene affidato ai suoi zii, definiti "due freddi calvinisti". Lo zio lo provoca, lui reagisce nel solo modo che conosce: "Vedi questo coltello", disse Alex, mostrando il coltello da macellaio, "Prendilo e vediamo se sei veramente capace di fare il fottuto cattivo… sporco testa di cazzo, sei troppo grasso stronzo per battermi con te, ma sono pronto quando vuoi… e ti caverò il tuo cuore merdoso e te lo farò ingoiare". Anche quando è in preda alla furia come in questo caso, Alex segue alla lettera un copione che ha imparato da un detenuto in carcere: offrire un coltello al nemico sfidandolo ad usarlo. È un comportamento da super duro, o forse può essere considerato il gesto di un folle. In ogni caso disorienta l’avversario.

Lo scontro con gli zii è duro, e alla fine lui non può più restare con loro. Scappa. È di nuovo in fuga. Organizza una rapina in una drogheria gestita da orientali: "Il pericolo tuttavia ebbe un effetto strano sulle proprie percezioni. Vedeva le cose con una chiarezza insolita, e le forme e colori gli aggredirono gli occhi. Sentiva con una particolare intensità il più piccolo rumore. Gli giunsero all’orecchio i rumori del traffico che qualche minuto prima non erano percepibili". Ciò che sta avvenendo ad Alex è quella che si può definire una dilatazione dei sensi. Con la percezione del pericolo e la relativa scarica adrenalinica che ne ricevi i tuoi sensi si adattano, si preparano ad essere iperattivi, questa è la fase più alta e permane per tutta la durata dell’azione. In quegli attimi i movimenti diventano paradossalmente semplici, quasi meccanici, non c’è spazio per timori o paura. In seguito poi, quando è tutto terminato, puoi essere preso da preoccupazioni, da paure postume, rivivendo mentalmente l’avvenimento cruento. La tensione cala di botto, lasciando spazio per alcuni momenti a questa diversa sensazione. Bunker, avendo vissuto personalmente queste esperienze, le descrive in maniera molto precisa.

La violenza che si sente in tutto il romanzo, ed è una presenza forte e continua come lo è stata nella vita di Bunker, si spera che nella realtà sia storia passata, almeno per quel che riguarda i ragazzi giovanissimi come Alex e come era lo scrittore, quando ha cominciato a "frequentare" le carceri americane. Questo libro merita di essere letto perché squarcia il velo su come possano strutture e regolamenti troppo rigidi condizionare e segnare la psiche di un adolescente. Forgiando in tal modo i criminali di domani.

 

Nicola Sansonna

 

 

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