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Stimolare i ragazzi perché riscoprano le loro potenzialità

 

Un’intervista alla dottoressa Stefania Ciavattini, vicedirettrice dell’Istituto Penale per i Minorenni di Milano

 

Al "Beccaria" ci sono stato parecchi mesi da minorenne ma ci sono voluto tornare anche pochi giorni fa, nonostante ora mi trovi a scontare un’altra pena in un carcere per "grandi", alla Casa di Reclusione di San Gimignano, in Toscana. Ho approfittato di un permesso premio a Milano, che ho trascorso con la mia famiglia, per rientrare in quell’Istituto, stavolta però per intervistare la dottoressa Stefania Ciavattini, vicedirettrice dell’Istituto Penale per i Minorenni di Milano. Ma non basta: ho già deciso che tra meno di un anno, quando avrò terminato la mia carcerazione, chiederò di entrarci in pianta stabile, al "Beccaria", ma come volontario. Sembra ci siano buone possibilità, nonostante le limitazioni imposte dalla mia fedina penale: insomma, chi ha precedenti penali non può decidere liberamente di dare una mano a chi vuole, ma io spero di riuscire a fare volontariato con i ragazzi-detenuti, perché sono passato per un’esperienza simile alla loro, e forse ora posso capirli ed aiutarli meglio di tanti altri.

 

Dottoressa Ciavattini, lei è vicedirettrice dell’Istituto Penale per i Minorenni "Beccaria". Da quanto ricopre questo ruolo?

Di minori mi occupo dal 1985, quindi sono quasi una ventina d’anni. Prima ho lavorato per sette anni in Istituti per adulti, quindi ho abbastanza esperienza in ambito penale.

 

La cosa più importante, che rimane a tutte le persone in mano, è se stessi

 

I minori: non voglio affrontare ora la questione di cosa li porta a sbagliare, voglio più concentrare il discorso sul problema del dopo carcere. Si punta molto il dito sugli ambienti, sulla famiglia, sui quartieri degradati: ci sono altre cause, secondo lei, che possono provocare il ritorno dei minori in carcere?

Io penso che è inutile andare a cercare soltanto le cause. La cosa più importante, che rimane a tutte le persone in mano, è se stessi. Qualunque sia la causa, io credo che convenga puntare su se stessi, sulle proprie capacità quindi, poiché qui i ragazzi sono in età adolescente, cercare di stimolarli perché riscoprano - tante volte perché scoprano per la prima volta - tutte le loro potenzialità e capacità e abbiano la possibilità di ricominciare fuori una vita normale. Questo al di là delle cause, perché fissarsi sulle cause finisce per essere un ostacolo in più, invece che una facilitazione. Peraltro si sa che scientificamente non è deterministica questa storia delle cause, perché in famiglie numerose un fratello può reagire ad un ambiente negativo entrando nella banda locale e un altro può reagire facendosi prete. L’importante è insegnare ad una persona a reagire alle avversità in una maniera differente di come ha fatto finora.

 

La riforma... credo sia un passo indietro

 

A proposito di riforme, cosa ne pensa della proposta del ministro Castelli nell’ambito della giustizia minorile?

Io credo sia un passo indietro, sostanzialmente. Si è fatto tanto perché i giudici minorili avessero una propria specificità e perché il minore venisse supportato un po’ da tutti i punti di vista. Ed è cosa facilitante se è un unico tribunale ad avere le competenze, sia civili, sia amministrative, sia penali. Con la riforma di Castelli questo sistema viene di nuovo messo in difficoltà, perché ci saranno ragazzi con un provvedimento penale per i quali è importante aprire anche un provvedimento civile o amministrativo e bisognerà chiederlo a un altro tribunale, a una sezione specializzata di un altro tribunale, e questo allungherà i tempi. Già si hanno difficoltà a farlo all’interno dello stesso tribunale, figuriamoci se i tribunali sono diversi. Sarebbe stato forse più opportuno unificare comunque tutti i provvedimenti che riguardano la famiglia e i minori, dare una specificità ai giudici che si interessano di questa materia e raggrupparla o nell’uno o nell’altro tribunale, in modo che il provvedimento non sia parziale.

 

Parlando in concreto dei problemi pratici che incontra un minore che esce dal carcere, una difficoltà che si può riscontrare è quella dei precedenti che risultano nel certificato penale. Si potrebbe, almeno dove serve per un’attività lavorativa, evitare che questi precedenti vengano conosciuti da tutti?

Un minorenne, compiendo il diciottesimo anno di età, può chiedere che il reato che ha commesso venga cancellato dal casellario e quindi non risulta più sulla fedina penale.

 

Lo sappiamo tutti che il minore può sbagliare ma è in un’età nella quale la sua formazione ancora non è conclusa

 

Questa è una cosa burocratica, anche molto lunga, che spesso le persone non fanno anche per mancanza di esperienza…

Invece bisognerebbe conoscere di più questa possibilità e, caso mai, accorciare i tempi, perché questa è una cosa molto positiva. Lo sappiamo tutti che il minore può sbagliare ma è in un’età nella quale la sua formazione ancora non è conclusa, quindi riconoscere con la cancellazione dai certificati che il reato comunque è avvenuto in un’età nella quale una parte di immaturità c’è in tutti, può facilitare. Se pensiamo che con la "448", con la messa alla prova, si sospende il giudizio e viene cancellato addirittura il reato, non soltanto la sua menzione, mi sembra che nella stessa ottica si dovrebbe snellire questa pratica, per cui tutto scompare al diciottesimo anno di età per quanto riguarda quei documenti che poi ci sono utili per delle cose civili, come trovare un lavoro, etc.

Che poi i dati rimangano al casellario per motivi di giustizia, questo mi sembra giusto. Ma che senso ha che un datore di lavoro debba sapere il nostro passato? Direi che un datore di lavoro è interessato alle nostre capacità, quella è l’unica cosa che gli deve interessare.

 

Fra i tanti ostacoli che rendono tortuoso un percorso di reinserimento, c’è anche l’articolo 120 del Codice della strada, sulla revoca della patente. Da questo punto di vista, non andrebbero un po’ più agevolati, i minori che escono dal carcere?

Ma certo! Mi meraviglia sentirne ancora parlare nel 2003, perché quando ho iniziato a lavorare con gli adulti, nel 1979, questo problema era già all’attenzione. Io ho cominciato in Sardegna, al carcere di Sassari: i detenuti adulti che uscivano in semilibertà, solo per il fatto di doversi recare in campagna a lavorare, come andavano? Peraltro in una regione dove i mezzi pubblici sono scarsissimi… era una contraddizione in termini fin da allora ed è una cosa che hanno sempre stramaledetto tutti gli operatori e anche parecchie delle persone che comunque sono in questo ambiente. Io mi meraviglio se è ancora in piedi.

 

Perciò servirebbe una riforma, se non del Codice della strada, ma almeno che punti a sistemare la situazione di questo articolo?

Si potrebbe proporre una raccolta di firme per l’abolizione di questo articolo. Sollevare l’opinione pubblica in modo più forte di quanto si sia fatto finora. Non ha ormai più senso.

 

C’è un altro problema che riguarda i minori, forse più collegato agli ambienti, alle zone in cui vivono. Troppo spesso credo che vengano trattati, magari anche per un semplice reato da minorenni, come dei pluripregiudicati. Almeno da parte delle forze dell’ordine, più che altro da quelle di quartiere. Non sarebbe più corretto provare a sensibilizzare le forze dell’ordine a venire incontro ai minori? Perché, per esperienza personale, posso dire che vengono fatti dei fermi che sembrano dei veri e propri blitz…

Su questo io non ho esperienza, perché le uniche forze dell’ordine che frequento sono gli agenti di polizia penitenziaria. Diciamo che le modalità di intervento delle altre forze mi sono poco note, quindi su questo io non me la sento di intervenire: mentre sugli agenti di polizia penitenziaria ho le idee molto chiare, sui carabinieri e sulla polizia non le ho. Quindi, da questo punto di vista, sono proprio un cittadino comune, sono molto ignorante riguardo a questo. Sicuramente quello dei carabinieri e della polizia è un lavoro molto difficile, è un lavoro non simpatico, perché proprio noi, umanamente, siamo portati ad avere paura di chi fa un reato ma ad avere estremamente pena se poi lo vediamo ammanettato dai carabinieri. La stessa persona ci può fare paura un’ora e pena l’ora dopo.

 

Parliamo un po’ di ragazzi stranieri. Oltre ai problemi con il certificato penale, che abbiamo detto, uno straniero può avere molte più difficoltà di un italiano? Forse, diciamo, incontra una discrezionalità maggiore da parte di chi potrebbe dargli un lavoro?

Noi, al minorile, ci troviamo in grossa difficoltà con i ragazzi stranieri. Perché c’è una bellissima legislazione, nel nostro paese, che sembra tutelare tutti i minori. Di fronte, invece, ai minori stranieri, clandestini, senza permesso di soggiorno, si assiste ad una caduta di questa tutela. Quindi ci sono molte contraddizioni, da questo punto di vista. Le problematiche dei ragazzi che arrivano qui senza documenti non vengono affrontate in nessun modo in senso civile, per cui poi moltissimi di loro si trovano ad avere a che fare con la giustizia e ad ottenere un primo interessamento globale, paradossalmente, nella prigione.

Infatti, moltissimi dei nostri ragazzi stranieri hanno dei buoni percorsi, da noi, perché sono alla ricerca di una sistemazione, sostanzialmente. Per l’età, per l’inesperienza, anche per la difficoltà di essere clandestini più facilmente cadono in situazioni di devianza ma, di fronte a delle opportunità, sono anche molto più attivi ad accettare questa mano che gli viene offerta. Se hanno la possibilità di studiare e di lavorare molto spesso rispondono positivamente. Noi abbiamo avuto degli ottimi successi in ragazzi stranieri del gruppo di dimissione (abbiamo diviso i ragazzi in gruppi e quello di dimissione è un gruppo nel quale si dà loro un sostegno particolare nel momento in cui sono fuori).

Ben l’80% ha reagito positivamente. Abbiamo fatto delle ricerche dopo 3 mesi, dopo 6 mesi e dopo un anno e abbiamo visto che questi ragazzi continuavano a lavorare, magari cambiando attività ma sempre in attività lecite. A volte è più facile lavorare con i ragazzi stranieri, da un punto di vista pedagogico, che non con i ragazzi italiani, che vengono qui da noi soltanto dopo aver fallito tutta una serie di altre opportunità: dalla permanenza in casa, alla permanenza in comunità, all’affidamento da fuori, senza ricorrere alla detenzione. Mentre per i ragazzi stranieri si ricorre più spesso alla detenzione proprio perché fuori non hanno niente e si ottiene un’immediata risposta, molto spesso positiva.

Però poi c’è la difficoltà di far avere loro il permesso di soggiorno. Una volta che la loro condotta è buona abbiamo avuto tantissime difficoltà a far convertire il loro permesso, diciamo, obbligatorio per motivi di giustizia, in permesso per esempio per motivi di lavoro. Quindi abbiamo anche noi dovuto assistere a prassi del tutto paradossali, per cui un ragazzo che noi seguiamo, che segnaliamo ai Servizi, che è ormai notissimo allo Stato, diciamo, quando esce da qua è ancora clandestino.

 

È bene che i ragazzi sentano le nostre aspettative positive nei loro confronti

 

Non so se lei ha figli, ma cosa si sentirebbe di dire a un genitore che ha paura che il figlio commetta dei reati? Come evincerlo o, comunque, come capire se il figlio sta commettendo qualche errore?

Io credo che bisogna essere sempre molto attenti ai figli, ascoltarli molto. Quindi, se ci sono dei problemi, cercare di farli venire fuori, dargli parola, cercare la confidenza dei figli, perché evidentemente queste cose possono essere affrontate insieme. Non bisogna avere una paura astratta che i figli commettano dei reati, cioè bisogna liberarsi dalle proprie paure: se non ci sono dei motivi per avere queste paure è molto bene lavorare su se stessi per non averle. Per esempio, una persona che ha commesso dei reati secondo me deve lavorare su se stessa, perché se li ha commessi lui non è assolutamente detto che li commetta anche suo figlio. Quindi, se ha paure di tal genere, se le deve pian pianino risolvere e far passare, perché è proprio questa paura che può far percepire al figlio quasi un’aspettativa negativa nei suoi confronti, e questo non è giusto. Fino a che non ci sono dei motivi seri per pensare questo è bene che i ragazzi sentano le nostre aspettative positive nei loro confronti, non quelle negative.

 

Intervista di Silvano Lanzutti

 

Una Fattoria Didattica per i ragazzi dell’I.P.M. di Casal del Marmo

 

Recuperare i ragazzi deviati insegnando loro il valore del giusto rapporto con la terra e facendogli assaporare la soddisfazione di veder crescere la vita grazie al proprio lavoro, è questa la sfida lanciata nei mesi scorsi all’interno dell’Istituto Penale Minorile di Casal del Marmo, a Roma. Il progetto, già annunciato dal sindaco della capitale, Walter Veltroni, nel corso della sua visita compiuta all’istituto il primo dell’anno, è iniziato ufficialmente il 5 maggio grazie alla collaborazione con l’Assessorato alle Politiche per le Periferie, per lo Sviluppo Locale e per il Lavoro. L’iniziativa, denominata Una Fattoria Didattica, si articola in due fasi. La prima fase, già in via di sperimentazione, vede la partecipazione di alcuni ragazzi a un corso teorico, durante il quale gli ospiti dell’IPM studiano i cicli riproduttivi agricoli e nozioni di flora e fauna mediterranea. Per consentire l’immediata messa in pratica di quanto viene appreso durante le lezioni, all’interno dell’istituto è stato appositamente realizzato un orto biologico dove i giovani per la prima volta si confronteranno direttamente con le tecniche agricole.

 

L’obiettivo finale è l’inserimento lavorativo dei giovani

 

Terminato il corso teorico-pratico, scatterà la seconda fase del progetto. Gli stessi ragazzi potranno uscire dalle mura di Casal del Marmo per andare ad approfondire il lavoro appreso presso una vera e propria azienda agricola che si occupa di coltivazioni biologiche, situata in località Tomba di Nerone, all’interno del Parco dell’Insugherata, dove saranno affiancati da professionisti del settore dai quali potranno apprendere tutte le tecniche e i segreti del mestiere. L’obiettivo finale, ovviamente, è l’inserimento lavorativo dei giovani, primo e irrinunciabile passo per il loro recupero sociale. Questa fase di avvio del progetto interessa per ora tre ragazzi che sono stati selezionati tra gli "ospiti" dell’I.P.M. in base alle loro attitudini personali e alla lunghezza della pena che devono scontare. Il ruolo di tutoring viene invece curato dalla Cooperativa Sociale Consortium, che si occupa di produzioni biologiche, i cui responsabili affiancheranno gli educatori dell’Istituto nel seguire e indirizzare i ragazzi in tutte le fasi di istruzione e apprendimento sia all’interno che all’esterno del carcere minorile.

 

Il Progetto La Bussola

 

Contemporaneamente alla Fattoria Didattica, l’Istituto Penale Minorile ha avviato un secondo progetto, denominato La Bussola, al quale partecipa, oltre al già citato Assessorato alle Politiche per le Periferie per lo Sviluppo Locale e per il Lavoro, anche il IV Dipartimento-Ufficio per le Politiche Giovanili del Comune di Roma, che gestisce gli sportelli Centri Orientamento al Lavoro. Dal 15 maggio scorso gli operatori del IV Dipartimento, che già si occupano dei giovani anche all’esterno, hanno aperto uno Sportello C.O.L. all’interno dell’Istituto di Casal del Marmo.

 

Offrire ai ragazzi con le pene più brevi delle possibilità formative e lavorative

 

La finalità di questa iniziativa, che si può definire più a "breve termine" rispetto a quella della Fattoria Didattica, è quella di offrire ai ragazzi con le pene più brevi da scontare, e per i quali non è pensabile un articolato progetto di formazione professionale mirata, la maggior quantità di informazioni possibile per aiutarli a trovare dei punti di riferimento e, soprattutto, delle possibilità formative e lavorative una volta che saranno usciti dal carcere minorile.

Nella prima fase sperimentale, l’iniziativa è stata impostata sull’effettuazione con cadenza settimanale di colloqui individuali con ragazzi che ne hanno fatta espressa richiesta. Nei mesi estivi gli incontri sono invece diventati bisettimanali, equamente suddivisi tra colloqui individuali e incontri-seminari rivolti a tutti i ragazzi. Nel corso di questi incontri gli operatori del IV Dipartimento del Comune di Roma focalizzano i loro interventi su argomenti specifici, quali per esempio il permesso di soggiorno per gli stranieri e le informazioni relative alle possibilità di lavoro offerte dal territorio.

 

Graziano Scialpi

 

 

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