Il buio dentro

Io che la violenza l’avevo sempre subita ed ero partito a bordo di un gommone per dare una svolta alla mia vita, sono diventato un assassino, ho tolto la vita ad un altro ragazzo

 

di Ervis Sinani

 

Nasco in un paese dell’Albania, quell’Albania colma di povertà e comunismo agli inizi degli anni 80 dove la parola “speranza” era sinonimo di ribellione al sistema. Questa è la sola cosa certa che so della mia vita perché il resto è un buio lacerante, un buio che ti opprime i pensieri. Oggi ho 29 anni e mi rendo conto che ancora non riesco a sperare, questa parola non mi appartiene mi è lontana, ma ciò che mi fa paura è il buio ed è proprio sul buio e sulle ombre che vorrei fare una riflessione.

Il buio è iniziato all’età di sette anni quando ho cominciato a chiedermi il perché prendessi schiaffi dalle maestre della scuola elementare, perché le mie scarpe erano sempre rotte, perché con una divisa si andasse a scuola in due (non capivo se quella divi­sa fosse mia o di mio fratello), la sola cosa certa era che se si fosse strappata sarebbero stati ancora schiaffi, ed io ci stavo molto attento ad evitare gli schiaffi, la paura rende prudenti ma quel vivere sempre “sull’attenti” mi ha profondamente segnato. Gli schiaffi mi hanno accompagnato fino all’età di 15-16 anni, ma la colpa non era né mia né di quelli che li praticavano, la colpa era del sistema per quel che riguarda le maestre e della povertà per quel che riguarda i genitori, i miei amati genitori, grandi persone, lavoratori onesti, persone che si svegliavano alle 4 di mattina e ritornavano alle 8 di sera dal lavoro perché le bocche di noi figli da sfamare erano tante, e quando ritornavano a casa magari aiutati dalla stanchezza del lavoro nelle colonie agricole comuniste, dove il salario di quegli anni era l’equivalente di pochi euro, saltavano il pasto per poterlo dare a noi figli.

Si cresceva presto in quegli anni in Albania, ti ritrovavi uomo subito saltando l’età della giovinezza ed io sentivo il peso della povertà sulle mie spalle, cosicché spinto dalla tv decido di partire per la terra di Pippo Baudo (l’uomo che regalava i milioni di lire, bastava che chiamassi alle sue trasmissioni ed avresti vinto). Anche in quel viaggio mi ha accompagnato la paura, la paura di non toccare terra perché i viaggi in gommone erano un terno al lotto, paura di non farcela una volta giunto sulla sponda ricca dell’Adriatico, paura di non poter saldare quel debito che la mia famiglia aveva fatto per pagarmi il viaggio, paura di non ripagare le loro fatiche, ma la ricompensa di tutto ciò fu la Speranza, perché ne ero un vaso colmo quando toccai terra.

Ben presto capii che non sarebbe stato facile, vivevo in un paese del nord Italia cercando di fare ogni tipo di lavoro possibile ed immaginabile, ma i soldi erano sempre pochi e il pensiero della mia famiglia in Albania mi struggeva l’anima. Pur di risparmiare decisi di andare a dormire sotto un ponte e lavorare, così non pagando il posto letto dove mi ero sistemato avrei avuto più soldi da poter mandare alla mia famiglia.

Avevo appena diciotto anni e conobbi la droga, sotto i ponti non dormiva solo chi voleva risparmiare di più, ma anche ladri drogati o persone sbandate. Li guardavo e dicevo: loro sono lontani da me anni luce, ed io non avrei fatto mai la loro fine, era solo una questione di tempo ed io sarei scappato da quel postaccio, avrei lasciato la casetta di cartone ad altri, mi serviva solo un lavoro fisso con un salario solido. I lavori saltuari sono diventati lavori inesistenti ed io mi sono ritrovato disoccupato, senza un soldo in tasca, trasandato, tutto è successo in un tempo brevissimo nel giro di un mese non avevo più nulla, tranne il debito accumulato dai miei parenti e quella gente che rubava e si drogava in continuazione, a loro non dovevo niente, dormivo sotto quel ponte senza spese perché non sapevo dove andare. Ma una sera, preso dalla depressione, dal senso di fallimento, mi unii a loro e dopo un po’ feci la mia prima sniffata di cocaina fra una birra e quattro chiacchiere (non avevo fumato neanche una sigaretta prima di allora). La depressione cominciò a sparire quella notte, e non ricordo nient’altro perché mi risvegliai il giorno dopo frastornato. Verso sera incontrai uno di quelli della sniffata che mi disse: “Ascolta paesa’, ma tu stai qui senza fare un c. dalla mattina alla sera, come fai a campare?”. La mia risposta fu: “È vero sto campando con speranze zero, non so neanch’io come finirà”. Lui allora mi disse che mi avrebbe aiutato e che passava a chiamarmi più tardi per andare a lavoro con lui, non capii bene ma il pensiero di guadagnare mi fece battere il cuore forte. Il ragazzo passò dopo due ore a bordo di una macchina rubata e mi disse di andare con lui. Senza chiedergli nulla salii a bordo e andammo verso una zona di villini, lui tirò fuori degli arnesi e mi disse: “Paesa’ aspetta in macchina che faccio un paio di giri a piedi”. E cosi fu. Aspettai senza fiatare e quando il ragazzo tornò disse: “Bingo! ora torniamo alla base”. Giunti sotto il ponte tirò fuori un marsupio con delle cose d’oro e dei soldi e disse: “I soldi li dividiamo e l’oro lo tengo io, quando impari ad entrare nelle case divideremo anche quello”. Rimasi perplesso, ma vedendo i soldi feci un cenno di compiacimento con la testa, li presi e andai a sdraiarmi sul mio cartone.

 

La paura del carcere è passata ma il buio dentro resta

 

Questa fu la mia prima notte da delinquente. Non riuscivo a dormire, mi rivoltavo nel letto e pensavo a quei soldi in tasca, erano tanti per me avrei dovuto lavorare 15-20 giorni da manovale per guadagnarli, ma avevo trovato il modo di acchiapparli in due ore. Il giorno dopo mi fiondai per i negozi a comprare di tutto: vestiti, profumi birre per i compari del ponte, senza pensare più ai problemi e ai debiti accumulati dalla mia famiglia. Giunto al ponte mi vestii, bevvi le birre con gli altri e verso il tardo pomeriggio il paesano del marsupio pieno andò a recuperare una macchina per farci il giretto dei villini. Tutto andò bene e al ritorno al ponte ci spartimmo i soldi, e giù a far festa senza pensar più a niente, ci scappò la sniffata o le sniffate ancora una volta ma non mi preoccupai perché il malloppo guadagnato mi rendeva tranquillo e la cocaina mi rendeva una tigre.

Andò avanti per un mesetto la sera a fare il giro dei villini e la notte alcol e cocaina, i soldi si vedevano ed io potei affittarmi una casa tutta per me e mandare dei soldi a casa e sdebitarmi con la mia famiglia, ricordo quando mandai i primi soldi a casa pensavo che i miei avrebbero fatto i salti di gioia ed invece rimasi deluso, mia madre mi disse che un ragazzo di neanche 18 anni compiuti non poteva avere fatto dei soldi in un tempo cosi breve, e che a loro come genitori interessava che il proprio figlio vivesse modestamente ed onestamente.

Deluso da quelle parole pensai che i miei erano troppo anziani per capire come gira il mondo fuori dall’Albania e che avevano una mentalità troppo chiusa. Oramai io avevo deciso di fare la mia scalata verso il benessere nel modo più sbagliato, ma allora non reputavo fosse un errore, i miei principi diventarono la cocaina i soldi e il “rispetto” degli altri. I giri dei villini non mi soddisfacevano più, ora cercavo altre vie di guadagno e una sera chiesi a quelli che avevano sempre la cocaina a portata di mano da chi si rifornivano e che avrei voluto incontrare il loro fornitore, loro me lo presentarono ed io mi accordai per rifornirmi di cocaina da lui e venderla ad altri consumatori. Così da ladro diventai spacciatore, il salto di qualità mi piaceva e la cocaina fra le mani mi esaltava, la vendevo e la consumavo, i soldi erano tanti e la vita pensavo mi avesse riservato il mio momento di gloria dopo una vita di schiaffi.

Continuai così, cocaina alcol e belle ragazze erano diventate la mia realtà ed era apparsa anche una novità nella mia vita, ora ero io che praticavo gli schiaffi per recuperare i debiti dai miei consumatori, la pratica degli schiaffi dati ogni giorno aumentava, incentivata anche dal mio essere sempre fuori controllo.

Avevo deciso di darli io gli schiaffi e mai più di prenderli, ma un giorno un maledetto giorno mi avrebbe segnato per sempre, di quel giorno non ricordo quasi nulla, ma sto vivendo le conseguenze dei gesti da me compiuti oggi e per altri 25 anni. Scoppia una rissa ed io uccido un ragazzo. Di quel ragazzo non so nulla, non mi ricordo il suo viso, non mi ricordo il perché l’ho ucciso io, io che fino a sei sette mesi prima non avevo fumato neanche una sigaretta, io che la violenza l’avevo sempre subita.

 

Il ragazzo che meno di un anno prima era partito a bordo di un gommone per dare una svolta alla sua vita ora era diventato un assassino, aveva tolto la vita ad un altro ragazzo.

 

Entrato in carcere, vengo condannato a 29 anni di pena e all’inizio avevo una paura fottuta, la vita in carcere non è vita, come avrei fatto a campare per un periodo cosi lungo? In carcere subisco un processo interiore ogni giorno, penso sempre alla mia vittima cercando di ricordarmi il suo viso il perché ho ucciso, perché ho perso il controllo della mia vita in sette mesi, penso alla sua famiglia ed alla mia, ai sacrifici dei miei genitori che ho lasciato orfani di un figlio per 29 anni e ai genitori della vittima lasciati orfani per una vita intera, ho il buio dentro, la paura del carcere è passata ma il buio dentro resta e mi assale tutte le notti.

 

Ora non mi fa paura scontare la mia pena, ciò che mi terrorizza è questo buio maledetto, vorrei tornare indietro, vorrei non aver mai fatto quello che ho fatto.

 

Prego ogni giorno di fare chiarezza nella mia mente solo cosi potrei darmi pace, ma l’alcol e la cocaina hanno distrutto i ricordi.

Oggi ho 29 anni ed in un progetto che permette di incontrare gli studenti delle scuole vedo ragazzi che hanno dai 15 anni in su e mi ricordo di me, mi rispecchio in loro, confido in questo progetto penso che può fare aprire gli occhi, quegli occhi che io avevo chiuso alla loro età e che nessuno mi ha aperto, quegli occhi che non avrebbero mai tolto una vita umana, quegli occhi che nessuna cosa può ridarti indietro, quegli occhi chiusi dall’alcol e dalla cocaina e l’illusione di essere arrivato in alto nel ceto sociale. Io vorrei riparare al mio gesto, ma il tempo non torna indietro, però voglio comunque cercare di riacquistare la speranza che avevo a bordo di quel gommone quando partii per l’Italia.