Se almeno fossi riuscito a fermarmi!

Ma non l’ho fatto, e sono qui con un “fine pena mai”. Vorrei però che mi spiegassero a che serve che io consumi la mia vita qui dentro senza speranza di poter uscire

 

di Fabio Montagnino

 

Sono Fabio, sono italiano e ho 36 anni. Quando avevo 27 anni sono stato coinvolto in una storia a seguito della quale sono finito in carcere. Non voglio trovare giustificazioni per il reato che ho commesso, del quale parlo sempre malvolentieri, ma posso dire che la parte più grave di quello che è successo non era nelle mie intenzioni ed è stata una cosa imprevista e non voluta. In pratica essendo io in fuga dopo aver commesso una rapina, ho investito con la macchina un poliziotto. Non investito in pieno travolgendolo intenzionalmente, ma prendendolo di striscio, e la morte è sopravvenuta in seguito alla caduta sull’asfalto. Tutto ciò è successo nello spazio di qualche secondo senza che io avessi avuto neanche il tempo di rendermi conto della gravità di quel che avevo fatto. In conclusione mi sono ritrovato con una condanna all’ergastolo.

Adesso sono ben nove anni che sono in carcere e per tutta la durata di questi anni non passa giorno che io non pensi a quello che è successo. Oltre alla grave condanna che ho preso, penso a tutto il dolore che ho causato alla famiglia della vittima e alla mia, di famiglia. Ma penso anche che tutto ciò, o almeno una parte di quello che è successo, si poteva evitare. Io, assieme ad altri, la mattina ero uscito di casa per fare una rapina, ma di certo senza l’intenzione di ammazzare nessuno. La rapina è andata male, nel senso che siamo stati scoperti sul fatto. A questo punto sarebbe bastato solo riuscire a fermarci in tempo. Vedendo la piega che avevano preso le cose sarebbe stato sufficiente fermarci e arrenderci, e ora non sarei qui a scontare un fine pena mai. Avrei potuto prendere una condanna di 6 o 7 anni e ora sarei fuori libero.

Libero di rifarmi una vita, lavorare, dedicarmi alla famiglia come una qualsiasi altra persona al mondo. Allora io penso che quel che ho fatto è senz’altro una cosa gravissima, ma è stata anche una cosa non voluta di proposito. Perché dovrei pagare con il carcere a vita lo sbaglio di una frazione di secondo? Io ho dimostrato fin dall’inizio sincero pentimento per quello che ho fatto, ho anche consegnato alla famiglia della vittima tutti i soldi che avevo fino a quel giorno messo da parte, non per sperare in un loro perdono oppure per avere una diminuzione di pena. Ho voluto dare i soldi per poter in qualche modo risarcire il danno che ho fatto.

Il giorno che mi fu fatto il processo e sentii le parole “si condanna all’ergastolo” al momento mi sembrò assurdo prendere una condanna così alta per un fatto, anche se grave, assolutamente non voluto. Nei giorni e mesi che seguirono non facevo che ripetermi: non è possibile che io sconti una condanna del genere, all’appello mi verrà sicuramente ridotta, e giorno dopo giorno meditavo su che genere di difesa potevo preparare. Parlavo con l’avvocato e anche lui, forse per incoraggiarmi, mi ripeteva che all’appello l’ergastolo mi sarebbe “caduto” (in quanto non si trattava di omicidio premeditato). All’appello invece la condanna mi venne confermata, la Cassazione rigettò il ricorso e così la sentenza è diventata definitiva.

Ricordo che mentre si faceva il processo in appello il PM chiese la conferma della condanna presa in primo grado dicendo che tanto dopo 10 anni avrei cominciato ad uscire in permesso. Queste parole mi rimasero ben impresse nella mente e costituirono da quel giorno la mia più forte speranza, in quanto mi ripetevo di continuo: anche se la condanna è così alta, fra 10 anni potrò ricominciare a

uscire.

Poi, venendo a conoscenza delle regole del carcere, scoprii che i permessi e gli altri benefici non vengono dati in maniera automatica, ma per averli bisogna meritarli, e a volte non basta nemmeno tutto l’impegno che uno ci mette. Meritarli con il buon comportamento, con il lavoro, la partecipazione alla scuola, ai vari corsi. E io in questi anni ho fatto di tutto per adattarmi a queste regole.

Adesso sento dire che c’è una proposta di legge per rendere più difficile l’accesso ai benefici penitenziari per quei detenuti condannati per omicidio. In pratica non bastano più quei 10 anni di cui parlò il PM il giorno dell’appello. Se ne chiedono in certi casi minimo 26 Io spero vivamente che questa proposta di legge non diventi mai legge, perché se lo diventasse significherebbe la fine delle speranze. Vivere in carcere senza speranza è una cosa senza senso, perché non si vede via d’uscita. In pratica non si vede un futuro. Questo toglie lo stimolo a fare qualsiasi cosa perché non vale più la pena di fare niente, neanche sforzarsi di comportarsi bene.

A che serve che io consumi la mia vita qui dentro senza speranza di poter uscire mai? Non è di utilità neanche alla società che io stia qui sino alla fine dei miei giorni. Io dopo nove anni mi sento profondamente cambiato, non sono più lo stesso di prima. Ora mi sento un uomo diverso rispetto a come potevo essere nove anni fa. Non ripeterei mai e poi mai lo stesso errore. Non credo di essere un mostro.

 

 

Noi umani pensiamo sempre  che le cose accadano solo agli altri

Quando guardavo il telegiornale ed ascoltavo notizie del tipo che il marito o il fidanzato uccideva la moglie o la fidanzata per gelosia, pensavo che a noi non sarebbe mai successa una cosa del genere

 

Di Santo Napoli

 

Mi è stato chiesto come ergastolano di scrivere un articolo sull’ergastolo e io, e tanti altri condannati come me, in questi giorni di vacanza non abbiamo altro da fare che scrivere o andare all’aria, un quadrato con quattro muri alti quattro metri, e camminare avanti e indietro senza meta, cosi la maggior parte di noi preferisce scrivere, me compreso.

Da 11 anni mi trovo in carcere con l’accusa di omicidio passionale, premetto che: non mi fa male stare in carcere perché so di aver sbagliato qualcosa nella mia vita e di aver fatto del male alle persone che amo di più al mondo, i miei figli, i miei genitori e i parenti di mia moglie, che ora non c’è più per colpa mia. Mi manca tutto della vita fuori di queste mura, a cominciar dagli affetti familiari, nella mia esistenza ho avuto sempre un comportamento come qualunque altro cittadino onesto, cioè casa, lavoro e famiglia, quando potevo il martedì ed il giovedì allenamento di pallone e la domenica il campionato, sempre se non dovevo lavorare, praticamente come tanti altri uomini di tante altre famiglie. Quando guardavo il telegiornale ed ascoltavo notizie del tipo che il marito o il fidanzato uccideva la moglie o la fidanzata per gelosia, commentavamo con mia moglie che a noi non sarebbe mai successa una cosa del genere, ma non ci eravamo mai passati ed io non avevo mai provato quei sentimenti cosi contrastanti tra di loro che ti pervadono la mente quando tra te e la persona che ami si rompe qualcosa fino a non farti più ragionare lucidamente. Tante volte probabilmente giudicavo quell’azione fatta da quelle persone dicendo a mia moglie “Se dovesse succedere a noi piuttosto un calcio nel sedere e chi si è visto si è visto”, ma con il passare del tempo e con l’avverarsi di ciò che non avrei mai potuto sospettare che accadesse nella mia vita (perché noi umani pensiamo sempre che le cose accadano solo ed esclusivamente agli altri ed a noi no!) sono arrivato cosi dopo nove mesi di litigi e riappacificazioni, separazioni e ricongiungimenti e poi discussioni varie, a vedere i figli, che fino a quel momento erano sempre stati seguiti da tutti e due, abbandonati al loro destino, sballonzolati un po’ di qua ed un po’ di là, in giro da soli in mezzo ad una strada mentre pioveva con i pantaloncini corti, le ciabatte, la maglietta a maniche corte bucata, e sporchi, non è una bella cosa da vedere o da descrivere per un padre, e posso garantire che ti manda fuori di testa specialmente se ami i tuoi figli più di te stesso.

Comunque dopo tante controversie mi sono ritrovato in carcere per aver commesso il più brutto dei reati. Cosi in carcere mi sono accorto che si vive male ed è inutile che i giornalisti dei quotidiani più rappresentativi d’Italia, o i ministri, o tanti parlamentari adesso dicano che noi detenuti stiamo bene, io spero che i figli o i parenti di coloro che dicono questo non finiscano mai in carcere, perché se ne accorgerebbero sulla loro pelle se in galera si sta bene.

 

Per la famiglia divieni più un ricordo che un amore

 

Quanto all’ergastolo, penso che sia la condanna più disumana che ci sia al mondo insieme alla condanna a morte, perché ti porta a morire una volta al giorno per tutti i giorni che ti rimangono da vivere, a questo punto sarebbe meglio la pena di morte, una iniezione letale e via. Ma quello che mi fa stare più male è quando sento dire che noi siamo un Paese democratico e che portiamo la democrazia nei Paesi arabi, come l’Iraq e la Libia. Ma noi, cosi come l’America, come possiamo definirci Paesi democratici e portare la democrazia agli altri Paesi quando sento che l’America ha la pena di morte e noi l’ergastolo, che forse è peggio della pena di morte? E non si dica che anche se c’è l’ergastolo dal carcere si esce, perché non è così, ci sono persone da più di trent’anni in carcere e tanti sono usciti solo da morti o per vecchiaia o per malattia. E comunque non riesco a vedere il valore che può avere per la popolazione sapere che ci sono uomini e donne in carcere che non fanno nulla tutto il giorno, penso che ogni uomo dopo dieci, quindici anni di carcere cambi interiormente e nei valori. E poi quelle persone come me, che in vita loro hanno fatto un solo reato e hanno preso l’ergastolo, sono condannate a morte già dall’inizio della loro carcerazione, per il semplice motivo che i più forti caratterialmente “sopravvivono”, perché in carcere non si vive ma si sopravvive, invece i più deboli si tolgono la vita subito dopo essere stati condannati, se la toglie gente che ha pochi anni o pochi mesi da scontare, figuriamoci se non pensa tante volte di farlo chi ha la sfortuna di avere una condanna come quella mia.

Secondo il mio punto di vista tante di queste persone dovrebbero fare da volontari per gli anziani o essere adoperati per aiuti umanitari tipo ricostruire strade, paesi franati, case danneggiate da alluvioni, non dico tutti, ma bisognerebbe guardare al reato e al perché uno ha commesso quel tipo di reato.

Sento parlare di recupero del detenuto ma in 11 anni di carcere non ho potuto vedere recupero, per il mio reato vige la legge che dice che devi essere seguito da uno psicologo e uno psichiatra, ma in tanti anni non ho mai visto né l’uno, né l’altro e sono convinto più che mai che la mia vita è finita il giorno che mi hanno incarcerato.

Il carcere ti porta via tutti gli affetti familiari, gli amici, e tutto ciò che comporta la vita, per la famiglia divieni più un ricordo che un amore, perché non fai più parte di essa, se possono venire a trovarti bene, altrimenti è uguale, ed è lo stato che con le sue leggi non ti aiuta e non ti porta a tenere i contatti più stretti con loro, anzi, sembra che facciano di tutto per allontanarti ancora

di più, anche se ci sono delle leggi che dicono che dovresti fare o scontare la tua pena nella tua regione di appartenenza, ma non è così. Per prime le istituzioni stesse a volte infrangono la legge, però la differenza è che noi paghiamo per i nostri errori, loro invece molto meno. Perché si sentono o sono al di sopra di tutto, anche delle leggi stesse.

Comunque questo Paese cosi fatto a me non piace, non si fa nulla per i giovani e per il futuro ma ognuno pensa per se stesso, spero tante volte di morire in carcere, forse è l’unica liberazione decente che può avere un detenuto condannato all’ergastolo, tanto oggi come oggi speranza non ce n’è, anche se si dice che la speranza è l’ultima a morire, io credo che si dica così solo perché il detenuto condannato all’ergastolo muore prima!