Spazio - scrittura

 

È un lusso

 

No, no, mica posso andare avanti così: "pere" e galera, galera e "pere"

 

Quello che segue è il racconto che ha vinto il secondo premio al Concorso di scrittura

"Parole oltre il muro", organizzato nel carcere di Piacenza. In realtà, più che un racconto

sembrano pagine autobiografiche, feroci, impietose, la cronaca crudele di un lento processo di autodistruzione di un "tossico da una vita", come si definisce il protagonista. 

Ore 14,30 di un giorno qualsiasi. Sei seduto sulla branda superiore di un letto a castello, con le gambe incrociate sotto al cuscino sul quale c’è appoggiato il "quadernone" che usi per scrivere e con la schiena appoggiata al muro.

Pensi al precipitare che è stata la tua vita dai 18 anni fino ad oggi (40). Questi pensieri si formano in un’anonima cella di via delle Novate, dove sei rinchiuso da parecchi mesi. Ora che sono passati ti pare di aver fatto solo qualche giorno ma a pensarci bene: Cazzo, che sofferenza!!!

"Tossico" da una vita, hai disceso la china fino a toccare il fondo. Sembra ieri quando, quasi per gioco, per poter dire un domani: "Ho provato", per la prima volta facendoti hai voluto usare l’eroina (la "roba", in gergo).

La solita frase che sempre si usa per giustificare l’azione che si sta compiendo: "Tanto smetto quando voglio, una volta e basta". All’inizio solo al sabato sera, poi qualche altra volta infrasettimanale, quindi sempre più spesso, fino a diventare dipendente. I soldi che al martedì sono finiti e che dovevano durarti fino al sabato, i primi furtarelli, la perdita del lavoro, i primi traffici di bustine per avere le tue 2-3 dosi quotidiane, la consapevolezza di stare percorrendo una strada senza via d’uscita ma, al tempo stesso, il menefreghismo più assoluto. I freni morali che si allentano sempre più.

I primi arresti, per i motivi più vari, le prime brevi carcerazioni e conseguenti scarcerazioni. La cerchia di amici "tossici" che si allarga sempre più. Parallelamente la perdita dei valori più cari: amici, famiglia, affetti, beni materiali. Altri arresti con detenzioni più lunghe. Altro discendere la china. I tuoi primi amici che cominciano a scomparire. Quegli amici che, qualche anno prima come te, hanno iniziato quasi per gioco e che ora ci sono rimasti. Nella vita di tutti i giorni sarebbe un dolore ma la "roba" ti inaridisce il cuore.

Pensi solo: "Cazzo, pure lui". Nulla di più, mancanza totale di sentimenti. Le amiche che, come te, hanno voluto provare e che ora battono il marciapiede per avere i soldi necessari alla dose, all’inizio lo fanno di nascosto: la vergogna è ancora un sentimento. Con l’andare del tempo diventa un lusso e imparano a non averne più.

I rapporti sessuali, con loro, sono senza limiti, la "roba" toglie i freni inibitori. La fedeltà non esiste.

L’amore dura finché dura la "roba". Sono lussi anche questi, non potete permetterveli. Ennesimo arresto. Ennesima carcerazione e, per un certo periodo, una parvenza di normalità.

Un flash back improvviso e una domanda che sorge spontanea: "Ma cosa Cazzo ho combinato fino ad ora? No, no, mica posso andare avanti così: "pere" e galera, galera e "pere". Non mi faccio più".

Segue un periodo più o meno lungo di auto-convincimento e una sorta di euforia. Ti sembra quasi che quello che hai passato sia solo un sogno o una realtà non tua. Sei ultraconvinto che, cascasse il mondo, non ti farai più. Quando finalmente esci, l’impatto violento con il mondo esterno...

Gli unici amici che hai sono tossici o ex carcerati, il lavoro fatichi a trovarlo (anche perché ti hanno ritirato la patente anni prima), la gente per bene ormai ti conosce e, salvo qualche rara eccezione, non ti "si fila". Cerchi comunque di resistere ma, dentro di te, sai già che sei destinato a soccombere. Anche perché sei drammaticamente solo. In lontananza senti "il richiamo della foresta" farsi sempre più forte e inarrestabile.

È passata qualche settimana e ci sei ricascato. La tua attuale vita è un continuo peregrinare tra il trovare i soldi, la "roba" e il "farti".

Spesso e volentieri sei con qualche altra "disgraziata" come te, con la quale condividi una vita ai limiti dell’impossibile. È per voi come riempire un vuoto affettivo e sessuale, lo stare insieme e in più, per lei, una forma di protezione in un mondo schifoso (quello "tossico").

Dopo qualche mese di quella vita randagia capisci che non ce la fai più. Di solito quando arrivi a questo punto sei "cotto" e combini qualche "cazzata" e ti arrestano, oppure cerchi una pseudosoluzione che è la comunità di recupero. Opti per la comunità e, se riesci a non farti legare nel frattempo e dopo un "sacco" di colloqui con il Ser.T. (servizio tossicodipendenze), finalmente ci entri.

Forse perché non sei più un ragazzino, forse perché hai una certa mentalità, forse perché non sopporti le regole, fatto sta che dopo un mese o due abbandoni.

Torni alla vita "tossica". Dentro di te ti rendi conto che è sempre più difficile starne lontano. Dormi dove capita, mangi quando ti ricordi, la doccia la fai quando ci riesci. La china non la discendi più, hai toccato il fondo ormai da un pezzo.

Ad inizio "carriera" è stato un crescendo di furtarelli e di rapinette, poi sei passato ai furti e alle rapine vere e proprie, ora è un regredire continuo: basta tirare su 50 o 100.000 lire al giorno, non ti frega niente di null’altro. Scippi, furtarelli, rapinette, passaggi di "bustine", basta "farsi".

È incredibile che, così facendo, prima o poi (più prima che poi) torni "dentro" (solo pochi mesi per fortuna).

Da dietro le sbarre e dopo aver smaltito la "scimmia" (l’astinenza), ricominci a pensare di uscirne.

Riprendi i contatti con il Ser.T,. ti iscrivi a scuola, lavori e, quando esci, vai dritto "sparato" in comunità, convinto che questa volta ce la farai. Tutte cazzate.

A parte il seguire le "regole" (10 sigarette al giorno, vari "gruppi" alla settimana, pulizie di brutto tutti i giorni, colloqui con gli operatori ecc.), ti rendi conto che con qualche eccezione la comunità è solo un luogo in cui leccarsi le ferite per un certo periodo di tempo, anche quando finisci il "programma" (se lo finisci), ti trovi una casa, un lavoro e ti sistemi, non preoccuparti: è solo questione di tempo.

Sono passati tre anni durante i quali ti sei "fatto" solo sporadicamente. Hai anche cambiato città, ti sei rifatto un giro di amicizie, hai ripreso la patente, hai un lavoro che ti piace e dopo un po’ di gavetta pure ben pagato. Un sabato sera, per caso, conosci un "tossico". Tempo meno di un anno e sei da capo: hai iniziato a "rifarti". Prima una volta ogni tanto, poi una volta alla settimana, poi due, poi tre e quindi tutto un continuo. In breve tempo perdi tutto quello per cui hai così duramente combattuto: il lavoro per primo, le amicizie "buone", (al contrario cominci a rifarti quelle "tossiche"), la patente, la casa.

Insomma: tutto!!!

Dopo tanti anni ti accorgi anche che:

- "Inscimmiarti" è questione di poche "pere".

- Perdere quei valori morali e materiali che, con enorme fatica e sacrifici, ti eri costruito è questione di pochissimo tempo.

- L’esperienza maturata in tanti anni e che credevi dimenticata, riaffiora, ed è così che, questa volta, non discendi la china: precipiti in un baratro, in caduta libera. Senza paracadute.

- Il futuro che, nonostante i "tempi duri", prima intravedevi, ora non lo intravedi più.

Spesso accompagni qualche "amico" o "amica" al Ser..T. perché deve bere il metadone... Ti è stato proposto, ma sei contrario, preferisci non "incasinarti" con un’altra porcheria (che, tra l’altro, dà una dipendenza spaventosa).

Con il tempo ti sei creato una cerchia di "amici ultratossici" come te, con i quali vai particolarmente d’accordo.

Il sapere che c’è qualcuno sul quale puoi, relativamente, contare ti aiuta a sopportare la vita che conduci. Tra gli "ultratossici" ci sono anche le "ultratossiche", i rapporti con loro sono ottimi. Strano, per gente all’ultima spiaggia, ma vero. È il bisogno reciproco di compagnia e di calore che si fa sentire. Il "tossico" è una persona sola anche quando è circondato di gente (spesso è circondato solo dalla Polizia). Comunque ti accorgi sempre più di non "starci dentro", quel tipo di vita ti sta, piano piano, massacrando: sei dimagrito di 10 Kg, barba sempre lunga, trasandato, hai perso denti e capelli, dormi dove capita, ti lavi e ti cambi quando ci riesci.

Anche il carattere ti cambia: sei estremamente litigioso, molte cose che prima ti andavano bene, adesso non le sopporti più, sei taciturno e sempre assente (psicologicamente).

Ti hanno anche ricoverato per una broncopolmonite e una pleurite (tutt’e due assieme), una persona normale sarebbe rimasta ricoverata almeno 15 giorni, tu no: dopo 4 giorni hai firmato la "liberatoria" e te ne sei andato. Hai visto un "mare" di tuoi "amici" ammalarsi e poi morire di A.I.D.S, e tu? Tu ti sei sempre rifiutato di fare gli esami per paura di una verità che potrebbe essere uno SHOCK e che potrebbe essere veramente dura da sopportare. Con quel barlume di coscienza che ti è rimasta, cerchi di usare delle precauzioni quando vuoi o devi fare sesso. Sei in carcere un’altra volta, tutto da ricominciare.

Sei apatico, menefreghista, debole psicofisicamente. Questa volta, rifiuti i colloqui con tutti: educatori, assistenti sociali, psicologi ecc.

Ti convinci, o meglio autoconvinci, che è solo una perdita di tempo e forse non hai tutti i torti.

Tra le poche cose che ti piace fare: leggere, scrivere, correre e fare ginnastica. Hai anche cominciato a lavorare che, tra le altre cose come lo stare in giro per la sezione, ti consente di tirare avanti senza dipendere da nessuno e non è poco!

È paradossale: per avere quella tranquillità psicofisica che non sei mai riuscito ad avere fuori, devi stare in carcere. Intanto passa un anno, un anno e mezzo e ti ritrovi seduto su una branda a ripensare a quello che hai passato. Continuando a non vedere un futuro...

 

 

 

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