Il paese delle continue emergenze: ora è il “femminicidio”

Spinto da un ragionamento emotivo su questo tema e pensando alle molte donne del mio nucleo familiare, anch’io sono arrivato ad affermare che è giusto l’ergastolo, e mi sono spinto oltre, sostenendo che è giusta la pena di morte. Ma poi mi sono fermato a riflettere

 

di Luigi Guida

 

Oggi sulle le pagine dei giornali e nei programmi televisivi non si fa altro che parlare del reato di “femminicidio” sotto un profilo emergenziale, chiedendo come soluzione l’ergastolo. Allora mi chiedo: veramente pensano che con l’ergastolo la gente diventi più responsabile su questo tema e quindi diminuiranno questi tipi di reato? O è la solita “furbata” giornalistica che cavalca l’onda emotiva popolare per vendere qualche copia di giornale in più e aumentare gli ascolti televisivi? Io personalmente sono uno di quelli che in carcere ci si trova perché in passato ha fatto una scelta di vita commettendo molti reati, dalla violazione della legge sugli stupefacenti a reati contro il patrimonio, per cui questo tipo di reato l’ho sempre visto lontano da me e dal mio stile di vita passato, a tal punto che qualche mese fa anch’io, spinto da un ragionamento emotivo su questo tema e pensando alle molte donne del mio nucleo familiare, non solo ho affermato che è giusto l’ergastolo ma mi sono spinto oltre, sostenendo che è giusta la pena di morte. Tuttavia era una riflessione fatta sull’onda emotiva del sentimento, senza guardare le storie delle persone, ma soprattutto senza chiedermi se veramente questa fosse la strada giusta per mettere fine a questa mattanza.

Dalla nostra prima discussione su questo argomento all’interno della redazione ad oggi, sono passati oltre tre mesi, non è stato facile convincermi che anche per questo tipo di reato si deve guardare la storia delle persone, sul come ci sono arrivati e non soffermarsi solo sul reato, capire che non sempre esiste il “mostro” ma esistono persone che fanno cose mostruose e non sempre hanno una reale consapevolezza del gesto che hanno compiuto.

È paradossale dirlo, ma questo tipo di reato non è molto frequente tra i cosiddetti detenuti “cattivi” come me, per intenderci quelli che hanno scelto una certa vita, ma è un reato che può verificarsi nei “totalmente buoni”, proprio quelli che non avrebbero mai pensato di finire in carcere: medici, bancari, giornalisti…

Dico questo perché all’interno della nostra redazione ci sono persone che purtroppo si sono trovate coinvolte in questo tipo di reato e quando ascolto Ulderico raccontare ai ragazzi delle scuole la sua storia, il fatto che prima che entrasse in carcere era direttore della filiale di una banca, mi sono accorto quanto veramente sia più complessa la realtà che ti porta a questi reati. Prima di quel giorno, era la persona più mite di questo mondo e non una persona violenta come invece si pensa sempre leggendo gli articoli dei giornali o soffermandosi solo sul tipo di reato. Ecco perché bisogna che noi tutti facciamo una più profonda riflessione su questo tema, soprattutto i giornalisti, dimostrando una maggiore responsabilità, spiegando alle persone la verità, ossia che questo è un problema più complesso di quello che si vuol fare apparire cavalcando l’onda emotiva del momento, e che una Legge varata sull’onda emotiva serve solo a placare l’opinione pubblica, ma si trasforma poi unicamente in una ricerca di vendetta, e nel prendere qualche voto in più per una certa parte di classe politica che si fa portavoce della Legge stessa. Ma questo non responsabilizzerà le persone in merito a questo reato perché, ripeto, non è un reato che in prevalenza fanno gli “assolutamente cattivi”.

La prevenzione si fa in altro modo, chi commette questo tipo di reato, in quei momenti certo non ha modo di pensare che se lo fa gli tocca l’ergastolo, non è così.