Editoriale

 

Niente sesso… siamo reclusi

 

C’è un’intervista ad Adriano Sofri, che parlando di Ristretti Orizzonti dice di apprezzare proprio il coraggio che ha il nostro giornale nell’affrontare una questione, la negazione, la cancellazione del sesso in carcere, per lo più taciuta da tutti, anche dai diretti interessati. Sofri dice (e naturalmente per una volta ci fa pure piacere riportare il suo giudizio su di noi): “C’è un gruppo di persone a Padova che fa la più bella rivista dal carcere e le più belle iniziative. Fanno una rivista che si chiama Ristretti Orizzonti. Per esempio sulla questione del sesso hanno fatto cose molto belle, il giornale ne parla molto bene. Quella io la considero una cosa essenziale, se decidessi di buttarmi a fare una battaglia guidata da me sul carcere, sceglierei quel tema lì, che è una vergogna mostruosa da rovesciare addosso alla società. Come si fa a considerare il sesso in galera come una specie di lusso da proibire per castigare le persone? Come si fa a dire che c’è un diritto alla salute se impedisci alle persone di avere rapporti sessuali? Per quindici anni, per vent’anni, e dire che li stai preparando a reintrodursi nella società. C’è una quantità di opinioni, sentimenti, pregiudizi, vergogne, pudori che si mescolano in tutto questo. È un tema vergognoso, perché fa esplodere non solo l’ipocrisia della società ma anche la sua imbecillità”. (Dall’intervista di Francesca Mattotti per il sito www.buonpernoi.it).

Proprio perché è un tema “vergognoso”, abbiamo scelto di buttar via qualsiasi vergogna e aprire questo numero del giornale con il sesso, e anzi togliergli di torno anche tutti quei discorsi un po’ ipocriti per cui per parlare di sesso si devono come minimo nominare anche gli affetti, e magari trasformare sesso e affetti in “sessualità e affettività”, che forse sono parole che suonano più neutre, astratte, meno brutali. No, noi parliamo prima di tutto di sesso, e solo dopo di tutto il resto.

Poi al nostro coraggio si è aggiunto quello di Adriana, una giovane donna disabile che ha fatto la sua tesi di laurea sperimentale in Psicologia proprio partecipando all’attività della nostra redazione e che ha “osato” paragonare la condizione di vulnerabilità, di “ansia da prestazione”, di incertezza, di una persona con una disabilità, per quel che riguarda il sesso e gli affetti, alla condizione dei detenuti. L’assurdo è questo, che per detenuti e disabili la dimensione della vita sessuale è considerata generalmente ancora tabù.

Per finire, potremmo dire che siamo, forse, anche il primo giornale che osa mettere in copertina un uomo nudo.

 

La Redazione

 

 

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