In ricordo di una persona che ha aperto la porta di casa a chi arrivava dal carcere

 

Chi vive una esperienza di carcere sa che poi, quando rientrerà nella società, troverà difficoltà, a volte rifiuti, a volte diffidenza. Oggi allora noi vogliamo ricordare una persona speciale che invece ha accolto le persone senza guardare al loro passato: Gianni, il gestore del distributore di benzina di via Gattamelata che si è tolto la vita forse per eccesso di generosità, perché avanzava un sacco di soldi ma nessuno pagava. Lui, l’avevamo conosciuto attraverso Francesca, sua moglie, insegnante che con noi aveva fatto il progetto scuole/carcere, ma poi tutta la sua famiglia, sua madre, i suoi figli avevano aperto le porte di casa a noi, che arrivavamo dal carcere: due serate incredibili, per festeggiare un’amicizia, con tanti volontari e tanti detenuti in permesso intorno a un tavolo, a conoscersi senza pregiudizi e senza paure. A Gianni vogliamo dedicare questa settimana il nostro ricordo.

 

A cura della redazione

 

 

Una famiglia che ci ha aperto la sua casa senza riserve, senza timore, senza domande

 

di Bruno Monzoni

 

In galera non hai molte occasioni di rivivere situazioni di calore familiare, di spensieratezza, di ritrovarti a una tavolata piena di gente che riesce a farti dimenticare che dopo qualche ora dovrai tornare nel buio del carcere.

Una di queste rare, se non uniche, occasioni, c’è stata regalata da Francesca, Gianni e dalla loro famiglia. Alla fine dell’anno scolastico che ci ha visti impegnati con il progetto sulla legalità “Il carcere entra a scuola, le scuole entrano in carcere” di cui Francesca è una delle più convinte sostenitrici, siamo stati invitati da tutta la famiglia ad un cena nella loro casa, che ci hanno aperto senza riserve, senza timore, senza domande.

Noi eravamo impacciati all’inizio, ci sentivamo un po’ storditi da quest’accoglienza inaspettata che si è manifestata subito con tanta umanità e semplicità; per alcuni di noi era il primo permesso, per altri no, ma comunque la prima volta dopo anni in un ambiente familiare, e siamo stati subito coinvolti e travolti dall’energia e l’entusiasmo di Gianni e della sua famiglia. Ci hanno avvicinato immediatamente al loro mondo, alla loro campagna, ai loro amati animali, alle loro passioni, che soprattutto Gianni ci ha descritto e ci ha trasmesso.

Hanno addirittura voluto festeggiare con noi la laurea di una delle loro figlie, come se fossimo persone importanti. Abbiamo sentito che qualcuno aveva un’attenzione speciale verso il nostro star bene, Francesca era preoccupata che in cucina qualcosa potesse non essere di nostro gradimento, ma noi da anni non assaggiavamo sapori così. A questo enorme tavolo, ciascuno di noi parlava degli argomenti più vari, e loro ci domandavano del nostro futuro, dei nostri progetti e dei nostri sogni, nessuno era interessato al nostro passato. E la galera era così lontana.

Gianni fotografava questi momenti, come se stesse preparando un album di famiglia. Ed è stata la prima volta da quando siamo in galera che ci sono delle nostre foto in cui sorridiamo spensieratamente.

A questa cena ne è seguita una seconda all’inizio dell’anno scolastico e la famiglia di Francesca e Gianni ci ha accolto con calore, se possibile, ancora maggiore.

Giovedì pomeriggio in redazione ci ha raggiunto la notizia dell’improvvisa scomparsa di Gianni. Siamo sgomenti, ci guardiamo in faccia con incredulità, anche i nostri compagni che l’hanno conosciuto solo dalle nostre parole sono ugualmente addolorati.

Abbiamo voluto raccontare quello che Gianni e la sua famiglia rappresentano per noi, quello che hanno rappresentato questi momenti che resteranno sempre nei nostri cuori con i loro sorrisi e la loro umanità. Il loro comportamento è stato per noi un insegnamento di generosità e di fiducia che si può avere nei confronti delle persone.

 

 

 

Mando dal carcere un pensiero alla sua meravigliosa famiglia

 

di Elvin Pupi

 

Mi ricordo quella sera che siamo stati invitati da Francesca a cena a casa sua. Subito mi sono sentito accolto e mi è sembrato di essere a casa mia in Albania per l’affetto che mi hanno dimostrato tutti. Per me è stato il permesso più bello, perché mi sono ritrovato tra gente che mi ha accettato per quello che sono. Dopo la cena mi hanno fatto vedere la loro casa, mi hanno parlato dei loro interessi. Gianni in particolare ne aveva molti, specialmente le macchine d’epoca di cui ti raccontava con gli occhi che brillavano di autentica passione. Era appassionato anche di animali, che trattava come se fossero parte della famiglia. Sono stato così bene che non riesco a trovare le parole per esprimere il mio dolore e il mio sgomento per quello che è successo.

Faccio fatica a credere che sia successo davvero. Continuo a vedere nella mia mente il suo viso sempre sorridente e mi dispiace molto di non poter telefonare alla famiglia né di poter andare al funerale, visto che mi trovo in carcere. Mando da qui un pensiero alla sua meravigliosa famiglia e ci tengo a far loro sapere che di qualsiasi cosa avessero bisogno io ci sono.

 

 

Gianni ci ha fatto dimenticare per qualche momento il carcere

 

di Ulderico Galassini

 

Com’è possibile accettare certe notizie, quando pensi che non c’è più quella persona che avevi incontrato in due indimenticabili occasioni e che ti ha consentito di rivivere il calore di una famiglia, anche se non era la tua?

Tutto è partito da un invito di Francesca, insegnante, che con la sua scuola ha aderito al Progetto di confronto tra Scuola e Carcere, che prevede l’incontro degli studenti con alcuni detenuti della redazione di Ristretti Orizzonti, prima nelle scuole e poi in carcere.

Si è creato così un legame che Francesca ha voluto estendere alla sua famiglia. Ricordo benissimo questa prima uscita a Due Carrare, una strada stretta, tortuosa, e ad un certo punto vediamo un signore che alzava le mani per attirare la nostra attenzione. Siamo arrivati, i cancelli già spalancati, un ampio spazio all’aperto, e prima ancora che spegnessimo i motori delle auto tutta la famiglia era attorno a noi.

Un’accoglienza incredibile, sembravamo i parenti che non si vedevano da anni. Bellissimo! La stessa sensazione l’ha vissuta anche mio figlio con la sua fidanzata, che erano con noi.

È stata la prima volta che abbiamo conosciuto Gianni, il marito di Francesca. La cena è stata tutto un crescere di entusiasmo, gioia, sorrisi, fotografie, voler conoscere i nostri programmi, farci sentire bene, come vecchi amici. Come poteva essere che dei detenuti potessero gioire di tanta allegria, e dimenticare per qualche momento di essere persone che abitano un luogo triste come il carcere? È successo e si è ripetuto anche a settembre, con le stesse modalità, con un senso di amicizia che forse alcuni di noi non avevano mai vissuto neppure prima di entrare in carcere.

Ed allora come puoi pensare che ora sia successo quello che i giornali hanno raccontato?

Chi mi ha anticipato la notizia è stato un altro detenuto, che mi ha detto “Ti devo dare una notizia, brutta, bruttissima”, ripetendomi più volte la stessa cosa, che non potevo immaginare quello che era successo, una cosa grave, gravissima.

Era veramente una notizia che mai avrei voluto conoscere: Gianni non è più con noi!

L’incredulità, assieme ad altre emozioni e pensieri e al ricordo di quel “vero signore”, di una umanità sincera, si sono immediatamente spostati ai momenti belli vissuti grazie a lui e alla sua splendida famiglia, a quella che ora sarà la loro vita dopo questo distacco, come affronteranno i suoi cari il percorso futuro. Quello che conta è che non perdano mai di vista i tanti bei ricordi di una persona cara, che ha contribuito alla crescita di una famiglia speciale che noi non dimenticheremo mai.

 

 

 

 

Una persona con un cuore grande e sorridente

 

di Pierin Kola

 

Quando ho visto il giornale ieri pomeriggio non volevo credere che non c’è più un uomo che era diventato un amico. A casa sua ho visto una famiglia meravigliosa, erano così felici che dentro di me mi sembravano uno più bravo dell’altro. Con Gianni ho parlato a lungo, ci siamo raccontati lui le sue belle cose, e io il motivo per cui sono in carcere da tanto tempo. Ad un certo punto mi ha invitato ad andare a prendere l’asinella che era vicina a casa sua nei campi e intanto mi ha raccontato che una volta erano passati i ladri e io c’ero rimasto malissimo e non capivo come si fa ad andare a rubare da una persona così, con un cuore grande e sorridente che ho ancora davanti gli occhi. Dieci minuti prima di andare via mi ha regalato un completo da portiere cui teneva tanto. Ieri quando sono rientrato in cella ho preso la maglia, la guardavo e mi dicevo che non era possibile.