Quando i “bravi cittadini” rischiano la galera

Basta aver bevuto un po’ più del consentito, o aver fumato una canna, per andare a processo e subire una condanna: e solo se è la prima volta la pena può essere trasformata in un lavoro di pubblica utilità

 

Il carcere è pieno di persone che sono “scivolate” in comportamenti a rischio e hanno passato il limite a partire da situazioni di assoluta regolarità. Del resto, basta aver bevuto un po’ più del consentito, che per un giovane o un neopatentato è anche una sola birra, perché per loro c’è la tolleranza zero, per andare a processo e rischiare la galera, e solo se è la prima volta la pena del carcere può essere trasformata in un lavoro di pubblica utilità. Nella nostra associazione, così come in altre, ci sono molte persone che fanno lavori di pubblica utilità in sostituzione del carcere, grazie a una convenzione con il Comune di Padova e il Tribunale, che permette questa modalità di volontariato per “scontare una pena”. A sperimentare questa esperienza nuova nella redazione di Ristretti Orizzonti finora sono stati due fotografi, un ingegnere, un avvocato, una persona che gestisce un’enoteca, uno studente universitario, un maestro precario, che hanno fatto o stanno facendo volontariato in carcere per evitare di farsi la galera da detenuti, e nello stesso tempo portano la loro testimonianza agli studenti, spiegando quanto è facile anche per le persone “regolari” sfiorare il carcere, e rischiare di finirci dentro.

 

 

Due prosecchi… ma se ti metti alla guida poi rischi la galera

 

di Massimo Boschiero

 

Mi chiamo Massimo, anch’io sto rischiando il carcere, ho commesso un’infrazione al Codice della strada per guida in stato di ebbrezza, anche se tutto sommato non ero ubriaco,ma avevo un tassoalcolemico che era fuori della norma. Premetto che gestisco un’enoteca, quindi per quanto riguarda l’alcool, vino, birra, so come si beve e quanto si beve visto che lavoro con questo.

Eppure è successo anche a me, ed è una cosa che mi ha portato veramente dei grossi disagi, innanzitutto perché non pensavo che mi sarei cacciato in una storia così complicata. Ho avuto bisogno di un avvocato, c’è stato un processo, sei mesi di ritiro della patente, esami del sangue e quant’altro. Si pensa che la “guida in stato di ebbrezza” sia una cosa semplice: ti fermano, ti ritirano la patente, è finita lì. Invece c’è un dispendio economico enorme e soprattutto un grande disagio. Avendo un lavoro che mi tiene occupato soprattutto la sera - dalle tre del pomeriggio alle due di notte – e vivendo fuori Padova, dovevo farmi accompagnare al lavoro e alle due di notte farmi venire a prendere. Questo ha significato che per sei mesi la mia compagna si doveva alzare dal letto e alle due di notte venirmi a prendere e portarmi a casa. Un disagio enorme anche per quanto riguarda il resto dell’attività, perché quando dovevo muovermi di giorno, se avevo spostamenti lontani, o usavo la bicicletta (non si può nemmeno usare una bici elettrica), oppure dovevo sempre chiedere a qualcuno che mi accompagnasse in auto da qualche parte. Sinceramente una cosa così mai pensavo mi sarebbe successa, anche se faccio questo lavoro, perché di solito sto ben attento a non andare fuori dai limiti, soprattutto se so che devo usare l’auto o la moto. Però può capitare, ed è una cosa che può capitare a tutti bisogna stare molto molto attenti sul come si beve e quando.

Oltre tutto i costi sono altissimi, perché si devono fare parecchi volte le analisi del sangue per l’alcool o, per chi ha fatto uso di sostanze stupefacenti, del capello. Tutte analisi a spese della persona, quella del capello per esempio costa circa 400 euro, e bisogna pagarsi l’avvocato, le spese processuali, e se non si fa questo tipo di percorso con il lavoro di pubblica utilità che ti estingue il reato, oltre a rischiare il carcere, rischi anche di non poterti iscrivere agli ordini professionali. Prima di me a fare questo stesso lavoro di pubblica utilità c’era una giovane donna che fa l’avvocato e che altrimenti non poteva iscriversi all’ordine degli avvocati e svolgere la sua professione. In più, la fedina penale è comunque macchiata e se succede una seconda volta non c’è più questa alternativa del lavoro di pubblica utilità, e lì già sei rovinato.

 

 

 

Quanto poco ci vuole a rovinarsi la vita

 

di Claudio Giannandrea

 

La sera che mi hanno fermato non sapevo a cosa andavo incontro. Stavano per lasciarmi andare, ma ad un certo punto uno dei poliziotti ha deciso di farmi fare l’alcooltest, sono risultato positivo con un tasso alcolemico di 1.2, a me sembrava di essere in grado di guidare ma per la legge non si può. Al momento pensavo di sbrigarmela in poco tempo, invece l’iter che ne è seguito è stato lungo, pesante ed economicamente deleterio.

Per legge ora se vieni fermato e ti ritirano la patente è come se avessi compiuto un reato, dato che la cosa ha rilevanza penale, e se ti succede una sola volta puoi fare in modo di eliminare la rilevanza penale, facendo un lavoro di pubblica utilità, se invece ti succede una seconda volta il lavoro di pubblica utilità non lo puoi fare più e vai incontro a sanzioni pecuniarie elevatissime e addirittura al carcere, soprattutto se guidi in stato di ebbrezza e provochi un incidente. Io non sapevo cosa fare per il fatto della fedina penale che era sporca per questo reato, poi, con il consiglio dell‘avvocato, mi sono attivato e ho ricercato un’associazione che mi desse la disponibilità per farmi fare un lavoro di pubblica utilità. In realtà non conoscevo nulla di questi lavori di pubblica utilità, ora penso che siano importantissimi per comprendere il proprio errore e per riflettere su realtà che non conosciamo.

L’associazione alla quale ho fatto riferimento si chiama Granello di Senape e opera nel mondo del carcere. Con loro ho partecipato a diversi incontri sia nelle scuole che in carcere, all‘inizio pensavo fosse una cosa che mi avrebbe fatto perdere solo tempo, invece ora credo fermamente nel lavoro che fa l’associazione all’interno e all’esterno del carcere.

Mi sta servendo veramente tanto questa esperienza, perché mi ha fatto capire tante verità che prima non prendevo in considerazione o magari sì, ma senza rifletterci sopra. Io, che partecipo a questo progetto come volontario per un lavoro socialmente utile, non potevo chiedere di meglio.

L’associazione Granello di Senape collabora con circa una settantina di detenuti che hanno voglia di riscattarsi con la società, e partecipano al progetto contribuendo alla redazione del giornale Ristretti Orizzonti e incontrando le scuole. Un’esperienza importante per i ragazzi, necessaria per prendere consapevolezza di cos’è la detenzione nelle carceri italiane e per prendere coscienza che anche per un nonnulla si può essere condannati penalmente. Il vero scopo di questi incontri è sicuramente quello di ridare responsabilità a delle persone alle quali è stata tolta, cercare di reinserirle in una società che le scredita e che le cataloga come mostri, e di prevenire comportamenti sbagliati da parte delle nuove generazioni, perché si sa, in giovane età si compiono errori e magari non ci si accorge neanche dei rischi che si corrono.

Io, che sono uno studente universitario e vado lì agli incontri come volontario, porto la testimonianza del mio “reato” in modo che i ragazzi delle scuole possano capire quanto poco ci vuole a rovinarsi la vita.