Marco Rigamo

 

"Persone dentro e volontari fuori"
Giornata nazionale di studi su volontariato penitenziario e informazione
Casa di Reclusione di Padova - 26 ottobre 2001

 

Marco Rigamo

(Volontario nella Casa di Reclusione di Padova)

 

Sarò brevissimo perché spero che questa discussione possa proseguire. Radio Evasione è uno spazio radiofonico, all’interno del palinsesto di Radio Sherwood, uno spazio settimanale. Radio Sherwood, mi auguro sia conosciuta, è un’emittente libera che trasmette in tutto il Nord Est. Questo spazio, che vuole essere anche un progetto, nasce dieci anni fa, ovviamente sulla necessità di dare informazione per il carcere e dal carcere. Dieci anni fa non era come adesso, dieci anni fa non si facevano queste assemblee, non si poteva parlare di carcere, in qualche modo, trasparente, e c’erano altre politiche e altri uomini e donne a gestirle.

Noi abbiamo cercato di essere progetto e quindi di agganciare all’informazione la possibilità di avere degli strumenti di modificazione della qualità della vita e soprattutto dell’opportunità che questa società continui a ritenere di avere bisogno del carcere. Ossia liberarsi della necessità del carcere, era allora e rimane per noi oggi, un’idea forza, un orizzonte utopico a cui facciamo costante riferimento.

Da un paio d’anni, alla nostra esperienza, è stato possibile unire l’esperienza di Ristretti Orizzonti, che non ha bisogno qui, in questo momento, di ulteriori presentazioni da parte mia. Assieme abbiamo realizzato, negli ultimi due anni, una serie di trasmissioni in diretta da dentro questo carcere.

Sono trasmissioni che vengono pensate nella redazione collettiva, interna ed esterna, e che hanno avuto tematiche diverse, ovviamente prevalentemente legate alle questioni che attengono alla vita del carcere e alla giustizia più in generale, ma abbiamo parlato anche di affettività dentro al carcere, abbiamo parlato della situazione dei migranti dentro il carcere, abbiamo fatto una trasmissione anche sulla guerra dei Balcani, perché in carcere ci sono dei "cittadini detenuti" e non dei "detenuti cittadini" e quindi i problemi che attraversano la società, nello stesso modo attraversano anche la popolazione detenuta.

Noi riteniamo, e parlo dell’esperienza alla quale appartengo, riteniamo che fare volontariato significhi soprattutto nell’informazione trovare strumenti di modificazione della qualità della vita, dentro e fuori dal carcere. è per questo che abbiamo realizzato, aiutati dal Consiglio Regionale Bettin, che mi dispiace non vedere qui oggi pomeriggio (evidentemente non è potuto intervenire), una Carovana Osservatorio in tutte le carceri del Veneto, con particolare attenzione ai problemi sulla tossicodipendenze. L’abbiamo fatto un anno fa, poco prima della Terza Conferenza Nazionale di Genova sull’uso delle sostanze psicotrope, che spero molti di voi abbiamo potuto seguire.

I risultati naturalmente erano molto poco confortanti. La situazione delle tossicodipendenze è particolarmente grave, le strutture sono misere, quel cambio di gestione tra strutture sanitarie interne al carcere e A.S.L. all’esterno si sta perdendo in un vuoto di potere, in una incapacità di prendere decisioni assolutamente inadeguate a quella che è, purtroppo, ancora la situazione delle tossicodipendenze, non solo dentro ma anche fuori dal carcere, e soprattutto il territorio non offre poi granché.

Questo è un discorso che vale per tutto, vale principalmente per problematiche connesse alle recidive, di qualsiasi ordine e grado. Questa cosa, comunque, ha prodotto dei microspostamenti, ha prodotto delle modificazioni. In questa cosa abbiamo potuto, abbiamo dovuto, mettere il naso anche il quel posto molto brutto che veniva chiamato reparto bunker, ossia l’ala dell’ospedale civile attrezzata per ospitare detenuti le cui patologie non potevano essere curate in carcere e si riduceva a tre celle, blindate, con un piccolo corridoio che faceva da posto di guardia e da permanenza per il personale medico, che peraltro non era presente in maniera sistematica.

Celle blindate anche nei vetri, nel senso che erano blindati anche i vetri, non si potevano aprire le finestre, quindi niente aria, con aria condizionata non funzionante, con un’unica doccia, che in realtà era un buco nel muro dal quale usciva l’acqua, in una sola delle tre celle.

Senza nessuna suppellettile, che vuole dire solo la branda, imbullonata nel pavimento, non un tavolo, non una sedia: per mangiare, bisognava appoggiarsi al termosifone. Non parliamo naturalmente di sigarette, giornali, televisione e cose assolutamente nemmeno pensabili.

La nostra denuncia ha portato vertici dell’amministrazione penitenziaria all’interno di questa struttura, è venuto l’On. Corleone, nel momento in cui ricopriva l’incarico che tutti conosciamo, è venuto personale della Polizia Penitenziaria, dell’Amministrazione Penitenziaria di questa città. Non mi pare che ci sia una dichiarazione di chiusura ufficiale di questo posto, ma questo posto è di fatto chiuso, e questo è un risultato che crediamo di avere contribuito a ottenere.

Perché dico queste cose, non per prendermi delle medaglie di merito, non mi interessa assolutamente, ma in questo vorrei rifarmi all’intervento di don Ciotti di questa mattina, che mi è piaciuto molto, senza togliere nulla agli altri interventi, soprattutto dove diceva che il volontariato deve smettere di fare da tappabuchi e non deve perdere la propria capacità critica. Cioè, noi siamo volontari dentro, ma siamo volontari anche fuori.

Noi non possiamo misurarci al carcere prendendo il carcere come una specie di cataclisma naturale, come una specie di sciagura davanti alla quale noi, da dentro, nel nostro piccolo o nel nostro grosso, produciamo delle dinamiche di miglioramento della qualità della vita. Noi dobbiamo interrogarci su alcuni dati che riguardano la politica che fa del carcere oggi quello che è, dobbiamo interrogarci sulle cifre a cui faceva riferimento Mauro Palma questa mattina: 30.000 detenuti nel 1990, 57-58.000 detenuti oggi; questo sono i dati, questo perché?

Perché abbiamo due filoni principali di ingresso al carcere e non sono filoni criminogeni. Sono contraddizioni che riguardano il mondo tutto in questo momento. E sono i flussi migratori e la circolazione delle droghe. Se il legislatore non interviene, in ordine alle tematiche penali e amministrative che riguardano i flussi migratori, noi continueremo ad avere un aumento esponenziale dei letti a castello dentro al carcere. Il carcere è pieno di forestieri poveri, è pieno di gente che non parla la nostra lingua, è pieno di gente che si prende dei rapporti disciplinari perché sente chiamare "collega" la guardia, allora la chiama "collega" e prende rapporto. Non è una barzelletta, è vero, succede anche questo.

Il carcere è pieno di soggetti, che sono magari anche interni ai flussi migratori, ma sono interni anche al circuito delle droghe. Un detenuto forestiero, che è uscito un paio di volte dal carcere, torna in carcere perché viene pizzicato con un grammo di hascisc e vi ci resta dei mesi; poi fa notizia, ed è bello leggere sui giornali, che nei bagni di Montecitorio si trovano tracce di cocaina, perché il consumo delle droghe attraversa in verticale la nostra società, lo sappiamo tutti; perché il consumo delle droghe non attiene all’extracomunitario magrebino, al fricchettone, come si usava dire una volta, con un termine che non si usa più.

Attiene a tutti, al professionista, al medico, perché le droghe sono diverse, perché ancora si continua a non distinguere tra una droga e l’altra, perché si continua ancora a mettere sullo stesso piano i derivati della canapa indiana e i derivati dell’oppio, perché non ci si interroga sulle droghe sintetiche adeguatamente, non ci si interroga sulle narcomafie adeguatamente.

Allora noi fuori, oltre che dentro, da cittadini, da volontari, dobbiamo nel nostro piccolo continuare ad agire nei confronti di queste contraddizioni: dove lavoriamo, molti di noi lavorano, io non faccio il volontario professionale, io ho un lavoro, altrimenti non mangio.

Io ho un lavoro, faccio informazione, mi riconosco in quella parte di società che ritiene di dover disobbedire a leggi ingiuste, cerco di portare questo pensiero dove è possibile ottenere del consenso, rispetto a questi due grossi filoni: circolazione dei migranti, circolazione delle droghe. Questo fa sì che sia possibile, io credo, in molte situazioni, opporre un punto di vista. Leggevo, l’altro giorno, di un nostro onorevole che rilasciava delle dichiarazioni in ordine alle necessità, alla possibilità, di commutare le pene in lavoro socialmente utili. Assolutamente encomiabile. Poi aggiungeva che proponeva di aumentare le pene a quei detenuti che non lavorano. Con questo dimostrando di non sapere che solo il 10% della popolazione detenuta può accedere a un lavoro, perché lavoro non ce n’è, perché c’è una legge, che è la legge Smuraglia, che offre opportunità di defiscalizzazione alle imprese che intendono investire in lavoro sulla popolazione detenuta, che non viene attuata.

Quindi noi abbiamo dei governanti che non sanno quello che dicono, questa è la realtà. Abbiamo avuto un’esperienza, ai vertici dell’amministrazione penitenziaria, che è stata cancellata, si sta interrompendo tutta una serie di filoni di ragionamento sulla socialità, sull’affettività, su una migliore qualità della vita. Questo non occorre dirlo qui ed ora, bisogna dirlo fuori. Ultima cosa: abbiamo un Ministro della Giustizia che a Genova non ha visto le macchie di sangue sui muri, abbiamo un Ministro della Giustizia che proporre di portare la punibilità a 12 anni. Se andate a vedere quello che c’è nei minorili è qualcosa da brivido, ci sono dei bambini, dentro, quasi tutti forestieri, con grossi problemi di equilibrio: sono bambini, non ragazzi, che andrebbero curati, assegnati a delle comunità, andrebbero trattati diversamente. Noi ci stiamo tuffando in brutte Beatiful, come quelle dei ragazzi di Novi Ligure e stiamo perdendo di vista che la domanda che viene dai governanti, e da una parte molto disattenta della società è: "Sempre più carcere, per sempre più soggetti, bambini compresi".

 

 

 

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