Cristina Selmi

 

Giornata di studi "Carcere: non lavorare stanca"

9 maggio 2003 - Casa di Reclusione di Padova

 

 

Cristina Selmi, del Centro di Servizio sociale Adulti di Padova.

 

Io sono una assistente sociale del Centro di Servizio Sociale Adulti di Padova e rappresento il direttore del Centro, che non è potuto essere presente per pregressi impegni. Rappresento l’altro carcere, quello che non ha le sbarre, quello che non si vede, e comunque è altrettanto importante e pieno di contributi. Ho un contributo da leggere, che è stato scritto da noi operatori, proprio per essere assolutamente presenti a questa giornata.

Credo superflue ulteriori presentazioni, poiché i presenti che lavorano in questo particolare settore del disagio conoscono il Centro di Servizio Sociale Adulti dell’Amministrazione penitenziaria, presente ormai da 28 anni sul territorio nazionale grazie alla riforma penitenziaria e precisamente alla legge 354/75.

Parlare di collaborazione, di lavoro integrato, non è più oggi una novità. Ma questo non significa che siano sufficientemente elaborate modalità e strumenti metodologici che rendano l’integrazione applicabile ed efficacemente realizzata.

Ormai il concetto di integrazione permea gran parte della normativa relativa al settore sociosanitario ed è sempre più presente anche in quello della giustizia. È stato osservato da più parti che certi concetti che il servizio sociale andava affermando a gran voce e in solitudine negli anni passati, come globalità ed integrazione, sono oggi un patrimonio comune di molte professioni.

Si possono citare riferimenti normativi importanti, come ad esempio il nuovo regolamento di esecuzione L. 230/2000, che all’art. 118 comma 6 recita: "Il C.S.S.A. coordina le attività di competenza nell’ambito dell’esecuzione penale con quella delle istituzioni e dei servizi sociali che operano sul territorio".

Inoltre al comma 7: "Le intese operative con i servizi degli enti locali sono definite da una visione globale delle dinamiche sociali che investono la vicenda personale e familiare dei soggetti e in una prospettiva integrata di intervento".

Altri sono i riferimenti che comunque possono essere citati:

Rinnovo della convenzione tra Ministero della Giustizia e Regione Veneto;

Regole Europee sulle misure alternative;

Testo organico delle Politiche Sociale della regione Veneto;

Legge quadro di riforma dell’Assistenza.

Ma, al di là delle precisazioni normative, ci sembra di poter affermare che il Servizio Sociale penitenziario, per collocazione, per mandato istituzionale si possa definire un soggetto integrante, è questa una chiave di lettura che dà particolarmente senso a quell’essere, il Servizio Sociale, allo snodo tra dentro e fuori del carcere con il compito di integrare la gestione della misura alternativa con la risocializazione.

Il Servizio Sociale, dovendosi occupare del reinserimento, dell’integrazione della persona, deve necessariamente lavorare in modo integrato. Il problema è quanto mai attuale. L’esperienza quotidiana degli operatori da un lato e gli studi di vari autori dall’altro, mettono in rilievo il progressivo venir meno di quella serie di legami familiari, parentali, di vicinato, che in passato costituivano il tessuto sociale che alimentava i rapporti nelle microrealtà comunitarie e favoriva il controllo ma anche l’integrazione sociale. Non a caso oggi si parla molto di reti e di lavoro di rete.

Il Servizio Sociale ha saputo attraversare venticinque anni di storia e di vicende anche drammatiche del nostro paese, assumendo la complessità sociale non come limite e variabile negativa, bensì come componente ordinaria e distintiva dei contesti sociali.

Occorre vigilare affinché i contesti organizzativi e istituzionali consentano al servizio sociale di esprimersi al massimo delle proprie potenzialità, significa nello stesso tempo lavorare per garantire uno sviluppo delle politiche sociali e penali maggiormente efficace ed incisivo.

Il carcere senza sbarre che rappresentiamo è presente qui oggi per seguire con attenzione il dibattito, proponendosi come presenza qualificata e rinnovando la collaborazione per la costruzione di percorsi di fattiva collaborazione.

 

 

Precedente Home Su Successiva