Romeo Gatti

 

Giornata di studi "Carcere: non lavorare stanca"

9 maggio 2003 - Casa di Reclusione di Padova

 

 

Romeo Gatti, del P.I.L.D. Toscana

 

Quello che mi preme sottolineare, riprendendo l’intervento di Monica Vitali, è l’accesso ai diritti. Anche perché come Associazione, essendo strutturata dentro le Camere del lavoro, in qualche modo svolgiamo questa funzione parasindacale sulle tutele e sui diritti.

Ai grandi diritti ci si arriva anche con le piccole tutele, io penso. Per l’aspetto di cui ci stiamo occupando in questo momento, ci capitano dei detenuti che escono dal carcere e non hanno più un documento valido, non possono più mettere una residenza e, per questi motivi, non hanno più accesso ai Servizi per l’Impiego, e così via. Ci troviamo quindi, a volte, di fronte a delle persone che hanno perso la cittadinanza, cioè non sono riconosciuti più come cittadini.

Questo perché, all’interno degli istituti del carcere, non vengono mantenuti quei raccordi per cui, ad esempio, ci si ritrova coi problemi dei rinnovi dei certificati, i codici fiscali, quelle piccole tutele che sembrano nulla ma quando si rientra nella società diventano grossi ostacoli. Per questo stiamo partendo con uno Sportello a Sollicciano, che è la situazione un po’ più difficile, proprio per garantire questa continuità d’intervento, non intervenire solo quando c’è un’emergenza.

Ora mi viene in mente un altro aspetto, che va tutto studiato, cioè c’è un decreto, nell’ambito della riforma del Collocamento, che è il decreto 181, che impone entro giugno la reiscrizione nelle liste nelle quali si deve dare la disponibilità immediata all’assunzione, pena la cancellazione dagli elenchi. Ora, io mi domando come è possibile per i detenuti mantenere questo diritto.

Sicuramente ci sono delle esperienze-ponte che possono in qualche modo operare quella mediazione che è necessaria con il mondo del lavoro, e possiamo dire che oggi è istituzionalizzato quello che prima faceva il vecchio volontariato, andare in giro per le ditte, sensibilizzarle, presentare al meglio la persona, insomma aiutare i detenuti in questo percorso.

Oggi questo in qualche modo funziona, almeno per la Toscana. C’è un proliferare di Centri, abbiamo l’esperienza del C.A.O.S., degli Sportelli Polaris, quindi ormai l’orientamento e l’accompagnamento al lavoro è un qualcosa di abbastanza strutturato e consolidato. Mi domando, però, come avvicinare ancora di più agli altri disoccupati la figura del nostro disoccupato, quindi riporto come esempio questo decreto 181, perché impone questa disponibilità per 3 volte, se non si risponde a tre chiamate si decade.

Questa può essere la sede per cominciare a ragionarci, ma io non me la sento di dare soluzioni. Anche la mia esperienza lavorativa si svolge prevalentemente su un altro terreno, che è quello del reinserimento dei disabili, e lì ad esempio c’è la strutturazione di un percorso che è riconosciuto per le categorie protette, quindi al Collocamento ci sono delle liste per il collocamento obbligatorio che prevedono due aspetti: il primo è l’obbligatorietà all’assunzione, per l’azienda, di quote percentuali; l’altro è l’incentivo all’azienda per l’assunzione. Tutto questo è finanziato con dei fondi che arrivano dalle aziende stesse, dalla legge 68, cioè l’azienda o assume la persona per obbligo, oppure non la assume e partecipa a questo fondo che serve a finanziare le aziende che assumono questo elenco di disoccupati di categorie protette, che comunque non subiscono il problema della cancellazione, della non – reiscrizione, e così via.

Ora io penso a un modello non riportabile tout-court, ma potremmo prendere spunto… mi viene difficile pensare all’obbligatorietà dell’assunzione, perché penso creerebbe dei problemi, però penso all’incentivo di un fondo, che non sia solo la Smuraglia, che poi dipende dalle Finanziarie, dai venti politici e così via, ma a un meccanismo di rifinanziamento. Le aziende forse uno sforzo potrebbero farlo in questa direzione, insomma: incentivare chi assume e le altre renderle partecipi dell’impegno di chi assume. Penso anche ad altri fondi, come la Cassa ammende, un fondo che riattiva e soprattutto che non sia limitato ai numeri che conosciamo. Sicuramente quello che va fatto è di dare continuità agli impegni, non quella saltuarietà che a volte c’è sul fronte della tutela dei diritti.

 

 

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