Convegno "Carcere e territorio"

Percorsi di recupero e di reinserimento sociale delle persone detenute

Galliera Veneta (Pd) - 28 novembre 2003

 

Vice Ispettore Salvatore Parisi, P.P. della C.R. di Padova

 

La sicurezza che negli istituti penitenziari garantisce l'ordine e la disciplina, non deve essere intesa come valore, ma come strumento. L'amministrazione penitenziaria è chiamata a realizzare tra i vari scopi due importanti finalità: 1) l'effettiva esecuzione dei provvedimenti che comportano la legittima restrizione della libertà personale mediante l'incarcerazione; 2) il dare effettiva attuazione alla funzione rieducativa della pena, cosa questa espressamente richiesta dall'art. 27, 3°comma della Costituzione. In relazione a queste due finalità, il Corpo di Polizia Penitenziari a che un tempo provvedeva solo all'aspetto custodialistico, gioca oggi un ruolo fondamentale. La legge 395 del '90, infatti, pone tra i motivi che giustificano la costituzione e il funzionamento del Corpo, il compito, del tutto nuovo, di partecipare ai gruppi di lavoro, alle attività di osservazione e di trattamento rieducativo del soggetto detenuto. È così, dunque, che si vuole realizzare quel finalismo rieducativo che l'art. 27 della Costituzione esige e che stabilisce una nuova visione del carcere il quale dovrebbe portare il soggetto detenuto alla revisione critica del proprio vissuto di modo che, trovandosi in occasione di delinquere, vi si asterrebbe non per il timore della pena ma perché riconosce il valore della regola civile. Negli ultimi decenni, per realizzare quanto richiesto dalla Costituzione, all'interno degli istituti di pena si sono promosse molte attività (corsi professionali, corsi universitari e attività risocializzanti), le quali non sono meri passatempi ma parte integrante nell'attività trattamentale; ciò ha implicato un nuovo coinvolgimento della Polizia Penitenziaria, la quale ora si ritrova a riassumere in sé l'anima custodialistica e quella pedagogica, non solo, ma anche di mediazione tra detenuto e nuovi operatori. Non è pensabile, infatti, che l'attività promozionale del valore della legalità possa essere demandata ai soli operatori dell' area socio-pedagogica, lasciandone escluso il personale del Corpo, che vive a stretto contatto con i soggetti detenuti. La prima opera di persuasione sul valore civico del rispetto della legalità senza dubbio inizia proprio all'interno dei reparti e delle sezioni, attraverso l'esempio che il personale di Polizia Penitenziaria. è tenuto a dare, rapportandosi correttamente alla popolazione detenuta. Tra le novità della riforma del '90 particolare attenzione merita infatti il formale riconoscimento al Corpo del potere/dovere di partecipare all'attività di osservazione e di trattamento, integrandosi agli altri operatori nell'ambito di gruppi di lavoro. Ciò è quanto avviene nella Casa di Reclusione patavina, dove la variegata gamma di attività trattamentali vede impegnata in un'atmosfera di fattiva collaborazione, numerose unità di Polizia Penitenziaria che, oltre a garantire lo svolgimento delle attività suddette in "sicurezza", fornisce un prezioso contributo sul piano pedagogico, attraverso un comportamento improntato al senso di umanità, ed al rispetto della dignità umana. Non solo, ma dall'attenta osservazione che i poliziotti penitenziari attuano durante lo svolgimento delle varie attività (lavorative, scolastiche, hobbystiche, etc.) si desumono i dati comportamentali sui detenuti che verranno utilizzati in sede di equipe (cui la Polizia Penitenziaria è tenuta a partecipare a mezzo di un suo rappresentante). In tale ambito, infatti, viene stilata la relazione comportamentale del detenuto, in seguito ad un'attenta osservazione dello stesso, condotta con l'ausilio, tra l'altro, del personale di Polizia Penitenziaria che vive quotidianamente al suo stretto contatto. Tuttavia va aggiunto che se è relativamente facile custodire e vigilare per evitare illeciti e tentativi di evasione, molto più difficile è partecipare all'opera di rieducazione del reo. Essa richiede un'adeguata formazione ed un aggiornamento permanente sugli sviluppi delle normative e delle teorie criminologiche; costa fatica e costringe ad uscire dai pigri schemi routinari e dalle rassicuranti abitudini della prassi lavorativa; impone al personale di mettersi costantemente in gioco rispetto ad una condizione di lavoro che pur mantenendo le sue durezze, richiede delicatezza e sensibilità nel gestire le problematiche personali del singolo ristretto. Per i su esposti motivi il Corpo di Polizia Penitenziaria da strumentale rispetto all'oggetto sociale (custodia e trattamento dei detenuti) è diventato il perno a cui deve adattarsi e attorno al quale deve ruotare l'attività penitenziaria prescritta dall'ordinamento, ciò è quanto si è cercato di mettere in atto nella Casa di Reclusione di Padova. Infatti la costituzione di un gruppo di agenti in servizio permanente presso i reparti scolastico-culturali ha permesso che le varie figure non solo istituzionali trovassero un valido sostegno nei suddetti reparti sia per un filo diretto con la direzione che, per una maggiore conoscenza del detenuto ivi inserito anche ai fini dell'osservazione. Un esempio per tutti, i detenuti inseriti in art. 21 O.P. a Galliera Veneta per la manutenzione del verde degli ultimi mesi, sono stati individuati dal personale di Polizia Penitenziaria, che, seguendo quotidianamente il corso di giardinaggio, ha avuto modo di osservare direttamente l'impegno e la costanza dei partecipanti, reperendo così le persone più meritevoli. In conclusione vorrei porgere il mio personale ringraziamento a cui si aggiunge quello del reparto di Polizia Penitenza della Casa di Reclusione di Padova alle autorità presenti, al signor Sindaco e agli organizzatori del Convegno di Galliera che hanno dato alla Polizia Penitenziaria l'opportunità di mettere in evidenza il proprio ruolo così poco visibile all'esterno.