Johannes Feest

 

Associazione "Diritti umani - Sviluppo umano" di Padova e Associazione "Antigone"

Il difensore civico per le carceri

 

 

Johannes Feest

 

Grazie innanzitutto per l’invito e per l’amichevole presentazione. Vorrei fare un breve commento sul tema di cui parlerò, ossia "perché la tutela giurisdizionale non è sufficiente: l’esperienza della Germania". In effetti il sottotitolo che avevo indicato diceva: il caso dell’Ombudsperson per le carceri in Germania, in quanto in Germania non abbiamo ancora una simile istituzione. Non ho usato il termine Ombudsman poiché ritengo che non sia politicamente corretto indicare una funzione con un termine riferito al genere maschile e pertanto credo sia più corretto parlare di Ombudsperson o dell’istituzione dell’Ombuds. Questo non è certo un punto di particolare rilevanza, mentre è importante ciò che la parola Ombuds significa. In svedese il termine significa qualcosa come occuparsi dei diritti civili e sociali. Illustrerò la situazione tedesca a partire da quattro punti:

1) perché esiste una certa riluttanza in Germania all’introduzione di una simile istituzione;

2) perché ritengo che la tutela giurisdizionale sia insufficiente;

3) perché penso che l’istituzione dell’Ombuds possa essere di aiuto al potere giurisdizionale;

4) infine vorrei dare alcuni suggerimenti per evitare che tale istituzione diventi un’istituzione alibi.

Il CPT ha visitato la Germania due volte, nel 1991 e nel 1995 e in entrambe le occasioni ha rilevato alcune aree problematiche nelle prigioni e nei luoghi di detenzione. Ne menziono solo quattro:

1) ad Amburgo e a Berlino sono stati trovati dei luoghi di detenzione in posti differenti che presentavano condizioni inumane e degradanti, perché ad esempio troppo stretti o troppo bui;

2) in alcune situazioni sia presso le stazioni di Polizia sia nelle carceri è stato rilevato, per usare un’espressione cortese, un uso sproporzionato della forza;

3) il CPT ha trovato che in alcuni luoghi, anche a Brema, la città da cui provengo, luogo ameno e tranquillo, era assente la protezione dalla violenza di alcuni detenuti su altri detenuti e anzi, a volte, questo tipo di violenza era tollerata e utilizzata dal personale adibito alla custodia per riportare alla ragione alcuni detenuti;

4) un’altra area problematica è costituita dall’uso diffuso dell’isolamento per periodi di tempo prolungati.

Non sto parlando dei casi politici eclatanti ma della realtà quotidiana dei detenuti comuni che sono messi in celle per periodi più o meno lunghi secondo una pratica che il CPT ritiene di natura eccezionale. In situazioni simili credo sia da auspicare come necessaria l’introduzione di un’istituzione indipendente "cane da guardia" che visiti le prigioni più spesso di quanto possa fare il CPT che visita un paese come la Germania circa ogni cinque anni. Istituzioni del genere sono state introdotte con discreto successo in molti paesi ma non in Germania, dove esiste un rappresentante nazionale in Parlamento per la protezione dei dati e per il settore militare, mentre non esiste nulla che abbia carattere generale né tantomeno di carattere speciale per le carceri. Ci si potrebbe chiedere come mai. Credo che in parte la spiegazione sta nel fatto che la tradizione tedesca fa molto affidamento sui tribunali e in particolare i tribunali amministrativi. Questi ultimi hanno una lunga tradizione e nel loro operare hanno sempre trattato come eccezione le carceri, affermando una loro non competenza ad occuparsene, ritenendole una questione interna dello Stato e non parte della giurisdizione dei tribunali amministrativi. È stato solo dopo la seconda guerra mondiale e dopo la terribile esperienza del nazismo che la Costituzione tedesca ha accettato di estendere il sistema di garanzie anche ai detenuti e ci sono voluti altri 20/30 anni per introdurre un sistema di controllo giurisdizionale che è abbastanza simile a quello italiano. I detenuti possono infatti rivolgere i propri reclami al tribunale più vicino al luogo di detenzione e, se non soddisfatti, possono rivolgersi al tribunale di grado superiore che è quello di più elevato grado che si trovi nel Land considerato. Questa sostanzialmente la ragione per cui in Germania non è stata finora introdotta una figura di Ombudsperson. Inoltre c’è una specie di alleanza tra i conservatori e i progressisti : i conservatori ritengono che attualmente i controlli previsti siano sufficienti, che esista un sistema adeguato di garanzie per i detenuti, i quali restano pur sempre dei criminali. Le argomentazioni dei progressisti sono ovviamente diverse in quanto essi temono che l’istituzione di un Ombudsperson possa servire da alibi per lo Stato per non migliorare i sistemi di controllo interni da una parte e i controlli giurisdizionali dall’altra. Per tornare ai punti che avevo prima enunciato, ritengo che il controllo giurisdizionale non sia sufficiente poiché esso è semplicemente reattivo, è individualizzato e affronta problemi specifici di un’istituzione totale. Affermo ciò sulla base di una ricerca fatta qualche anno fa che recentemente è stata pubblicata, sfortunatamente in tedesco, che si occupava esattamente di questi problemi , ossia come funziona in realtà il controllo giurisdizionale sui reclami dei detenuti. Una delle cose più evidenti è che la struttura di un’istituzione totale chiusa rende difficile e a volte pericoloso per i detenuti attuare un intervento all’interno. Occorre un livello di conoscenze alto e anche un coraggio notevole perché una persona detenuta porti i suoi carcerieri davanti a un tribunale perché egli può essere oggetto di ritorsioni di varia natura anche se vince il giudizio : è come se vincesse la battaglia ma perdesse la guerra. Inoltre l’istituzione ha un maggiore controllo dei fatti : i giudici ascolteranno il modo in cui l’istituzione presenta i fatti e l’istituzione potrebbe anche cambiarli. L’istituzione ha quello che io chiamo il potere "definitorio" oltre al controllo dei tempi. I detenuti possono a un certo punto anche non essere più interessati a procedere perché in fondo il loro interesse è quello di essere scarcerati. Occorre quindi migliorare il controllo giurisdizionale e uno dei modi per fare ciò è quello di rendere meno totale l’istituzione perché già questo agevolerebbe e migliorerebbe il controllo giurisdizionale. Venendo a un altro punto abbiamo osservato che sulla totalità dei casi decisi dai tribunali solo il 3% è a favore dei detenuti, mentre la stragrande maggioranza è a favore dell’istituzione e in ogni caso va sottolineato che vengono sempre decisi specifici conflitti. Così se un caso viene deciso a favore di un detenuto e successivamente un altro detenuto si trova nella stessa situazione, questi è costretto a instaurare un nuovo giudizio per ottenere un nuovo giudicato, in quanto non esiste un sistema di generalizzazione dei casi. Si potrebbe adottare il sistema utilizzato negli USA della "class action" in base al quale i tribunali riuniscono e decidono immediatamente tutti i casi dello stesso genere. Ma anche quando il controllo giurisdizionale è il migliore possibile, esso spesso arriva troppo tardi per il detenuto e se questi vince la causa, la sua vittoria è spesso simbolica in quanto il giudizio si limita ad accertare che il detenuto aveva ragione e l’amministrazione torto, prevedendo raramente forme di risarcimento. Finora si sono verificati pochi casi di risarcimento finanziario e tale idea fatica a radicarsi in Germania cosicché la compensazione è in pratica simbolica.

Per quanto esposto finora credo che l’istituzione dell’Ombuds possa essere di supporto al potere giudiziario. L’Ombudsperson può infatti utilizzare un numero maggiore di fonti di informazione e lo stesso detenuto non va incontro a problemi perché magari altre persone possono raccogliere la sua informazione, incluso il personale di custodia o il direttore del carcere. Sarebbe opportuno comunque che l’Ombudsperson non trattasse casi individuali, che tutt’alpiù dovrebbe passare alle istituzioni interessate, i tribunali, l’amministrazione, etc. Deve comunque avere un ruolo di mediatore attraverso un lavoro informale che tenda a risolvere i problemi in modo molto più diretto che se fosse fatto mettendo le varie parti interessate intorno a un tavolo. Come già sottolineato l’Ombudsperson dovrebbe lavorare in senso preventivo e pre-attivo traendo dalle informazioni raccolte e ricevute indicazioni per suggerimenti di eventuali cambiamenti strutturali di leggi, regolamenti amministrativi, prassi, formazione, agevolazioni, etc. Inoltre egli dovrebbe monitorare il rispetto degli impegni assunti dal governo con il CPT. Vengo all’ultimo punto su cui ho discusso vivacemente con alcuni miei amici a Brema, asserendo che l’Ombudsperson può avere una funzione da alibi, può distruggere altre importanti realtà esistenti come associazioni private che sono sempre state molto attive sul tema carcere in quanto il governo potrebbe decidere di non contribuire più al loro finanziamento adducendo come motivo l’esistenza di tale istituzione. Pensando a ciò mi sono venute in mente alcune cose minime, alcune condizioni minimali affinché una simile istituzione non diventi un alibi : la prima è l’indipendenza, la seconda è la possibilità dell’accesso e la terza è il contatto con la società civile. Indipendenza dal governo e dall’amministrazione su cui deve esercitare il controllo. L’istituzione dell’Ombuds in Scandinavia è un’istituzione parlamentare che è allo stesso tempo la sua debolezza e la sua forza ed è uno degli aspetti di indipendenza. Va inoltre considerata l’indipendenza finanziaria che significa avere del personale, delle risorse sufficienti per non stare seduto in un ufficio ma per visitare le prigioni e raccogliere reclami e informazioni direttamente. Inoltre la persona a capo di una simile istituzione deve essere una persona di provata indipendenza morale e al di sopra di ogni possibile sospetto. Accesso : rispetto a questo punto dovrebbero essere garantite le modalità operative del CPT, ossia accesso garantito in tutti i luoghi di detenzione e diritto di chiedere tutte le informazioni logicamente necessarie. Aggiungerei che l’ombudsperson abbia il diritto di adire il tribunale per casi esemplari che non sia riuscito a risolvere attraverso gli strumenti parlamentari o il renderli pubblici o la mediazione. Da ultimo la collaborazione con la società civile deve essere garantita poiché come mostra l’esperienza del CPT tale cooperazione è essenziale per condurre con successo sia la raccolta delle informazioni sia il monitoraggio degli effetti delle azioni intraprese. Se l’introduzione dell’istituzione dell’Ombudsman avesse come risvolto quello della marginalizzazione delle O.N.G. sarebbe un’azione fallimentare e anzi al contrario dovrebbe puntare a un loro rafforzamento. Concludo il mio intervento senza affrontare il tema della organizzazione di una simile istituzione, se a livello nazionale, regionale o altro, in quanto non ne ho un’esperienza diretta e spero di trarre da questo convegno delle idee da portare in Germania per lavorare su tale questione. Grazie.

 

Patrizio Gonnella

 

Ringraziamo Johannes Feest per aver sollevato alcune importanti questioni, in particolare l’individuazione della figura che deve essere una cosa diversa rispetto ad un classico soggetto di denuncia; non è questo lo scopo in quanto lo scopo è quello di creare un riferimento per un miglioramento globale nell’ottica dell’efficienza da parte dell’amministrazione. Infatti Feest parlava di cambiamenti strutturali, che significano anche rasserenare il clima all’interno degli Istituti di pena perché ovviamente un clima sereno, un personale gratificato e soddisfatto è la precondizione per un trattamento che sia umano e dignitoso. Oltre a questo farei anche un altro riferimento sull’importanza dell’Ombudsman: un difensore civico unico su base nazionale è anche il punto di partenza per una omogeneizzazione delle condizioni di detenzione. Abbiamo oggi situazioni molto diversificate non tanto e non solo per il regime diverso a cui i detenuti sono sottoposti ma proprio perché le carceri funzionano molto diversamente da città a città, da luogo a luogo. Un unico riferimento nazionale può essere il punto di partenza per omogeneizzare le condizioni e questo ha una duplice valenza : da un lato garantisce maggiormente i diritti dei detenuti e dall’altro favorisce sicuramente la stessa sicurezza del personale, un personale più sicuro nel momento in cui le condizioni sono sufficientemente simili da istituto a istituto. Prima di passare la parola a Marco Mona che è l’ultimo relatore della mattina e prima delle conclusioni di Franco Maisto vorrei ricordare che di recente proprio Marco Mona che rappresenta l’Associazione per la Prevenzione della Tortura con sede a Ginevra ha organizzato a Bilbao e precisamente ad Onati un meeting internazionale sul ruolo del CPT nei paesi dell’area mediterranea ed è stato un utilissimo punto di partenza per una prospettiva comparata delle condizioni di detenzione in tutti i paesi dell’area mediterranea. Abbiamo visto ad esempio che il sovraffollamento delle carceri è presente in quasi tutti i paesi dell’area mediterranea ad eccezione della Grecia, per cui dall’analisi comparata ci possono essere spunti utili per la stessa amministrazione. Noi tra l’altro abbiamo a disposizione gli atti del convegno contenente le relazioni di un membro del segretariato del CPT e di alcuni funzionari delle amministrazioni penitenziarie di tutti i paesi dell’area mediterranea. Ora lascio la parola a Marco Mona.

 

 

 

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