IN-VENETO: INFORMAZIONE TRA IL CARCERE E IL TERRITORIO

Edizione n° 50, del 19 dicembre 2008

 

Notizie da Padova

Capodanno alla Santissima Trinità

Una tesi di laurea sui figli dei detenuti

Notizie da Venezia

I mercatini con i prodotti dal carcere, ma senza i detenuti!

Notizie da Verona

Il carcere in ascolto dei detenuti

Studenti in carcere, a scoprire chi lo vive

Un centinaio di persone in Missione a Montorio

Don Ciotti a Verona per parlare di diritti

Notizie da Vicenza

Il Natale di sofferenza dei Sinti di Sandrigo

Appuntamenti

Padova: Mercatino di Natale in Piazza Capitaniato

Padova: "Anime in Gabbia"- mostra di opere dal carcere

Venezia: Concerto di Natale della Solidarietà 2008

Notizie da Padova

 

Capodanno alla Santissima Trinità

 

Anche quest’anno viene organizzato il capodanno per i senza fissa dimora ed immigrati nella parrocchia della Santissima Trinità. Come tutti gli anni, si cercano volontari.

Arrivata al 10° anno, questa tradizione è nata per merito di padre Renzo, un missionario Dehoniano che aveva coinvolto un gruppo di ragazzi del Gavci (gli obiettori di coscienza che facevano servizio civile). Inizialmente questo gruppo organizzava le feste di Capodanno e di Carnevale nella sede dei Dehoniani in via del Commissario.

Poi, per motivi legati a una ristrutturazione, la sede non è stata più utilizzabile, per cui è stata chiesto alla parrocchia della Santissima Trinità, in zona Buonarroti, ospitalità. La scelta è caduta proprio su questa parrocchia perché la stessa è molto attiva in questo settore: ha un asilo notturno e una mensa funzionante per i senza fissa dimora nei mesi più freddi (da 1° di dicembre al 28 febbraio). Con l’appoggio del gruppo del patronato, si accoglieranno per Capodanno circa 100-120 persone, con l’aiuto di 30-40 volontari che preleveranno con le automobili gli ospiti in alcuni punti di raccolta preventivamente concordati (alle cucine Popolari di via Tommaseo, in alcuni punti di aggregazione di queste persone etc.), li porteranno alla parrocchia della Santissima Trinità, cureranno la festa, e verso mezzanotte e mezza li riporteranno nei luoghi da cui li avevano prelevati.

Davide delle Cucine popolari ci ha spiegato che quest’anno reperire i volontari è più difficile, perché il gruppo "storico" si è smembrato, per cui si stanno ancora cercando persone disponibili a dare una mano. Alle 20.30 inizierà il Cenone che prevede due primi piatti, due secondi e le bibite. A mezzanotte poi verrà offerto un calice di spumante. È stata organizzata una tombola con premi "utili" (guanti, cappotti, berretti, scarponi etc.) e ci sarà anche un gruppo di animazione. Chi volesse sentirsi utile e festeggiare il Natale con lo spirito giusto, non quello solo consumistico a cui ci stiamo assuefacendo, può contattare Davide al 3495728924.

 

Una tesi di laurea sui figli dei detenuti

 

Daniela Catalano, laureanda in Psicologia dello sviluppo a Padova, da anni è volontaria presso l’associazione Telefono Azzurro, che ha allestito e gestisce una ludoteca presso la Casa di Reclusione. In questa ludoteca si svolgono i colloqui dei detenuti con i figli, in modo da rendere più sereno il contatto col genitore e per lasciare del tempo in privato ai coniugi mentre i bambini giocano coi volontari.

Il progetto della sua tesi ha come macro-obiettivo la conoscenza degli stati emotivi dei bambini in generale. Si sa che in seguito ad eventi difficili chiunque sviluppa stati di stress; nel caso della personalità ancora fragile di un bambino e a causa della sofferenza per l’assenza di un genitore (ingiustificata agli occhi del giovane figlio che forse ancora non comprende il senso di un reato) queste situazioni stressanti possono essere complicate da elaborare, o possono provocare disagi o conseguenze alla salute del bambino.

Questa ricerca sarà possibile grazie all’impegno della laureanda, alla supervisione della sua relatrice (la dott.ssa Sara Scrimin) e alla collaborazione dei famigliari delle persone detenute; la parte di analisi verrà effettuata attraverso la somministrazione di due questionari: uno rivolto indirizzato alle mamme per avere informazioni su come stanno vivendo questa condizione e come pensano la stiano affrontando i propri figli e l’altro rivolto ai figli (6-12 anni) ai quali si sottoporranno le domande durante la fase di gioco in ludoteca per conoscere le emozioni positive o negative in merito all’esperienza. Senza forzature e solo se i bambini lo desiderano. I dati poi verranno incrociati per un confronto e per creare una buona e precisa restituzione.

La ricerca, quindi, a fronte degli elementi che si rileveranno e in seguito alla fase di analisi dei dati avrà anche l’intento di gettare le basi per migliorare gli interventi dei volontari nella ludoteca, gestire il tempo a disposizione con più precisione e competenza avendo in mano un "manuale" costruito sulla base delle dirette testimonianze e sui racconti dei veri protagonisti della ludoteca: i figli dei detenuti.

Questo tipo di tesi è considerata sperimentale e innovativa in quanto in Italia ancora non si è svolto un lavoro così profondo e appassionato su questi temi. E questa utilità, proprio, potrebbe diventare la base del lavoro di chi in altre carceri volesse intraprendere (o già faccia) un servizio di ludoteca in cui svolgere colloqui.

 

Notizie da Venezia

 

I mercatini con i prodotti dal carcere, ma senza i detenuti!

 

Anche quest’anno la cooperativa Rio Terà dei Pensieri, che all’interno della Casa di Reclusione Femminile della Giudecca a Venezia ha due laboratori, uno di fitocosmesi e uno di legatoria, l’Orto delle Meraviglie, da poco tempo certificato dagli organismi preposti, e nel carcere maschile di S. Maria Maggiore, sempre a Venezia, ha un laboratorio di serigrafia e uno di pelletteria, è presente anche quest’anno ai mercatini natalizi con i prodotti dal carcere.

A differenza dagli anni precedenti in cui erano presenti per molti giorni nel periodo prenatalizio, nelle varie locazioni che il Comune di Venezia mette a disposizione delle associazioni, quest’anno sono stati in Campo S. Bartolomeo - vicinissimo a Rialto - solo tre giorni, il 10, 11, 12 dicembre, nel gazebo di legno sotto la statua di Carlo Goldoni.

Questo perché da quest’anno molte altre associazioni ne hanno fatto richiesta e il Comune ha dato il gazebo un po’ di giorni ciascuna. Uno dei motivi di questo aumento di richieste potrebbe essere proprio la crisi economica per la quale alle associazioni sono stati tagliati moltissimi fondi, e per questo le stesse si vedono costrette a "inventarsi" dei sistemi per racimolare un po’ di denaro.

Vania, la responsabile per la cooperativa dei laboratori e dell’orto della Giudecca, si è rammaricata del fatto che i tre giorni in Campo S. Bartolomeo sono stati estremamente piovosi e hanno visto il fenomeno dell’acqua alta, per cui di gente in giro ce n’era pochissima, e quella poca non aveva certo voglia di fermarsi sotto la pioggia per fare acquisti, per quanto belle possano essere le borse in pelle o per quanto validi siano i prodotti del laboratorio di fitocosmesi!

Altro motivo per il quale Vania è molto dispiaciuta è che purtroppo non è riuscita, a differenza di altri anni, a portare in permesso in occasione dei mercatini, neppure una detenuta, perché il Tribunale di Sorveglianza concede benefici e misure alternative in modo molto limitato.

Sabato 20 e domenica 21 Rio Terà sarà nei banchetti natalizi di Mestre, in via San Donà 195, nello spazio ex Plip, sede di Altra Economia, spazio messo a disposizione dei soggetti facenti parte della Rete di Economia Solidale locale nell’ambito del progetto "Venezia per l’Altra Economia". Vogliamo ricordare che oltre a questi spazi temporanei, i prodotti "dal carcere" si possono trovare durante tutto l’anno nel piccolo gazebo di fianco all’edicola a Campo Santo Stefano.

 

Notizie da Verona

 

Il carcere in ascolto dei detenuti

 

"Mio marito è stato condannato a una pena di sette anni per avermi presa a forbiciate. Quando lo hanno rinchiuso ho subito avuto la percezione che dal carcere non avrebbe potuto uscire che peggiorato. Adesso si trova in una comunità presso il Don Calabria e finalmente siamo riusciti a ricucire un rapporto. Lo vado a trovare con i miei figli e non vedo l’ora che torni a casa. Abbiamo capito che all’origine dei nostri problemi e di un gesto così forte era subentrata la malattia del gioco". Una testimonianza forte, coraggiosa, senza mezzi termini quella che è arrivata da una donna che mercoledì scorso ha partecipato all’ultimo degli incontri organizzati a Verona dai Frati Minori di San Bernardino sul tema "Ascoltare, accogliere, giudicare un fratello".

Parole che hanno dato un risvolto concreto alle riflessioni esposte durante il corso della serata dagli ospiti presenti: la direttrice della Casa Circondariale di Forlì e dell’ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia, Rosa Alba Casella, il sostituto procuratore di Verona, Fabrizio Celenza, e Livio Ferrari, garante dei diritti dei detenuti nel carcere di Rovigo.

Tre persone che conoscono bene la realtà nascosta dietro le sbarre degli istituti penitenziari e sanno dare il giusto peso a quelle che la giornalista moderatrice dell’incontro, Emanuela Zuccalà, ha definito "le falsità dei media". I tre relatori hanno soprattutto dimostrato di avere ben presente la necessità di un intervento perché - come spiega Rosa Alba Casella - "il carcere smetta di rappresentare una discarica sociale". A detta della direttrice del carcere di Forlì, "la gente pensa al carcere come a una struttura in cui blindare il male, ma si tratta di mura da cui il detenuto prima o poi esce, e spesso peggio di come vi è entrato. La legge prevede che i detenuti siano divisi per età, salute, tipologia di reato ma, quello che dovrebbe essere il luogo di un percorso rieducativo, di fatto è il perfetto scenario della deresponsabilizzazione, dove il sentimento più diffuso è il vittimismo".

Da qui la necessità di istituire, a livello locale, la figura di un garante dei diritti delle persone private della libertà. Spiega Livio Ferrari: "si tratta di un ruolo che spetta ai Magistrati di Sorveglianza. La nascita dei garanti testimonia un calo nella nostra società in merito alla qualità della difesa dei diritti". Il garante del Carcere di Rovigo descrive la società contemporanea come una realtà in cui "i beni materiali vengono messi sopra la vita stessa e da qualche anno la legge legittima la difesa dei propri beni anche a costo di uccidere chi li minaccia".

Ma come giudicare il fratello che commette un reato? Il sostituto procuratore di Verona, Fabrizio Celenza, accusa la mancanza di un dialogo reale tra chi condanna e chi è condannato. "La legge prevede che il pubblico ministero abbia l’obbligo di ascoltare l’imputato. Ma non si tratta di un vero ascolto perché il linguaggio usato è diverso. L’ascolto presuppone una certa sensibilità, una certa predisposizione, ma il diritto penale si basa sul fatto, non sul suo autore. Ciò che conta non è la persona, ma l’episodio".

Se questo da un lato garantisce una certa oggettività nella sentenza, dall’altro, secondo il magistrato, rappresenta "un limite nel superamento di quegli equivoci e paure che compromettono il relazionarsi umano".

"Ma chi saranno mai questi detenuti?" invita a riflettere al termine dell’incontro fra Beppe, che conclude: "vorrei che ci fosse una legge per far visitare le carceri a un centinaio di persone al mese. I detenuti sono persone che hanno prima di tutto bisogno di essere ascoltate e la risposta della società non può essere quella di allontanarsi".

 

Studenti in carcere, a scoprire chi lo vive

 

Anche quest’anno il carcere di Montorio aprirà i cancelli ai giovani studenti delle scuole superiori di Verona e provincia. L’iniziativa è resa possibile grazie all’associazione Progetto Carcere 663, che nel 2008 ha fatto varcare la soglia della struttura a oltre 1140 persone tra studenti e insegnanti.

Il progetto - che dà la possibilità ai ragazzi di conoscere più da vicino la realtà carceraria e chi la vive in prima persona - si chiama "Carcere e Scuola" ed è stato presentato ai ragazzi lo scorso sabato nell’aula magna del liceo Fracastoro, una delle 57 scuole che partecipano all’iniziativa.

Spiega il preside della scuola ospitante, Marcello Schiavo: "Non si tratta di niente di simile alle spedizioni educative di un tempo, durante cui si mostravano ai ragazzi gli impiccati per reati per farli riflettere su cosa sarebbe accaduto loro in caso avessero sbagliato". "Il senso degli incontri - prosegue il preside - è quello di mescolarsi, di cogliere anche solo un lato in più della persona che si ha di fronte, una battuta, un luccichio negli occhi, un sorriso".

A sottolineare la grande importanza dell’ascolto è intervenuto anche il professore Ernesto Guidorizzi, che ha curato la prefazione del volume "Studenti in carcere - 3", la terza pubblicazione realizzata da Progetto Carcere nel corso dei suoi vent’anni di attività. Presente all’incontro anche l’Assessore alle Politiche Sociali Stefano Valdegamberi, secondo cui "ci vogliono razionalità, buon senso e umanità nell’affrontare gli attuali problemi sociali: cercare di risolverli solo con la repressione, è come mettere la polvere sotto il tappeto".

D’accordo anche il comandante della casa circondariale, Paolo Presti, per il quale "non bisogna frettolosamente etichettare in buoni fuori e cattivi dentro". Riguardo all’immaginario collettivo secondo cui chi entra in carcere ne esce troppo in fretta, Presti precisa che "per le persone che non scontano tutta la pena tra le sbarre, non esiste un’alternativa alla pena ma un’alternativa alla pena detentiva".

A far scendere un completo silenzio in aula sono state le parole di Antonio, detenuto in misura alternativa, presente all’incontro. Antonio ha parlato dell’importanza della critica costruttiva per cambiare positivamente, sottolineando che un percorso di cambiamento lo può intraprendere solo chi vuole davvero cambiare. "Sono entrato con i miei capricci e il carcere mi ha trasformato - racconta il detenuto in permesso - il mio rimpianto è di non avere ascoltato da giovane i consigli di chi mi voleva bene e mi diceva di non pensare solo al divertimento e di chi, soprattutto, aveva già imparato quanto sia difficile vivere".

 

Un centinaio di persone in Missione a Montorio

 

Continua fino a domenica 21 dicembre la Missione diocesana francescana che si sta svolgendo all’interno della Casa Circondariale di Montorio dal giorno dell’Immacolata. La missione porterà in carcere un centinaio di persone tra frati e volontari di una delle sette associazioni coinvolte. Spiega fra Beppe, fondatore dell’associazione La Fraternità e portavoce della missione: "ogni giorno entrano in carcere fino a venti persone. Durante la prima settimana abbiamo girato di cella in cella nelle varie sezioni, per portare la nostra presenza e testimoniare il fatto che una parte della società è ben disposta al dialogo. Siamo entrati nel pieno rispetto di una realtà che è già strutturata, senza interromperne i ritmi quotidiani".

Questa è la terza Missione che si svolge tra le mura di Montorio. La precedente risale a due anni fa, quando i detenuti erano 400, meno della metà di quelli presenti oggi. In quell’occasione si era riusciti a condividere anche lo spazio della cella. Un volontario che vi aveva partecipato racconta: "i detenuti ci avevano offerto così tanti caffè che dopo il quinto avevo deciso di iniziare a rifiutare sperando non si offendessero".

Quest’anno il sovraffollamento è tale che il direttore - per motivi di sicurezza - ha preferito non aprire le celle. In ogni caso non sono mancate le occasioni per parlare con i detenuti evitando le sbarre, sia durante gli incontri pomeridiani nella sala della socialità che in cortile, durante l’ora d’aria dopo il pranzo.

Racconta ancora Fra Beppe: "la mia esperienza missionaria è nata con Don Giuliano e i Frati Francescani già molti anni fa, quando le missioni venivano fatte in ospedali, piccoli paesi e così via, ma mai in carcere". Fra Beppe invita la Chiesa a farsi presente per dare voce, ascolto e reciproca accoglienza anche a questa realtà. "Ho già chiesto al vescovo di mettere a disposizione degli appartamenti per accogliere chi esce dal carcere e non sa dove andare o dove, chi beneficia di permessi premio, possa trascorre qualche momento di intimità con la propria famiglia".

 

Una giornata in prima sezione: la voce di un volontario

 

Il racconto di Paolo: "Lo scorso mercoledì sono entrato per la prima volta nella prima sezione maschile del carcere di Verona, in occasione della Missione francescana iniziata il lunedì. Una nuova esperienza per me, che è iniziata alle 9 di mattina evidenziando subito un grande problema: quello dell’attesa all’esterno del carcere. Attesa per il ritrovo di tutti i volontari, attesa per il controllo dei documenti, attesa condizionata da un tempaccio invernale con forte vento, freddo e acqua; senza alcun riparo, se non il cappuccio delle nostre giacche o qualche ombrello.

Una volta entrati ci siamo divisi tra volontari per il maschile e volontarie per il femminile e ci siamo addentrati ulteriormente nella struttura carceraria, tra cancelli, lunghi corridoi e portoni blindati, sempre sotto l’occhio vigile degli agenti penitenziari, energici ma molto disponibili.

Subito un rumore assordante ci ha colpiti. Un miscuglio di spostamenti di carrelli, porte che si chiudono, detenuti e agenti che gridano o parlano a voce alta, e che non mancano di salutarci in segno quasi di ringraziamento per la nostra presenza.

Al nostro passaggio gli agenti hanno aperto porte e cancelli che dividono le varie sezioni e, salite le scale, siamo entrati nella prima sezione maschile.

Una forte impressione. Un corridoio lungo, con tante gabbie, proprio come in uno zoo, con rinchiusi in questo caso degli esseri umani. L’arredamento è scarno: quattro brande di ferro stile militare tutte uguali e con materassi pessimi, bassi e molli, giusti per favorire il mal di schiena. Qualche coperta, una finestra, il radiatore, un tavolino, un fornellino a gas da campeggio, panni distesi ad asciugare, una televisione e una porta interna che separa il bagno comune, visibile dall’esterno tramite uno spioncino. Le celle sono abbastanza ordinate, segno di buona cura personale dei singoli detenuti, visto che la pulizia e l’ordine sono di loro competenza.

Le brande sono quasi tutte occupate, il che significa che nel poco spazio di ogni cella convivono quattro detenuti, per fortuna della stessa nazionalità o quantomeno dello stesso continente.

Per ogni cella vengono consegnati cinque rotoli di carta igienica alla settimana. I detenuti possono richiedere, a pagamento con trattenuta dal conto individuale, prodotti alimentari e non, purché previsti dal regolamento interno del carcere.

La doccia si trova nel corridoio ed è utilizzabile due o tre volte alla settimana. Spesso manca l’acqua calda e l’ambiente richiederebbe una maggior pulizia.

In mezzo a tante difficoltà, il fatto di essere 4 per cella può forse avere un risvolto positivo: i detenuti collaborano, si conoscono, fraternizzano, si aiutano, si sopportano. Ma se non si va d’accordo la convivenza diventa davvero complicata.

A prima vista sembra che nelle celle siano tutti della stessa religione. A orari ben precisi un detenuto, capo religioso o mujaheddin islamico, incita ad alta voce i propri seguaci religiosi alla preghiera … altro rumore assordante.

Al nostro ingresso nel corridoio le inferriate di ogni cella si sono popolate di chi, bene o male, voleva dire o vedere qualcosa, trovare un momento diverso dalla solita quotidianità.

Il mio primo approccio è stato con quattro detenuti tunisini e marocchini. Erano giovani, desiderosi di un dialogo, di poter confidare a qualcuno il loro disagio ma anche la loro rassegnazione. Abbiamo parlato di come trascorrono il tempo, tra una letta al giornale che ricevono giornalmente, un pensiero alle loro famiglie, ai loro figli e alle loro attività esterne, forse irrimediabilmente perse. Chi è definitivo vive nell’attesa del fine pena, gli altri aspettano con ansia il giorno del processo.

E così via, di cella in cella, fino all’arrivo a una cella con gli unici 4 italiani della sezione, tutti giovani e veronesi. Ci offrono anche un caffè, non per me, io non lo bevo. Ci raccontano un po’ della loro famiglia, del dispiacere causato ai loro famigliari. Sanno di aver sbagliato e attendono con ansia il processo.

Alle 11 è terminato il tempo a nostra disposizione. Abbiamo pranzato con gli agenti, avendo modo di vedere un po’ più da vicino la tipologia del loro lavoro, estremamente particolare, rischioso, duro.

Nel pomeriggio siamo rientrati in sezione, questa volta nella sala adibita all’accoglienza. Eravamo cinque volontari con circa venti detenuti, molti di loro già incontrati nella mattinata. Vederci così, senza sbarre in mezzo, è stata tutta un’altra cosa. Ognuno ha potuto parlare liberamente, riportando le sue perplessità, speranze, la rassegnazione o le richieste perché vengano migliorate le condizioni di vita interne.

Poi i saluti, una stretta di mano forte e vigorosa, con l’augurio di proseguire con forza fino al termine di questo periodo della loro vita così difficile".

 

Don Ciotti a Verona per parlare di diritti

 

Nel 60° anniversario della Dichiarazione dei Diritti Universali dell’Uomo, mercoledì 10 dicembre don Ciotti ha incontrato la città di Verona per parlare di Diritti e Legalità.

Prendendo spunto dall’analisi di alcuni articoli e da fatti vissuti in prima persona nella sua lotta alla mafia e alle ingiustizie, don Ciotti ha parlato di prostituzione, di libertà, di sicurezza e soprattutto di diritti. "Il nostro governo non dovrebbe colpire le ragazze che si trovano costrette a vendere il loro corpo sulle strade, ma coloro che le sfruttano, che le rendono schiave", ha dichiarato il sacerdote, che vede la proposta di limitare la vendita del corpo all’interno di appartamenti privati come un misero tentativo di garantire un’immagine pulita del nostro paese, "allontanando dalla vista comune, giovani donne che rappresentano motivo d’imbarazzo, di disagio, di fastidio".

Riguardo all’attuale propaganda politica di allarme sicurezza e di linea dura contro la persona straniera, specie se irregolare, Don Ciotti ha sottolineato che la percentuale dei reati commessi da un cittadino straniero regolare e da uno italiano è in entrambi i casi molto bassa, a testimonianza dell’importanza di un’integrazione lavorativa e sociale della persona migrante. Ha proseguito Ciotti: "Non bisogna punire quel povero uomo che, disperato ma con tante speranze, sale su un barcone alla ricerca di una nuova vita più dignitosa, ma piuttosto chi trae vantaggio economico e si arricchisce mercificando queste persone".

Secondo il noto sacerdote italiano, "dovremmo tutti diventare strabici. Con un occhio guardare noi stessi, valutando se vi è coerenza tra ciò che pensiamo, diciamo e facciamo; con l’altro guardare al mondo che ci circonda, nell’ottica di accoglienza e rispetto verso l’altro che è nostro fratello".

 

Notizie da Vicenza

 

Il Natale di sofferenza dei Sinti di Sandrigo

 

Vivono a Sandrigo (Vi) da più di vent’anni 36 Sinti italiani residenti, di cui due terzi sono minori. Vivono in condizioni inaccettabili per un paese civile, per il ricco nord est, per un Comune di 8000 abitanti molto ricco, con moltissime attività produttive, con ben 10 banche. Vivono senza scarichi fognari, un unico rubinetto di sola acqua fredda, confinano con una ex discarica dichiarata sito inquinante. In 33 sono iscritti all’anagrafe che però, in base a un regolamento comunale, non accetta nuove iscrizioni in caso di matrimoni o nuovi nati.

Nel febbraio 2007 l’amministrazione ha emanato un’ordinanza di sgombero di tutti i Sinti non residenti. Da quel momento è iniziato un ulteriore calvario per i nomadi dovuto ai pesanti controlli quotidiani da parte del "Consorzio di polizia locale nord est vicentino", che ha avuto dall’amministrazione comunale l’incarico di svolgere attività preventive di verifica, effettuando controlli quotidiani "con passaggio nei luoghi sensibili come via Galvani, via Pacinotti, Torrente Astico, via Soella, Loc. Croce Lupia, via Tezze, Cimitero Arcignano e Sandrigo. In tutto la polizia locale è arrivata a identificare circa 136 nomadi". [...] - tratto dal bimestrale a cura dell’amministrazione comunale n. 8 del dicembre 2007 -.

Questi controlli sono costati all’amministrazione 125.000,00 euro. Tra i problemi sorti, il fatto che due giovani coppie con figli piccolissimi non hanno potuto iscrivere all’anagrafe gli ultimi nati che, a tutt’oggi, non avendo la residenza, non possono accedere neppure al servizio sanitario: un bimbo a quattro mesi non è ancora stato visitato da un medico! Inoltre per i bimbi è stata chiesta la residenza a Trieste, comune di residenza dei padri, (i genitori hanno firmato in buona fede viste le loro scarse competenze linguistiche), e questo va contro il regolamento anagrafico che prevede che i nuovi nati, in caso di genitori con residenze diverse, siano iscritti nel comune di residenza della madre.

Le due famiglie per poter iscrivere i minori all’anagrafe hanno chiesto e ottenuto la residenza in via dei Senza Fissa Dimora, ma questo cambio di residenza ha fatto sì che esse non siano più "protette" dal regolamento, non essendo più residenti nella via di prima. Conseguenza di tutto ciò è stata l’espulsione. La sera del 29 novembre sono arrivati i vigili a cacciare due famiglie con 5 bambini di età inferiore a cinque anni. Speriamo che, in tempo di festività e di tanti discorsi sull’amore e sulla solidarietà, qualcuno, qualche volontario, qualche cittadino che ha a cuore i diritti umani, intervenga.

 

Appuntamenti

 

Padova: Mercatino di Natale in Piazza Capitaniato. 6 - 24 dicembre 2008, dalle 9.00 alle 18.00.

La cooperativa AltraCittà è presente al tradizionale mercatino di Natale in Piazza Capitaniato al 24 con i prodotti di legatoria, magliette, borse, e altro prodotti da detenuti.

 

Padova: "Anime in Gabbia"- mostra di opere dal carcere. Albignasego (Pd): Villa Obizzi. 13 - 20 dicembre. Dal lunedì al venerdì: dalle ore 15.30 alle ore 18.30; Sabato e domenica: dalle ore 10 alle ore 12 e dalle ore 15.30 alle ore 18.30. L’associazione Fantalica di Padova, e l’Assessorato alla Cultura del Comune di Albignasego in collaborazione con la Pro Loco hanno organizzato un’esposizione dei lavori realizzati dai detenuti della Casa Circondariale di Padova in occasione del progetto "Creatività 2007".

La mostra comprende 36 fra incisioni, dipinti, collage e opere a tecnica mista, suddivise in due tematiche principali: il tema dell’albero inteso come metafora della vita e quello delle emozioni interiori, come la gioia, la rabbia, la tristezza, la serenità. L’inaugurazione della mostra è in programma sabato 13 dicembre alle ore 10.30

 

Venezia: Concerto di Natale della Solidarietà 2008. Teatro La Fenice, Sale Apollinee. Sabato 20 dicembre ore 20.00. Le cooperative Il Cerchio e Rio Terà dei Pensieri e l’associazione "Il Granello di Senape" di Venezia, con il patrocinio della Regione Veneto, della Provincia di Venezia, del Comune di Venezia, con il sostegno di Friuladria e delle Assicurazioni Generali e con la collaborazione dell’associazione Culturale Musica & Musica, del Casinò di Venezia, del Consorzio Venezia Nuova, della Fondazione Teatro La Fenice di Venezia, propongono anche quest’anno il Concerto di Natale della Solidarietà dove l’Orchestra Symphonia Veneziana diretta da Mario Merigo proporrà musiche di Locatelli, Bach, Galuppi, Cajkovskij, Elgar. L’ingresso è su invito, e sono graditi contributi per i detenuti che trascorreranno il Natale in carcere.

 

Direttore: Ornella Favero

Redazione: Chiara Bazzanella, Francesca Carbone, Livio Ferrari, Vera Mantengoli, Paola Marchetti, Maurizio Mazzi, Francesco Morelli, Riccardo Munari, Franco Pavan, Paolo Pasimeni, Jaouhar Redouane, Daniele Zanella.

Iniziativa realizzata nell'ambito del Progetto "Il Carcere dentro le Città", realizzato grazie al contributo del "Comitato di Gestione del Fondo speciale per il Volontariato del Veneto"

 

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