Persone, non reati che camminano

 

Giornata di Studi Nazionale

Persone, non reati che camminano. Ripensare la pena

Venerdì 25 maggio 2007 - Casa di Reclusione di Padova

 

Documento conclusivo

 

"Persone, non reati che camminano. Ripensare la pena" è il tema di cui di cui si è discusso il 25 maggio nella Casa di reclusione di Padova, in una Giornata di Studi nazionale organizzata dal Centro di Documentazione "Due Palazzi" (con la redazione di Ristretti Orizzonti), dalla Casa di Reclusione e dalla Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia.

 

Il 25 maggio hanno discusso di pene, codice penale, carcere centinaia di persone provenienti dal mondo "libero", alcuni fra i più importanti esperti di diritto penale e di esecuzione della pena, e poi magistrati, avvocati, operatori penitenziari, operatori sociali, docenti, studenti, con più di cento detenuti, che le pene e il carcere li conoscono sulla propria pelle.

 

La richiesta che è emersa è che le linee guida, presentate dalla Commissione Pisapia, siano al più presto rese pubbliche, e si avvii anche in Italia un percorso realmente democratico di approfondimento dei punti qualificanti della Riforma del Codice penale, come è stato fatto in Argentina, dove la scelta del Ministero è stata quella di prevedere, prima del passaggio parlamentare, un confronto con i cittadini, nelle maggiori città argentine, per spiegare le linee fondanti e gli obiettivi del nuovo Codice, al fine di dare una corretta informazione ed evitare strumentalizzazioni di carattere politico. Riusciremo a essere un paese altrettanto democratico dell’Argentina?

 

Si è affrontato il tema delle misure alternative, a partire dalla ricerca sulla recidiva, realizzata dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, che ha seguito migliaia di persone per sette anni circa dopo la galera, arrivando alla conclusione che la recidiva di chi si è scontato la pena fino all'ultimo giorno rinchiuso è intorno al 70%, contro un 19% di chi invece ha cominciato a uscire prima, in un percorso di reinserimento guidato e, non dimentichiamolo, controllato.

 

Allora una domanda resta lì in sospeso tra una statistica e l'altra: qualcuno pensa che i cittadini siano più a rischio se le persone escono prima, in misura alternativa, ma seguite dagli assistenti sociali, controllate, con un percorso chiaro e graduale, rispetto al "che si facciano tutta la galera, non un giorno di meno"? Chi garantisce alla società più sicurezza, e come si misura questo benedetto rischio? Si misura con delle statistiche e dei dati certi, o con la "percezione del rischio" che ha la gente, bombardata da messaggi televisivi che dicono che questo o quello è "già fuori dalla galera", senza specificare che magari lo è in attesa di processo, e se il processo lo condannerà ci rientrerà eccome, in galera?

 

Si è parlato anche, inevitabilmente, di indulto per capire come è possibile ora, subito, in attesa di un sistema di pene più moderno, rendere più vivibili e meno "dannose" le carceri, ampliando gli spazi che vanno nel senso di una loro maggiore apertura:

graduale allungamento degli orari per le attività;

iniziative che vadano nel senso di aprire sempre di più e far conoscere la realtà del carcere alla città;

predisposizione di misure per rendere più decenti i colloqui, in spazi diversi dagli attuali (pranzo insieme ai famigliari, stanze controllate solo da telecamere, aree verdi) e, per chi non i colloqui non li fa, semplificare e ampliare le modalità delle telefonate.

 

Dalla Giornata di studi di Padova viene quindi un appello al Ministro della Giustizia e al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria a non lasciar cadere nel vuoto questa straordinaria occasione, che si è creata dopo l’indulto, avviando da subito, da una parte, i cambiamenti possibili dentro le carceri, e promuovendo, dall’altra, un dibattito aperto nel paese, e nelle carceri, sulla Riforma del Codice penale, ma anche su una riforma della Bossi-Fini, che apra qualche possibilità di regolarizzazione per gli stranieri detenuti che hanno avuto un percorso di reinserimento, portato a buon fine con le misure alternative, e su una possibile Riforma dell’attuale Ordinamento Penitenziario, che parli finalmente di diritti delle persone detenute, più che di benefici.

 

Uno strumento utile a tal fine potrebbe essere una Conferenza nazionale sull’esecuzione penale e la privazione della libertà che, un po’ come è stata la Conferenza nazionale sulle droghe, diventi la sede periodica di confronto, che veda il concorso degli operatori del settore, degli esperti, del volontariato, del terzo settore, delle esperienze diffuse sul territorio.

 

A cura della redazione di Ristretti Orizzonti

 

 

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