Osservatorio Parlamentare

 

Interrogazioni ed interpellanze al Ministro della Giustizia

 

Perrotta - Seduta del 31 maggio 2005

 

Per sapere - premesso che:

spesso si legge dalla cronaca dei giornali che sono stati liberati detenuti, colpevoli di gravi reati, con vari permessi;

spesse volte, questi ultimi commettono gravi reati, come ad esempio: rapine, omicidi, eccetera;

si calcola che nell’ultimo ventennio, sono stati rilasciati secondo normative allora vigenti, pur dovendo scontare almeno altri 10 anni di pena, almeno 100 detenuti poi macchiatisi di gravi delitti, omicidi eccetera -:

quale sia il numero effettivamente accertato di detenuti liberati anticipatamente che abbiano commesso reati successivamente alla liberazione;

se siano state promosse azioni disciplinari nei confronti dei magistrati che abbiano concesso i relativi provvedimenti.

 

Meroi - Seduta del 31 maggio 2005

 

Per sapere - premesso che:

la casa Circondariale di Viterbo è un istituto ad alta sicurezza che ospita numerosi e pericolosi esponenti della malavita organizzata, di organizzazioni camorristiche, di "41-bis";

secondo i dati forniti dalle organizzazioni sindacali in detto istituto esiste una carenza di organico di 197 unità, seconda soltanto al carcere romano di Rebibbia, ove mancano 237 agenti ed in situazione ancor più precaria dell’Istituto Regina Coeli, che dovrebbe vedere l’acquisizione di 121 unità di personale attualmente carente;

detta mancanza di personale impedisce di fatto l’apertura di due reparti dedicati ai detenuti, di cui uno all’Istituto Sandro Pertini di Roma, ed uno all’Ospedale di Belcolle di Viterbo;

l’amministrazione penitenziaria ha inviato 20 unità per tale reparto dedicato ai detenuti a Belcolle, delle quali soltanto 15 hanno effettivamente occupato i posti assegnati;

per ridurre le carenze di organico, le organizzazioni sindacali di categoria hanno richiesto il rientro in sede di tutti gli agenti distaccati presso il gruppo operativo mobile della polizia penitenziaria, il Ministero della giustizia ed il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria;

molte organizzazioni sindacali degli agenti di polizia penitenziaria hanno dato vita, nei giorni scorsi, a manifestazioni presso la sede del DAP di Roma, che ancora oggi non ha provveduto a migliorare il rapporto tra personale addetto alla sicurezza e i detenuti ospitati a Viterbo;

tale situazione, oltre a ripercuotersi sull’efficienza dei servizi, sulla sicurezza dell’istituto e degli agenti e sul regolare adempimento delle procedure previste, riduce anche il diritto al godimento delle ferie, pesantemente ridimensionate a fronte dei turni di servizio particolarmente gravosi -:

se non ritenga di dover dare immediato corso a tutti i provvedimenti necessari per inviare a Viterbo un congruo numero di agenti di Polizia penitenziaria, al fine di far fronte alla drammatica situazione di carenza di personale in un carcere strategico e ritenuto di massima sicurezza quale quello di Mammagialla.

 

Perrotta - Seduta del 30 maggio 2005

 

Per sapere - premesso che:

le spese per la giustizia negli ultimi dieci anni sono raddoppiate;

da un confronto internazionale è risultato che le risorse italiane destinate al settore si sono rivelate in linea con quelle degli altri Paesi europei, se non addirittura superiori;

diversi Paesi europei, quali ad esempio: Svezia, Olanda e Germania, svolgono i processi civili in metà del tempo rispetto all’Italia -:

quali siano i motivi che comportano, per l’Italia, tempi più lunghi;

se non sia il caso di adottare iniziative volte a modificare l’ordinamento giudiziario al fine di avere una giustizia equa, indipendente e snella;

quali misure si pensa di adottare al fine di ridurre le spese;

se corrisponde al vero che dal 2001 sono aumentati i fondi per la giustizia.

 

Ruzzante e Zanella - Seduta del 23 maggio 2005

 

Per sapere - premesso che:

venerdì 6 maggio 2005 l’organizzazione sindacale Fp-Cgil, settore penitenziario del Veneto, ha organizzato una manifestazione con sit-in davanti al provveditorato dell’amministrazione penitenziaria di Padova a testimonianza della grave crisi in cui versano le carceri del Veneto, a causa della mancanza di una vera politica carceraria risolutiva dei numerosi e profondi problemi che affliggono il settore;

la Fp-Cgil settore penitenziario ha fatto pervenire in data 2 maggio al Ministro stesso ed ai parlamentari una lettera nella quale si proclamava lo stato di agitazione, e nella quale si descriveva la situazione tragica in cui versano le strutture carcerarie del Veneto;

in tutti gli Istituti del Veneto la popolazione detenuta risulta essere presente in misura doppia rispetto a quella prevista dalle attuali strutture penitenziarie;

la situazione degli Istituti diventa ogni giorno più insostenibile: ricorso allo straordinario da parte delle direzioni al personale di polizia penitenziaria per colmare le carenze di personale, soprattutto amministrativo, in pieno contrasto con la normativa vigente dell’A.Q.N.; delega di mansioni improprie, secondo l’interrogante inaccettabile; mobilità del personale non attuata in base agli accordi e secondo gli interpelli, ma regolata su principi discrezionali; alloggi e strutture per il personale non adeguati e gravi carenze nella prevenzione sanitaria per il personale che opera nelle sezioni detentive; impiego del personale nella traduzione dei detenuti con orari disumani e senza un adeguato periodo di recupero psicofisico;

il numero degli operatori nei penitenziari è totalmente insufficiente per le esigenze dei detenuti e spesso essi sono costretti a turni di lavoro prolungati e scarsamente retribuiti, tali da influire sull’efficienza dell’attività svolta e da condizionare in maniera negativa il trattamento nei confronti dei detenuti;

a proposito dei Centri di servizio sociale del Veneto, da anni si continua ad assistere al fenomeno dell’assegnazione di unità di personale in coincidenza con l’entrata in vigore delle varie leggi di riforma dell’ordinamento penitenziario e, dopo un breve tempo, al trasferimento di gran parte di quelle unità ad altre sedi, fenomeno che non consente, da sempre, di completare le dotazioni organiche previste;

al progressivo aumento delle competenze dei Centri servizi sociali per adulti e della quantità di misure alternative in esecuzione, non è corrisposta una proporzionale assegnazione di personale, e nel Veneto questa continua "sofferenza" dei Centri sta mettendo a dura prova la resistenza del personale che ha garantito il funzionamento di tali Servizi assumendo su di sé carichi di lavoro sempre più insostenibili;

la situazione degli educatori degli Istituti di pena del Veneto risulta, se possibile numericamente ancora più drammatica: la casa circondariale di Rovigo, per esempio, è seguita da un solo educatore in missione proveniente dalla casa circondariale di Padova e l’unica casa di reclusione maschile del Veneto è ormai seguita da due sole unità -:

se il Ministro sia a conoscenza della preoccupante situazione in cui versano gli istituti carcerari del Triveneto e, nello specifico i due istituti siti in Padova;

se sia a conoscenza dello stato d’agitazione proclamato dal FP-Cgil settore penitenziario il 2 maggio scorso;

come intenda adoperarsi al fine di aumentare il numero degli agenti di polizia penitenziaria, degli educatori e assistenti sociali negli Istituti, specificamente in Veneto, in misura congrua alla popolazione carceraria e quella posta all’area penale esterna, in maniera tale da eliminare, o almeno limitare, le carenze organizzative date dalla mancanza di personale;

se non ritenga che si debba procedere finalmente ad una completa, definitiva integrazione degli organici di tutti gli istituti penitenziari e dei vari Centri di servizio sociale per adulti del Triveneto, allo scopo di garantire lo svolgimento dei compiti di istituto in condizioni almeno accettabili e in sintonia con i principi fissati.

 

Leoni - Seduta del 23 maggio 2005

 

Per sapere - premesso che:

il decreto del Presidente della Repubblica n. 488 del 1988 stabilisce che il processo penale minorile debba rappresentare un momento di recupero di un percorso educativo interrotto e socialmente deviato; in particolare, gli articoli 22 (collocamento in comunità) e 28 (sospensione del processo e messa alla prova) disciplinano l’affidamento dei minori alle strutture comunitarie;

le quindici comunità preposte all’accoglimento dei minori del Lazio, già convenzionate con il Dipartimento di giustizia minorile, versano ormai da tempo in una grave situazione: esse possono infatti accogliere un numero di utenti che va dalle 6 alle 8 unità, e solo una parte di questi posti è riservata ai minori dell’area penale;

non tutte queste comunità, inoltre, possono accogliere minori, ma soltanto quelle con cui il Ministero della Giustizia ha ritenuto di stipulare una convenzione, dopo un attento esame teso a valutarne l’idoneità;

per tali strutture il pagamento delle rette da parte del Dipartimento giustizia minorile del Ministero della Giustizia, che consente la loro sopravvivenza, è arrivato sempre con notevole ritardo;

le comunità hanno infatti, a tutt’oggi, ricevuto solo i pagamenti relativi ai primi mesi dell’anno 2004, avendo inoltre un budget da parte del Ministero per l’anno 2005 inferiore al debito dell’anno 2004;

rimanendo, in conseguenza di ciò, ancora da sanare un consistente debito per il 2004, non è stato possibile corrispondere il pagamento delle fatture emesse dal 1o gennaio al 31 marzo 2005, per mancanza di copertura finanziaria;

molte delle comunità in oggetto versano dunque in una situazione di disagio e difficoltà che costringe alcune di esse alla chiusura per l’impossibilità di pagare le utenze (affitto, operatori e spese di gestione);

tale situazione va ad incidere in maniera negativa sul diritto del minore di ricevere un adeguato supporto nel processo educativo sancito dal decreto del Presidente della Repubblica 448/88, che in questo contesto appare inapplicabile e mette a rischio il percorso di reinserimento sociale dei minori -:

quali iniziative intenda adottare per far fronte a tale situazione di sostanziale violazione dei diritti dei minori, al fine di eliminare questo stato di disagio e decadenza in cui le comunità, principale strumento di applicazione del citato decreto, versano a seguito della suddetta inadempienza.

 

 

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