L'opinione dei detenuti

 

La vita rubata di Tommaso e il rischio

di tornare a un clima da leggi emergenziali

 

Stefano Bentivogli – Redazione di Ristretti Orizzonti

 

L’assassinio un bambino di diciotto mesi è sicuramente un crimine orribile, talmente grave che sarebbe meglio sospendere l’esercizio dialettico, soprattutto se questo diventa l’ennesima occasione per farne motivo di propaganda, e di farla a pochi giorni dal voto.

Invece ogni occasione è buona, tanto da assistere a speculazioni e mistificazioni che danno il reale livello di civiltà della nostra politica. Mi sono illuso che, nonostante l’immediata richiesta di reintroduzione della pena di morte ad opera di una parte della cittadinanza - quanto di più scontato in queste drammatiche situazioni – i politici in maggioranza, da destra a sinistra, non avrebbero cavalcato l’onda emotiva: questione di poche ore e mi sono dovuto ricredere. A "Porta a porta" Ignazio La Russa parla di legge ad hoc per l’infanticidio, con Livia Turco che in qualche modo concorda ed il conduttore Vespa che, oltre a sostenere che dopo questo caso ha cambiato idea sulla necessità di abolire l’ergastolo, invita i due politici a prendersi l’impegno di legiferare in merito, qualsiasi sia l’esito delle elezioni. Il grave sono le inesattezze con le quali è stata condita la trasmissione. Cominciamo con Vespa che si qualifica come esperto in materia carceraria e sostiene che l’ergastolo non esiste più nella sua accezione di pena senza fine (o fine pena mai, che è la dicitura utilizzata). Il giornalista conduttore non spiega che invece la legge così com’è offre un’unica possibilità di interrompere la pena a vita, che si chiama liberazione condizionale e che non è un automatismo, bensì discrezione del giudice, come sempre a discrezione del giudice avvengono le concessioni dei benefici premiali, dei permessi e delle misure alternative alla detenzione. Se il magistrato alle istanze di cui sopra di un ergastolano risponde di no, le rigetta, se alle eventuali impugnazioni di detti rigetti gli esiti negativi vengono confermati il detenuto resta in carcere, non esce, quantomeno da vivo.

Se quindi i magistrati credono che la persona non sia giusto che esca e pensano invece che sia giusto, utile e civile farla morire dietro le sbarre, di una gabbia possono farlo oggi con le leggi che già ci sono. Ma in questo caso sarebbe lampante che l’ergastolo altro non è che una pena di morte somministrata senza sporcarsi le mani, senza prendersi la responsabilità di un senso della pena che è lo stesso della pena capitale.

Io poi non riesco a pensare alla possibilità che una persona, una volta accertata l’inutilità della sua detenzione, data l’età, le condizioni di salute fisica, venga fatta morire in carcere qualsiasi reato abbia commesso. Credo che il caso Priebke sia una di quelle occasioni mancate dove l’Italia poteva dare una dimostrazione di forza unica, rinunciare a continuare a punire quel simulacro di corpo: la condanna sociale del crimine è stata talmente forte che non c’era bisogno di brutali accanimenti.

Qui però si diceva che la questione riguarda una categoria di criminali che è quella degli infanticidi in particolare, su questi occorre un ergastolo particolare, un ergastolo senza possibilità di salvezza: ma è così semplice fare una categoria che metta insieme, se eventualmente le condanne verranno confermate, Annamaria Franzoni, Mario Alessi, oppure il Giuseppe Brusca con i suoi cento omicidi circa di cui uno riguardante un bambino sciolto nell’acido? Inutile ricordare che con quest’ultimo si sono applicati sconti e benefici senza tante proteste ed "indignazioni pubbliche".

Forse bisogna cominciare a capire che ragionare per categorie è un sistema che tende all’ingiustizia in ogni caso, e che forse la valutazione di un Tribunale riduce comunque il rischio di giustizia sommaria dove la reale dinamica del crimine scompare dietro una categoria.

Ma su questo c’è una forte spinta retrograda, e lo ha dimostrato da un lato Ignazio La Russa quando, parlando di questo gravissimo reato, vi ha associato come risposta il varo della ex-Cirielli, anch’essa una legge che colpisce categorie generiche, con le quali i responsabili di questo delitto hanno poco a che fare, dall’altro Livia Turco che ha lasciato passare il tutto con un silenzio che spero che in termini elettorali venga in qualche modo punito.

Un’altra mistificazione grave è stata quella di cercare nelle leggi la causa dello stato di libertà di cui godeva Mario Alessi, nonostante anche in appello gli fossero stati confermati sei anni di pena. Se la giustizia è lenta nonostante la riforma dell’Ordinamento giudiziario, è inutile pensare a modificare le leggi, a meno che non si voglia modificare un’altra volta i termini di detenzione cautelare o eliminare qualche altra garanzia per gli imputati con conseguenze tutt’altro che in linea con la Costituzione.

Lo spettacolo è stato veramente brutto, e personalmente ho trovato un po’ disgustoso anche portare ad esempio il fatto che neanche i detenuti accettino questo tipo di reati e siano per la pena di morte, cosa poi non del tutto vera, la solita generalizzazione insomma.

Quello che però considero gravissimo è ancora una volta la superficialità con cui la gran parte dei politici sono rimasti intrappolati nelle sabbie mobili della pena, che è ancora vista solo come un’azione di retribuzione tra vittima e carnefice, dimenticando che essa assume davvero un senso quando va di pari passo con la condanna sociale. Non basta infatti dire quanto uno deve rimanere in carcere, serve anche un rifiuto culturale categorico di qualsiasi forma di violenza sui minori. Invece in questa società globale c’è ancora troppa disponibilità ad accettare che un bambino diventi merce preziosa per pedofili, trafficanti d’organi, ma anche sfruttamento sul lavoro o nelle guerre più sporche, tanto che, se nella risposta della politica continuano ad essere assenti dei riferimenti culturali diversi, qualsiasi pena sarà poca cosa.

In fondo la vita di Tommaso è stata rubata per pochi soldi e questo dimostra solo qual è oggi il potere del dio denaro: stare a discutere, a volte anche in termini strumentali, ormai solo di quanto e come sia lecito punire i responsabili è una cosa che deve veramente preoccuparci.

 

 

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