L'opinione dei detenuti

 

È nata la rete dei giornali dei detenuti

di Sergio Segio

 

Fuoriluogo, 30 settembre 2005

 

Uno dei motivi fondanti la necessità di costituire la "Federazione nazionale dell’informazione dal carcere e sul carcere" lo ha efficacemente espresso Stefano Bentivogli di "Ristretti Orizzonti", la realtà padovana che costituisce l’architrave della neonata Federazione: "sulla stampa si trovano quasi solo notizie riguardanti le iniziative ricreativo-culturali che, pur se importanti, non rappresentano certo la situazione delle carceri italiane, anzi qualche volta ne rendono un’immagine da parco-giochi ben lontana dalla realtà".

Il carcere conosciuto dall’opinione pubblica è in effetti solo quello degli spettacoli teatrali o dei libri di gastronomia penitenziaria, così come ai visitatori esterni (peraltro rari), in quelle un po’ avvilenti visite guidate cui sono costrette le delegazioni o i parlamentari, tradizionalmente vengono fatte vedere solo le (poche) sezioni "modello", coi pavimenti lucidi, le pareti pulite, le celle aperte, con al massimo due brande, i corsi di formazione e, appunto, le redazioni dei giornalini interni, magari gestiti dal direttore.

Il 90% dei detenuti vive però in condizioni decisamente diverse e il carcere è soprattutto altro. E per quanto la mancanza di libertà non si può per davvero raccontare, riferire di questo altro, rendere noti i problemi e le necessità, consentire dignità di narrazione ed eventualmente facoltà di denuncia ai tanti invisibili è quanto alcune delle esperienze redazionali nate negli anni scorsi in alcune carceri cercano faticosamente di fare, generalmente unendo gli sforzi dei detenuti alle disponibilità di volontari.

Il mondo dell’informazione prodotta dalle carceri è estremamente variegato quanto a qualità, stabilità, tensione a collegarsi con l’esterno e con le altre realtà similari, capacità di rappresentare il complesso dei problemi del carcere senza autocensure e di essere espressione dell’insieme dei detenuti e non solo di piccoli gruppi redazionali. Ma, considerando le difficoltà spesso mastodontiche, nel complesso il risultato è positivo e comunque utile.

Sinora erano risultate vane le sollecitazioni a stabilire un collegamento e una cooperazione continuativa tra le diverse realtà. Il salto di qualità e di efficacia - che era stato l’auspicio con cui si concluse nel 2001 il convegno nazionale di coordinamento, quando per la prima volta venne proposta la Federazione - non è ancora stato costruito ma, se non altro, in questi anni si è sedimentata la coscienza della sua necessità.

Può sembrare poco e lento, ma è un passaggio decisivo, pazientemente costruito da realtà come quella di "Ristretti Orizzonti", senza la quale, ad esempio, oggi non si avrebbero quei dati sui suicidi e sulla mancata assistenza sanitaria che ci servono a ricordare (alle forze politiche e all’opinione pubblica) che di carcere si muore tutti i giorni.

Così, nei mesi scorsi si è arrivati a un primo momento di formalizzazione. Tra gli obiettivi prioritari, quello costitutivo di "rafforzare e valorizzare le esperienze di informazione dal carcere e sul carcere e favorire la nascita di nuove realtà", ma anche quello di "coordinare iniziative e campagne di informazione su temi specifici inerenti la realtà carceraria e il reinserimento sociale dei detenuti". Magari nella prospettiva di arrivare a un giornale nazionale, che si affianchi e supporti - non sostituisca - quelli locali. La capacità di denuncia politica e di proposta legislativa sono un naturale - oltre che necessario - risvolto dello sforzo di comunicare con l’esterno e di produrre informazione, anche se ancora non tutti i giornali carcerari sembrano esserne consapevoli.

Per dare gambe effettive alla Federazione, dai primi passi appare sempre più indispensabile, da un lato, valorizzare il protagonismo dei diretti interessati, i detenuti, e, dall’altro, rafforzare l’apporto delle associazioni e del volontariato; sapendo però che quest’ultimo spesso sottovaluta il ruolo dell’informazione e così pure la propria valenza "politica", a favore di una visione "consolatoria" e assistenziale. Da qui, anche, la necessità di maggiore qualificazione attraverso una formazione specifica e di autonomia dall’istituzione, cercando inoltre di coinvolgere l’Ordine dei giornalisti, la Federazione della stampa e quella degli editori, così come gli Enti locali. Il sasso è lanciato, urgono le risposte.

 

 

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