L'opinione dei detenuti

 

Ma davvero l'intonaco del carcere Due Palazzi

di Padova è una minaccia per l'umanità?

Gerardo Deganutti: chi è davvero "l'attentatore" e cosa dice di sé?

 

di Flavio Zaghi

 

"Gratta e… vinci", è proprio il caso di dirlo, …un bel titolone sul giornale, un servizio con tanto di foto e la notizia commentata da tutti i telegiornali locali. "Allarme antrace", dice la notizia e quindi, doverosamente e immediatamente, scatta l’emergenza e le forze dell’ordine applicano il protocollo di sicurezza NBCR, sigla che indica appunto le misure di sicurezza contro gli attentati terroristici di natura nucleare-batteriologica-chimica-radioattiva. I pompieri e il personale medico indossano i caschi, le tute anticontaminazione e i respiratori, attendendo in un ospedale in stato di allerta quello che potrebbe essere un dramma dalle dimensioni apocalittiche.

Ultimi ad essere colpiti dal vile gesto terroristico sono alcuni politici del Veneto, infatti all’ospedale Cà Foncello di Treviso vengono ricoverati d’urgenza il vicepresidente della regione Luca Zaia con altri due amministratori leghisti che si trovavano nella stessa auto, la diagnosi getta nel panico i tre: contaminazione dal virus dell’antrace.

Il terrore, ancora una volta è arrivato col postino, questo infatti del fare recapitare direttamente le missive killer dal cordiale portalettere, pare che sia il metodo più efficace, la morte viene recapitata direttamente nelle proprie case o uffici, ed è sufficiente aprire la busta per venire catapultati nel panico più totale. Negli ultimi giorni nel mirino dei terroristi erano finiti anche il presidente della Provincia di Venezia e il primo cittadino del Comune di Castelfranco; le lettere recapitate, per altro simili anche nella calligrafia e quindi molto probabilmente "armate dalla stessa mano", sono giunte nel giro di pochi giorni in diverse località, quasi a voler colpire mortalmente e direttamente al cuore il ricco Nord-Est.

Il vicepresidente Zaia e i suoi collaboratori sono stati letteralmente investiti dalla nuvola di polvere che si è sprigionata ed è fuoriuscita dalla lettera, quasi immediatamente si sono anche rivelati i primi sintomi: "Tosse e bruciore agli occhi e alla gola"; l’agitazione e il panico hanno fatto il resto. Fortunatamente però il primo responso ha escluso che la polvere contenuta nelle lettere, insieme a vari ritagli di giornale e pagine di insulti inneggianti ad Hitler e alla Tigre Arkan, fosse pericolosa. Analisi più dettagliate ed approfondite, svolte presso il centro di microbiologia di Padova, hanno permesso di scoprire che il contenuto altro non era che volgare malta, ovvero, intonaco, grattato dalla mano, non certo armata, di qualche scellerato buontempone che non sa che altro fare durante la giornata; in alcune lettere è stata addirittura utilizzata come arma letale la farina in una strana miscela con lo zucchero. Le indagini della Digos, visti anche precedenti fatti analoghi, hanno iniziato a seguire le tracce che portavano in direzione di Padova, anche in forza del timbro postale che riconduceva proprio alla città del Santo e hanno preso la strada, anzi, la via, direttamente del carcere, infatti a questo punto l’esito delle indagini, visto anche il mittente riportato sulla busta, portava a sospettare fortemente che le lettere fossero state spedite proprio dalla Casa di Reclusione di Padova.

Con "l’ausilio quindi di sofisticate apparecchiature e con un prezioso lavoro di intelligence", gli investigatori hanno già dato un nome e un volto al misterioso attentatore ormai divenuto famoso e che è rinchiuso nel carcere patavino.

 

Abbiamo allora deciso di sentire le sue dichiarazioni, che riportiamo qui di seguito, e credo di poter dire che i politici sopraccitati non hanno corso e non corrono alcun pericolo, almeno dagli attentati che il "terrorista de noantri" è in grado di organizzare. È palese, insomma, che più di un atto terroristico si debba parlare del gesto sconsiderato di uno chiuso in cella 24 ore su 24 e che forse avrebbe bisogno di ricevere attenzioni particolari per il suo stato di salute. Qui, però, in quello che spesso viene definito non un carcere, ma un hotel a cinque stelle, non ci sono psicologi né educatori in numero sufficiente e le persone rischiano di venire dimenticate nelle celle; per fortuna (ma non di tutti) l’unica cosa che non manca è l’ironia con la quale si possono leggere (o scrivere) queste cose.

Sui giornali quotidiani che hanno trattato questo fatto, in questi giorni si è letto di tutto e di più; mi hanno colpito molto le dichiarazioni di qualche rappresentante del sindacato degli agenti di polizia penitenziaria, i quali dichiarano che è sufficiente scrivere sempre il mittente sulla busta e i detenuti possono fare entrare e uscire dal carcere qualsiasi cosa.

Spieghino allora il perché, ad esempio, nel periodo di Natale, i biglietti musical-augurali, quelli che quando li si apre iniziano a suonare il classico gjngle-bell, non vengono consegnati al detenuto ricevente e così come arrivavano in carcere vengono sequestrati e depositati al casellario. Spieghino anche perché non si possono ricevere fotografie dei propri cari quando si tratta di formato polaroid, o del perché non si possono ricevere pacchi contenenti generi alimentari anche quando per motivi di eccessiva distanza da casa un detenuto non può effettuare i colloqui visivi. Vorrei altresì far capire al lettore che se il simil-carbonchio, o simil-antrace che fosse, raschiato dalle pareti della cella del soggetto in questione, fosse stato grattato dalle pareti della mia cella, sarebbe potuta essere una strage, e probabilmente ora l’onorevole Zaia sarebbe nelle verdi praterie dell’Eden Padano in compagnia dei suoi collaboratori. Nella mia cella infatti, le pareti sono ricoperte di muffa, e non so se sarebbero bastate solamente 12 ore di quarantena per il vicepresidente.

Ma torniamo ai fatti: dottor Zaia, credo che il quadro che è uscito dall’intervista raccolta, possa essere sufficiente a farle capire che il nostro attentatore coatto abbia un’idea della politica molto vaga e credo che spesso confonda la destra con la sinistra anche quando si tratta solo di infilarsi le scarpe: alla luce di ciò, lei crede che sia giusto procedere legalmente e infierire ancora nei confronti di questa persona?

La sostanza contenuta nella lettera da lei ricevuta e sospettata di contenere un virus letale, alla fine è risultata essere semplice intonaco, zucchero o farina; il mio pensiero, dottor Zaia, va a tutte quelle persone che per cause di forza maggiore maneggiano tutto il santo giorno questi componenti: muratori, panettieri, pasticceri. Questi poveracci rimangono infatti esposti a tali sostanze per gran parte della loro vita. A lei è bastato che un pochino, una piccolissima quantità di queste polveri si versassero sul suo vestito e sulla cravatta, che subito è stato colto dai sintomi di una intossicazione. Più che di intossicazione, visto che stiamo cercando di far luce sui fatti, credo che si possa parlare di vera e propria allergia al lavoro; mi creda, io me ne intendo e posso assicurarle che in materia ho una certa…, come dire…, "infarinatura"!

 

Ma chi è Gerardo Deganutti? Ecco cosa dice di sé

 

Sui giornali Gerardo Deganutti viene definito come leader della P.O.T.: ti riconosci in questo? Chi è veramente Deganutti e che cosa è la P.O.T., se esiste?

Sì, sono una persona che si è prodigata per l’autonomia di Trieste sin dagli anni 70, prima che esistessero la Lega Nord e i vari gruppuscoli autonomistici poi alleati per forza di cose alla partitocrazia, quindi un antesignano della separazione del capoluogo Giuliano dal Friuli. La POT, Prima Organizzazione Triestina, è ciò che si prefigge il P.R.E. Partito Riformista Europeo, invertendo o mutando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia.

 

Nei tuoi precedenti penali ci sono una serie di incendi, minacce, aggressioni, intimidazioni epistolari. Vuoi raccontare la tua storia? Dove hai scontato le condanne precedenti e che cosa simboleggiano e significano i tatuaggi che hai sul corpo?

Non solo, attentati con armi da fuoco e quant’altro a personaggi politici pubblici regionali, nazionali, padri della costituente (Andreotti-Kossiga-Napolitano), in seguito politici nazionali della cosiddetta seconda Repubblica. Sto scontando un ergastolo a rate pur avendo tutti i gradi di giudizio ancora da definire. La mia è una storia particolare che si può riassumere in trent’anni di cronaca giudiziaria politica. Ho scontato le mie condanne in vari penitenziari compreso quello di Gaeta. I tatuaggi fanno parte della mia personalità e tutti riconducono a un ricordo, quindi ho almeno 400 ricordi significativi, ma a dire il vero ne ho molti di più anche se non tutti tatuati.

 

Dicono che sei un mitomane, che cosa ne pensi?

Mi è già accaduto per l’incendio al tribunale di Trieste per cui non mi fa difetto. Mi hanno apostrofato in vari modi: megalomane, prezzolato, squilibrato, eccetera. L’importante è che io sappia chi sono, gli epiteti lasciano lo spazio che trovano.

 

Hai un difensore di fiducia per questi ultimi fatti, oppure ti affidi ad una difesa d’ufficio?

Di solito revoco il mandato ai legali che mi vengono nominati d’ufficio, mi difendo da solo, tra l’altro questa cosa non è contemplata dal nostro codice. Questa volta invece ho designato la senatrice e sottosegretario alla salute nonché vice ministro Maria Elisabetta Alberti Casellati del foro di Padova. Anche lei è stata fatta oggetto di missive allarmistiche e minatorie, quindi è sottinteso che non accetterà l’incarico, ma desidero dimostrare la mia estraneità ai fatti e sono aduso ormai a venire additato per ogni complicazione.

 

Come ti definiresti?

Sono prigioniero del mio personaggio intellettuale e d’azione, regista e protagonista di me stesso perché ho sempre cercato di disgregare la continuità delle parti rompendo gli equilibri sin da quando sono stato accusato di costituzione di banda armata, associazione eversiva e sovversiva, fatti per i quali sono stato assolto al processo dopo dieci anni e dopo aver trascorso due anni di isolamento. Sono stato anche accusato di un omicidio politico a Trieste.

 

Hai parenti o famigliari che ti seguono?

Per quello che possono ex-moglie, figlio, madre, ai quali comunque non chiedo nulla e ai quali non dico nulla nemmeno di ciò che mi accade qui come in altri istituti, siano essi carceri o ospedali psichiatrici, dove la diagnosi indica che sono incompatibile con la galera, ma non vi sono gli estremi per internarmi al manicomio criminale.

 

Prendi o assumi terapie? Se sì, puoi indicarne il tipo?

Mi attengo alla privacy e non intendo rispondere sui fatti personali, sono fatti personali.

 

Come trascorri le tue giornate?

Ho molti impegni intellettuali, culturali: scrivo ai quotidiani, compongo saggi di psichiatria, psicologia, filosofia. Il liceo classico mi ha aperto molti orizzonti, non ristretti.

 

Quanti e quali carceri hai girato e quanti anni di galera hai scontato?

Fino ad ora ho già scontato circa sedici anni e mezzo.

 

Da quali fonti prendi spunti che poi ti inducono a gesti come quelli che fai?

Non ho fonti ma ideali, faccio parte di una generazione che non ha rimorsi o rimpianti.

 

Alla fine ti sei dimostrato innocuo, però sei già stato condannato per gesti dimostrativi che hanno procurato allarme: ne è valsa la pena?

Ne è valsa la pena, ma i fatti si dovevano compiere e dovevano concludersi diversamente.

 

Cosa vorresti dire alla gente e perché?

Alla gente non ho nulla da dire, la plebe non merita di venire erudita.

 

Oltre ai reati per i quali sei detenuto, c’è il rischio che si aggiungano anche quelli di provocato allarme e minacce gravi. Eventualmente perché questo accanimento nei confronti dei politici?

Il mio accanimento non è rivolto solo verso i politici, magistrati, giornalisti, forze dell’ordine, imprenditori, capitalisti, sindacalisti, operai, riciclati della prima repubblica, concussi, corrotti, finanzieri, speculatori, tangentisti, bancarottieri e quanti ci hanno portato al baratro per inerzia e interessi personali materiali, corporativi, lobby, piduisti, rotariani, masse e popolo pusillanime.

 

 

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