L'opinione dei detenuti

 

Quando si vuole affrontare la crisi con la galera

a cura della Redazione di Ristretti Orizzonti

 

Mattino di Padova, rubrica "Lettere dal carcere", 23 febbraio 2009

 

Quanto meno si conosce la galera, tanto più se ne ha una idea "mitica", si immagina che possa essere la soluzione a ogni problema di sicurezza. Ma il susseguirsi di pacchetti sicurezza di questi anni dovrebbe far riflettere che forse la soluzione non sta nel riempire le carceri e poi costruirne di nuove, sull’onda di continue emergenze. Chi sta in carcere oggi non teme per sé, la galera se la sta facendo e spesso non spera neppure in una misura alternativa, ma almeno solleva dei dubbi su questa illusione che pene più dure rendano più sicura la società.

 

Edilizia carceraria con i fondi per il reinserimento

 

L’ultimo pacchetto sicurezza stabilisce che, per finanziare l’edilizia carceraria, vengano utilizzati i fondi della Cassa delle Ammende, per legge destinati a sostenere i percorsi di reinserimento dei detenuti nella società e le famiglie di chi sta in carcere. Ma come si è arrivati a questa decisione? si è partiti da una campagna elettorale che ha incentrato tutto sull’emergenza crimini e sul fatto che la gente resta poco in carcere… la risposta a questa "baraonda" mediatica da parte del nuovo governo è stata l’aumento delle pene generalizzato e la decisione di costruire nuove carceri.

Ma dove si vuole arrivare costruendo carceri? E poi cosa accadrà in queste nuove strutture? Serviranno altri agenti (mancano le risorse…), altri fondi per la gestione ordinaria (in questi giorni mancano pure i sacchetti per i rifiuti, tanto per dirne una…)… già ora il numero di operatori è sottodimensionato per mancanza di fondi.

Il ministro della Giustizia ha parlato da una parte di un preoccupante stato di sovraffollamento delle carceri e dall’altra della necessità di sostenere i detenuti che intendono intraprendere un percorso di reinserimento… intanto usano, per sistemare il problema affollamento, i fondi della Cassa delle Ammende, ma i conti non tornano, perché risulta evidente che il reinserimento, che dovrebbe essere funzionale a una maggior sicurezza della società, non è considerato prioritario, come a dire "intanto li mettiamo lì e li teniamo dentro poi si vedrà…".

Il punto è che il "si vedrà" e i problemi connessi i cittadini devono sapere che sono già attuali, perché c’è chi entra in galera ma c’è pure chi esce, e ovviamente prima o poi escono quasi tutti. Allora ci si deve chiedere: come usciranno? oppure qualcuno vorrebbe non fare uscire più chi viene carcerato?

Noi qui dentro ci domandiamo se tutto ciò non serva a mascherare altri problemi che poco c’entrano con la sicurezza… Come se si dicesse ai cittadini: Ti do questo perché questa crisi epocale a livello sociale non so come affrontarla… nel frattempo e in attesa di tempi migliori, ti costruirò più carceri, metterò dentro tutti i clandestini, ti porterò 30000 soldati nelle strade (peccato che il costo sarà di milioni di euro e da qualche parte li dovrò togliere, ma sarà per la tua sicurezza!)…

Siamo così sicuri che sia questo il modello di società desiderabile? Questa domanda dovrebbero cominciare a porsela tutti quelli che chiedono più carcere, pene più severe, uno stato di polizia sempre più invasivo e restrittivo delle libertà.

Le soluzioni sono tali perché portano a risolvere problemi e non a procrastinarli e, in questo caso, giocare sulla falsa chimera di maggiore sicurezza tramite l’edilizia carceraria porta chi lo sta facendo ad assumersi un rischio enorme, di far perdere libertà reale alla società e, in previsione, di lasciare in eredità un moloch di difficilissima gestione sul fronte sicurezza.

 

Marco L.

 

Più carceri, meno sicurezza?

 

Il "parco brande" attuale nelle carceri è di circa 47.000 posti, ma a detta del Ministero ne servono 70.000, perché altrimenti non si saprà dove cacciare quella massa di persone che vogliono mettere in galera. Oggi siamo quasi 60.000 detenuti, non so a che cifre arriveremo nell’arco di un anno con il ritmo di ingressi che sicuramente aumenterà, proprio in considerazione del pacchetto sicurezza e delle misure previste sull’immigrazione clandestina. E tutto questo per "rendere più sicura" la nostra società. Se fosse vero, pur essendo detenuto, sarei anche disponibile ad accettare i disagi e le "ristrettezze" della situazione, con buona pace di chi dice che i detenuti non si assumono le loro responsabilità. Ma purtroppo non si crea sicurezza costruendo più carceri ed inasprendo continuamente le pene, chiedetelo a qualsiasi esperto in materia.

La sicurezza si produce attraverso una forte azione di prevenzione, con politiche di integrazione per quanto riguarda gli immigrati, con un recupero delle zone degradate, ma quello su cui io posso dire la mia è che servono politiche serie per quanto riguarda il reinserimento delle persone detenute. Per quest’ultima fascia della popolazione esistono buone leggi che prevedono un accompagnamento e un sostegno per il rientro nella società, e i dati che dicono quanto sia utile un percorso graduale di reinserimento attraverso le misure alternative, rispetto a una carcerazione fatta tutta in galera, sono ben noti al Ministero della Giustizia, eppure si usano i soldi per costruire nuove carceri, e non per un serio programma di affiancamento del detenuto nel suo ritorno in libertà.

La paura è che sia solo un modo di cercare consensi forzando la percezione di una emergenza, che tale non è, e non affrontando i problemi veri. Rimane il fatto che intanto si usano soldi che dovrebbero essere investiti in un piano per il reinserimento dei detenuti, che invece purtroppo non si fa, a meno che il "reinserimento" non sia farli stare un po’ meno scomodi, ma in galera, alla faccia della sicurezza della collettività! Il risultato sarà far aumentare esponenzialmente la popolazione detenuta, che tornerà a delinquere e di conseguenza a recidivare dopo aver scontato un po’ meno "ristrettamente" la propria pena.

Ci saranno allora 70.000 detenuti che si faranno tutta o quasi la pena in galera, ma quando usciranno, a tornare a delinquere saranno, così dicono tutte le ricerche, circa il 70%, cioè 49.000, mentre accompagnando un numero come quello attuale, 60.000 detenuti, in un percorso di reinserimento graduale, a tornare a delinquere sarebbero molti meno, ma in tanti fingono di non saperlo.

 

Maurizio Bertani

 

Niente prevenzione ma solo soluzioni "emergenziali" dei problemi

 

Il nuovo pacchetto sicurezza introduce nuovi reati come l’oltraggio a pubblico ufficiale, fino a tre anni di carcere, e il reato di immigrazione clandestina, per cui si prevede un’ammenda da 5 a 10mila euro, ma chi viene espulso e rientra in Italia rischia fino a 5 anni di prigione, con obbligatorietà dell’arresto e processo con rito direttissimo. Non è di poco conto il fatto che anche la sola ammenda rappresenti una vera condanna penale, quindi deve essere inflitta da un giudice in sede di processo e vale come precedente penale a tutti gli effetti. Se è vero che in Italia vive circa un milione di clandestini, e che la maggioranza rischierà di finire sotto processo con tanto di udienze, giudici e avvocati impegnati con questo genere di "reati", bisognerebbe quantomeno domandarsi: A) se non si rischi una completa paralisi della macchina della giustizia, e a rimetterci saranno i cittadini onesti che già adesso aspettano anni per ottenere una sentenza; B) se il gioco varrà la candela, perché a fronte delle ingenti spese di giustizia, saranno ben pochi i clandestini che avranno la possibilità di pagare l’ammenda; C) nel caso dell’arresto con condanna fino a cinque anni per chi, già espulso, rientra in Italia, il mistero sta nel luogo dove le persone arrestate dovranno scontare la pena, fermo restando che l’aumento medio dei detenuti è di 800-1000 al mese e il sovraffollamento carcerario è già alla soglia del limite tollerabile.

Al disegno di legge sulla sicurezza si aggiunge un decreto legge che pone il divieto di concedere gli arresti domiciliari e i benefici penitenziari agli autori di stupro. Non so se sia giusto tenere in carcere gli stupratori fino all’ultimo giorno "per legge", togliendo al giudice di merito prima, e a quello dell’esecuzione poi, ogni margine di valutazione che comunque dovrebbe essere preservato per il fatto che ogni reato è una storia a sé – ma so che mai come in questo caso si è legiferato sull’onda della spinta emotiva.

E allora voglio ricordare cosa successe pochi giorni dopo la strage di Castelvolturno, dove qualche mese fa furono uccisi sei extracomunitari. Dopo l’arresto di uno dei presunti responsabili della mattanza, che godeva degli arresti domiciliari nell’ambito di un procedimento per stupefacenti, uno dei partiti di maggioranza propose gli stessi provvedimenti che stavolta sono stati approvati nei confronti degli stupratori: niente più concessione degli arresti domiciliari, niente più benefici penitenziari.

Ironia della sorte, a distanza di pochi giorni il presunto "stragista" venne scagionato dalle dichiarazioni di un pentito che agli omicidi aveva partecipato per davvero, il sicuro riconoscimento dell’unico superstite perse ogni certezza e le infuocate polemiche della politica contro i giudici, ritenuti lassisti con chi delinque, si sciolsero come neve al sole. Ma la lezione non l’ha imparata nessuno.

 

Marino Occhipinti

 

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