L'opinione dei detenuti

 

DAP-prima… che sia approvato il disegno di legge "Fini"...

Il progetto di modifica alla legge sugli stupefacenti commentato dai detenuti

 

Stefano Bentivogli – Ristretti Orizzonti, 4 febbraio 2004

 

 

Oramai i dati sulla popolazione tossicodipendente detenuta sono impressionanti, le politiche proibizionistiche col tempo hanno dato gli esiti peggiori, chi si droga finisce in carcere anche senza il disegno di legge "Fini", e il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ultimamente si muove, progetta, propone per far fronte a questa massiccia presenza di tossicodipendenti in carcere.

Proprio in questi giorni è stato presentato il progetto "DAP prima", e da quello che si è capito da quanto è apparso sui giornali, si tratta di qualcosa di simile a ciò che in realtà già dovrebbe esistere per merito della Legge 309/90, il testo unico che risale a quasi 15 anni fa. L’acronimo ICATT (Istituti a custodia attenuata), di cui si torna a parlare, indica infatti strutture già previste dall’art. 95 della legge vigente:

La pena detentiva nei confronti di persona condannata per reati commessi in relazione al proprio stato di tossicodipendente deve essere scontata in istituti idonei per lo svolgimento di programmi terapeutici e socio – riabilitativi.

Con decreto del Ministro di grazia e giustizia si provvede all’acquisizione di case mandamentali e alla loro destinazione per tossicodipendenti condannati con sentenza anche non definitiva.

Questi istituti per tossicodipendenti (o sezioni d’istituto) sono molto pochi, nel carcere che "mi ospita" la sezione a custodia attenuata è stata chiusa qualche anno fa, e mi piacerebbe proprio sapere per quale ragione, visto che oggi si decide di nuovo di farsi carico in maniera diversa del trattamento di questo tipo di detenuti. Ma la gran parte di chi in carcere ci vive non perde tempo a darsi risposte a questo tipo di domande, si guarda attorno e, tra sovraffollamento e carenza cronica di tutto – dal personale ai fondi di spesa -, alza le spalle e sorride amaro.

Ho letto di "celle aperte tutto il giorno, una mensa accogliente e familiare, biblioteca, maggiori possibilità di socializzazione, a patto che si sottoponga alla disintossicazione e ad un fitto programma di lavoro e di attività professionale". In pratica quello che tutti i detenuti sperano di avere da sempre, una pena seria al posto di un periodo più o meno lungo di ozio blindato che abbrutisce.

Sembra anche che il progetto del D.A.P. voglia intervenire seriamente sulle persone tossicodipendenti, che al loro ingresso in carcere, o addirittura in una sede del Ser.T. presso il Tribunale, potrebbero essere subito inviate in comunità. Si parla dell’immediata presa in carico da parte di un gruppo di esperti che, verificata la disponibilità del detenuto a curarsi, gli proponga un programma terapeutico e trovi una comunità disposta ad accoglierlo. Effettivamente i tempi della presa in carico non sono oggi immediati, tanto meno è rapida la disponibilità di una comunità che accolga. L’intervento è quindi sensato, ha una sua logica che sta nel fatto che il tossicodipendente meno sta in carcere meglio è. Ci sono però altri dati che ridimensionano la portata dell’intervento, come per esempio il fatto che tante di queste persone provengono proprio dal fallimento di programmi terapeutici, e la riproposizione di programmi, oramai fotocopie, non è altro che il rinviare a tempi non lontani la detenzione, questa volta senza alternative.

 

Ma come si conciliano il progetto del DAP, il disegno di legge Fini sulle droghe e la proposta di legge "Cirielli"

Poi c’è un altro dato di cui si parla poco, riguarda la condizione psicologica, emotiva, e sanitaria nella quale si trovano gran parte degli arrestati, e d’altra parte il regime disciplinare a cui le comunità sottopongono gli utenti: molti, troppi non ce la fanno, alcuni casi limite chiedono di rientrare in carcere.

Esistono in realtà comunità che operano in maniera più morbida, quelle che si pongono obiettivi realistici in funzione del livello di disagio della persona che vi accede, in genere seguono la filosofia della riduzione del danno e sono a volte emarginate dai Ser.T. e dalle "supercomunità industrial-terapeutiche", oltre che considerate poco affidabili da parte della magistratura che, pur non potendo per legge, oramai interviene anche sui programmi terapeutici affiancati alle misure alternative alla detenzione.

È importante che il D.A.P. sia al lavoro per cercare delle soluzioni, soprattutto se ha intuito cosa succederà per merito del nuovo disegno di legge sugli stupefacenti: questo porterà schiere di consumatori di droghe avanti e indietro tra carcere e comunità. Per quel che si capisce, per ora, non ci possono essere grosse novità con questo progetto del Dipartimento, visto che non è il Dipartimento a fare le leggi e quindi poco può fare per la questione tossicodipendenze a livello strutturale, come poco potrà realizzare comunque fino a quando non ci saranno nuove politiche sull’esecuzione della pena e finanziamenti adeguati.

Alla radice di tutta la questione resta comunque un interrogativo, ossia se consumare droghe sia un reato o no, avendo chiaro oramai che se non lo è, al tossicodipendente deve essere data la possibilità di non delinquere per procurarsi la sostanza di cui ha bisogno, e che quindi anche la legge vigente è incompleta e contraddittoria. Se invece assumere alcune sostanze diventa reato, iniziamo anche a ridefinire il significato stesso della parola e prepariamoci, in nome della coerenza, a far finire in galera tutta quella gente che ha comportamenti, che sebbene non ledano la libertà altrui, vanno contro la morale comune.

Un’ultima annotazione: se viene approvata la cosiddetta Legge Cirielli, e ai recidivi sarà reso quasi impossibile accedere alle misure alternative, come si pensa di non far fare la galera ai tossicodipendenti, che sono recidivi quasi per definizione?

 

 

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