L'opinione dei detenuti

 

Piano piano, verso la libertà

A cura della Redazione di Ristretti Orizzonti

 

Mattino di Padova, rubrica "Lettere dal carcere", 15 ottobre 2007

 

Torniamo, insistentemente, a parlare delle misure alternative al carcere, perché è importante che le persone libere capiscano che scontare tutta la pena, fino all’ultimo giorno, in galera ed essere poi scaraventati in libertà è di gran lunga una strada più pericolosa di quella che prevede sì che la gente esca dal carcere prima, ma lo faccia attraverso un percorso di passi lenti e controllati verso la libertà, che danno un senso e una speranza anche a tutta la carcerazione.

 

Ho paura del futuro

 

Voglio confessare una cosa: HO PAURA DEL FUTURO. Cerco di non farci caso, di respingere il pensiero, ma alla fine rispunta sempre, per tormentarmi.

Ho paura della povertà. Ogni giorno spio dalla finestra gli anziani che, molto dignitosamente, "pescano" nel cassonetto dell’immondizia la verdura scartata dal supermercato: non hanno l’aspetto di "barboni", sono pensionati, abitano nelle case popolari, ma ugualmente non ce la fanno coi soldi.

Ho paura di essere aggredito. Ho 43 anni, però nel 2005 sono stato operato al cuore e non ho più recuperato le energie di prima, quindi riesco bene a capire come può sentirsi in pericolo un anziano per le vie della città. Ci sono tanti giovani, stranieri e italiani, pieni di energia e spesso sguaiati: basta una spinta e cadrei rovinosamente, non ce la faccio neanche a correre…

Mi ripeto che non è logico, perché invece dovrei essere tra quelli che "mettono paura": sono infatti un detenuto che sconta la sua pena fuori dal carcere, tra la gente, "in incognito"….

La signora anziana che abita sul pianerottolo e ogni tanto mi bussa per chiedere se ho del prezzemolo non immagina neanche lontanamente "cosa" sono. Non lo immaginano il postino, il panettiere, la cassiera del supermercato. Tutte queste persone mi trattano come qualsiasi altro vicino di casa: osservano che lavoro, che non disturbo, e tanto gli basta per ammettermi nella comunità delle "persone normali".

Si sbagliano - ovviamente - perché in realtà appartengo a un "altro mondo", fatto di prescrizioni da rispettare, di orari ferrei, di controlli di polizia. Pochi padovani sanno che probabilmente ogni giorno incontrano qualcuno di noi, chiacchierano con noi di tempo e politica.

Questo succede da anni: i detenuti, dopo aver scontato una parte della pena in carcere, cominciano ad uscire… prima con brevi permessi, poi durante il giorno per lavorare con l’obbligo di rientro la sera. Un sistema introdotto circa 30 anni fa, che spesso è oggetto di dispute tra chi lo ritiene permissivo e chi troppo rigido, ma che sostanzialmente funziona: dentro le carceri sono diminuiti conflitti e disperazione; fuori dalle carceri sono diminuiti gli ex detenuti che tornano a delinquere.

Ecco l’ultima paura: dover tornare in carcere. Mai come in queste ultime settimane le misure alternative sono state al centro di attacchi, e se ho imparato da tempo a convivere con la precarietà della mia condizione di "detenuto extra-carcerario", adesso l’ansia si è fatta palpabile. Oggi mi sento impotente, in balia di giochi più grandi di me, e sento che 10 anni di impegno sociale e "buona condotta" non contano più niente.

 

Francesco M.

 

Il ritorno in "quasi libertà"

 

Il carcere tende a dilatare il tempo riducendo ai minimi termini lo spazio. Ma un pensiero aiuta a superare quelle interminabili notti che si susseguono sempre uguali a se stesse: ci sono almeno le misure alternative! Per anni continui a calcolare quanto ti manca, metti in conto anche la liberazione anticipata (45 giorni ogni semestre di galera espiata ti vengono detratti, se la condotta è buona), e finalmente una notte ti accorgi che i conti tornano! Sei nei termini per chiedere un beneficio. Già hai messo sottosopra il mondo per ricevere da una cooperativa sociale una offerta di lavoro. Se sei fortunato la trovi, se sei ancora più fortunato avrai uno stipendio decente, che ti permetterà di sopravvivere in semilibertà, senza dover chiedere alla famiglia di integrarti il magro salario.

La Camera di Consiglio che decide la tua scarcerazione è una pietra miliare nella tua vita. Da domani il mondo della galera, fatto di pochi metri, con tutti quegli oggetti ormai cari, quei volti, quegli amici, tutto cambia, si torna a vivere. Sono in tanti ad aver paura di questo passo, molti non hanno riferimenti esterni e vedono l’uscita come un salto nel buio, perché lasciano questa triste certezza e vanno dove non si sentono più adatti. Ormai estranei.

Da anni discutiamo tra noi della necessità di una struttura, o di gruppi di sostegno pre-libertà. Si esce spesso con le idee confuse. Prendete la persona più lucida e cosciente, tenetela chiusa per anni, e poi misuratene "la lucidità": forse le carenze non sono evidenti, perché sono inconsce, a livello emotivo, ma non per questo meno dolorose.

Ma ecco, sei finalmente libero! O semi-libero, comunque puoi respirare, almeno in parte, la vita normale. Non dimentichiamo però che a chi esce dal carcere si chiede di comportarsi secondo precise prescrizioni: devi seguire il tragitto più breve per recarti nel luogo di lavoro, hai orari che scandiscono la tua giornata, e sono tassativi. Qualsiasi trasgressione, come l’uso del cellulare, equivale a ritornare in carcere e dire addio per anni ai benefici.

Si può accettare ogni restrizione, se il premio è restare libero, ma sicuramente non è semplice rimanere perfetti. Il fallimento è dietro l’angolo, un passo falso è facile compierlo, la determinazione a dare una svolta alla propria vita a volte non basta.

Le misure alternative e il ritorno alla società sono il vero momento di incontro con la realtà, dopo anni di una vita che non è vita. Superato questo gravoso percorso ad ostacoli, il premio ultimo è la libertà.

 

Nicola Sansonna

 

Un carcere che dia speranza

 

Quando ti dicono, dopo anni di galera, che forse presto si aprirà anche per te la possibilità di mettere un piede in libertà, in un primo momento non ti sembra neanche vero, però è una bellissima cosa sapere che potrai lavorare fuori di giorno, che potrai anche solo per un attimo vivere una vita normale. Io oggi sono troppo felice di questa prospettiva, anche se mi sto allenando già a non dimenticare che quando lavori fuori dal carcere e rientri dentro la sera non sei affatto libera. Per me però già solo l’idea di cominciare finalmente questo percorso ha cambiato tutto. Ho visto una luce che aspettavo da tanto tempo.

I miei famigliari vivono in Montenegro, io non li vedo da anni, ma ogni volta che mi sentono al telefono, mi chiedono se c’è qualcosa di nuovo. Quando si è aperta questa possibilità di uscire a lavorare, ero più felice per loro che per me. Perché non solo per i miei genitori, ma anche per i miei figli conta molto avere almeno un contatto telefonico "normale". Mia figlia mi chiedeva spesso perché non le lasciavo il mio recapito telefonico, poi ha capito che la mamma non ha il telefono, però è molto importante che io possa cominciare a sentirla in ogni momento, essere più presente nella sua vita. A lei non ho detto ancora nulla di questa grande speranza, fino a quando non sarò fuori non voglio raccontarle niente, altrimenti lei si agita e comincia a chiedere quando ci vediamo e di nuovo si fa troppe illusioni. Invece appena sarò fuori le dirò che finalmente può chiamarmi anche lei. Io sono sempre la sua mamma, lei sa che c’è una mamma che la ama, che le manda dei regali, però per quanto riguarda il lato affettivo io per lei sono una mamma che finora non è stata presente se non pochi minuti al telefono, e quindi adesso sono felice se avrò almeno la possibilità, un po’ alla volta, di riprendere il mio posto.

Dopo quattro anni di carcere, dopo tutto questo tempo che non vedo i miei cari, ora c’è un motivo in più per andare avanti, per trovare la forza, perché in posti come la galera ci vuole veramente tanta forza, tanta pazienza. Ultimamente ero stanca, non avevo più energie per combattere, accettavo tutto passivamente: una persona che sta in carcere e non intravede una prospettiva, perde infatti quella carica di energia necessaria per vivere, per cambiare.

Per questo credo che i benefici siano importanti, perché sbattere una persona fuori dopo anni di galera, significa metterla a rischio di perdere del tutto il suo equilibrio: una persona ha bisogno di rientrare nella società un po’ alla volta.

 

Natasha

 

 

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