L'opinione dei detenuti

 

Carceri da cui si potrà uscire solo peggiori

a cura della Redazione di Ristretti Orizzonti

 

Mattino di Padova, rubrica "Lettere dal carcere", 11 maggio 2009

 

62.000 detenuti in carceri che dovrebbero tenerne poco più di 43.000. E ora arriva il "piano carceri", per cui si spenderanno valanghe di denaro costruendo nuove celle all’interno degli Istituti di pena già esistenti, e sottraendo questi spazi a quello a cui avrebbero dovuto servire: la risocializzazione, i percorsi per dare alle persone rinchiuse la possibilità di uscire, a fine pena, "attrezzate" per fare una vita diversa da quella che le ha portate in galera.

 

Il Piano carceri e la vera "madre di tutte le soluzioni"

 

Intervenendo di recente alla Camera il ministro della Giustizia sì è espresso così: "Abbiamo attuato una politica di contrasto alla criminalità organizzata molto severa, che non ci lascia presumere un abbassamento degli indici statistici mensili di aggiunta di nuove presenze nelle carceri. Per tale ragione individuiamo come la madre di tutte le soluzioni quella della realizzazione di nuovi istituti di pena…". Ma chi sta in carcere sa bene che il sistema carcerario non risulta sovraffollato a causa dei troppi detenuti provenienti dalla criminalità organizzata, quanto piuttosto dal mondo dell’emarginazione. Qual è allora oggi il quadro del disastro delle carceri?

Capienza delle carceri - Il numero dei posti "regolamentari" viene calcolato così: la cella "singola" deve essere di almeno 8 metri cubi; ogni posto in più determina l’aumento della cubatura di ulteriori 2 metri. Nelle carceri italiane i posti-detenuto sono 43.215, ma 3.763 non sono utilizzabili, per problemi legati a inidoneità strutturali e igieniche, oppure alla mancanza di personale. La cosiddetta "capienza tollerabile" prevede l’aumento di posti attraverso l’utilizzo delle brande a castello.

Aumento della popolazione detenuta - Pochi mesi dopo l’indulto i detenuti erano 39.005, al 4 maggio scorso 62.057: in 28 mesi l’aumento è stato di 23.052.

Carenza di personale penitenziario – Gli organici della Polizia penitenziaria prevedono 41.268 unità, ma oggi risultano in forza 35.572 persone: mancano 5.696 operatori. E sono sotto organico anche tutte le altre figure professionali.

Il Piano straordinario di edilizia penitenziaria – Prevede, pare, entro il 2012 la realizzazione di circa 17.000 nuovi posti, con una spesa intorno a 1 miliardo e mezzo di euro.

Il Piano, a mio avviso, presenta alcune incongruenze:

  1. la popolazione detenuta sta aumentando di circa 800 persone al mese. Alla fine del 2012 mancano 44 mesi, quindi i detenuti potrebbero essere 35.000 in più rispetto ad oggi…;

  2. il personale penitenziario è insufficiente, ci sono reparti detentivi inutilizzati proprio per mancanza di agenti. Il "Piano" non prevede nuove assunzioni, quindi la gestione dei 28 nuovi istituti e dei 46 nuovi padiglioni risulterà alquanto ardua;

  3. la costruzione di "nuovi padiglioni" in Istituti già esistenti significherà sottrarre spazi alle attività lavorative, culturali, sportive, e ridurre ai minimi termini gli aspetti rieducativi della pena (che già oggi spesso si risolve nel trascorrere 20-22 ore al giorno in cella);

  4. la copertura economica del "Piano" è tutt’altro che chiara: il ministero conta di destinare non più di 3-400 milioni di euro (compresi 120 milioni sottratti alla Cassa delle Ammende, che avrebbero dovuto servire per iniziative di reinserimento dei detenuti), mentre il resto, cioè il 70%, dovrebbe arrivare da finanziatori privati: ma considerando la mole di debiti della Pubblica Amministrazione nei confronti di creditori privati, chi sarà così "entusiasta" di investire senza solide garanzie di un rientro del capitale?

Con queste premesse la "madre di tutte le soluzioni" forse non è la costruzione di nuove carceri: è invece il maggior ricorso alle misure alternative, che sono più efficaci nel "recupero" delle persone condannate, che abbattono la recidiva e costano di meno. Su questo punto il consenso degli addetti ai lavori è quasi unanime, dai giuristi, agli operatori sociali, agli agenti penitenziari: tutti concordi nel chiedere che in carcere rimangano solo le persone effettivamente pericolose, e tutte le altre siano assegnate a pene diverse. Ma la politica va da un’altra parte.

 

F.M.

 

Continuano ad arrivare nuovi detenuti, mentre il carcere scoppia

 

L’altro ieri hanno portato in carcere tre nuovi detenuti e ieri ne sono arrivati altri tre. Ma se ricevere sei condannati in due giorni non è una novità per un carcere penale come quello di Padova, vederli arrivare in un momento in cui tutte le celle sono al completo, per chi in carcere ci vive o ci lavora, diventa davvero preoccupante. Qualche giorno fa ne hanno messo alcuni anche in infermeria, ad attendere in mezzo ai malati che qualcuno finisca la pena e liberi la branda.

Ma quello di utilizzare i letti dell’infermeria non è l’unico stratagemma messo in atto per far fronte all’emergenza. I condannati che arrivano bisogna pur metterli a dormire da qualche parte, così gli ultimi due detenuti che hanno avuto l’autorizzazione del Magistrato di andare per qualche giorno in permesso a casa per coltivare i rapporti famigliari, non lo sanno che nel frattempo ci sono degli sconosciuti che dormono nelle loro brande:in attesa che si liberi qualche posto. Ma si può vivere in un carcere così, utilizzando le brande a turno?

La Casa di reclusione di Padova dovrebbe essere un posto di rieducazione dove chi ha delle condanne lunghe possa fare un percorso di maturazione, prendere coscienza del proprio reato, trovare delle possibilità di formazione professionale. Invece vediamo arrivare sempre più persone condannate a pochi mesi di carcere per reati lievi, come quei clandestini puniti per aver disobbedito all’ordine di abbandonare il territorio, e questo sta trasformando i reparti di detenzione in una giungla.

Molti detenuti sono giovani che, dovendo fare solo pochi mesi qui, spesso non rispettano le regole. Così il paradosso vuole che ci sono ergastolani che non vanno più in saletta per evitare di ritrovarsi a fare a pugni per una sigaretta rifiutata o una parola detta male. E pensare che la saletta è uno spazio ideato per la socializzazione dei detenuti!

Questa situazione però costringe tutti - detenuti, agenti e operatori - a vivere alla giornata, mentre chi lavora in carcere sa bene che per chi ha lunghe condanne bisogna investire in progetti a lungo termine, se si vuole che quando escono siano persone cambiate in meglio.

La situazione è grave e qualcuno dovrebbe intervenire subito, certo però non alzando di qualche piano le carceri per costruire nuove celle, come vogliono le ultime proposte che abbiamo letto sui giornali. Ma finché in carcere si vivrà schiacciati come sardine, e quasi nessuno riuscirà a uscire in misura alternativa, da qui non verranno mai fuori persone davvero rieducate.

 

Elton Kalica

 

Si può sfrattare la dignità per un giorno?

 

Quando arrivi in una cella di undici metri quadri da condividere con un altro sconosciuto, pensi con angoscia a quanto tempo ci passerai dentro. Per essere più precisi a questo spazio angusto vanno sottratti almeno altri sei metri quadri costituiti dalle brande fissate a terra con bulloni per non usarle come armi improprie, due tavolini di circa un metro quadro e due sgabelli. I mobili sono due stipetti e due armadietti di circa cinquanta centimetri l’uno.

Di solito la cella è in condizioni disastrate come tutto il sistema delle carceri in Italia. Il regolamento di esecuzione del 2000 che parlava di "stanze dei detenuti" con doccia e acqua calda è rimasto in buona parte pura utopia.

Nella cella che mi è stata assegnata ho le mie poche cose: qualche vestito, qualche libro, qualche ricordo di famiglia. Venti ore al giorno le devo passare li. La cella non viene ridipinta da anni, le pulizie comunque le facciamo anche due volte al giorno perché non siamo degli animali come veniamo descritti. La convivenza non sempre è facile, problemi di natura psichica ed altri sono l’ordinaria amministrazione in un carcere e conviverci per lungo tempo è assai complesso.

Qualche settimana fa ho usufruito di due giorni di permesso premio per andare nelle scuole per un progetto di prevenzione e la notte ho dormito presso un centro di missionari. Quando sono rientrato, nella mia cella tutti i miei pochi vestiti e ricordi erano stati raccolti in due sacchi neri, il mio materasso era finito in magazzino e la branda aveva ospitato un nuovo giunto, un detenuto che ha passato una notte e un giorno dove io abitualmente vivo o sopravvivo. Questo è stato il mio permesso premio, trovarmi nella condizione di un senza dimora a cui vengono sottratti anche i residui di vita che gli restano.

Ognuno di noi ha una dignità, anche la persona momentaneamente privata della sua libertà personale. Io ci ho un po’ riflettuto ma mi sembra che qualcosa si sia rotto nella vita del nostro Paese, se si comincia a pensare agli altri come oggetti da depositare al "deposito bagagli" di un carcere, dimenticandosi che comunque si tratta di persone.

Mettetevi per un giorno nei panni di un uomo che in qualche metro quadro ha vissuto alcuni anni di vita e se poi esce "di casa" per un giorno trova che il suo spazio vitale è già stato occupato da altri, e poi rispondetemi se ciò non turba la vostra libertà.

 

Daniele Barosco

 

 

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