L'opinione dei detenuti

 

Processo in tempi certi e vicini al momento di commissione del reato

A cura della Redazione di Ristretti Orizzonti

 

Mattino di Padova, rubrica "Lettere dal carcere", 10 marzo 2008

 

Hanno suscitato dubbi e ansia la scarcerazione del figlio di Totò Riina per decorrenza dei termini della custodia cautelare e le parole di Pietro Grasso, Procuratore Nazionale Antimafia, così pieno di rabbia per le storture della giustizia italiana, da arrivare a dichiarare: "Noi magistrati ci sentiamo ormai lavoratori socialmente inutili. Fra rito abbreviato in primo grado, concordato in appello e benefici penitenziari, un capomafia può sperare di lasciare il carcere in cinque o sei anni". Ma forse questa idea di quasi totale e generalizzata impunità di chi commette reati non è del tutto rispondente alla realtà, e dal carcere arrivano, a contrastarla, le voci di chi la galera se la sta facendo, e tanta anche.

 

Ma cosa volete, che si facciano tutti giustizia da sé?

 

Mi ha sempre fatto star male sentire tanti giornalisti fare conti da ragioniere sulla giustizia e sugli anni di galera che si fanno per questo o per quel reato. Il ragionare in modo estremista per provare la tesi che oggi la galera non la fa nessuno lo trovo non solo sbagliato, ma anche terribilmente ingiusto nei confronti delle vittime dei reati, per le quali è senz’altro motivo di ulteriore dolore sentir dire dai giornali e dalla televisione che oggi in Italia chi commette un reato la fa franca.

Ma finché lo dicono certi giornalisti è un conto, loro devono cercare notizie "forti", per aumentare le vendite prima che per fare informazione, mi ha lasciato senza parole invece l’intervista del Procuratore Nazionale Antimafia Pietro Grasso, che sostiene che oggi quasi nessuno, nemmeno i mafiosi, sconta la pena in carcere.

Io sono in galera insieme a migliaia di persone e la cosa assurda è che siamo qui non solo per aver infranto la legge, ma anche per via di quella convinzione, inculcata in tanti di noi da chi fa informazione, che in Italia la galera si può evitare, basta essere abbastanza furbi. E molti di noi prima di entrare qui dentro la pensavano nello stesso modo del capo procuratore, e cioè che in carcere ci restano poco anche i mafiosi, figurati chi ruba, truffa o rapina. Invece alle fine in galera ci siamo finiti eccome. E ci accorgiamo tutti i giorni che quando si rimane intrappolati nella ragnatela della giustizia, dalla galera è difficile uscire. L’operazione che fa il magistrato nella sua intervista, calcolando quanti anni di carcere si prende un trafficante di droga che patteggia e che concorda la pena in appello, è ovviamente una cosa possibile, ma quelle sono strategie difensive che usa solo chi può pagarsi decine di migliaia di euro per mantenere un esercito di avvocati, oppure chi può addirittura cambiare le leggi come gli pare: per noi comuni mortali c’è solo la pena detentiva.

Chi vive in carcere oggi sa che le pene in Italia sono alte e che i processi, anche se lenti, alla fine ti presentano sempre il conto al quale non puoi sfuggire. Ci rammarica però leggere troppo spesso dichiarazioni sul fatto che nessuno in questo Paese paga per i suoi reati, perché non capiamo che cosa si vuole ottenere con questi allarmismi. Insomma se anche i magistrati dicono che la giustizia è un disastro, cosa devono pensare i cittadini? Saremo anche stupidi, oltre che cattivi, ma di fronte a certe reazioni rimaniamo spiazzati anche noi che dello Stato abbiamo avuto meno rispetto degli altri. Ci spiegate per favore se volete più legalità, più solidarietà e più armonia sociale oppure volete coltivare odio e paura, in modo che le persone continuino a perdere la fiducia nella giustizia e decidano di farsi giustizia da sé?

 

Elton Kalica

 

La "catastrofe fin troppo annunciata" della Giustizia

 

Del problema giustizia in questi anni si sente spesso parlare in termini di catastrofe annunciata, e molti giornali ogni settimana pubblicano statistiche che hanno la capacità di rendere il quadro senza speranza. E qui posso anche capire che ci siano tante persone, giornalisti e non, che scambiano la scadenza della custodia cautelare con i permessi premio o la semilibertà, o la libertà, urlando magari che "il tal delinquente è già fuori", spesso senza poi spiegare che è fuori in attesa che la condanna diventi definitiva, e definitivo anche il carcere. Si dovrebbe invece ricordare a tutti che una persona non può rimanere in carcere più di un certo numero di anni senza aver subito un processo, anche perché è il caso di non dimenticare che ogni individuo è innocente finché non viene processato ed eventualmente riconosciuto colpevole, e che più del 50% delle persone incriminate in fase dibattimentale viene assolto.

Quello che fatico a capire è però il Procuratore Nazionale Antimafia Pietro Grasso, che solleva una polemica amara verso la lentezza dei processi, ricordando però poi che misure per sveltire i processi ce ne sono diverse, come quelle che "utilizzano" a man bassa i mafiosi, "rito abbreviato in primo grado, concordato in appello e benefici penitenziari". Il Procuratore Grasso però forse dovrebbe spiegare, per non creare confusione, che il rito abbreviato può essere concesso solo se il pubblico ministero lo accetta in udienza preliminare, così come dovrebbe spiegare che il concordato va fatto in accordo con il procuratore generale in fase di appello, ed infine che chi ha avuto una condanna per mafia, figuriamoci un capomafia, non può assolutamente accedere ai benefici carcerari, a meno che non sia un collaboratore di giustizia. Del resto, tutte quelle forme alternative al dibattimento penale sono state introdotte proprio per dare respiro a quei magistrati o giudici che si lamentavano perché vi erano troppi processi e nessuno era in grado di far fronte a una situazione simile.

Il Procuratore tutte queste cose certo le sa, ma da persona detenuta io proprio non posso dimenticarle, dato che con queste leggi devo convivere da anni. Ecco perché trovo insolito che persone che di Codici ed Ordinamenti penali sono bene a conoscenza, rilascino dichiarazioni non chiarissime, finendo per suscitare nei cittadini un senso di impotenza e di totale sfiducia nella giustizia.

 

Sandro Calderoni

 

Tanti di noi hanno aspettato anni in carcere prima di essere processati, e a volte assolti

 

L’articolo 303 del Codice di Procedura penale regola lo spinoso tema della decorrenza dei termini della carcerazione preventiva, la più lunga prevista in Europa anche per fattispecie di reato non comprese dagli altri Paesi membri, come ad esempio il "concorso esterno in associazione mafiosa". Fare il processo in "tempi ragionevoli" è un dettato costituzionale, allora perché ci si deve scandalizzare che un imputato di estorsione ed altri reati comuni sia messo in libertà "solo" dopo sei anni di carcerazione preventiva? Che questo imputato si chiami Riina, Rossi o Bianchi poco importa, è in ogni caso terribile pensare che un cittadino debba attendere in carcere anche sei anni senza avere un processo che giunga alla sua fine naturale, cioè una condanna o una assoluzione. Immaginare che la carcerazione preventiva possa essere prorogabile all’infinito significa negare e cancellare l’articolo 13 della Costituzione che garantisce la libertà a tutti i cittadini e può restringerla solo in casi eccezionali, e in nessun caso a vita, in quanto le pene devono tendere al reinserimento ed essere umane. A me sembra strano che il Procuratore Grasso sostenga che fra riti abbreviati e altri sconti di pena il lavoro dei magistrati è praticamente inutile, soprattutto se penso che in Italia vige un regime carcerario durissimo, il 41bis, a cui sono costrette più di 500 persone condannate a più ergastoli che probabilmente non vedranno mai la libertà!!

La carcerazione preventiva è un mezzo eccezionale che in Italia è mostruosamente divenuto di uso comune, con il fine solo e chiarissimo di indurre gli indagati di delitti più o meno gravi a confessare le loro colpe presunte. Succede così che chi è privo o quasi di mezzi per garantire la propria difesa finisce in carcere e sconta anni di pena prima che si accerti se eventualmente è innocente. E naturalmente la carcerazione preventiva è spesso lunghissima per tutti i disgraziati, gli stranieri, quelli che non possono garantirsi una difesa decente, e invece pressoché inconsistente per gente come Previti, Tanzi, Ricucci. Il rispetto della decorrenza dei termini di questa "tortura" sottile chiamata "carcerazione preventiva" è un diritto inviolabile importantissimo, è il diritto alla libertà. Così come la garanzia di un processo in tempi certi e vicini al momento della commissione del reato dovrebbe essere un diritto inalienabile, ma è ancora una utopia, tanti di noi hanno aspettato anni in carcere prima di essere processati, e a volte assolti. Io, essendo uno che è passato dentro queste cose, vorrei che nessuno provasse quello che io ho subito, anni di custodia cautelare per una accusa, che poi è in gran parte caduta nel corso del processo, come del resto succede a tanti, a troppi credo.

 

Daniele Barosco

 

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