Salviamo la Gozzini: 19 luglio 2008

 

I Giovani Avvocati sul reinserimento dei detenuti

Alfonso Quarto (presidente Aiga)

 

Il Denaro, 19 luglio 2008

 

Con le modifiche oggi proposte in sei articoli dal Ddl Berselli, la cosiddetta Legge Gozzini, pensata e scritta per rispondere al dettato costituzionale e all’interesse della società civile per il recupero ed il reinserimento dei condannati, verrebbe praticamente svuotata dei suoi contenuti di grande civiltà, rendendola inefficace.

La legge 354/75, con i successivi aggiustamenti, si è rivelata una formula giusta, equilibrata, che in oltre trent’anni ha prodotto indiscutibili successi e molti di più ne avrebbe prodotti se fosse stata applicata in modo più coraggioso. Sono anni, ormai, che i Giovani Avvocati denunciano la necessità di una riforma organica del sistema penale e penitenziario, ma non certamente con le modalità e le modifiche proposte dal Governo.

Avevamo già scritto, proprio su queste pagine, che fin dai tempi dell’Università abbiamo studiato che la pena ha una funzione rieducativa e che la nostra Costituzione prevede all’art. 27 che "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato".

Tale risultato è stato il frutto di un lungo processo evolutivo della pena che è passata da un significato intimidatorio e vendicativo, proprio dell’epoca pre illuministica - dove il colpevole era punito con vere e proprie pene corporali che potevano portare anche alla morte del reo - ad un valore retributivo, sotto l’influenza dei principi illuministici, per cui essa veniva comminata in maniera proporzionale alla gravità del reato, indipendentemente dall’appartenenza del colpevole a particolari classi sociali.

Ritenevamo che si fosse raggiunta la consapevolezza che credere nella funzione rieducativa della pena, non significa soltanto aderire ad una scelta etica che contraddistingue uno stato di diritto, ma soprattutto scegliere uno strumento di effettiva tutela sociale che, favorendo la rieducazione ed il reinserimento sociale del detenuto, è in grado di liberare la collettività dalla minaccia di doversi difendere dal condannato dopo il confinamento carcerario.

Purtroppo, ci eravamo illusi in quanto la riforma oggi all’attenzione del Parlamento rappresenta un clamoroso passo indietro rispetto al virtuoso percorso proposto dai Giovani Avvocati di potenziare le misure alternative proprio per favorire i processi rieducativi. Si è visto, infatti, che attraverso gli strumenti premiali e la concessione delle misure alternative al carcere, come la semilibertà e l’affidamento, almeno l’80% di chi ne ha usufruito ha abbandonato i percorsi devianti per rientrare nei circuiti di una vita normale ed onesta, mentre la propensione a delinquere permane in chi sconta per intero la pena in carcere all’incirca nella stessa percentuale. Ciò risulta dai dati ufficiali forniti dal Ministero della giustizia e non è certo un’invenzione dei sostenitori della Gozzini.

Eliminando invece - come vuole il disegno di legge Berselli - la liberazione anticipata per buona condotta, allungando e raddoppiando i tempi di espiazione della pena, prima di poter ottenere un permesso premio o le misure alternative, si preclude praticamente al condannato la possibilità di avviare all’esterno un serio percorso riabilitativo, ben sapendo quanto siano peraltro carenti o inesistenti all’interno degli istituti penitenziari strumenti trattamentali, risorse umane e finanziarie.

Inutile parlare dell’intervento sull’articolo 656 cpp, con l’abrogazione di fatto della legge Simeone; tale nefasto intervento provocherebbe il passaggio obbligatorio per il carcere di qualsiasi persona destinataria di un ordine di esecuzione, vanificando tutti gli sforzi precedentemente fatti proprio per evitare che il soggetto in possesso dei requisiti oggettivi e soggettivi per usufruire di una delle misure alternative, venisse inutilmente a contatto con l’ambiente carcerario, certamente criminogeno e contrario a qualsiasi forma di rieducazione soprattutto per reati poco allarmanti.

Non solo. Vi sarebbe un immediato effetto azzeramento dei benefici prodotti dall’indulto con una situazione delle carceri che tornerebbe a ridare al nostro Paese il triste primato del sovraffollamento carcerario, questo si, davvero incompatibile con qualsiasi forma di rieducazione. E se "il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri", secondo il pensiero di Voltaire e Dostoevskij, a distanza di pochi mesi dall’approvazione di un tale provvedimento, l’Italia diventerebbe anche il Paese più incivile del mondo! In realtà, non basta certo a giustificare questo assurdo "giro di vite" il motivo che di tanto in tanto qualche semilibero o affidato torni a commettere reati anche molto gravi. Si tratta certamente di casi che fanno scalpore e che andrebbero attentamente vagliati per evitarne il ripetersi.

Ma è illogico e dannoso far pagare a tutti i condannati le conseguenze di questi fallimenti, perché in realtà gli effetti negativi della fortissima limitazione dei percorsi riabilitativi esterni ricadrebbero più pesantemente sull’intera società. Al riguardo, studi statistici hanno evidenziato che più lungo è il periodo trascorso in carcere e maggiore è il tasso di recidiva; al contrario, il potenziamento dei percorsi alternativi al carcere ha portato ad un significativo abbattimento della stessa.

Ci auguriamo, allora, che il clima di terrore ed ansie che serpeggia nel nostro Paese per i fenomeni di criminalità, troppo spesso oggetto di forzature medianiche, non condizioni le scelte del nostro Legislatore, soprattutto in una materia che richiede la massima ponderazione ed il più esteso dialogo con chi si cimenta giornalmente con tali problematiche.

Qualcuno ricorda il pensiero di Mario Gozzini?

di Daniela Domenici

 

Italia Notizie, 19 luglio 2008

 

Diceva Mario Gozzini, autore della legge sul "pianeta carcere", che da lui ha preso il nome: "Non ci si può limitare a chiedere che i rei siano posti in condizione di non nuocere più: ci si deve innanzitutto interrogare se del reato commesso non esista una responsabilità collettiva, sia pure indiretta, in quanto non abbiamo saputo intervenire in tempo per risolvere un disagio e prevenirne le conseguenze criminose."

In carcere "ci si ammazza": nel 2007 si contano 45 suicidi in cella, diciotto volte di più che all’esterno, 43 uomini, di cui 27 italiani e 16 stranieri, e due hanno donne italiane. E 76 sono i reclusi morti per cause naturali. È il quadro fatto dall’Associazione Antigone che ha presentato a Roma il V rapporto sulle condizioni di detenzione in Italia. La maggior parte dei suicidi erano imputati perché - sottolinea il rapporto - quello dell’ingresso in carcere "è un momento sconfortante" e perché "si registra un maggior numero di imputati a seguito dell’indulto, che li ha interessati più marginalmente."

I tentativi di suicidio sono stati invece 610, di cui 571 hanno riguardato uomini, parimenti italiani che stranieri (287 contro 284). Quanto alle donne, 22 italiane e 17 straniere. Anche qui a tentare il suicidio sono per la maggior parte tra coloro che non hanno ancora una condanna definitiva. I tentativi di suicidio hanno interessato l’1,35 % della popolazione detenuta presente in media nel corso del 2007.

Cifre molto superiori emergono se si contano gli atti di autolesionismo, che hanno riguardato l’8,14 % dei detenuti e degli internati, vale a dire, in termini assoluti, 3.687 persone, di cui 1.447 uomini italiani, 2.066 uomini stranieri, 117 donne italiane (addirittura il 12,89 % del totale) e 57 donne straniere (solo il 5,29 % del totale). Tra questi detenuti, 2.213 erano imputati (di cui 104 donne), 1.402 condannati (di cui 69 donne) e 71 internati (di cui una donna). Per cause naturali, invece, nel 2007 sono morti in carcere 76 detenuti, tra cui 2 donne. Tra questi, 63 erano italiani (tra cui due donne) e 13 stranieri.

Adesioni all’appello pervenute oggi

 

Salvatore Lihard, Segretario Cgil di Venezia

Norma Naim, Presidente "Centro Studi di Educazione alla Pace" di Caserta

Agnese Manca e Tarcisio Alessandrini, "Vic-Caritas" di Roma

Lisa Pelletti Clark, Associazione "Beati i costruttori di pace" di Padova

Fabio Zacheo, Responsabile Area Pedagogica Casa Circondariale di Lecce

Vincenzo De Donatis, Medico Penitenziario di Modena

Aiga, Associazione Italiana Giovani Avvocati

Padre Giovanni Mengoli, di Bologna

Sabina Frullani

Giuseppe Romano

Francesco Battista

Michele Caselli

Francesca Cameirana

 

 

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