Salviamo la Gozzini: 18 giugno 2008

 

La revisione della Gozzini, arriva la stretta sui carcerati

 

La Stampa, 18 giugno 2008

 

Era un impegno del centrodestra e ora, puntuale, arriva la proposta in Parlamento: modificare la legge Gozzini sui benefici carcerari. Propone infatti Filippo Berselli, presidente della commissione Giustizia del Senato, di tagliare i premi che il sistema prevede per i detenuti di buona condotta. E chiede che sempre siano consultate le vittime e che sempre sia stata pagata la cosiddetta "provvisionale" a loro favore. Se oggi è possibile che la semilibertà (fuori di giorno, dentro la notte) arrivi dopo aver scontato metà della pena, Berselli propone che si debbano scontare almeno i due terzi della pena e nei casi più gravi i tre quarti, "per garantire alla collettività una maggiore tranquillità". Vorrebbe del tutto sopprimere il "premio" della liberazione anticipata (che si calcola in tre mesi ogni anno di detenzione).

Per gli ergastolani, Berselli - salito agli onori delle cronache per essere il primo firmatario dell’emendamento slitta-processi di cui si parla in queste ore - prevede un sovrappiù di severità: i permessi premio (qualche giorno a casa, poi si rientra in carcere) potrebbero essere concessi soltanto dopo che hanno scontato venti anni di carcere e non dieci com’è oggi. "Sul presupposto - scrive - che dopo venti anni i rischi per la collettività siano ridotti a zero o quasi". Chi conta poi sull’affidamento in prova ai servizi sociali, potrà beneficiarne per un anno e non per tre. Così come la detenzione ai domiciliari, che attualmente è possibile per pene fino a quattro anni, propone di ridurla a due. In ultimo, a proposito della detenzione domiciliare: oggi possono chiederla i detenuti settantenni. Berselli chiede di riservare la concessione soltanto agli ultra settantacinquenni "in considerazione del lieto allungarsi della vita umana".

Interventi e adesioni

 

Gozzini addio?

di Claudio Messina, Presidente della Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia

 

La legge Gozzini sta per essere smantellata a colpi d’ascia, 6 colpi per l’esattezza, quanti sono gli articoli del disegno di legge Berselli. Qualcuno ha detto che siamo nel sonno della ragione. Sicuramente è la fine di una seppur difficile stagione di speranze avviata oltre trent’anni fa e mai sbocciata veramente, in cui la realtà del volontariato penitenziario è cresciuta di pari passo con le possibilità di realizzare almeno in parte quei principi di grande civiltà contenuti nella Costituzione italiana, all’art. 27, e recepiti da una legge tanto coraggiosa quanto illuminata, quale è la l. 26 luglio 1975 n° 354 che oggi si vuole praticamente distruggere.

Non solo non si vogliono considerare gli evidentissimi effetti positivi prodotti dalla legge sin dalla sua entrata in vigore, ma addirittura la si vuol ritenere responsabile di indimostrati e indimostrabili disastri, prendendo a pretesto rari ed eclatanti fallimenti verificatisi nel corso degli anni, che hanno obiettivamente un peso assai residuale sul bilancio costi-benefici che qualsiasi strumento legislativo produce.

È chiaro che l’onda lunga di questa politica falsamente securitaria ha il solo scopo di ottenere consensi e potere da parte di un’opinione pubblica deliberatamente male informata, che ha bisogno di fugare paure ingiustificate ma realmente percepite, ansie esistenziali prodotte da un contesto sociale confuso e disgregato, in cui i problemi veri che affliggono la società sono accuratamente coperti e disattesi.

Gli effetti di questa sorta di tsunami generato dal "pacchetto sicurezza" e strumenti legislativi ad esso riconducibili non possono che essere disastrosi. Si annuncia una tabula rasa, sul terreno delle politiche penitenziarie, di tutte quelle buone prassi sperimentate ed attuate nei decenni passati, in quelle attualmente in atto che e che sono in realtà gli unici strumenti che possono funzionare e funzionano nei percorsi riabilitativi di reinserimento, d’inclusione sociale. Lo dicono i numeri, le statistiche ufficiali del Ministero della giustizia, nel raffronto sul tasso medio di recidività, che crolla letteralmente quando riguarda detenuti che hanno potuto usufruire delle misure alternative, rispetto all’elevatissimo tasso di recidività riscontrabile in chi è lasciato invece a marcire in galera.

Il Volontariato penitenziario non ci sta! Basta con le ipocrisie, basta con le confusioni di ruoli, con le false aperture che nascondono la necessità per l’Amministrazione Penitenziaria di avvalersi gratuitamente di servizi da lei disattesi. I volontari, molti dei quali si sono letteralmente "fatti la galera" per tanti anni, a fianco dei detenuti e degli altri operatori, non vogliono essere corresponsabili di scelte politiche insensate, ingiuste, inefficaci e criminogene. A loro volontari, che attuano coscientemente nella pratica quotidiana quei principi di umanità, di solidarietà, di cittadinanza attiva, che stanno scritti lapidariamente da qualche parte, che sono da molti politicanti invocati come semplice esercizio dialettico ad effetto, nessuno può raccontare palesi falsità, perché essi volontari penitenziari conoscono la realtà dal di dentro. Non vanno essi in carcere per fare comode passerelle mediatiche; ci vanno per affrontare i problemi veri, per collaborare con quegli operatori istituzionali, agenti compresi, che hanno la passione per il loro mestiere e la voglia di farne qualcosa di più che svolgere una mera mansione amministrativa o custodiale.

E ce ne sono tanti di questi bravi operatori che credono nella necessità e nel valore riabilitante dei percorsi trattamentali interni ed esterni per le persone detenute seriamente interessate a migliorare la propria vita. Riforme come quella proposta dal sen. Berselli sono destinate a passare specularmente alla storia, come rinnegazione di quel progresso civile di cui la legge Gozzini può vantare di essere un capitolo importante ed attuale, perché i principi di giustizia a cui essa s’ispira sono universali, al di fuori di ogni tempo.

L’indignazione del Volontariato si aggiunge alla preoccupazione espressa da molte istituzioni e organizzazioni del mondo civile e democratico, dalla magistratura, dagli operatori del sociale, dai dirigenti e operatori penitenziari, dalle loro organizzazioni sindacali, dagli assistenti sociali degli Uffici per l’esecuzione penale esterna, che sarebbero praticamente svuotati del loro importantissimo ruolo.

Al contrario, grandi affari si annunciano per quelle imprese che concorreranno a costruire tante nuove carceri da qui a 10, 20 anni e per tutti coloro che aspirano a gestire il penale come un affare. Se "certezza della pena" e "tolleranza zero" prenderanno a riferimento, come appare scontato, modelli altrove in uso, avremo sì una certezza: quella del fallimento della ragione e quella del proliferare della violenza e dei reati, fino a decuplicare la popolazione attualmente detenuta.

Il Volontariato penitenziario contrasterà con ogni mezzo lecito e civile, fino ad autosospendersi dal servizio, questa linea sciagurata proposta da chi vorrebbe far credere che sia la via giusta per mettere ordine nelle questioni della giustizia, per garantire al meglio la sicurezza dei cittadini, per dare improbabili quanto rozze risposte alla grave carenza di politiche sociali e di sviluppo a servizio della persona umana.

La Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia chiede alle forze di governo di arrestare lo smantellamento della riforma dell’ordinamento penitenziario, valutando piuttosto l’adozione di modalità penali e sanzionatorie che consentano a chi si è macchiato di reati di correggere la propria condotta attraverso strumenti riabilitanti, come l’istruzione, la formazione e l’avviamento al lavoro, l’impegno gratuito in attività socialmente utili, percorsi di mediazione penale, risarcitori e di riconciliazione. Tutte attività in cui il Volontariato penitenziario (oltre 8.000 operatori) è impegnato da decenni, in cui crede fermamente e a cui non intende rinunciare per i tornaconti della politica.

 

Punire i poveri

di Antonio De Lellis, Presidente dell’associazione Faced (famiglie contro l’emarginazione e la droga) onlus di Termoli (CB) e direttore dell’Ufficio diocesano per i problemi sociali ed il lavoro

 

La "crisi dello Stato sociale" determina lo "Stato penale" con le relative ripercussioni pratiche e ideologiche sulle altre società sottomesse alle "riforme" promosse dal neoliberismo. È necessario far conoscere quali meccanismi si nascondono dietro questo ritorno della "pubblica sicurezza" comparsa improvvisamente alla fine del XX secolo sulla scena politica dei paesi dell’Unione europea dopo aver invaso lo spazio pubblico negli Stati Uniti vent’anni prima. Si richiama l’attenzione pubblica sui recidivi, i mendicanti aggressivi, i rifugiati senza fissa dimora, gli immigrati da espellere, le prostitute da marciapiede, omosessuali e travestiti da allontanare e altri rifiuti sociali disseminati lungo le strade delle città a tutto danno delle "persone perbene".

Dappertutto risuonano le stesse lodi alla dedizione e alla competenza delle forze dell’ordine, lo stesso biasimo per l’inefficienza dei giudici, il sacrosanto "diritto delle vittime" della criminalità, gli stessi annunci che promettono ora di far scendere la delinquenza del 10% l’anno, (promessa che nessuno si sogna di fare circa il numero dei disoccupati) ora di ripristinare il controllo dello Stato sulle "zone di non-diritto", ora addirittura di aumentare costantemente la capacità delle prigioni e dei Cpt a colpi di miliardi di euro.

La svolta punitiva delle politiche penali negli ultimi decenni non deriva dal semplice adagio "delitto = castigo". Annuncia l’introduzione di un nuovo governo "dell’insicurezza sociale" che tende a plasmare i comportamenti degli uomini e delle donne preda delle turbolenze della deregulation economica e della "conversione dell’assistenza sociale in trampolino di lancio del lavoro precario". All’interno di questo dispositivo "liberal-paternalista", polizia e prigione ritrovano la loro funzione originaria: piegare le popolazioni e i territori insubordinati all’ordine economico e morale emergente. Questa politica della precarietà nasce negli Stati Uniti ed è qui da ricercare l’origine di quello Stato carcerario sorto dalle rovine dello Stato sociale, poiché nell’epoca del lavoro discontinuo, la regolazione delle classi popolari passa soprattutto dal braccio, severo e virile, dello Stato penale.

La lotta contro la delinquenza fa ormai da schermo alla nuova questione sociale. Ma concretamente con quali meccanismi si perpetua questo condizionamento sociale? Per comprenderlo prendiamo ad esempio la pornografia. "In primo luogo essa è pesata ed eseguita non per se stessa , ma con il preciso intento di essere esibita e vista, osservata, adocchiata: la priorità assoluta è far spettacolo. Così anche la parola e l’azione securitaria devono essere metodicamente messe in scena esagerate, drammatizzate persino ritualizzate".

Così i responsabili dell’ordine pubblico dei vari governi che si susseguono eseguono le stesse figure obbligatorie: si scende in una stazione metropolitana o su un treno di periferia per mostrare il pugno di ferro e fare la voce grossa, si visita in corteo il commissariato di polizia di un quartiere malfamato, ci si infila nelle foto celebrative di un sequestro di stupefacenti, si lanciano risoluti avvertimenti ai malintenzionati, dicendogli che ormai dovranno "comportarsi bene".

Insomma il neoliberismo che non mette più al centro la persona crea precarizzazione del lavoro (perché ha bisogno sempre di fare profitti anche a scapito dei diritti); ciò crea instabilità sociale ed emarginazione con un aumento reale dei crimini; questo crea insicurezza sociale e quindi bisogno di sicurezza; ed infine aumento di spese penitenziarie e militari. Se questo è il contesto globale occidentale, veniamo a casa nostra per cercare di interpretare il rancore, radice del malessere del Nord Italia. Sono ormai vent’anni che il Nord manifesta in vari modi il proprio disagio

In passato lo ha fatto affidando con forza la delega politica a un partito che esprimeva gli interessi del territorio regionale, la Lega Nord, e in seguito Forza Italia. Oggi invece il suo rancore è rivolto verso tutto il complesso del mondo politico. In sintesi la politica viene accusata di essere troppo lenta nel risolvere i problemi posti dallo sviluppo produttivo, ma anche di avere un atteggiamento vessatorio sulla questione fiscale e soprattutto nei confronti del cosiddetto "mondo delle partite Iva".

Ma la questione settentrionale è nel frattempo mutata di segno: il Nord difatti si trova di fronte alla necessità di competere a livello mondiale. Per poterlo fare ha bisogno che la politica si ri-territorializzi. I comportamenti sociali della nuova borghesia italiana e le forme esagerate di egoismo sociale radicate nel territorio rischiano di estendersi anche laddove, come nel nostro Molise, la situazione è ben diversa e socialmente meno intrisa di rancore. Come cittadini e cristiani non possiamo essere spettatori di ingiustizie sociali che colpiscono i poveri, gli ultimi ed i più vulnerabili.

Rivolgo un appello a tutte le forze sane della società civile affinché la nostra regione diventi ad esempio "sgomberi Free", ossia libera da spettacoli incivili di sgomberi irrazionali, incendi ed odio razziale. È il momento di resistere, è il momento di trovare le vie della "civiltà" attribuendo chiaramente le responsabilità, visto che ora il comunismo non esiste più, all’unica responsabile: la filosofia neoliberista che compromette gli ambienti sociali e naturali precarizzando i diritti.

Dietro questa filosofia ci sono due poteri forti, piovre economiche, sociali e politiche, l’una si traveste di una cultura cattolica, l’altra di una logica massonica. Anche come cristiani abbiamo cercato , per decenni, il nemico fuori di noi, ma non ci siamo resi conto di quanto il vero nemico, che propone una dottrina sociale senza l’opzione preferenziale verso gli ultimi, trovi appoggi e consensi interni.

 

Sono una donna "recuperata" grazie alla Gozzini

di Patrizia, da Empoli

 

Credo che il momento storico che tutti noi stiamo vivendo, non dia nessun tipo di garanzia. Partendo dalla precarietà nel mondo del lavoro fino ad arrivare al mondo del carcere, che non ha niente a che vedere con il mondo fuori. Io sono una donna di 41 anni che ha scontato dieci anni di carcere, che si è recuperata grazie alla legge Gozzini.

Che mi ha permesso di proseguire il mio percorso di recupero in una comunità, che mi ha riconosciuto il buon comportamento, scalando un numero di giorni l’anno, la liberazione anticipata che in questo assurdo progetto vuole essere soppressa. Siamo sotto un regime e questo è un dato di fatto. Ma con i detenuti non serve il regime, più restrittività, niente sconti, solo certezza della pena. Con il detenuto serve lavorare offrendogli strumenti per il cambiamento del proprio stile di vita, affinché non rientri in carcere. E se prima della Gozzini venivano dati indulti ogni quattro anni - per esempio - imbavagliando queste misure, più tagliando i benefici, che cosa rimane?. Tutte la pena condotta in un clima di maggiore cattività, che non serve né all’utente né agli agenti di polizia penitenziaria con i quali aumenteranno di sicuro gli scontri. E poi dove entreranno ancora detenuti nelle nostre carceri?. E questo progetto significa fondamentalmente, dimenticare la nostra Costituzione e tornare a quello che era il codice Rocco. Dal profondo del mio cuore spero che Ristretti unisca tante persone per fermare un’azione che costerà la vita di molti.

 

Loredana Raimondo, di Torino

 

Avendo lavorato sull’inserimento lavorativo dei detenuti, mi rendo conto che spesso i benefici sono un modo per evitare il sovraffollamento delle carceri e non tanto uno strumento di reinserimento sociale delle persone che hanno commesso reati, ma la soluzione non può essere certo rappresentata dalla cancellazione della possibilità di riscattarsi dei detenuti. Bisognerebbe invece investire nella progettazione con più risorse sia in termini di personale che economiche. Questo Governo sta mostrando il suo vero volto: l’esercito nelle città, il ruolo meramente punitivo della pena e tanto altro. La mia speranza è rappresentata dall’associazionismo e dai cittadini.

 

Milvia Benucci, educatore penitenziario dal 1979

 

Gli scenari foschi che si stanno delineando a seguito del tema sicurezza, stanno catapultando l’Italia indietro di anni luce, rinnegando l’anima democratica di questo paese che ha visto nascere nel lontano 1975 una legge di riforma penitenziaria all’avanguardia in Europa e che con la Gozzini nell’86 sanciva quello che è il dettato Costituzionale sulla pena non afflittiva.

L’attuale regressione culturale che investe la società italiana, ci colloca fuori dai paesi democratici e coinvolge non solo le persone detenute nelle carceri italiane, ma i loro familiari, i cittadini tutti per le negative ricadute che certamente si avranno: è statisticamente dimostrato che le misure alternative alla detenzione abbassano notevolmente la recidiva, e gli operatori tutti.

Il clima all’interno delle carcere è mantenuto su livelli accettabili se si garantiscono i diritti inviolabili delle persone, se il carcere è " aperto" alla società, se le attività trattamentali interne (scuola, lavoro, formazione) hanno come obiettivo il reinserimento delle persone detenute nella società. Il reinserimento sarà tale solo se si potranno utilizzare i benefici previsti dalla Legge Gozzini perché questo processo sia graduale e permetta un accompagnamento della persona.

Invece di incrementare questo strumento anche con l’immissione di nuovo personale dell’area trattamentale che per la politica penitenziaria di anni è ormai ridotto al lumicino, oggi stiamo per perdere anche quello che è stato conquistato negli anni.

Credo che noi tutti che ruotiamo intorno al mondo carcere e sappiamo come stanno realmente le cose, distanti anni luce da quelle che ci vogliono propinare tutti i giorni con un martellamento incessante, dobbiamo far sentire la nostra voce, dobbiamo alzarla la voce, forte sempre più forte e farla arrivare anche a chi del carcere sa solo quello che gli viene pretestuosamente propinato.

 

Luigi Di Mauro, Presidente Consulta Penitenziaria Comune di Roma (Cooperativa Arca di Noè, Ass. Ora D’Aria, Cidsi; Ass. Fiore del Deserto; Ass. A Roma Insieme; Sinnos Soc. Coop. Sociale Onlus)

 

Aderisco all’appello per salvare la Legge Gozzini, già fortemente ritoccata negli scorsi anni dalla legislazione emergenziale. Se a fine anni settanta non ci fosse stato il coraggio e la lucidità con cui venne introdotta la legge di riforma penitenziaria e, poi, la Legge Gozzini, il nostro sistema penitenziario si sarebbe ritrovato oggi fuori dagli standard definiti dalle politiche comunitarie e completamente dentro i livelli dei paesi che ancora devono maturare il passaggio completo ai diritti civili così come la Carta europea proclama.

 

Leda Colombini, Presidente di "A Roma, Insieme"

 

Siamo d’accordo con la necessità e l’urgenza di fare una vera e propria campagna in difesa della "Gozzini" e per migliorare le condizioni di vita quotidiana nelle carceri.

Impegniamo la nostra Associazione ad estendere le adesioni e a sostenere tutte quelle iniziative sul territorio tese ad applicare i principi enunciati dall’Art. 27 della Costituzione nonché a contrastare i pericoli insiti nella proposta "Berselli".

 

Carla Chiappini, giornalista nel carcere di Piacenza

 

Sembra quasi una follia; una legge buona, costruita da persone degne e competenti, che ha prodotto risultati incoraggianti e ormai ben documentati, una legge intelligente, in linea coi valori della Costituzione, abolirla perché? E perché invece non spiegarla o raccontarla? E magari promuoverla o perfezionarne l’applicazione? Tutto questo è veramente sconcertante. Aderisco con convinzione all’appello per salvare la Gozzini.

 

Cristina Canciani, webmaster di Oltre Le Mura

 

Aderisco al vostro appello e faccio mia la frase di Pancho Pardi (Italia dei Valori) che sto ascoltando in questo momento su Radio Popolare di Milano: "Siamo sull’orlo dell’evanescenza della democrazia". Aggiungo: stiamo scivolando verso una probabile dittatura. Stiamo regredendo al livello di uno staterello sudamericano e la colpa è nostra che in questi anni abbiamo chiuso gli occhi e permesso che i delinquenti della prima Repubblica diventassero i mostri fascisti di adesso. Che abbiamo votato un Berlusconi e che abbiamo lasciato che le sinistre ne divenissero complici. Sono seriamente preoccupata. Grazie per la vostra infaticabile e sempre puntuale attività a favore dei diritti umani. Grazie di dare voce a chi non ce l’ha.

 

Salvatore La Barbera, Volontario dello Sportello di Orientamento Giuridico e Segretariato sociale presso la Casa di reclusione di Padova

 

L’esigenza della "certezza della pena" è stata prontamente recepita ed interpretata dall’attuale maggioranza di Governo, tramite la presentazione di un disegno di legge per la modica radicale della legge Gozzini! Per altro verso, l’esigenza urgente di "non disturbare il manovratore" viene soddisfatta con la presentazione di un emendamento al decreto sicurezza nell’intento di bloccare alcuni processi!

Auspico che gli organi di stampa rendano edotta la pubblica opinione dei guasti e delle nefaste conseguenze di tali provvedimenti. I Partiti di opposizione in Parlamento, se non vogliono alienarsi il consenso di quel terzo degli elettori che rappresentano,devono fare di tutto perché questi disegni vengano ostacolati.

Nel merito delle misure alternative previste dalla Legge Gozzini, va sottolineato che esse sono finalizzate a dare una speranza ai detenuti e a realizzare duri e difficili percorsi di responsabilizzazione. Senza dimenticare degli effetti positivi nel mantenere un clima più sereno all’interno delle carceri.

 

Giovanni Rizzo, direttore responsabile di "Altrove", periodico della Casa di Reclusione San Michele di Alessandria.

 

Come redazione di "Altrove" stiamo organizzando discussioni in redazione e sul prossimo numero dedicheremo molto spazio ad interviste, dibattiti e articoli sulla Gozzini.

 

Francesco Ceraudo, Presidente Nazionale dell’Associazione Medici Amministrazione Penitenziaria (Amapi)

 

Aderisco con profonda convinzione a "Salviamo la legge Gozzini". Con 35 anni di servizio sono testimone dei cambiamenti migliorativi che la legge Gozzini ha determinato.

 

Lia Sacerdote, Presidente Associazione "Bambini senza sbarre"

 

Aderiamo all’appello per la Legge Gozzini

 

Pier Sandro Spriano, Cappellano Coordinatore Casa Circondariale Nuovo Complesso Rebibbia Roma, Presidente Associazione VIC/Volontari In Carcere, Delegato Regione Lazio Cappellani Carceri, Responsabile Caritas Roma/Settore Carcere

 

Aderisco all’appello "salviamo la Gozzini" a nome mio personale e dell’Associazione VIC/Volontari In Carcere - Caritas di Roma Settore Carcere.

 

Giancarlo Trovato, Presidente de "Il Gruppo Libero"

 

Anticipo la mia adesione, che concretizzerò dedicando uno "spazio ironico" (altro non merita) sul prossimo Nonsolochiacchiere.

 

Irene Testa, Segretaria dell’Associazione Radicale "Il Detenuto Ignoto"

 

Aderisco all’appello "Salviamo la legge Gozzini".

 

Patrizio Gonnella, Presidente dell’Associazione Antigone

 

Aderiamo a "Salviamo la legge Gozzini".

 

Jolanda Casigliani, Comitato Nazionale di Radicali Italiani e Segretaria dell’Associazione Radicale Satyagraha.

 

Aderisco all’appello "Salviamo la legge Gozzini".

 

 

Floriano Fattizzo e Adima Salaris, Assistenti Sociali Uepe Milano

 

Aderiamo al vostro Appello in difesa della legge Gozzini e a tutela dell’art.27 della Costituzione.

 

Pipino Vincenzo

 

No a nessun intervento repressivo alla legge "Gozzini".

 

Stefano Vesentini, cappellano del carcere di Favignana (Tp - Sicilia)

 

Non ho nulla da dare, se non la mia solidarietà

 

Carmen Maturo, per la cooperativa Camelot

 

Aderisco all’appello per "salvare" la Legge Gozzini, perché il mondo va avanti, non indietro!

 

Alberto Mammoliti, Coordinatore Agenzia di Servizi per il lavoro e volontario Agesol

 

Aderisco "Salviamo la legge Gozzini"

 

Tilde Napoleone, educatrice carcere Milano Bollate

 

Aderisco all’appello "Salviamo la legge Gozzini"

 

Alessio Scandurra, Presidente Antigone Toscana

 

Adesione all’appello "Salviamo la legge Gozzini"

 

Giorgio Borge, Seac Nazionale e volontario presso la Casa di Reclusione di Saluzzo

 

Aderisco alla vostra iniziativa, con molta apprensione e molta tristezza per come il nuovo governo voglia intervenire. Tutti parlano di sicurezza e nessuno di giustizia.

 

Anna Grosso, Presidente Crvg Liguria

 

Mentre aderisco con convinzione all’appello per salvare la legge Gozzini, mi rendo conto che il grande pubblico, poco informato, reagisce con indifferenza alla cosa. Grazie quindi per la vostra campagna di sensibilizzazione, e che ognuno di noi si impegni a fare altrettanto a livello locale.

 

Mariella Altomare, del Cidsi (Centro Informazione Detenuti Stranieri In Italia)

 

Aderisco all’appello "Salviamo la legge Gozzini".

 

Michele Recupero, Operatore Volontario Carcere di Messina

 

Aderisco all’appello "Salviamo la legge Gozzini".

 

Mario Riu, Presidente "Voci Erranti Onlus" di Racconigi (CN)

 

Aderisco all’appello per salvare la Gozzini; siamo un’associazione che promuove, tra l’altro, teatro in carcere.

 

Elisabetta Vittone, docente corsi formazione professionale C.C. Lorusso e Cutugno Torino

 

Aderisco all’appello "Salviamo la legge Gozzini".

 

 

Segnala questa pagina ad un amico

Per invio materiali e informazioni sul notiziario
Ufficio Stampa - Centro Studi di Ristretti Orizzonti
Via Citolo da Perugia n° 35 - 35138 - Padova
Tel. e fax 049.8712059 - Cell: 349.0788637
E-mail: redazione@ristretti.it
 

 

 

 

 

Precedente Home Su Successiva