Coronavirus. 27 carceri in rivolta: detenuti morti, agenti sequestrati Il Fatto Quotidiano, 9 marzo 2020 A Foggia evasioni di massa e furti di automobili. A San Vittore salgono sui tetti. Continuano le proteste nei penitenziari per la stretta ai colloqui coi familiari legata alle nuove misure per contenere il contagio. Ieri violente proteste in Emilia, Campania, Sicilia, Lazio, Lombardia (dove sono stati sequestrati due agenti nel carcere di Pavia). Oggi caos anche in Puglia, a Milano e in Sicilia. Bonafede: “Condanniamo la violenza ma dobbiamo tutelare la salute di chi lavora e vive nelle carceri”. Sindacato di polizia: “Rischio che dietro le rivolte simultanee ci sia la criminalità organizzata” Continuano le proteste nelle carceri. In 27 penitenziari italiani i detenuti sono in agitazione. Molti chiedono l’amnistia, lamentando la paura del contagio del coronavirus. Altri protestano perché le misure varate dal governo per combattere l’emergenza comprendono anche una serie di restrizioni ai colloqui con i parenti. Dopo che ieri per gli stessi motivi violenti rivolte si sono registrate nei penitenziari di tutta Italia, con sei detenuti morti (tre solo nel carcere di Modena), oggi in rivolta ci sono penitenziari importanti come San Vittore a Milano, Rebibbia a Roma e Ucciardone a Palermo. La rivolta più violenta si registra a Foggia, dove molti detenuti hanno tentato l’evasione: alcuni sono stati bloccati poco dopo all’esterno dell’istituto penitenziario dalle forze dell’ordine. Altri invece sono riusciti a fuggire, disperdendosi nei quartieri vicini e rubando automobili. La situazione ha provocato pesanti reazioni da parte della politica: l’opposizione che ha chiesto l’intervento dell’esercito e i renziani che hanno chiesto al ministro della giustizia Alfonso Bonafede d’informare il Parlamento. L’informativa del guardasigilli è stata fissata per mercoledì 11 marzo alle ore 17. “Le mafie dietro le rivolte” - “È nostro dovere tutelare la salute di chi lavora e vive nelle carceri e i provvedimenti presi hanno proprio la funzione di garantire proprio la tutela della salute dei detenuti e tutti coloro che lavorano nella realtà penitenziaria, ma deve essere chiaro che ogni protesta attraverso la violenza è solo da condannare e non porterà ad alcun buon risultato”, ha detto il ministro della Giustizia. Da segnalare il commento di Domenico Pianese, segretario generale del sindacato di Polizia Coisp, che sottolinea come le proteste siano cominciate contemporaneamente in tutto il Paese: “La contemporaneità delle rivolte all’interno delle carceri italiane lascia pensare che ciò a cui stiamo assistendo sia tutt’altro che un fenomeno spontaneo - dice Pianese - C’è il rischio che dietro le rivolte possa esserci la criminalità organizzata. È in atto, infatti una evidente strategia che tenta di approfittare delle difficoltà causate dell’emergenza Coronavirus” A Foggia evasioni di massa - La situazione peggiore si registra a Foggia, dove si segnalano numero evasi. In un caso alcuni detenuti fuggiti hanno rapinato un meccanico di auto e attrezzi nella zona del Villaggio Artigiani, l’area nella quale si trova il carcere. Non è ancora confermata l’irruzione in un supermercato del quartiere. Alcuni esercizi commerciali hanno affisso all’ingresso dei cartelli di avviso ai clienti nei quali si spiega che, per motivi di sicurezza, rimangono momentaneamente chiusi. Quattro detenuti evasi sono stati fermati sulla tangenziale di Bari: avevano appena rubato un’auto, intercettata grazie al numero di targa. Nel frattempo il penitenziario foggiano, secondo alcune fonti della polizia, è ancora in mano ai rivoltosi. I detenuti sono sul tetto, hanno rotto le finestre e divelto un cancello della block house, la zona che li separa dalla strada. All’ingresso della casa circondariale è stato appiccato un incendio. I carcerati hanno gridato: “Vogliamo l’indulto e l’amnistia, non possiamo stare così con il rischio del Corinavirus. Noi viviamo peggio di voi, viviamo nell’inferno”. Nella Casa circondariale attualmente ci sono 608 detenuti, numero al di sopra della capienza ottimale che sarebbe di 365. “La situazione è critica, gli assistenti che non vogliono lavorare, ci tengono chiusi 24 ore su 24. Ci trattano come animali”, ha detto un giovane detenuto che durante la protesta è rimasto ferito al capo. Sul posto polizia, carabinieri e militari dell’esercito. All’esterno dell’istituto ci sono i parenti di alcuni detenuti che, prima di essere allontanati, hanno cercato di far ragionare i detenuti per riportarli alla calma: “Se fate così è peggio, dovete stare tranquilli”. Un agente di polizia penitenziaria ha raccontato di “scene apocalittiche”. “Non abbiamo il potere di niente, ci sono cordoni di forze dell’ordine ma non c’è più controllo - dice - Siamo tutti qua fuori, i detenuti hanno il controllo del carcere”. Gennarino De Fazio, a nome del sindacato Uil-pa della Polizia penitenziaria, racconta che “i detenuti evasi nono sono stati ancora ripresi. La situazione sta gradualmente ritornando tranquilla perché una parte dei detenuti non c’è più, si è dileguata. Calcolare il numero di evasi adesso è impossibile. Lo sarà quando la situazione si sarà completamente ristabilita. A me non risultano feriti a Foggia, solo qualche contusione”. In Puglia si registrano tensioni anche nella struttura penitenziaria di Lecce. A Milano detenuti sul tetto - Caos anche nel carcere di San Vittore, nel centro di Milano, dove la protesta è esplosa di prima mattina: i detenuti hanno preso il terzo o il quinto raggio, distruggendo gli ambulatori. I detenuti sono riusciti ad impossessarsi di alcune chiavi di servizio. Dalla strada adiacente al carcere si vedevano carta e stracci a cui è stato dato fuoco attaccati alle grate di una finestra e getti d’acqua per contenere le fiamme. Almeno una quindicina i detenuti è salita sul tetto. Molti avevano il cappuccio della felpa alzato, o il volto nascosto da una sciarpa. “Libertà, vogliamo la libertà”, urlavano, alzando le braccia al cielo, invocando la scarcerazione immediata. “La situazione qui a San Vittore è grave e sta peggiorando. C’è fuoco nelle celle, nei corridoi, esce dalle grate, si vede il fumo nero. Con il personale all’interno non è possibile comunicare, la rivolta è ancora in atto e non si sa nemmeno se ci sono feriti, non ci sono dichiarazioni attendibili”, dice Alfonso Greco, segretario regionale del Sappe Lombardia. “Sappiamo solo che la situazione è grave - ribadisce - ho 27 anni di servizio ed è la prima volta nella mia carriera che assisto ad una cosa del genere. I colleghi dentro hanno il cellulare spento, non sappiamo nemmeno come stanno. La rivolta si sta propagando e l’Amministrazione ora deve fare prevenzione in virtù di quello che sta succedendo”. Sul posto ci sono la pm Laura Nobili, il collega di turno Gaetano Ruta e il questore di Milano Sergio Bracco oltre al direttore del carcere che stanno provando a far cessare le proteste. Per favorire la trattativa viene usata anche una gru con cestello dei vigili del fuoco. In ogni caso, quando la protesta sarà esaurita ci sarà il problema del trasferimento dei detenuti: alcune sezioni del carcere, infatti, risultano inagibili. Palermo, strade bloccate - Momenti di tensione al carcere Ucciardone di Palermo, dove c’è stato anche un tentativo di evasione subito contenuto. Diversi detenuti hanno scavalcato i passeggi ma sono ancora all’interno della cinta muraria del carcere. Il carcere, che è nel centro città del capoluogo siciliano, è circondato da poliziotti e carabinieri in tenuta antisommossa. Tutte le vie di accesso sono state chiuse al traffico. Presenti anche dei familiari di detenuti che gridano all’indirizzo dei loro congiunti. La situazione si è normalizzata dopo alcune ore. Roma, parenti detenuti bloccano Tiburtina - Alle 14, invece, diverse squadre dei Vigili del Fuoco sono intervenute all’interno del carcere di Rebibbia a Roma, visto che alcuni focolai sono divampati nei diversi bracci del penitenziario. Presenti sul posto insieme ai carabinieri le squadre di Nomentano, Rustica, Funzionario di Guardia, capo Turno provinciale con l’ausilio di un’autoscala, un’autobotte, il carro teli, il carro autoprotettori e i Carabinieri. La protesta è cominciata quando i detenuti hanno iniziato a battere i ferri al reparto G11 nuovo complesso. Intanto i parenti dei carcerati, donne soprattutto con bambini al seguito, stanno bloccando in questi minuti la via Tiburtina solidali alla protesta. Fumo viene segnalato all’interno di Regina Coeli. Sul posto agenti delle forze dell’ordine. Proteste anche a Torino: i detenuti di quattro sezioni si sono barricati nel Padiglione B delle Vallette. Tensioni anche al don Soria di Alessandria, dove i detenuti hanno incendiato lenzuola. “Bologna in mano ai detenuti” - Caos anche a Rieti, a Santa Maria Capua a Vetere e a Bologna. “I detenuti si sono ormai impossessati del carcere e il personale è fuori, con il supporto delle altre Forze dell’ordine”, fa sapere il sindacato Sappe sulla situazione del carcere bolognese della Dozza. Nel carcere di Villa Andreino alla Spezia la direttrice Maria Cristina Biggi e alcuni operatori sono “asserragliati all’interno per cercare di riportare la situazione alla calma” racconta un operatore, mentre alcuni detenuti sono saliti sul cornicione. Intorno alla struttura sono dispiegate decine di auto delle forze dell’ordine per questioni di sicurezza ed evitare eventuali tentativi di evasione. Nel carcere spezzino ci sono 225 detenuti, per una capienza di 160. A Modena sei morti - Ieri una serie di proteste erano scoppiate in numerosi penitenziari di tutta Italia. Quella più violenta nel carcere di Modena, dove sei detenuti sono morti. Sono morti di overdose da psicofarmaci. Durante la rivolta infatti si è verificato un assalto all’infermeria e da cui erano stati prelevati diversi farmaci. Nel dettaglio un detenuto è morto per abuso di sostanze oppioidi, l’altro di benzodiazepine, mentre un terzo è stato rinvenuto cianotico, ma non si conosce il motivo di questo stato. Oltre ai tre morti, altri detenuti sono stati portati in ospedale. Sei sono considerati più gravi, portati nei pronto soccorsi cittadini e di questi quattro sono in prognosi riservata, terapia intensiva. In tutto sono 18 i pazienti trattati, in gran parte per intossicazione. Ferite lievi anche per tre guardie e sette sanitari. Altri tre detenuti sono morti in altri penitenziari - Verona e Alessandria - ma provenivano sempre dal carcere di Modena. In particolare erano stati trasferiti nelle ultime ore dal carcere emiliano due carcerati morti negli istituti di Verona e Alessandria. Il detenuto morto a Verona in realtà avrebbe dovuto raggiungere il carcere di Trento. Ma probabilmente per l’aggravarsi delle sue condizioni si era poi deciso di potarlo nel carcere scaligero. Anche il detenuto morto nel carcere di Parma proveniva da Modena. A Pavia due agenti sequestrati - Rivolta nella serata di ieri anche in carcere a Reggio Emilia: l’agitazione dei detenuti è iniziata nel pomeriggio e si è conclusa intorno alle 23. È stata coinvolta anche l’infermeria, ma non si ha notizia di feriti. Manifestazioni si sono registrate anche nei penitenziari di Frosinone, Poggioreale, e Pavia, dove i carcerati hanno preso in ostaggio due agenti della polizia penitenziaria. Nel carcere lombardo sono arrivati alcuni agenti di rinforzo, partiti dalle carceri milanesi di San Vittore e Opera. Solo a tarda notte i detenuti sono rientrati nelle celle, dopo essere scesi dai tetti e dai camminamenti dove si erano asserragliati, dopo una trattativa con il procuratore aggiunto pavese Mario Venditti. Bonafede: “Tutelera salute anche nelle carceri” - Le proteste nei penitenziari hanno provocato i commenti da parte della politica. “Sono perfettamente consapevole che un’emergenza come quella del coronavirus possa creare tensioni all’interno di un carcere ma deve essere chiaro l’intento delle misure che abbiamo preso: è nostro dovere tutelare la salute di chi lavora e vive negli istituti penitenziari. Alcune norme previste nel decreto legge, come il limite ai colloqui fisici e la possibilità per i magistrati di sorveglianza di sospendere i permessi premio e la semilibertà - misure che valgono per i prossimi 15 giorni - hanno soltanto la funzione di garantire proprio la tutela della salute dei detenuti e tutti coloro che lavorano nella realtà penitenziaria”, dice il guardasigilli Bonafede. “Manterremo un dialogo costante - continua il ministro- nei dipartimenti di competenza sono attive task force e si assicura la costante informazione all’interno delle strutture per la popolazione detenute e i lavoratori. Ma deve essere chiaro che ogni protesta attraverso la violenza è solo da condannare e non porterà ad alcun buon risultato”. “Non possiamo voltarci dall’altra parte: dobbiamo intervenire rapidamente e con decisione per placare le rivolte, evitare che ci possano essere altre vittime, riportare alla calma la situazione e garantire ai detenuti quel trattamento di dignità che la stessa Costituzione richiama”, dice la ministra delle Politiche agricole, Teresa Bellanova. Pd: “Domiciliari per detenuti a fine pena”. Meloni: “Pugno di ferro” - “Il decreto che di fronte alla sospensione dei colloqui, resa necessaria dal Coronavirus, impone di consentire le comunicazioni a distanza coi parenti non basta. Serve subito affrontare il problema del sovraffollamento. Si mettano ai domiciliari tutti coloro che hanno pochi mesi ancora da scontare per arrivare a fine pena. Non si risolverebbe nulla se, come pensa qualcuno, si tornasse a chiudere le celle superando la vigilanza dinamica. Serve consentire ai direttori di poter lavorare ricostruendo un clima che il sovrappopolamento pregiudica”, scrive su Facebook il senatore del Pd Franco Mirabelli. “Gli agenti della Polizia Penitenziaria, in queste ore vivono momenti concitati, dovendo sedare le rivolte e trovandosi in perenne carenza di organico e dotazioni. Subito un tavolo di emergenza nazionale e interventi immediati, se è il caso anche con l’Esercito, per ripristinare le regole dello Stato e delle Istituzioni rappresentate anche dagli uomini e donne in divisa. Non c’è tempo da perdere”, dice la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. L’appello dei cappellani - Un appello ai detenuti, chiedendo loro un “atto di responsabilità ‘,’ è stato lanciato da don Raffaele Grimaldi, ispettore generale dei cappellani delle carceri. “Comprendo che la situazione è grave è che i detenuti si sentono ancora più isolati - spiega il cappellano- Ma se i contatti con l’esterno, i colloqui con i familiari sono stati temporaneamente sospesi è stato fatto per tutelare loro, la loro salute. Come succede anche fuori dalle carceri, il contagio avanza anche per l’irresponsabilità delle persone. Io chiedo ai detenuti di sentirsi responsabili perché nessuno li priva di un diritto ma sono decisioni necessarie e molto difficili anche per chi ha dovuto prenderle. Se all’interno di un carcere ci fossero contagi, sarebbe una situazione ingestibile, le violenze aumenterebbero”. “Togliete ai detenuti i colloqui familiari è togliere tutto io capisco umanamente, conosco gli umori di chi è detenuto ma la prima cosa è mantenere la calma”, sottolinea, e non nasconde il timore “che la situazione possa allargarsi, è un tam tam continuo”. Don Grimaldi esprime poi “solidarietà a chi è in prima fila per gestire questa situazione che è incandescente è drammatica, a chi sta affrontando questa emergenza”. Scoppia la rivolta dei detenuti nelle carceri italiane agi.it, 9 marzo 2020 Le nuove disposizioni per contenere il contagio da coronavirus limitano i colloqui tra familiari e prigionieri. A San Vittore manifestanti per ore sul tetto, a Modena sono morti 6 detenuti. A Foggia è caccia all’evaso. Da Modena, a Pavia a San Vittore a Milano, da Reggio Emilia a Ferrara, fino ad arrivare all’Ucciardone di Palermo e a Foggia dove è caccia agli evasi. Dilaga la protesta nelle carceri italiane, sull’onda del timore per il contagio da coronavirus e per le restrizioni ai colloqui dovute all’emergenza, e sullo sfondo di sovraffollamento ormai difficile da contenere. A San Vittore, i detenuti che questa mattina hanno innescato la protesta sono scesi dal tetto e stanno trattando con due pm. Le urla “libertà” proseguono dall’interno del carcere mentre all’esterno un gruppo di qualche decina di giovani antagonisti sono giunti a supporto della mobilitazione. Gridano slogan come “tutti fuori dalle galere, dentro nessuno, solo macerie” e “libertà, libertà”. Fanno loro eco da dietro le sbarre le voci dei detenuti, mentre si rafforza la presenza della polizia con scudi antisommossa. Nel carcere il magistrato di turno Gaetano Ruta e il collega Alberto Nobili cercano di sedare una protesta da ricondurre alle limitazioni imposte anche nelle carceri per limitare la diffusione del coronavirus. A innescare la miccia sono stati i detenuti de “La Nave” il reparto modello riservato a chi soffre di forme di dipendenza. Persone che hanno scelto di seguire la strada del recupero. Creato nel 2002 al quarto e ultimo piano del terzo raggio della casa di reclusione nel centro della città, prevede celle aperte 12 ore al giorno e la programmazione di attività psicoterapeutiche, lezioni sulla legalità, corsi di musica, teatro e attività sportive. Proprio da questa particolarità deriva il nome: una “Nave” per detenuti in transito verso una nuova vita. I detenuti hanno avuto accesso all’infermeria e hanno aperto armadietti e cassaforte: come è successo altrove il pericolo è che ingurgitino il metadone usato per placare la tossicodipendenza da eroina. Intanto viale Papiniano e le altre strade che conducono al carcere di San Vittore sono state bloccate. I vigili hanno apposto un nastro per fermare l’accesso. Ma non è solo San Vittore ad essere insorta. La situazione più grave a Modena, sfociata ieri in una vera e propria rivolta dei detenuti, che ha causato 6 morti tra gli ospiti del penitenziario, tre all’interno delle mura del carcere in sommossa e tre durante i trasferimenti in altre carceri per riportare la situazione alla normalità, e che hanno riguardato 80 detenuti sul totale di 530. Blindato il carcere Ucciardone di Palermo: tutte le vie di accesso chiuse al traffico e presidi di controllo della polizia di stato in via Enrico Albanese, in via Borrelli e via Delle Croci, il punto più vicino tra i “bracci” e le mura di recinzione. Ci sono state proteste all’interno del penitenziario, come avvenuto ieri sera al “Pagliarelli”. Anche qui una protesta determinata dai timori di contagio da coronavirus e alle restrizioni ai colloqui con i familiari, necessarie per il contenimento del Covid-19. Diversi familiari, proprio in via Borrelli, hanno ‘comunicato’ urlando verso il carcere da cui provenivano urla dai detenuti. Nelle guardiole, sui bastioni, sono presenti agenti di polizia penitenziaria, che vigilano da dietro i vetri blindati dopo che alcuni detenuti avrebbero tentato di scavalcare una prima recinzione in ferro che precede le antiche mura di recinzione. I detenuti del carcere di Augusta, invece, hanno protestato contro la misura colpendo le sbarre delle proprie celle. A renderlo noto il dirigente nazionale del Sinappe, un sindacato di polizia penitenziaria, Sebastiano Bongiovanni, per il quale, però, la situazione è al momento sotto controllo. “È accaduto nella serata di ieri - racconta il dirigente nazionale del Sinappe - quando i detenuti hanno fatto rumore colpendo le inferriate delle celle ma la protesta non si è estesa”. L’attenzione è comunque alta nel penitenziario di Augusta dove, poco tempo fa, si è verificata un’aggressione ai danni due agenti di polizia penitenziaria. In particolare, alla fine del mese di gennaio un detenuto straniero avrebbe colpito due ispettori che avrebbero voluto riportarlo in cella. Sta invece lentamente tornando alla normalità la situazione all’interno del carcere di Foggia dove, questa mattina, c’è stata una protesta con una evasione di numerosi detenuti. Una decina quelli che sono stati catturati da carabinieri, polizia, uomini della Guardia di finanza e militari dell’Esercito intervenuti. Gli evasi hanno rubato alcune automobili dalle attività che si trovano al Villaggio Artigiani, il quartiere dove ha sede il carcere. Una situazione gravissima in tutta Italia, che non ha mancato di provocare paure e reazioni. Il ministro della giustizia Alfonso Bonafede ha definito “un dovere tutelare la salute di chi lavora e vive negli istituti penitenziari”. Manterremo un dialogo costante, nei dipartimenti di competenza sono attive task force e si assicura la costante informazione all’interno delle strutture per la popolazione detenute e i lavoratori. Ma deve essere chiaro - ha concluso il ministro - che ogni protesta attraverso la violenza è solo da condannare e non porterà ad alcun buon risultato” 16:13 Tensioni al carcere di Santa Maria Capua Vetere Tensioni, ma la situazione al momento è sotto controllo e non è sfociata in nessun atto di violenza. Anche nel carcere di Santa Maria Capua Vetere qualche detenuto è salito sul tetto per protesta contro la decisione di sospendere i colloqui con i familiari per ridurre al minimo i contagi da Covid-19. Sul posto sono schierati agenti della polizia pronti ad intervenire in supporto a quelli della Penitenziaria nel caso in cui dovesse scoppiare una rivolta. In alcuni reparti, i detenuti fanno rumore per solidarizzare con chi è sul tetto. 15:45 Fumo nero si leva da Regina Coeli. Proteste anche nel penitenziario di Regina Coeli, nel centro di Roma. A quanto si apprende, si sta levando del fumo dalla struttura per via dei detenuti che starebbero dando fuoco a materassi e suppellettili 15:25 Roma, i parenti dei detenuti bloccano via Tiburtina. Bloccata via Tiburtina, all’altezza del carcere di Rebibbia, dai familiari dei detenuti. Secondo quanto si apprende, sul posto c’è la polizia. Continuano intanto le proteste all’interno del penitenziario dove sarebbero stati dati alle fiamme diversi materassi. Le uscite sono controllate dalle forze dell’ordine. 15:07 In rivolta anche i detenuti del carcere di Prato. Proteste in corso nel carcere in Prato “La Dogaia”. Secondo quanto appreso, alcuni detenuti avrebbero distrutto alcune celle e l’infermeria del penitenziario. Sul posto polizia, carabinieri e vigili del fuoco perché, sempre secondo quanto appreso, in alcune celle sarebbero divampate delle fiamme. Sono circa 600 i detenuti reclusi nella Casa circondariale. ? 14:59 Disordini anche nel carcere di Torino. Disordini al carcere “Lorusso e Cutugno” di Torino, dove stamattina alcuni detenuti “ordinari” reclusi nel padiglione B hanno spostato dei letti ostruendo il passaggio. Al centro della protesta, come accaduto in altre carceri italiane, i provvedimenti restrittivi messi in atto per limitare il contagio da Coronavirus 14:56 Sui detenuti morti a Modena si indaga per omicidio colposo. La Procura di Modena ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo, al momento contro ignoti, in seguito alla morte di tre detenuti nel carcere della città emiliana durante la protesta scoppiata ieri in seguito alle limitazioni mirate al contenimento della diffusione del coronavirus. Determinante sarà l’autopsia per confermare l’ipotesi dell’abuso di farmaci come causa dei decessi. Allo stesso tempo è stato aperto un fascicolo sulla violenta rivolta che ha danneggiato seriamente la casa circondariale provocando anche il lieve ferimento del personale di polizia penitenziaria e sanitario intervenuto: resistenza a pubblico ufficiale, violenza privata, danneggiamento e tentata evasione sono i reati ipotizzati. 14:29 Garante dei detenuti: misure per alleggerire il sovraffollamento. Mettere in campo “misure straordinarie” per “alleggerire le situazioni di sovraffollamento”. È l’invito che viene dal Garante nazionale per i diritti dei detenuti, data la “situazione in atto”. Le misure, afferma il Garante, vanno messe a punto “superando un concetto di prevenzione fondata sulla chiusura al mondo esterno, affiancando a provvedimenti di inevitabile restringimento misure che diano la possibilità di ridurre le criticità che la situazione carceraria attuale determina e che permettano di affrontare con più tranquillità il malaugurato caso che il sistema sia investito piu’ direttamente dal problema” relativo all’emergenza coronavirus. 14:16 Ancora tensione a San Vittore, fumo dalle finestre. Ancora tensione nel carcere milanese di San Vittore. I detenuti continuano a protestare e una nuvola di fumo si è levata dalla struttura ed esce dalle finestre. Non ancora chiaro quanto sta accadendo ma con molta probabilità sono gli stessi detenuti che stanno bruciando materassi e suppellettili. 14:15 Disordini a Rebibbia, suonato l’allarme. Disordini sono in corso nel carcere di Rebibbia Nuovo Complesso dove è suonato l’allarme. In alcune sezioni è in atto la battitura delle inferriate, mentre alcuni detenuti avrebbe tentato di scavalcare i muri dei cortili nell’area passeggio 14:08 Cento: “Ai domiciliari i soggetti non pericolosi”. “La situazione delle carceri italiane è resa ancora più drammatica dal coronavirus e quanto accaduto a Modena e in altre città richiede interventi immediati. Il ministro della Giustizia Bonafede e l’intero governo prendano immediati provvedimenti”, chiede Paolo Cento suggerendo di prevedere “l’apertura delle celle in fasce orarie più lunghe, l’immediata sanificazione delle strutture penitenziarie e - rileva ancora l’esponente Leu - il trasferimento agli arresti domiciliari di quanti più detenuti possibile in relazione ai reati di minor allarme sociale” 12:52 Spp, rivolte in 23 penitenziari in Italia. Sono almeno 23 le carceri d’Italia in cui ad ora si registrano proteste. I dati arrivano dal sindacato di polizia penitenziaria Spp guidato da Aldo Di Giacomo, che all’AGI denuncia: “La protesta si sta allargando a macchia d’olio soprattutto nei penitenziari più grandi. Tutto parte dall’allarme interno magari lanciato da un solo detenuto, sulla possibilità che ci sia un contagiato e questo fomenta gli altri. I detenuti non chiedono colloqui, come è stato detto, ma libertà e amnistia e lo dimostrano le immagini di queste ore”. Inaccettabile, secondo il sindacalista che “ci siano reclusi in grado di girare con cellulari video delle rivolte dall’interno e farli arrivare all’esterno. Comunicano tra di loro anche tra un penitenziario e l’altro”. Le carceri sono esplose. Era tutto già scritto… di Davide Varì Il Dubbio, 9 marzo 2020 L’esplosione del coronavirus ha amplificato l’emergenza delle nostre carceri. Proteste, evasioni e morti: le carceri sono esplose. Da Nord a Sud: Milano, Modena, Napoli, Foggia, Pavia, Palermo. Era prevedibile. Anzi, era scontato che finisse così. Se a un sistema già malato e inadeguato si somma un’emergenza sanitaria di questo livello, quel sistema semplicemente collassa. I detenuti, stretti come sardine nelle stracolme carceri italiane, non hanno retto alle notizie che arrivavano da fuori né alla risposta restrittiva imposta degli istituti di pena i quali, di fronte a un’emergenza di questo tipo, hanno reagito girando a due mandante le chiavi delle celle e annullando qualsiasi relazione con l’esterno: niente più visite con figli, mogli, amici. Il che, in un’emergenza del genere, sarebbe anche comprensibile se non fosse che hanno limitato anche le possibilità di telefonare o usare skype. Insomma, isolamento più totale. Qualcuno, decisamente “spiritoso”, ha dichiarato: “bene così, l’isolamento ferma il propagarsi del virus, se ne stiano nelle celle e non rompano le scatole”. Ma forse sfuggono un paio di dati che sarebbe bene tener presente. Il primo: i detenuti sono sempre “esposti” all’esterno attraverso il contatto quotidiano con operatori e agenti penitenziari. E infatti più di uno è stato trovato positivo al test del Coronavirus, ciò vuol dire che il virus potrebbe già circolare in qualche istituto. Ma c’è altro che preoccupa ancora di più, ed è la qualità del nostro sistema sanitario carcerario. Poco personale, strutture fatiscenti ma, soprattutto, assenza totale di luoghi di isolamento e contenimento che possano bloccare un’eventuale epidemia. Per questo le rivolte erano prevedibili: di fronte a un quadro così drammatico la speranza di chi è in cella svanisce e lascia al posto alla rabbia e alla disperazione. E sarebbe sbagliato, esiziale, reagire girando ancora di più la chiave delle celle. La risposta deve essere saggia e umana. La rabbia e la paura che covano le migliaia di detenuti può essere attenuata solo dando loro un po’ di speranza. E chi vive e conosce il carcere sa bene - e lo ripete da settimane - che solo l’aumento delle misure alternative e la possibilità di moltiplicare le telefonate e le chiamate via skype con l’esterno, con i familiari dei detenuti, può disinnescare la bomba carcere. Coronavirus, la rivolta nelle carceri: Bonafede vada in tv per frenare la protesta di Giovanni Bianconi Corriere della Sera, 9 marzo 2020 Il Guardasigilli dovrebbe fare appello al buon senso il prima possibile. Sei morti e qualche tentativo di evasione sono un bilancio (provvisorio?) già abbastanza drammatico perché il governo affronti subito questa emergenza nell’emergenza. Il contagio della rivolta nelle carceri non si ferma, e da Nord a Sud, da Milano a Palermo, le sommosse provocate dai detenuti si moltiplicano. Sei morti e qualche tentativo di evasione sono un bilancio (provvisorio?) già abbastanza drammatico perché il governo affronti subito questa emergenza nell’emergenza. Subito significa che al più presto, nelle prossime ore, il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede dovrebbe presentarsi in televisione - lo strumento che nei penitenziari è ancora il principale veicolo di informazione e diffusione delle notizie per i reclusi - per rassicurare tutta la popolazione carceraria e fare un appello alla ragionevolezza, condito con qualche immediata proposta di buon senso che renda credibili le sue parole. Significa cercare di far capire ai detenuti che la sospensione dei colloqui diretti con i parenti e le occasioni d’incontro con chi viene dall’esterno delle prigioni è una misura provvisoria, limitata il più possibile nel tempo, e presa in primo luogo a tutela della loro salute. Che sarà accompagnata da contromisure immediate per evitare l’interruzione totale dei contatti con i familiari: per esempio l’uso più esteso, e anche questo immediato, delle telefonate; insieme all’utilizzo dei sistemi skype per i colloqui a distanza garantito a tutti, anche i reclusi nei circuiti di alta sicurezza che finora ne erano esclusi. Il Garante nazionale dei detenuti ha suggerito anche altri provvedimenti utili ad allentare la tensione (e il sovraffollamento) che non sembrano mettere a rischio la sicurezza dei cittadini e del Paese. Concedere la liberazione anticipata a chi è alle soglie del fine mese, per esempio da qui a tre mesi, sempre su valutazione e decisione dei giudici di sorveglianza, è una possibilità; così come consentire a i semiliberi di trascorrere la notte in detenzione domiciliare anziché dover rientrare in carcere. In un momento di crisi un esecutivo può (deve) prendersi queste responsabilità. Magari mentre si consulta il Comitato nazionale per l’ordine pubblico, convocato per valutare la situazione. Prima possibile, però. Per scongiurare ulteriori degenerazioni delle proteste. Dopo, solo dopo, ci sarà il tempo di dedicarsi alle controversie politiche, e al tam tam delle dichiarazioni che già si sovrappongono nella quotidiana tra i partiti: da Italia viva che chiede le dimissioni del capo Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria alla Lega che intima di non aprire le galere. Di fronte all’emergenza di un contagio violento e incontrollabile che si sovrappone a quello del coronavirus, le polemiche che possono aspettare. Prima è meglio agire. Da Milano a Palermo, la rivolta delle carceri. Morti e feriti a Modena, molti evasi a Foggia La Stampa, 9 marzo 2020 La maggior parte dei decessi sono dovuti a overdose da psicofarmaci sottratti alla farmacia interna. Le proteste nate dalle limitazioni dovute al contenimento della diffusione del coronavirus. Detenuti tragicamente deceduti o gravemente feriti, operatori sequestrati e aggrediti, strutture messe a ferro e fuoco e devastate. È sempre più tesa la situazione in molte carceri italiane in seguito alle limitazioni dovute al contenimento della diffusione del coronavirus, da Milano a Foggia passando per Alessandria, Verona, Pavia, Modena e Lecce. Proprio in quest’ultima città si è verificato il bilancio più grave con sei detenuti deceduti: tre sono morti nel carcere di Modena ed altri tre nelle carceri dove erano stati trasferiti. Cinque morti sarebbero dovute a overdose per psicofarmaci sottratti durante un assalto all’infermeria interna al carcere, una per soffocamento a causa dei fumi provocati dell’incendio di materassi durante le proteste. Modena - Al pronto soccorso dell’ospedale civile di Baggiovara sono state medicate tre guardie e sette sanitari con ferite lievi; uno di questi è lievemente intossicato. Al momento, spiega il policlinico modenese, sono stati 18 i pazienti trattati nei posti medici avanzati (Pma), la maggior parte per intossicazione. I più gravi, 6 detenuti, sono stati trasportati ai pronto soccorsi cittadini di cui quattro sono in prognosi riservata ricoverati in terapia intensiva: due al policlinico di Modena, uno a Baggiovara e uno a Carpi. Al pronto soccorso dell’ospedale civile di Baggiovara sono state medicate tre guardie e sette sanitari con ferite lievi; uno di questi è lievemente intossicato. Milano - Detenuti sui tetti in rivolta anche nel carcere di San Vittore, sull’onda di quanto sta succedendo anche in altre carceri italiane. Da quanto emerso, questa mattina a San Vittore i detenuti hanno sfasciato alcuni ambulatori e dato fuoco a delle lenzuola, all’urlo di: “Libertà, vogliamo la libertà». Sul posto ci sono gli agenti di polizia in assetto antisommossa e il pm Alberto Nobili, che sta trattando con i detenuti. Le strade attorno alle mura che circondano la casa di reclusione sono state chiuse al traffico e presidiate dalle forze dell’ordine. Dopo un primo momento di protesta sul tetto sono rimasti 14 detenuti: a quanto riferisce la polizia la rivolta è sotto controllo. Pavia - Stanno rientrando nelle celle i detenuti del carcere di Pavia che ieri sera a partire dalle 20 circa hanno devastato la struttura. I carcerati sono scesi dai tetti e dai camminamenti dove si erano asserragliati dopo una trattativa con il procuratore aggiunto pavese Mario Venditti. Da quanto ha riferito il procuratore aggiunto, tutti i detenuti dell’istituto penitenziario di Pavia sono usciti dalle celle e sono saliti addirittura sui tetti all’interno della struttura. «C’è stata una gran confusione - ha detto Venditti - e alcuni atteggiamenti che sono stati equivocati» e che hanno fatto credere a chi del personale del carcere era presente per sedare la rivolta, a un sequestro e al pestaggio di due agenti. Fatto, quest’ultimo, che il procuratore ha smentito: «nessun atto di violenza, nessun sequestro» ha spiegato, aggiungendo che non si è trattato nemmeno di «un regolamento di conti tra detenuti». Comunque saranno le indagini ad accertare la dinamica di quanto è accaduto e ad appurare se i due agenti siano stati tenuti in ostaggio e malmenati o se la concitazione e la confusione del momento abbiano generato un equivoco, come ha affermato Venditti. Foggia - Almeno 20 detenuti evasi. Sta lentamente tornando alla normalità la situazione all’interno del carcere di Foggia dove, questa mattina, c’è stata una protesta con una evasione di numerosi detenuti. Nel corso della protesta i detenuti, uomini e donne, hanno rotto le finestre di alcuni locali e sono saliti sui tetti. Un detenuto è stato ferito alla testa ed è stato medicato dai medici del 118; alcuni detenuti hanno appiccato all’interno del piazzale del carcere un incendio spento dai vigili del fuoco. Mentre i carcerati protestavano molti loro familiari dall’esterno li esortavano a placare le loro proteste e a tornare nelle celle. «Se continuate cosi - gridavano madri e mogli - è peggio. Tornate in cella». Due gli elicotteri che stanno sorvolando la città, mentre sono numerose le pattuglie di forze dell’ordine in giro per le strade e i quartieri di Foggia: secondo una prima stima, una ventina di detenuti sarebbe evasa dal carcere di Foggia nel corso della rivolta di questa mattina. Lo si apprende da fonti investigative. Nel corso della protesta, circa cinquanta detenuti sono riusciti a scappare dal carcere ma una trentina di loro è stata bloccata nelle immediate vicinanze dalle forze di polizia. I commercianti che si trovano nelle vicinanze della casa circondariale sono stati invitati dalle forze dell’ordine a chiudere i locali. Palermo - Tentativo di evasione, interviene l’esercito. Tentativo di evasione dal carcere Ucciardone a Palermo. Alcuni detenuti hanno tentato di scavalcare la recinzione dell’istituto di pena per cercare di fuggire. Il tentativo è stato bloccato dalla polizia penitenziaria. Il carcere è circondato dai carabinieri e polizia in tenuta antisommossa. Anche le mura del carcere sono presidiate. Le strade attorno a vecchio carcere borbonico sono chiuse. Ieri sera la protesta era scattata anche al Pagliarelli, il secondo carcere di Palermo. Morti ad Alessandria e Verona - Altre rivolte, poi sedate, erano scoppiate ieri nelle carceri in altre città come Frosinone, Pescara e a Genova. A Verona e Alessandria due detenuti sono morti per overdose da psicofarmaci, sottratti dalle infermerie durante le proteste. Rivolta in carcere, ora tocca a Rebibbia. Ma in tutta Italia è caos tra i detenuti di Damiano Aliprandi Il Dubbio, 9 marzo 2020 Equilibrio fragilissimo negli istituti penitenziari italiani: a far scattare le proteste il no ai colloqui e le scarse misure contro il coronavirus. Morti, incendi, proteste e fughe: gli ultimi due giorni, per le carceri italiane, hanno rappresentato la dimostrazione che l’equilibrio - in realtà solo immaginario - su cui si reggevano era non solo instabile, ma anche fragilissimo. Era solo questione di momenti e la scusa, anche in questo caso, è stata rappresentata dal Coronavirus. Mischiare la paura per un contagio alla privazione della libertà, agli spazi angusti, a diritti sempre più risicati e disconosciuti con l’impossibilità di mitigare tutto ciò con il conforto degli affetti è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. E così da nord a sud, la bolla è scoppiata. L’ultima rivolta, in ordine di tempo, è quella iniziata poco fa davanti a Rebibbia, dove è stata bloccata via Tiburtina dai familiari dei detenuti. Si tratta di donne soprattutto, con bambini al seguito Sul posto c’è la polizia. Continuano intanto le proteste all’interno del penitenziario dove sarebbero stati dati alle fiamme diversi materassi. Le uscite sono controllate dalle forze dell’ordine. Il reparto mobile della Polizia di Stato ha fatto irruzione nel carcere per sedare la rivolta in corso, mentre sono intervenuti i Vigili del fuoco per la segnalazione di roghi nei diversi bracci. La rivolta, come in altri carcere del Lazio e d’Italia, è scattata per la sospensione dei colloqui dovuta all’emergenza coronavirus. Protesta in corso anche nel carcere romano di Regina Coeli dove, secondo quanto si apprende, sarebbe stato segnalato del fumo. La protesta sarebbe però molto più contenuta rispetto a quella di Rebibbia e in via di risoluzione. Sul posto le forze dell’ordine. L’ultima protesta a Bologna - Poche ore prima nel carcere la Dozza di Bologna, i detenuti della sezione giudiziaria sono riusciti a sfondare i cancelli. Le forze dell’ordine, compresi i vigili del fuoco, sono accorse per far fronte alla rivolta. Preoccupazione tra gli agenti penitenziari che temono di non riuscire a contenerli. Le proteste di Salerno, Modena, Frosinone, Bari e Napoli - Tutto è iniziato con la rivolta di Salerno, sabato pomeriggio. La violenta protesta, che ha visto coinvolti 100 detenuti della prima sezione, sarebbe scoppiata nel momento in cui la direzione della casa circondariale ha comunicato la decisione di sospendere i colloqui per l’allerta Coronavirus, come previsto dal decreto del governo. Ma il caso, come si temeva, non è rimasto isolato. Domenica, infatti, ad aprire le danze è stato il carcere Sant’Anna di Modena, dove i detenuti hanno appiccato il fuoco tentando la fuga. Per sedare la rivolta sono stati chiamati anche agenti liberi dal servizio. A scatenare la protesta non solo il divieto di colloqui dal vivo con i familiari, ma la paura del contagio. Stessa situazione anche al carcere di Frosinone. Alle 13 di ieri, nel penitenziario di via Cerreto, si sono sviluppati i primi incendi nelle celle, ai quali sono seguiti tentativi di evasione. La protesta ha coinvolto circa un centinaio di detenuti. Anche in questo caso la rivolta è scoppiata soprattutto per protestare contro misure di sicurezza contro il coronavirus ritenute poco adeguate. Tra le richieste una maggiore assistenza sanitaria e una soluzione relativa alla fatiscenza delle strutture. E mentre era in corso la protesta a Frosinone, anche a Poggioreale è scoppiato il caos. Decine di detenuti sono saliti sui muri e sui tetti di alcuni padiglioni e hanno bruciato materassi chiedendo provvedimenti contro il rischio dei contagi dal Coronavirus all’interno della struttura. Sono giunte ambulanze e camionette della polizia per far fronte alla rivolta e alle possibili conseguenze. In serata è arrivata anche la notizia di disordini in corso al carcere di Bari dove sono intervenute le forze dell’ordine. Il motivo, ancora una volta, riguarda la sospensione dei colloqui a vista. Alcuni hanno invocato l’amnistia, mentre una trentina di persone, probabilmente familiari, solidarizzavano con i detenuti. Disordini in corso anche al carcere di Bari dove sono intervenute le forze dell’ordine. Il motivo è la sospensione dei colloqui a vista. Alcuni urlano invocando l’amnistia. Una trentina di persone, probabilmente familiari, solidarizzano con i detenuti. Le vittime a Modena e l’evasione a Pavia - Quando tutto sembrava esseri calmato, la tragica notizia: a Modena la rivolta ha provocato delle vittime. Tre, il numero diffuso nella serata di ieri, arrivato a sei oggi. Ancora sconosciute le cause della morte, quello che è certo però è che i cadaveri sono stati trovati dopo la rivolta e dopo l’intervento della polizia. Ma la serata non è finita qui: a Pavia, dopo una rivolta che ha coinvolto circa 400 persone e iniziata verso le 19.30-20 ancora una volta per il divieto delle visite dei parenti a causa delle norme di contenimento del coronavirus, due agenti penitenziari sono stati presi in ostaggio. Uno dei due agenti sarebbe stato liberato dagli stessi carcerati mentre il secondo a seguito di un intervento della polizia penitenziaria. L’evasione a Foggia e la protesta a San Vittore - E oggi la giornata non è stata meno impegnativa. Prima l’evasione dal carcere di Foggia di un gruppo di detenuti, che hanno sfasciato i cancelli riuscendo a fuggire, per poi essere catturati qualche ora dopo dalle forze dell’ordine. Poi il fuoco e le proteste nel carcere milanese di San Vittore, dove almeno una quindicina i detenuti sono saliti sul tetto urlando, mentre altri, all’interno, appiccavano le fiamme. Rivolta nelle carceri, le preoccupazioni del Garante nazionale Mauro Palma articolo21.org, 9 marzo 2020 La proposta: “Alleggerire il sovraffollamento”. Il Garante nazionale per i detenuti, Mauro Palma, esprime forte preoccupazione per le proteste da giorni in corso in diversi Istituti penitenziari, proteste sfociate talvolta in violenze inaccettabili, con conseguenze gravissime, prime fra tutte la morte di alcune persone detenute. La sospensione dei colloqui diretti con i familiari, disposta come misura precauzionale per contrastare il diffondersi del virus Covid-19, comporta un grave sacrificio per le persone ristrette e le loro famiglie, ma si tratta di una misura a termine, fino al 22 marzo. La sostituzione delle visite con le video-comunicazioni e con l’aumento del numero di telefonate previste dalla legge richiede uno sforzo organizzativo da parte dell’Amministrazione centrale e degli Istituti, ma soprattutto un impegno teso a favorire una comunicazione corretta e completa sui provvedimenti adottati in carcere e anche sul territorio nazionale. Oggi, infatti, l’intero Paese è chiamato a uno sforzo di responsabilità, come non era mai accaduto prima. La difficoltà di accettare misure estreme si accentua nei luoghi di privazione della libertà, dove ancora maggiore deve essere l’attenzione ad assicurare una informazione diffusa e capillare, soprattutto laddove tali provvedimenti toccano il diritto a mantenere i rapporti familiari. Lo stesso Garante nazionale intende impegnarsi direttamente in tal senso, come ha già fatto nei giorni scorsi durante la visita ad alcuni Istituti. A fronte della situazione in atto, il Garante nazionale invita a mettere in campo misure straordinarie volte ad alleggerire le situazioni di sovraffollamento superando un concetto di prevenzione fondata sulla chiusura al mondo esterno, affiancando a provvedimenti di inevitabile restringimento misure che diano la possibilità di ridurre le criticità che la situazione carceraria attuale determina e che permettano di affrontare con più tranquillità il malaugurato caso che il sistema sia investito più direttamente dal problema. Il Garante nazionale esprime vicinanza e gratitudine alla Polizia penitenziaria e alle altre Forze dell’Ordine che sono state e sono impegnate per riportare alla calma la situazione negli Istituti. Mirabelli (Pd): “Dare i domiciliari a chi è vicino a fine pena” Ristretti Orizzonti, 9 marzo 2020 “Sono al carcere di San Vittore e anche qui da questa mattina alcuni detenuti, a cui non va data nessuna giustificazione, hanno distrutto gli ambulatori del secondo e del terzo raggio e sono sul tetto. Dentro questa emergenza drammatica in cui vive tutto il Paese, c’è una emergenza che va pure subito affrontata a tutela degli agenti, degli operatori e degli stessi detenuti. Il Decreto che di fronte alla sospensione dei colloqui, resa necessaria dal Coronavirus, impone di consentire le comunicazioni a distanza coi parenti non basta. Serve subito affrontare il problema del sovraffollamento. Si mettano ai domiciliari tutti coloro che hanno pochi mesi ancora da scontare per arrivare a fine pena. Non si risolverebbe nulla se, come pensa qualcuno, si tornasse a chiudere le celle superando la vigilanza dinamica. Serve consentire ai Direttori di poter lavorare, ricostruendo un clima che il sovrappopolamento pregiudica”. Lo scrive su Facebook il senatore milanese Franco Mirabelli, Vicepresidente del Gruppo PD al Senato e Capogruppo PD in Commissione Giustizia del Senato. Orlando (Pd): “Subito task force per le carceri e confronto con sindacati” Agenzia Nova, 9 marzo 2020 Il vicesegretario del Partito democratico, Andrea Orlando, interviene su quanto sta accadendo nelle ultime ore in diversi istituti penitenziari italiani. “Leggo dichiarazioni a ruota libera sulle carceri e sui tragici eventi di queste ore rilasciate da persone che non sanno nemmeno di cosa stanno parlando e invocano pugno di ferro e azioni militari - sottolinea il parlamentare su Facebook. Se avessero davvero parlato con le donne e gli uomini della Polizia penitenziaria, con i dirigenti degli istituti, gli educatori, il personale sanitario che opera nelle carceri, saprebbero che il carcere è una realtà complessa che si regge su equilibri delicatissimi. Le scorciatoie proposte preparano soltanto il peggio. Questi equilibri sono stati progressivamente compromessi dal sovraffollamento che è cresciuto in modo incontrollato in questi due anni. Il virus - continua l’esponente del Pd - li ha completamente travolti. Continuare ad utilizzare slogan ad effetto non serve a nulla. La situazione che si è determinata evidenzia un fatto: questa emergenza è stata affrontata senza alcuna preparazione da parte del dipartimento competente. La catena di comando è fortemente indebolita”. Orlando aggiunge: “Il ministro costituisca da subito una task force e chiami a raccolta tutte le competenze che in questi anni sono state marginalizzate in nome di un opinabile spoil system. Questa squadra riprenda il confronto con le organizzazioni sindacali e con la dirigenza territoriale, dialoghi costantemente con il Garante e la magistratura di sorveglianza, assuma subito le misure necessarie per dare sollievo alle realtà maggiormente esposte e al personale” Morrone (Lega): “Stop sorveglianza dinamica, il Governo ci ascolti” forlitoday.it, 9 marzo 2020 Così in un post Facebook il deputato della Lega, Jacopo Morrone, già sottosegretario alla Giustizia nel governo Conte I. “In relazione all’emergenza sanitaria nazionale e alle gravi violenze che si stanno verificando negli istituti penitenziari, appare incredibile che si continui a mantenere il sistema di organizzazione della vita detentiva fondato sulle “celle aperte” e la “sorveglianza dinamica”. Tale modello di gestione, infatti, comporta un’ampia libertà di movimento dei detenuti nell’ambito degli istituti, per otto o anche dodici ore al giorno”. Così in un post Facebook il deputato della Lega, Jacopo Morrone, già sottosegretario alla Giustizia nel governo Conte I. “È evidente che, in tal modo, è molto difficile impedire assembramenti nei cortili passeggi o nei corridoi delle sezioni e, comunque, si incrementano i contatti fra detenuti assegnati a celle diverse - prosegue il deputato. Tutto ciò appare in evidente contrasto con le più recenti direttive del Governo volte alla prevenzione del diffondersi del coronavirus. Anche dal punto di vista della sicurezza, è chiaro che l’organizzazione a celle aperte non è, allo stato, sostenibile. Basti pensare alle numerose e preoccupanti azioni di protesta violenta e di aperta rivolta, verificatesi in troppi istituti penitenziari. Tali azioni si sarebbero potute prevenire e contrastare meglio se si fosse ripristinato un sistema di gestione dei detenuti più “chiuso” e controllato”. “Pertanto, al fine di proteggere la salute dei detenuti e per tutelare l’ordine e la sicurezza degli istituti penitenziari, si chiede l’immediata adozione di misure straordinarie quali: la sospensione del sistema fondato su celle aperte e sorveglianza dinamica, fino al termine delle esigenze di sicurezza e sanitarie. L’organizzazione dell’accesso ai cortili passeggi per piccoli gruppi, in modo da ridurre i rischi di contagio. L’applicazione dell’art. 41bis, comma 1, dell’ordinamento penitenziario, agli istituti, o parti di istituto, ove - come prevede tale disposizione - si sia verificata una rivolta o comunque vi siano state gravi situazioni di emergenza; infine, la predisposizione di sezioni per le assegnazioni e i raggruppamenti cautelari di detenuti pericolosi, ai sensi dell’art. 32 del d.P.R. n. 230 del 2000, per tutte le altre strutture penitenziarie”, conclude. Carceri in rivolta, l’idea delle toghe rosse: “Liberazione anticipata speciale” di Bartolo Dall’Orto Il Giornale, 9 marzo 2020 Le carceri sovraffollate sono nel caos. Rivolte in tutta Italia. Salvini: “Niente regali”. Ma Md propone i domiciliari. La rivolta nelle carceri di tuta Italia sta mettendo a dura prova la tenuta del sistema detentivo italiano. Lo sanno gli agenti che in queste ore stanno affrontando le ribellioni da Pavia fino a Palermo, e lo sa la politica. La sollevazione è dovuta all’emergenza coronavirus. Ai detenuti sono stati vietati i colloqui con i parenti fino a fine marzo, sostituiti da comunicazioni video e dall’aumento delle telefonate. Molti di loro, però, sono anche preoccupati che il virus Covid-19 possa arrivare dietro le sbarre, dove la densità di “ospiti” è molto alta e mantenere il metro di distanza disposto dal nuovo decreto può essere molto difficile. I detenuti chiedono amnistia o indulto. Dal carcere di San Vittore, dato alle fiamme, i rivoltosi lo urlano dai tetti. Lo stesso è successo a Pavia, Salerno, Bari, Taranto, Frosinone, Alessandria, Vercelli e Napoli Poggioreale. A Modena nel caos delle rivolte sono morti sei detenuti. A Foggia, invece, in 50 sono riusciti a superare le cancellate del carcere e una ventina sono ancora ricercati dalla polizia. In molti dunque si stanno chiedendo come affrontare la situazione. A dirlo all’Agi è Riccardo De Vito, magistrato di sorveglianza e presidente di Magistratura democratica. Se l’amnistia non potrebbe “stare al passo con il virus”, altre secondo Md potrebbero essere “misure di applicazione più immediata” per arginare il problema dell’emergenza sanitaria. “Fermo restando l’esclusione dei reati più gravi e ferme le garanzie per le persone offese”, spiega De Vito, si può pensare alla “detenzione domiciliare fino a 2 anni, dopo aver accertato l’idoneità del domicilio”, oppure “al differimento della pena in forma di detenzione domiciliare per il periodo di emergenza per chi ha una pena residua di 2 o 3 anni”, ed eventualmente anche “alla liberazione anticipata speciale”. In questo modo, sottolinea, “con lo sfoltimento della popolazione carceraria”, che conta oltre 61mila detenuti a fronte di circa 50.900 posti di capienza regolamentare, “i benefici sarebbero sia per chi rimane dentro che per chi va fuori, per la maggiore possibilità di isolamento di eventuali contagiati”. Intanto la Lega è pronta a chiedere un commissario straordinario per l’emergenza carceri. Lo fa sapere Matteo Salvini, che da ore è nella sede di Regione Lombardia a Milano. Per il leader della Lega “serve tutelare le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria. La soluzione per placare le rivolte è il pugno duro per chi non rispetta le regole, non certo il regalo dei domiciliari per i detenuti a fine pena come sostenuto dal Pd”. Coronavirus, stop alle visite in carcere: la posizione dei Radicali per il Mezzogiorno Europeo di Fabrizio Ferrante Ristretti Orizzonti, 9 marzo 2020 Sono giorni incandescenti quelli che si stanno vivendo nelle carceri di tutta Italia alla luce del Coronavirus e della decisione del Ministero della Giustizia di bloccare le visite dei parenti dei detenuti all’interno delle strutture detentive. Solo negli ultimi giorni sono divampate rivolte in 27 istituti di pena italiani (fra cui Poggioreale) con tanto di evasioni (60 detenuti a Foggia) e decessi, come i sei detenuti nel carcere di Modena. Sulla vicenda Coronavirus e sul blocco dei colloqui parentali, è intervenuto l’avvocato Raffaele Minieri, segretario dei Radicali per il Mezzogiorno Europeo e membro della direzione nazionale di Radicali Italiani. Queste le sue dichiarazioni: “La scelta del Ministero di bloccare i colloqui parentali e i rapporti con l’esterno appare del tutto insufficiente e già immediatamente smentita dai primi episodi di contagio che hanno riguardato agenti della Polizia Penitenziaria. Rispetto agli agenti è evidente l’impossibilità di prevedere qualsiasi blocco all’accesso alle strutture. Stiamo dicendo da giorni che il contagio da Coronavirus sarebbe arrivato nelle carceri a momenti e che lì sarà impossibile contenerlo e gestirlo. Si tratta di evidenze che richiedono un’immediata risposta da parte delle istituzioni. È urgente una misura che possa immediatamente ridurre il numero delle presenze e permettere la gestione dell’eventuale contagio con numeri limitati. Se il Governatore della Campania, Vincenzo De Luca, individua in 5.000 il tetto massimo di contagi gestibili per la Sanità di tutta la regione, è evidente che laddove il contagio riguardasse Poggioreale dove è impossibile approntare un qualsiasi argine alla diffusione della malattia, avremmo oltre 2.000 detenuti malati in pochissimi giorni. Per questo riteniamo che da un lato il Governo e il Parlamento debbano prendere i provvedimenti di moratoria da più parti sollecitati, adottati addirittura dall’Iran, e dall’altro invitiamo la magistratura, attesa la riduzione del carico di udienze ordinarie, a disporre una task force per la concessione delle misure alternative. Ci sono centinaia di istanze pendenti che potrebbero essere decise in poco tempo se gli sforzi fossero concentrati soltanto su queste richieste. Se venissero valutate e istruite soltanto le istanze ex l. 199/10 e le ulteriori misure alternative concedibili in via provvisoria dal magistrato di sorveglianza, potremmo avere un primo rilevantissimo calo delle presenze in carcere”. Modena. Rivolta nel carcere, sei detenuti morti di Valentina Lanzilli Corriere della Sera, 9 marzo 2020 La protesta partita da una sessantina di detenuti che avevano tentato l’evasione. A quasi 24 ore di distanza dalla maxi rivolta dei detenuti, partita domenica intorno alle 14, al momento i morti accertati sono sei, ma il numero è certamente destinato a crescere. La rivolta è partita domenica quando circa una sessantina di detenuti hanno messo a ferro e fuoco il carcere per tentare un’evasione di massa che non è riuscita. Alla base della rivolta la protesta per questioni relative alla protezione per il coronavirus e la sospensione delle visite, che ha interessato diversi penitenziari d’Italia. Il tempestivo intervento delle forze dell’ordine ha evitato che 500 detenuti scappassero. Dopo ore di guerriglia, quando la maggior parte delle persone erano state fermate, alcuni hanno assaltato l’infermeria e fatto razzia di metadone e altri farmaci. Gli agenti e i militari che per primi sono entrati nei locali parlano di una scena surreale e di un edificio devastato. Bottiglie di metadone per terra e persone in fin di vita, circa una ventina. Anche fonti dell’amministrazione penitenziaria confermano che i decessi sarebbero riconducibili all’uso di stupefacenti: uno morto per abuso di sostanze oppioidi, l’altro di benzodiazepine, mentre un altro detenuto è stato rinvenuto in stato cianotico, ma non si conoscono le cause del decesso. Gli altri tre sarebbero morti successivamente al trasferimento in altre carceri dopo la rivolta. I morti, nel dettaglio - In particolare erano stati trasferiti nelle ultime ore dal carcere di Modena i due detenuti morti lunedì negli istituti di Verona e Alessandria. I reclusi - che sarebbero morti per overdose da psicofarmaci - erano stati trasferiti dopo le violente proteste che si erano verificate domenica nell’istituto penitenziario di Modena, dove si era verificato un assalto all’infermeria e da cui erano stati prelevati diversi farmaci. Il detenuto morto a Verona in realtà avrebbe dovuto raggiungere il carcere di Trento. Ma probabilmente per l’aggravarsi delle sue condizioni si era poi deciso di potarlo a Verona. Anche il detenuto morto nel carcere di Parma proveniva da Modena. Domenica, sempre a Modena, a seguito delle proteste erano morti altri tre detenuti: due per gli stessi motivi dei decessi di oggi e un altro per soffocamento a causa dei fumi provocati dell’incendio di materassi durante le proteste. Altri sei detenuti dello stesso carcere sono gravi, 4 di loro ricoverati in prognosi riservata. Feriti - Sono 18, infatti, al momento, i pazienti trattati, la maggior parte per intossicazione. I più gravi, sei detenuti, sono stati portati ai pronto soccorsi cittadini: quattro sono in prognosi riservata, ricoverati in terapia intensiva (due al Policlinico, uno a Baggiovara e uno a Carpi). Al pronto soccorso di Baggiovara sono arrivati tre agenti penitenziari lievemente feriti e sette sanitari con ferite lievi, uno dei quali leggermente intossicato. Le cause - Si attendono spiegazioni per quello che è accaduto. Solo domenica il sindacato della Uil aveva tuonato: «Non si dica che quanto sta accadendo è per il Coronavirus ma è con il Coronavirus perché il grave stato emergenziale che attanaglia le carceri, i detenuti e chi vi opera è in essere da troppo tempo». Anche la Cgil interviene chiedendo al governo e alle forze politiche di prendersi carico di una situazione non più rinviabile. Ora si va verso un trasferimento dei detenuti, dopo la conta dei danni, perché la struttura potrebbe non essere più idonea. L’inchiesta - Sulla rivolta è stata aperta un’inchiesta dalla Procura di Modena. Al momento i reati ipotizzati sono resistenza a pubblico ufficiale e violenza privata. Dovranno essere approfondite anche le cause della morte di tre dei sei detenuti mancati: secondo le prime informazioni, sarebbe dovuta al fatto che, durante la rivolta, si sono impadroniti dell’infermeria e hanno assunto un’overdose di farmaci. Palermo. Detenuti in stato di agitazione, il Garante regionale al carcere dell’Ucciardone ansa.it, 9 marzo 2020 “Assumere atteggiamenti auto-responsabili e di collaborazione, nella consapevolezza che le attuali misure restrittive sono temporanee (e quindi revocabili al migliorare della situazione), e servono innanzitutto alla tutela della salute di tutti”. È l’invito lanciato dal Garante regionale dei detenuti Giovanni Fiandaca che questa mattina è stato in visita al carcere Ucciardone per incontrare i detenuti in stato di agitazione per i provvedimenti assunti dopo l’allarme Coronavirus. “Non sono i detenuti ad essere ingiustamente discriminati - dice Fiandaca - Al rispetto di regole prudenziali a finalità preventiva, oggi, siamo infatti obbligati tutti come cittadini italiani, a prescindere dal fatto che viviamo dentro o fuori dagli istituti penitenziari. E, anche rispetto alla protezione del bene fondamentale della salute, i detenuti sono cittadini uguali agli altri”. Il garante dei detenuti si è recato al carcere Ucciardone nella seconda mattinata di oggi accompagnato dal dirigente dell’Ufficio, Pietro Valenti. Fiandaca ha richiamato l’attenzione sulla “necessità di comprendere le buone ragioni dei provvedimenti restrittivi adottati, incluse le limitazioni di contatti per colloqui con i parenti, essendo finalizzate all’obiettivo di proteggere innanzi tutto gli stessi detenuti dal rischio di contagi da fonte esterna”. Nel manifestare comprensione per i disagi anche di ordine psicologico derivanti da tutto ciò, il Garante ha invitato la popolazione detenuta a “mantenere la calma e ad adottare atteggiamenti il più possibile consapevoli e responsabili, dal momento che reazioni emotive incontrollate e paure eccessive, specie se sfocianti in forme di protesta violenta - ha detto - rischiano di provocare pericoli e conseguenze negative ancora maggiori. Mentre pazienza e senso di responsabilità da parte di tutti possono contribuire a un miglioramento della situazione e, in prospettiva, a una progressiva revoca o riduzione delle misure restrittive”. Fiandaca ha anche fatto presente che in atto, a compensazione sia pur parziale delle misure restrittive, è prevista la possibilità di beneficiare di un maggior numero di telefonate e di accedere a colloqui via Skype. Un analogo invito alla comprensione e al senso di responsabilità, innanzitutto nell’interesse degli stessi detenuti, è stato rivolto ai numerosi parenti mobilitati all’esterno del carcere, anche perché un eccesso di preoccupazione da parte loro può diventare moltiplicatore delle ansie di chi sta recluso. “Una sorta di circolo vizioso - ha detto loro il Garante - che pregiudica ulteriormente la serenità dei dirigenti e del personale delle carceri, accrescendone le oggettive difficoltà operative”. Il Garante ha anche auspicato che “la magistratura di sorveglianza manifesti in questo momento maggiore disponibilità a concedere misure extra detentive, così da ridurre nei limiti del possibile il sovraffollamento carcerario e, soprattutto, da assicurare una maggiore protezione dei detenuti più vulnerabili a causa di pregresse e rilevanti condizioni patologiche”. Fiandaca ha inoltre confermato l’impegno del Garante nazionale e dei Garanti regionali a verificare con continuità gli sviluppi dello stato di emergenza, così da rivolgere eventualmente al Governo e alle altre autorità pubbliche competenti “consigli e suggerimenti volti a rendere più efficace la salvaguardia della salute nelle carceri e meno disagiata la vita detentiva nel suo complesso”. Milano. A San Vittore detenuti sui tetti, distrutto un ambulatorio. A Bollate uffici sfasciati di Massimo Pisa La Repubblica, 9 marzo 2020 La protesta per la sospensione dei colloqui e per altri problemi all’interno del carcere arriva anche a Milano. Un detenuto salvato dopo aver ingerito grande quantità di metadone. I disordini per le norme anti-diffusione del coronavirus che impongono la sospensione dei colloqui con i parenti arrivano anche nel carcere milanese di San Vittore: detenuti sono saliti sui tetti e gridano “Libertà, Libertà” e “Vergogna”, la polizia penitenziaria e le forze dell’ordine sono intervenute per sedare i disordini nei reparti e gli incendi in alcune celle del quinto braccio, con gli agenti entrati con scudi e manganelli. Dopo due ore i detenuti sono scesi dai tetti, poi un gruppo di 4 è tornato sul tetto. La situazione all’interno del carcere resta delicata: il pm Alberto Nobili, responsabile dell’antiterrorismo milanese, arrivato con il questore Sergio Bracco, è entrato nel carcere per trattare con i detenuti. Un ambulatorio del quarto raggio è stato devastato, un detenuto ha ingerito una grande quantità di metadone, ma è stato soccorso. In una breve carica fuori San Vittore è stato coinvolto l’ex Br Paolo Maurizio Ferrari. Tensione a mille anche nel carcere di Bollate dove sono stati sfasciati alcuni uffici. Tra le richieste dei detenuti c’è anche la riduzione del numero di presenze. Dalla strada adiacente al carcere erano visibili carta e stracci a cui è stato dato fuoco attaccati alle grate di una finestra e getti d’acqua per contenere le fiamme. A dar vita alla protesta sono i detenuti de “La Nave” il reparto modello riservato a chi soffre di forme di dipendenza. Persone che hanno scelto di seguire le strade del recupero. Creato nel 2002 al quarto e ultimo piano del terzo raggio della casa di reclusione nel centro della città, prevede celle aperte 12 ore al giorno e la programmazione di attività psicoterapeutiche, lezioni sulla legalità, corsi di musica, teatro e attività sportive. Proprio da questa particolarità deriva il nome: una “Nave” per detenuti in transito verso una nuova vita. Modena. Carcere Sant’Anna inagibile, 530 detenuti da trasferire dire.it, 9 marzo 2020 Un carcere inutilizzabile e oltre 500 persone da spostare in altre sedi della penisola. Questo il bilancio dopo la rivolta scoppiata ieri al carcere di Modena. Marighelli: “Quanto accaduto è la dimostrazione che la situazione nelle carceri italiane è precaria e può esplodere in qualsiasi momento”. Sei detenuti morti, altri quattro in terapia intensiva, di cui uno a Baggiovara, uno a Modena e uno a Carpi. È questo il bilancio della rivolta della popolazione detenuta che ieri ha distrutto il carcere di Sant’Anna di Modena. “La situazione è drammatica - denuncia il garante regionale dei detenuti Marcello Marighelli. Da quanto mi risulta, l’istituto non è più agibile: questo significa dovere spostare 530 persone”. Nella notte, i primi sono arrivati ad Ascoli Piceno. “Come è facile capire, è impensabile che le carceri regionali possano far fronte da sole a questa emergenza nell’emergenza”. Tre delle sei vittime sarebbero morte a Modena, le altre tre negli istituti dove erano stati trasferiti. È presto per capire le cause: secondo le prime ricostruzioni, non sarebbe stato riscontrato nessun segno di lesione. Alcuni decessi sarebbero da ricondurre all’abuso di medicinali, dei quali i detenuti sarebbero venuti in possesso dopo avere occupato l’infermeria; altri potrebbero essere morti per cause legate alle dinamiche della rivolta - per esempio, pare siano stati appiccati alcuni incendi. Ma cosa può avere scatenato una situazione simile? “Ci sono cause generali, dal sovraffollamento alle discussioni sulle misure prese delle amministrazioni carcerarie in materia di coronavirus. Poi ci sono cause specifiche, ancora tutte da trovare. Il carcere di Modena lavora bene, c’è una rete di volontari molto presente, l’Azienda Usl ha fatto moltissimo”. Secondo fonti interne, la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso sarebbe stato quanto accaduto a un detenuto che, in occasione di una visita ambulatoriale, avrebbe contratto il Covid-19: il dottore che l’avrebbe visitato avrebbe poi scoperto di essere positivo, e durante la visita sarebbe avvenuto il contagio. Sovraffollamento, nessuna prospettiva, poco lavoro: sono questi i problemi principali che Marighelli individua. “Quanto accaduto a Modena è la dimostrazione che la situazione nelle carceri italiane è talmente precaria da poter esplodere in un momento, per un motivo qualsiasi. Certo quanto accaduto è tragicamente grave: hanno perso la vita sei persone, è necessario aprire un serio confronto. Per le azioni di un gruppo di detenuti, per quando consistente, ora le conseguenze le pagherà tutta la popolazione carceraria”. Marighelli spiega di essere in contatto con Elly Schlein, vicepresidente regionale, provveditorato, Azienda Usl: “Oggi la cosa più importante da fare è tranquillizzare e mettere in pratica, correttamente, le misure annunciate: più colloqui telefonici, più chiamate via Skype. È il momento di dare un segnale, magari ci si potrebbe subito mettere al lavoro per migliorare le condizioni detentive, a prescindere dall’emergenza sanitaria. Qualche esempio? Più colloqui, più lavoro, un vitto migliore, più prodotti per l’igiene e la pulizia. Cerchiamo di imparare da questo dramma”. Sinappe: “Commissariamento carceri e avvicendamento ai vertici”. Al momento, la situazione negli altri istituti penitenziari della Regione è sotto controllo. A Reggio Emilia, per esempio, dopo la rivolta di ieri - incendi materassi, rottura arredi - l’emergenza sembra essere rientrata. Intanto, il Sinappe, il sindacato autonomo di Polizia penitenziaria in una nota indirizzata al premier Conte oggi, ha chiesto il commissariamento delle carceri italiane e l’avvicendamento del ministro della Giustizia e del capo del Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. “È bastata una misura, doverosa e necessaria, ma mal comunicata, per spostare il focus dell’emergenza del Paese da quello sanitario a quello penitenziario, con il rischio sufficientemente concreto che l’uno si sovrapponga all’altro e che il contagio cresca in maniera più che esponenziale. Una decretazione d’urgenza che pur muovendo da giusti presupposti contiene in sè affermazioni che creano nell’utenza la falsa aspettativa che un’emergenza sanitaria si affronti con provvedimenti di clemenza, sì da creare orde di perone che rivendicano l’indulto. Che il ministro della Giustizia e il Capo del Dap non si siano dimostrati all’altezza della gestione dell’emergenza è sotto gli occhi di tutti e un immediato avvicendamento è doveroso. La richiesta è quella anche di un commissariamento urgente della gestione al fine di arginare nell’immediato un fenomeno che non ha pari nella storia. Del pari si suggerisce l’immediata immissione nel circuito lavorativo degli allievi agenti oggi fermi nelle scuole di formazione”. Napoli. I familiari dei detenuti di Poggioreale bloccano la strada con una catena umana cronachedellacampania.it, 9 marzo 2020 Dopo lo stop ai colloqui all’interno della Casa Circondariale di Poggioreale, come provvedimento per evitare un probabile contagio da Coronavirus all’interno del carcere, nella giornata del 9 marzo, c’è stata una rivolta dei detenuti, che hanno preso d’assalto l’edificio, ed i loro familiari che hanno bloccato il traffico di via Poggioreale, per chiedere l’indulto per i condannati. La protesta dei familiari dei carcerati prosegue ad oltranza, come dimostrano anche delle immagini inviate da diversi cittadini al Consigliere Regionale dei Verdi Francesco Emilio Borrelli, infatti dopo aver creato una catena umana all’altezza dell’ingresso principale del carcere di Poggioreale essi hanno bloccato la viabilità della strada. “È una protesta che non ha alcuna ragione d’essere perché non si può approfittare di un evento drammatico come l’emergenza sanitaria che stiamo affrontando per sfuggire alle proprie responsabilità e alle condanne. Questa manifestazione messa in piedi dai familiari dei detenuti è un grave atto criminale che crea enormi disagi alla cittadinanza, si sta paralizzando una città senza alcun valido motivo. Le forze dell’ordine devo intervenire e mettere fine ai disordini” - sono state le parole del Consigliere Borrelli. Bologna. Sappe: “Il penitenziario della Dozza in mano ai detenuti, noi fuori” ansa.it, 9 marzo 2020 “I detenuti si sono ormai impossessati del carcere e il personale è fuori, con il supporto delle altre Forze dell’ordine”. È l’aggiornamento del sindacato Sappe sulla situazione del carcere bolognese della Dozza, dove sono arrivati polizia e carabinieri in appoggio alla Polizia penitenziaria. Sul posto anche alcune ambulanze e ci sarebbero dei feriti. La protesta è iniziata nel primo pomeriggio di lunedì quando i detenuti hanno incendiato i materassi e sembra che stiano sfasciando tutto ciò che trovano all’interno delle sezioni detentive. È stato lanciato l’allarme e sono stati chiesti i rinforzi anche al personale in servizio al provveditorato regionale. La Spezia. Detenuti in rivolta, direttrice e operatori asserragliati per riportare alla calma ansa.it, 9 marzo 2020 Rivolta dei detenuti nel carcere di Villa Andreino alla Spezia da questa mattina, sulla scia delle proteste scattate come in altre Case circondariali d’Italia per le disposizioni legate al contenimento del coronavirus. La direttrice Maria Cristina Biggi e alcuni operatori sono “asserragliati all’interno per cercare di riportare la situazione alla calma” racconta un operatore, mentre alcuni detenuti sono saliti sul cornicione. Intorno alla struttura sono dispiegate decine di auto delle forze dell’ordine per questioni di sicurezza ed evitare eventuali tentativi di evasione. Nel carcere spezzino ci sono 225 detenuti, per una capienza di 160. Viterbo. Disordini nel carcere di Mammagialla per i limiti imposti ai colloqui con i familiari Corriere di Viterbo, 9 marzo 2020 Carcere, proteste e disordini nel carcere viterbese di Mammagialla e in altri istituti penitenziari del Lazio. A segnalarlo è il sindacato Fns-Cisl, che riporta la presenza di fumo all’interno del muro di cinta di Rebibbia e di disordini in corso a Regina Coeli e, come detto, nel carcere di Viterbo. Per il segretario aggiunto del sindacato, Massimo Costantino, “occorre che le autorità tutte, in primo modo anche il ministro della giustizia mettano in campo ogni utile misura per garantire la salute e l’incolumità dei poliziotti penitenziari e delle persone ristrette”. Costantino poi aggiunge: “Apprendiamo di rinforzi provenienti anche dal personale in servizio presso tale sede ma fatti rientrare dalle ferie o riposi. I motivi - si spiega in una nota - sono legati al limite dei colloqui con i familiari, dovuti alla situazione in ambito nazionale dovuti per contenere il contagio per il coronavirus”. Matera. Protesta dei detenuti nel carcere, intervengono Polizia e Carabinieri ufficiostampabasilicata.it, 9 marzo 2020 Alla base della protesta i recenti provvedimenti varati per gestire l’emergenza Coronavirus. Si è estesa anche al carcere di Matera la protesta che da ieri è scoppiata in molte Case circondariali d’Italia. In mattinata è stata segnalata una decisa protesta dei detenuti nella Casa circondariale di Matera. Gli Agenti della Polizia di Stato, i militari dei Carabinieri e della Guardia di Finanza sono immediatamente intervenuti per contenere e gestire la protesta in sinergia con la polizia penitenziaria. Una decina di detenuti si rifiuta di rientrare nelle celle protestando contro le restrizioni ai colloqui con i visitatori imposte per l’emergenza Coronavirus. Un detenuto è anche salito sul tetto. Il Questore di Matera Luigi Liguori sta seguendo direttamente la vicenda, in contatto con i vertici delle altre Forze di Polizia. Sul posto dirigenti e funzionari della Polizia di Stato ed ufficiali dell’arma dei Carabinieri. Il segretario regionale dell’Uspp, Vito Messina, fa appello al Presidente della Repubblica affinché vengano rinforzati i controlli all’esterno delle carceri e denuncia la carenza di personale che rende difficile la gestione dei detenuti. Rieti. Rivolta in carcere, detenuti sul tetto con spranghe e lenzuola di Christian Diociaiuti rietilife.com, 9 marzo 2020 Nonostante l’ingresso le forze dell’ordine in tenuta antisommossa, i detenuti del carcere di Rieti in rivolta sono riusciti a salire sul tetto. Da quel che si vede dall’esterno del carcere alcuni brandiscono delle spranghe, battono sui parapetti mentre altri agitano lenzuola che sono state esposte anche a mo’ di striscione. Alcuni di loro con le lenzuola hanno coperto il volto. Foggia. Evasione di massa dopo la rivolta in carcere di Michelangelo Borrillo Corriere del Mezzogiorno, 9 marzo 2020 Ormai dilaga in tutta Italia la rivolta nelle carceri. Da una parte della cancellata i detenuti che protestano. E alcuni che riescono anche ad evadere (come accaduto a Foggia). Dall’altra i parenti dei detenuti accorsi all’esterno del carcere. In mezza Italia, si contano almeno 28 proteste, è partita la rivolta nelle carceri, dopo quella di domenica di Modena, con i detenuti che protestano contro le restrizioni dovute all’emergenza coronavirus e la sospensione delle visite: oggi è accaduto a San Vittore a Milano, e poi a Foggia, a Napoli, a Frosinone, a Roma e a Palermo. Rivolta gravissima anche al carcere di Foggia. «Situazione insostenibile, i detenuti sono tutti fuori, c’è stata un’evasione di massa», denuncia il sindacato di polizia penitenziaria Uil-pa, sottolineando di avere già inviato una lettera in proposito al premier Conte e al presidente Mattarella. I detenuti hanno divelto un cancello della «block house», la zona che li separa dalla strada Secondo una prima stima, una cinquantina di detenuti sarebbe evasa dal penitenziario; al momento solo 32 di loro sono stati bloccati nelle immediate vicinanze (ma anche più distanti nelle strade della provincia) dalle forze di polizia e ricondotti in carcere. I commercianti che si trovano nelle vicinanze della casa circondariale sono stati invitati dalle forze dell’ordine a chiudere i locali. Hanno chiuso anche alcune banche del centro. I detenuti che non sono riusciti ad evadere si sono arrampicati sui cancelli del perimetro del carcere e sul posto sono intervenuti non solo polizia e carabinieri ma anche militari dell’esercito. Alcuni detenuti sono saliti sul tetto, altri hanno rotto le finestre, e all’ingresso della casa circondariale è stato appiccato un incendio. Scontri e feriti - Negli scontri con le forze dell’ordine, un detenuto è rimasto ferito alla testa ed è stato portato via in barella. Alcuni parenti, prima di essere allontanati, hanno cercato di far ragionare i detenuti per riportarli alla calma: «Se fate così è peggio, dovete stare tranquilli», hanno detto loro. La zona è circondata da carabinieri, agenti della polizia e militari dell’esercito, con un elicottero che sorvola il carcere. «Vogliamo l’indulto e l’amnistia - spiega un detenuto dal cancello - non possiamo stare così con il rischio del coronavirus. Noi viviamo peggio di voi, viviamo nell’inferno». Nella Casa circondariale di Foggia, attualmente, ci sono 608 detenuti, numero al di sopra della capienza ottimale che sarebbe di 365. «La situazione è critica, gli assistenti che non vogliono lavorare, ci tengono chiusi 24 ore su 24. Ci trattano come animali», ha aggiunto un giovane detenuto che durante la protesta è rimasto ferito al capo. Nel primo pomeriggio la situazione si è avviata verso un ritorno alla normalità: «La situazione è ancora complessa - spiega il prefetto di Foggia Raffaele Grassi - ma è sotto controllo». Bonafede: tuteleremo la salute nei penitenziari - Sulle rivolte scoppiate in mezza Italia è intervenuto anche il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che mercoledì riferirà in Senato: «Sono perfettamente consapevole che un’emergenza come quella del coronavirus possa creare tensioni all’interno di un carcere, ma deve essere chiaro l’intento delle misure che abbiamo preso: è nostro dovere tutelare la salute di chi lavora e vive negli istituti penitenziari». Il Guardasigilli spiega anche che «alcune norme previste nel decreto legge, come il limite ai colloqui fisici e la possibilità per i magistrati di sorveglianza di sospendere i permessi premio e la semilibertà, misure che valgono per i prossimi 15 giorni, hanno soltanto la funzione di garantire proprio la tutela della salute dei detenuti e tutti coloro che lavorano nella realtà penitenziaria». «Dietro la criminalità» - La paura per la malattia, ma non solo. «La contemporaneità delle rivolte all’interno delle carceri italiane lascia pensare che ciò a cui stiamo assistendo sia tutt’altro che un fenomeno spontaneo. C’è il rischio che dietro le rivolte possa esserci la criminalità organizzata». Così in una nota invece Domenico Pianese, segretario generale del sindacato di Polizia Coisp. «È in atto, infatti, una evidente strategia che tenta di approfittare delle difficoltà causate dell’emergenza Coronavirus. Siamo perciò pronti a dare il massimo sostegno alla Polizia penitenziaria e al sistema sicurezza nel suo complesso affinché la già complessa situazione del Paese non venga ulteriormente aggravata», conclude. Foggia. «Evasi da carcere hanno rapinato più auto per fuggire» Il Dubbio, 9 marzo 2020 Un consigliere comunale della città pugliese conferma al telefono: «Sono diversi i casi di gruppi di detenuti che si sono appropriati con la forza di vetture per allontanarsi dalla città, ma molti sono già stati arrestati». Sparatoria con inseguimento in via Bari, in pieno centro urbano. Durante la rivolta nel carcere, presi in ostaggio anche alcuni psicologi. Da Foggia la voce di un consigliere comunale sconvolto: «È tutto vero, i detenuti evasi dal carcere hanno fatto rapine, hanno rapinato soprattutto autovetture, con l’obiettivo di procurarsi mezzi per allontanarsi dalla città». Il rappresentante dell’assemblea cittadina, che chiede di mantenere l’anonimato, spiega di non avere «conferme immediate di sparatorie con gli agenti» o di «scorribande di evasi che si aprono la strada per fuggire armi in pugno. Risulta anche a me, comunque, che diversi di loro siano già stati intercettati e tratti in arresto». Ma nella città pugliese il clima è generale di terrore. Già da un’ora, oltre ai filmati che mostrano frotte di reclusi tranquillamente in uscita dalle recinzioni e a stento affrontati dalle forze dell’ordine, sono ormai numerosissimi i vocali che circolano sui social, e di cui è impossibile verificare l’autenticità, di persone sconvolte che comunicano ai propri cari di aver visto, per esempio, gruppi di persone rapinare officine meccaniche per appropriarsi delle automobili, o addirittura di aver udito il fragore di sparatorie. Si è certamente verificata una sparatoria con inseguimento in via Bari, nel cuore della città, a diversi chilometri di distanza dalla Casa circondariale, avvenuta fra forze dell’ordine e alcuni degli evasi che non sono ancora stati intercettati, che sarebbero una ventina secondo le ultime informazioni diffuse dalla Questura di Foggia. Confermata anche la presa in ostaggio, all’interno del penitenziario, persino di alcuni psicologi in servizio per l’assistenza ai detenuti. Sarebbero stati tutti liberati e tratti in salvo, riferiscono alcuni agenti in servizio presso la Casa circondariale della città pugliese. Proteste anche nelle carceri liguri, rientra la rivolta alla Spezia di T. Fregatti, L. Anselmi Il Secolo XIX, 9 marzo 2020 Battitura di ferri sulle ringhiere a Marassi, Imperia e Sanremo. A Pontedecimo appese le lenzuola. A Marassi dieci minuti di battitura di ferri sulle ringhiere (video qui sopra), a Imperia e Sanremo quattro. A Pontedecimo invece sono state appese lenzuola. È cominciata tra ieri sera e stamattina anche in Liguria la protesta all’interno delle carceri per le limitazioni ai colloqui dei detenuti a causa del coronavirus. In gran parte della Liguria non si è ancora arrivati ad una protesta violenta ma è stata espressa solidarietà a tutti gli altri detenuti in lotta. Situazione critica invece alla Spezia, dove è durata circa un’ora una rivolta nel carcere di Villa Andreini. La Polizia penitenziaria ha proclamato la massima allerta. Anche alla luce del fatto che nelle prossime ore saranno trasferiti nelle carceri liguri i “rivoltosi” di Modena. Duro il commento di Michele Lorenzo, segretario regionale Del Sappe: «In questo stato di allarme generale si vede la debolezza di chi deve prendere le decisioni. E parlo dei vertici dell’amministrazione dal Ministro al capo dipartimento. La protesta non deve dilagare. Abbiamo i turni raddoppiati a causa dello stato di allerta e dimostra come la coperta dell’organico sia corta e insufficiente». La Spezia, rivolta per un’ora nel carcere di Villa Andreini - È durata circa un’ora la rivolta dei detenuti nel carcere di Villa Andreini. Urla e proteste da parte dei detenuti. Alcuni di loro (circa 5) sono saliti sul muro di cinta. Il direttore e la polizia penitenziaria in tenuta antisommossa hanno cercato di mediare. Le forze dell’ordine sono state mobilitate anche nel parcheggio. La protesta è scattata intorno alle 13.30, poi è rientrata.