La Corte di Strasburgo: ergastolo disumano, l’Italia riveda la legge di Enrico Bronzo ilsole24ore.com, 13 giugno 2019 L’Italia deve rivedere la legge che regola il carcere a vita, perché viola il diritto del condannato a non essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti. Così la Corte europea dei diritti umani in una sentenza che in assenza di ricorsi sarà definitiva tra tre mesi. La decisione riguarda il caso di Marcello Viola, condannato per associazione mafiosa, omicidi e rapimenti, in prigione da inizio anni Novanta. La sentenza non implica la liberazione di Viola a cui l’Italia deve versare 6mila euro per i costi legali. La decisione sull’Italia della Corte di Strasburgo si basa sul fatto che chi è condannato al carcere a vita (ergastolo ostativo) non può ottenere, come gli altri carcerati, alcun beneficio - come per esempio i permessi d’uscita, o la riduzione della pena - a meno che non collabori con la giustizia. Nella sentenza i giudici di Strasburgo evidenziano che “la mancanza di collaborazione è equiparata a una presunzione irrefutabile di pericolosità per la società” e questo principio fa si che i tribunali nazionali non prendano in considerazione o rifiutino le richieste dei condannati all’ergastolo ostativo. La Corte osserva che se “la collaborazione con la giustizia può offrire ai condannati all’ergastolo ostativo una strada per ottenere questi benefici”, questa “strada” è però troppo stretta. Nella sentenza si osserva che la scelta di collaborare non è sempre “libera”, per esempio perché alcuni condannati hanno paura che questo metta in pericolo i loro familiari, e che “non si può presumere che ogni collaborazione con la giustizia implichi un vero pentimento e sia accompagnata dalla decisione di tagliare ogni legame con le associazioni per delinquere”. Strasburgo non nega la gravità dei reati commessi da Marcello Viola, ma critica che l’uomo, non avendo collaborato con la giustizia, si sia visto rifiutare le richieste di uscita dal carcere, nonostante i rapporti indicassero la sua buona condotta e un cambiamento positivo della sua personalità. Nella sentenza si afferma che privare un condannato di qualsiasi possibilità di riabilitazione e quindi della speranza di poter un giorno uscire dal carcere viola il principio base su cui si fonda la convenzione europea dei diritti umani, il rispetto della dignità umana. Corte Strasburgo, Italia riveda la legge sull’ergastolo: “Trattamenti inumani e degradanti” corriere.it, 13 giugno 2019 La sentenza della Corte europea dei diritti umani riguarda il caso di Marcello Viola, condannato per associazione mafiosa, omicidi e rapimenti, in prigione da inizio anni Novanta. L’associazione Nessuno tocchi Caino: “Pronunciamento storico”. L’Italia deve rivedere la legge che regola il carcere a vita, perché viola il diritto del condannato a non essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti. Così la Corte europea dei diritti umani in una sentenza che in assenza di ricorsi sarà definitiva tra tre mesi. La decisione riguarda il caso di Marcello Viola, condannato per associazione mafiosa, omicidi e rapimenti, in prigione da inizio anni Novanta. La sentenza non implica la liberazione di Viola a cui l’Italia deve versare 6mila euro per i costi legali. La decisione sull’Italia della Corte di Strasburgo si basa sul fatto che chi è condannato al carcere a vita (ergastolo ostativo) non può ottenere, come gli altri carcerati, alcun “beneficio” - come per esempio i permessi d’uscita, o la riduzione della pena - a meno che non collabori con la giustizia. Nella sentenza i giudici di Strasburgo evidenziano che “la mancanza di collaborazione è equiparata ad una presunzione irrefutabile di pericolosità per la società” e questo principio fa si che i tribunali nazionali non prendano in considerazione o rifiutino le richieste dei condannati all’ergastolo ostativo. La Corte osserva che se “la collaborazione con la giustizia può offrire ai condannati all’ergastolo ostativo una strada per ottenere questi benefici”, questa “strada” è però troppo stretta. Nella sentenza si osserva che la scelta di collaborare non è sempre “libera”, per esempio perché alcuni condannati hanno paura che questo metta in pericolo i loro familiari, e che “non si può presumere che ogni collaborazione con la giustizia implichi un vero pentimento e sia accompagnata dalla decisione di tagliare ogni legame con le associazioni per delinquere”. Strasburgo non nega la gravità dei reati commessi da Marcello Viola, ma critica che l’uomo, non avendo collaborato con la giustizia, si sia visto rifiutare le richieste di uscita dal carcere, nonostante i rapporti indicassero la sua buona condotta ed un cambiamento positivo della sua personalità. Nella sentenza si afferma che privare un condannato di qualsiasi possibilità di riabilitazione e quindi della speranza di poter un giorno uscire dal carcere viola il principio base su cui si fonda la convenzione europea dei diritti umani, il rispetto della dignità umana. “Alla Corte di Strasburgo pendono già numerosi altri ricorsi” contro il carcere a vita (ergastolo ostativo) e dopo la condanna di oggi “potrebbero arrivarne molti altri”, scrivono i giudici di Strasburgo nella sentenza. Il problema messo in luce oggi, per i magistrati, “è di natura strutturale” e richiede quindi, per essere risolto, un intervento, di preferenza legislativo, delle autorità. L’Italia dovrebbe quindi agire “con una riforma della reclusione a perpetuità in modo da garantire la possibilità agli ergastolani di ottenere un riesame della pena”. Questo, scrivono, “permetterebbe alle autorità di determinare se durante la pena già scontata il detenuto ha fatto progressi tali sul cammino della riabilitazione da renderne ingiustificabile il mantenimento in prigione”. Per l’associazione “Nessuno tocchi Caino” si tratta di un “pronunciamento storico” “Secondo la Corte - spiega una nota -, l’ergastolo ostativo è una forma di punizione perpetua incomprimibile. Con questa sentenza la CEDU svuota l’art 4 bis dell’ordinamento penitenziario, che prevede uno sbarramento automatico ai benefici penitenziari, alle misure alternative al carcere e alla liberazione condizionale in assenza di collaborazione con la giustizia. La CEDU fa cadere la collaborazione con la giustizia ex art 58 ter o.p, come unico criterio di valutazione del ravvedimento del detenuto. La Corte considera inoltre questo un problema strutturale dell’ordinamento italiano e chiede che si metta mano alla legislazione in materia”. “Il successo alla Corte EDU è il preludio di quel che deve succedere alla Corte Costituzionale italiana che il 22 ottobre discuterà l’ergastolo ostativo a partire dal caso Cannizzaro, nel quale Nessuno tocchi Caino è stato ammesso come parte interveniente - spiega il segretario Sergio d’Elia. Il pensiero non può non andare che a Marco Pannella, al suo Spes contra Spem che ci ha animati e nutriti in questi anni, e ai detenuti di Opera protagonisti del docu-film di Ambrogio Crespi `Spes contra Spem - Liberi dentro´ che contro ogni speranza sono stati speranza, con ciò liberando oltre che se stessi anche le menti dei giudici di Strasburgo”. La Corte di Strasburgo boccia l’ergastolo ostativo di Maurizio Tortorella panorama.it, 13 giugno 2019 I giudici della Corte europea dei diritti dell’uomo stabiliscono che l’ergastolo ostativo italiano è una “punizione inumana”. La Corte europea dei diritti umani ha chiesto oggi all’Italia di rivedere le sue norme in materia di ergastolo ostativo. La Corte ha infatti affermato che l’ergastolo ostativo è contrario all’art 3 della Convenzione europea per i diritti umani, che vieta i trattamenti e le punizioni inumane e degradanti. In assenza di ricorsi, la sentenza diverrà definitiva in tre mesi. Per ergastolo ostativo s’intende la pena che prevede la reclusione a vita: il cosiddetto “fine pena mai”. In base alla legge italiana, anche chi viene condannato all’ergastolo ha diritto ad alcuni benefici (come la semilibertà) e può usufruire di permessi-premio; dopo 26 anni di carcere, inoltre, al condannato all’ergastolo può essere concessa la libertà condizionale se, durante la detenzione, ha tenuto una buona condotta e un comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento. L’ergastolo ostativo è l’eccezione alla regola, in quanto non permette di concedere al condannato alcun tipo di beneficio o di premio. Per questo l’ergastolo ostativo viene inflitto a soggetti altamente pericolosi che hanno commesso determinati delitti: per esempio il sequestro di persona a scopo di estorsione oppure l’associazione di tipo mafioso. Per loro esiste soltanto il “fine pena mai”: tra gli ultimi casi si ricorda quello del boss mafioso Bernardo Provenzano, morto in carcere nel luglio 2016 dopo lunghissima malattia. La decisione di Strasburgo riguarda in particolare il caso di Marcello Viola, un condannato per associazione mafiosa, per omicidi e per rapimenti, che era stato condannato all’ergastolo ostativo all’inizio degli anni Novanta, al quale ora il governo italiano deve versare 6mila euro per i costi legali. Nella sentenza i giudici di Strasburgo evidenziano che “la mancanza di collaborazione è equiparata a una presunzione irrefutabile di pericolosità per la società” e questo principio fa si che i tribunali nazionali non prendano in considerazione o rifiutino le richieste dei condannati all’ergastolo ostativo. La Corte osserva che se “la collaborazione con la giustizia può offrire ai condannati all’ergastolo ostativo una strada per ottenere questi benefici”, questa “strada” è però troppo stretta. Nella sentenza si osserva che la scelta di collaborare non è sempre “libera”, perché per esempio certi condannati hanno paura che questo metta in pericolo i loro familiari. I giudici di Strasburgo scrivono anche che “non si può presumere che ogni collaborazione con la giustizia implichi un vero pentimento e sia accompagnata dalla decisione di tagliare ogni legame con le associazioni per delinquere”. La Corte non nega la gravità dei reati commessi da Marcello Viola, ma critica il fatto che l’uomo, soltanto perché non ha collaborato con la giustizia, si sia visto rifiutare le richieste di uscita dal carcere, nonostante molti rapporti indicassero la sua buona condotta e un cambiamento positivo della sua personalità. Nella sentenza si afferma che privare un condannato di qualsiasi possibilità di riabilitazione e quindi della speranza di poter un giorno uscire dal carcere viola il principio base su cui si fonda la convenzione europea dei diritti umani, il rispetto della dignità umana. Come tutte le sentenze della Corte europea, anche questa farà giurisprudenza e avrà effetti più ampi: potrà essere applicata nei confronti di chiunque si trovi a scontare una pena di quel genere. L’ergastolo nell’ordinamento italiano è regolato dall’articolo 17 e seguenti del Codice penale. L’articolo 22 dice che “la pena dell’ergastolo è perpetua, ed è scontata in uno degli stabilimenti a ciò destinati, con l’obbligo del lavoro e con l’isolamento notturno”. L’associazione Nessuno tocchi Caino, da anni impegnata con il Partito radicale per l’abolizione dell’ergastolo ostativo, sostiene che la sentenza della Corte europea è “un pronunciamento storico”. Con questa sentenza la Corte di Strasburgo di fatto “svuota” l’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario, che prevede uno sbarramento automatico ai benefici penitenziari, alle misure alternative al carcere e alla liberazione condizionale in assenza di collaborazione con la giustizia. La Corte fa cadere la collaborazione con la giustizia come unico criterio di valutazione del ravvedimento del detenuto. La Corte considera inoltre questo un problema strutturale dell’ordinamento italiano e chiede che si metta mano alla legislazione in materia. Per Sergio d’Elia, segretario di Nessuno tocchi Caino, “Il successo a Strasburgo è il preludio di quel che deve succedere alla Corte costituzionale italiana, che il 22 ottobre discuterà sulla costituzionalità dell’ergastolo ostativo a partire dal caso Cannizzaro, nel quale Nessuno tocchi Caino è stato ammesso come parte interveniente. Il pensiero non può che andare a Marco Pannella”. La Corte europea dei diritti dell’uomo: “Inammissibile carcere a vita senza riabilitazione” ilfattoquotidiano.it, 13 giugno 2019 La decisione riguarda il caso di Marcello Viola, condannato per associazione mafiosa, omicidi e sequestri. Il condannato aveva fatto ricorso contro il suo ergastolo ostativo, che, secondo la Corte europea, viola l’articolo 3 della Convenzione dei diritti umani. Il verdetto è inerente al fatto che chi è condannato al carcere a vita non può ottenere alcun beneficio, a meno che non collabori con la giustizia. L’Italia deve rivedere la legge che regola il carcere a vita. A stabilirlo è la Corte europea dei diritti umani, secondo cui la legge italiana viola il diritto del condannato a non essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti: “È inammissibile privare le persone della libertà senza impegnarsi per la loro riabilitazione e senza fornire la possibilità di riconquistare quella libertà in una data futura”. La decisione riguarda il caso di Marcello Viola, condannato all’ergastolo per associazione mafiosa, omicidi e sequestri. Viola aveva fatto ricorso contro il suo ergastolo ostativo, che esclude qualunque tipo di beneficio o di sconto di pena per il condannato e che, a differenza dell’ergastolo normale, non prevede alcun tipo di funzione rieducativa della pena all’interno del carcere. Secondo la Corte europea l’ergastolo ostativo viola l’articolo 3 della Convenzione sui diritti umani, che proibisce la tortura: “Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”, recita l’articolo. Il caso di un condannato per mafia al 41 bis - Marcello Viola, in carcere da 28 anni, è in regime di 41 bis dal 2000. La decisione della Corte di Strasburgo sul suo caso si basa in particolare sul fatto che chi è condannato al carcere a vita non può ottenere, come gli altri carcerati, alcun beneficio - come per esempio i permessi d’uscita, o la riduzione della pena - a meno che non collabori con la giustizia. Nella sentenza i giudici di Strasburgo evidenziano che “la mancanza di collaborazione è equiparata ad una presunzione irrefutabile di pericolosità per la società” e questo principio fa sì che i tribunali italiani non prendano in considerazione o rifiutino le richieste dei condannati all’ergastolo ostativo. La Corte osserva che se “la collaborazione con la giustizia può offrire ai condannati all’ergastolo ostativo una strada per ottenere questi benefici”, questa via è però troppo stretta. Nella sentenza si ricorda, infatti, che la scelta di collaborare non è sempre libera, per esempio perché alcuni condannati hanno paura che questo metta in pericolo i loro familiari, e che “non si può presumere che ogni collaborazione con la giustizia implichi un vero pentimento e sia accompagnata dalla decisione di tagliare ogni legame con le associazioni per delinquere”. La Corte europea, quindi, non nega la gravità dei reati commessi da Marcello Viola, ma critica che l’uomo, non avendo collaborato con la giustizia, si sia visto rifiutare le richieste di uscita dal carcere, nonostante i rapporti indicassero la sua buona condotta ed un cambiamento positivo della sua personalità. Sul verdetto è intervenuto Patrizio Gonnella, il presidente di Antigone: “Sull’ergastolo ostativo la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, nel caso Viola, ha preso una decisione di grande rilievo stabilendo che la dignità umana viene prima, sempre. La dignità umana è un bene che non si perde mai. La Corte ribadisce un principio che i più grandi giuristi italiani avevano già espresso, ossia che sono inaccettabili gli automatismi (assenza di collaborazione) che precludono l’accesso ai benefici. Una persona che dia prova di partecipazione all’opera di risocializzazione deve avere sempre una prospettiva possibile di libertà. Ci auguriamo - conclude il presidente di Antigone - che il legislatore tenga conto di questa sentenza modificando le norme penitenziarie e i suoi inaccettabili automatismi”. La sentenza della Corte non implica la liberazione di Viola, ma l’Italia dovrà pagargli 6mila euro di spese. Il verdetto, in assenza di ricorsi, sarà definitivo tra tre mesi. L’Italia era già stata condannata da Strasburgo per il regime del 41 bis: a ottobre 2018 era arrivata la condanna per la decisione di rinnovare l’applicazione del regime speciale di detenzione del 41bis a Bernardo Provenzano, dal 23 marzo 2016 fino alla sua morte, il 13 luglio dello stesso anno. Il tema dell’ergastolo ostativo era emerso in particolare prima della riforma dell’ordinamento penitenziario e dopo la sentenza della Corte Costituzionale che, nel 2018, aveva dichiarato incostituzionale negare i benefici ad alcune categorie di detenuti ergastolani. Corte Strasburgo: “Con l’ergastolo l’Italia viola i diritti umani” di Raffaello Binelli ilgiornale.it, 13 giugno 2019 La Corte europea dei diritti umani nella sentenza sul caso di Marcello Viola stabilisce che è “inammissibile privare le persone della libertà senza impegnarsi per la loro riabilitazione e senza fornire la possibilità di riconquistare quella libertà in una data futura”. La dicitura “fine pena mai” deve scomparire dai certificati dei detenuti. Secondo la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, infatti, le disposizioni che regolano l’ergastolo ostativo violano l’articolo 3 della Convenzione europea sui diritti umani (divieto di trattamenti degradanti e inumani) e il generale rispetto della dignità umana, alla base della Convenzione stessa. Va vediamo nello specifico cosa è stato scritto nella sentenza della Corte, che si è occupata del caso di Marcello Viola, condannato all’ergastolo a fine anni ‘90 per i reati di associazione mafiosa, omicidi e rapimenti, a cui sono state respinte le richieste di uscita dal carcere, nonostante l’accertata buona condotta e un cambio positivo della sua personalità. Secondo i giudici, che hanno condannato l’Italia al pagamento di seimila mila euro a Viola per i costi legali, “è inammissibile deprivare una persona delle sue libertà, senza tendere alla sua riabilitazione e offrirgli la possibilità di riottenere la libertà in futuro”. L’ergastolo ostativo, infatti, tra le altre cose prevede che il condannato non possa ottenere alcuno sconto di pena e permessi d’uscita, a meno che non collabori con la giustizia. Questa scelta, però, - fa notare la Corte di Strasburgo - non è “libera”, perché alcuni condannati hanno paura che l’eventuale collaborazione possa mettere “in pericolo la loro vita e quella dei loro familiari”; inoltre, collaborare non implica automaticamente che il condannato “non sia più fedele a valori criminali o abbia tagliato i legami con organizzazioni di tipo mafioso”. È doveroso precisare che la decisione di Strasburgo non comporta la liberazione di Viola, di cui i giudici non negano la gravità dei reati commessi. Viola è stato condannato all’ergastolo e le restrizioni previste dal 41 bis per omicidi con le aggravanti legate alle attività di Cosa nostra. Corte Strasburgo: con ergastolo ostativo l’Italia viola i diritti umani rainews.it, 13 giugno 2019 Secondo la Corte europea dei diritti umani l’ergastolo ostativo, il cosiddetto ‘fine pena mai’, è contrario all’articolo tre della Convenzione europea per i diritti umani Tweet 13 giugno 2019 Le disposizioni che in Italia regolano la pena dell’ergastolo ostativo, più comunemente noto con l’espressione “fine pena mai”, violano l’articolo 3 della Convenzione europea sui diritti umani (divieto di trattamenti degradanti e inumani) e il generale rispetto della dignità umana, alla base della Convenzione stessa. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, nella sentenza sul caso Marcello Viola, condannato all’ergastolo a fine anni ‘90 per i reati di associazione mafiosa, omicidi e rapimenti e che si è visto respingere le richieste di uscita dal carcere, nonostante l’accertata buona condotta e un cambio positivo della sua personalità. I giudici, che hanno condannato l’Italia al pagamento di 6 mila euro a Viola per i costi legali, hanno stabilito che “è inammissibile deprivare una persona delle sue libertà, senza tendere alla sua riabilitazione e offrirgli la possibilità di riottenere la libertà in futuro”. L’ergastolo ostativo, infatti, prevede tra e altre cose che il condannato non possa ottenere, come gli altri detenuti, nessun sconto di pena e permessi d’uscita, a meno che non collabori con la giustizia. Questa scelta, però, - fa notare la Corte di Strasburgo - non è “libera”, perché alcuni condannati hanno paura che questo “metta in pericolo la loro vita e quella dei loro familiari”; inoltre, collaborare non implica automaticamente che il condannato “non sia più fedele a valori criminali o abbia tagliato i legami con organizzazioni di tipo mafioso”. La decisione di Strasburgo non comporta la liberazione di Viola, di cui i giudici non negano la gravità dei reati commessi. “Un pronunciamento storico”. Così Nessuno tocchi Caino, l’associazione da anni impegnata con il Partito Radicale per l’abolizione dell’ergastolo ostativo, definisce la sentenza della Corte Europea per i Diritti Umani (Cedu) sul caso di Marcello Viola vs Italia. “La Corte ha infatti affermato che l’ergastolo ostativo è contrario all’articolo 3 della Convenzione europea per i diritti umani che vieta i trattamenti e le punizioni inumane e degradanti - sottolinea Nessuno tocchi Caino - Secondo la Corte infatti, l’ergastolo ostativo è una forma di punizione perpetua incomprimibile. Con questa sentenza la Cedu svuota l’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario, che prevede uno sbarramento automatico ai benefici penitenziari, alle misure alternative al carcere e alla liberazione condizionale in assenza di collaborazione con la giustizia”. “La Cedu fa cadere la collaborazione con la giustizia ex articolo 58 ter o.p, come unico criterio di valutazione del ravvedimento del detenuto - aggiunge Nessuno tocchi Caino - La Corte considera inoltre questo un problema strutturale dell’ordinamento italiano e chiede che si metta mano alla legislazione in materia”. Per Sergio d’Elia, segretario di Nessuno tocchi Caino: ‘‘Il successo alla Corte Edu è il preludio di quel che deve succedere alla Corte Costituzionale italiana che il 22 ottobre discuterà l’ergastolo ostativo a partire dal caso Cannizzaro, nel quale Nessuno tocchi Caino è stato ammesso come parte interveniente”. “Il pensiero non può che andare a Marco Pannella, al suo Spes contra Spem che ci ha animati e nutriti in questi anni, e ai detenuti di Opera protagonisti del docu-film di Ambrogio Crespi ‘Spes contra Spem - Liberi dentro’ che contro ogni speranza sono stati speranza, con ciò liberando oltre che se stessi anche le menti dei giudici di Strasburgo’’, conclude. “Fine pena mai”, Strasburgo condanna l’Italia adnkronos.com, 13 giugno 2019 Secondo la Corte europea dei diritti umani l’ergastolo ostativo, il cosiddetto ‘fine pena mai’, è contrario all’articolo tre della Convenzione europea per i diritti umani che vieta i trattamenti e le punizioni inumane e degradanti. La sentenza della Corte di Strasburgo è relativa al caso di Marcello Viola, condannato all’ergastolo per associazione mafiosa, omicidi e rapimenti. La sentenza non comporta la liberazione di Viola, ma l’Italia è condannata a pagargli 6mila euro di spese legali. “Sull’ergastolo ostativo, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, nel caso Viola, ha preso una decisione di grande rilievo stabilendo che la dignità umana viene prima, sempre” commenta Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. “La dignità umana è un bene che non si perde mai - aggiunge Gonnella - La Corte ribadisce un principio che i più grandi giuristi italiani avevano già espresso, ossia che sono inaccettabili gli automatismi (assenza di collaborazione) che precludono l’accesso ai benefici. Una persona che dia prova di partecipazione all’opera di risocializzazione deve avere sempre una prospettiva possibile di libertà. Ci auguriamo - ha concluso il presidente di Antigone - che il legislatore tenga conto di questa sentenza modificando le norme penitenziarie e i suoi inaccettabili automatismi”. Di “pronunciamento storico” parla Nessuno tocchi Caino, l’associazione da anni impegnata con il Partito Radicale per l’abolizione dell’ergastolo ostativo. “Con questa sentenza la Cedu svuota l’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario, che prevede uno sbarramento automatico ai benefici penitenziari, alle misure alternative al carcere e alla liberazione condizionale in assenza di collaborazione con la giustizia. La Cedu fa cadere la collaborazione con la giustizia ex articolo 58 ter o.p, come unico criterio di valutazione del ravvedimento del detenuto - aggiunge Nessuno tocchi Caino - La Corte considera inoltre questo un problema strutturale dell’ordinamento italiano e chiede che si metta mano alla legislazione in materia”. Per Sergio D’Elia, segretario di Nessuno tocchi Caino, “il successo alla Corte Edu è il preludio di quel che deve succedere alla Corte Costituzionale italiana che il 22 ottobre discuterà l’ergastolo ostativo a partire dal caso Cannizzaro, nel quale Nessuno tocchi Caino è stato ammesso come parte interveniente”. Ergastolo ostativo: la Corte Europea per i diritti umani condanna l’Italia di Chiara Surano thesocialpost.it, 13 giugno 2019 La Corte europea dei diritti dell’uomo ha emesso sentenza ed è contro l’Italia. Nel mirino dei giuristi c’è il già discusso ergastolo ostativo, ben diverso dall’ergastolo semplice, un problema che risorge insieme al nome di Marcello Viola. Ergastoli ed ergastoli - A richiamare l’Italia sono stati i giuristi di Strasburgo che ritornano su un argomento certo non nuovo alle discussioni: l’ergastolo ostativo. Secondo quanto pronunciato dai giuristi della Corte di Strasburgo, attraverso una sentenza, l’ergastolo ostativo - previsto dalla legge italiana - violerebbe il terzo articolo della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali: “nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”. Strasburgo condanna l’Italia - A portare a galla il dibattito sull’ergastolo ostativo è la sentenza emessa dalla Corte di Strasburgo in ambito Marcello Viola, in carcere dagli anni ‘90 e condannato all’ergastolo ostativo per associazione mafiosa, omicidi e rapimenti. Quello che viene imputato all’Italia è la violazione dei diritti previsti dalla convenzione per come l’ergastolo ostativo stesso è strutturato. Al contrario dell’ergastolo semplice, l’ergastolo ostativo (anche chiamato “fine pena mai”) non consente al condannato di usufruire di quei benefici quali permessi premio, assegnazione del lavoro all’esterno, misure alternative alla detenzione che sono invece previste all’ergastolano semplice che, generalmente, non sconta mai in toto la sua condanna. L’incostituzionalità imputata all’ergastolo ostativo - L’ergastolo ostativo è la massima pena prevista per reati particolarmente gravi quali terrorismo e associazione mafiosa, come nel caso di Marcello Viola. L’unico caso in cui l’ergastolo ostativo può essere derubricato ad ergastolo semplice prevede la collaborazione con la giustizia da parte del condannato, solitamente chiamati per l’appunto “pentiti”. Italia condannata a 6mila euro di risarcimento - Come già fatto notare da numerosi costituzionalisti ante sentenza, l’ergastolo ostativo entrerebbe in contrasto con il principio della rieducazione della pena, divenendo dunque incostituzionale. È questo il motivo per cui l’Italia è stata condannata quest’oggi dalla Corte Europea a versare 6mila euro, i costi delle spese legali, a Marcello Viola che non otterrà però la liberazione. La Corte europea dei diritti umani boccia la legge dell’Italia sull’ergastolo di Laura Melissari tpi.it, 13 giugno 2019 La Corte europea dei Diritti umani ha chiesto all’Italia di rivedere la legge sull’ergastolo. Secondo la Corte di Strasburgo, la legge italiana viola il diritto dei condannati a non essere sottoposti a trattamenti inumani e degradanti. Se non vi saranno ricorsi, la sentenza della Cedu, sarà definitiva tra tre mesi. La decisione di Strasburgo arriva in seguito al caso di Marcello Viola, condannato per associazione mafiosa, omicidi e rapimenti, in carcere dall’inizio degli anni Novanta. L’Italia deve versare 6mila euro per i costi legali a Marcello Viola. L’associazione ‘Nessuno tocchi Caino’ definisce la sentenza della Corte Europea per i Diritti Umani sull’ergastolo ostativo un “pronunciamento storico”. “Secondo la Corte l’ergastolo ostativo è una forma di punizione perpetua incomprimibile. Con questa sentenza la CEDU svuota l’art 4 bis dell’ordinamento penitenziario, che prevede uno sbarramento automatico ai benefici penitenziari, alle misure alternative al carcere e alla liberazione condizionale in assenza di collaborazione con la giustizia. La CEDU fa cadere la collaborazione con la giustizia ex art 58 ter o.p, come unico criterio di valutazione del ravvedimento del detenuto. La Corte considera inoltre questo un problema strutturale dell’ordinamento italiano e chiede che si metta mano alla legislazione in materia”. “Il successo alla Corte EDU è il preludio di quel che deve succedere alla Corte Costituzionale italiana che il 22 ottobre discuterà l’ergastolo ostativo a partire dal caso Cannizzaro, nel quale Nessuno tocchi Caino è stato ammesso come parte interveniente - spiega il segretario Sergio d’Elia -. Il pensiero non può non andare che a Marco Pannella, al suo Spes contra Spem che ci ha animati e nutriti in questi anni, e ai detenuti di Opera protagonisti del docu-film di Ambrogio Crespi “Spes contra Spem - Liberi dentro” che contro ogni speranza sono stati speranza, con ciò liberando oltre che se stessi anche le menti dei giudici di Strasburgo”. L’ergastolo nell’ordinamento italiano è regolato dall’articolo 17 e seguenti del codice Penale. L’articolo 22 C.p. dice che “la pena dell’ergastolo è perpetua, ed è scontata in uno degli stabilimenti a ciò destinati, con l’obbligo del lavoro e con l’isolamento notturno”.