Bonafede “Giustizialista? No, seguo solo il contratto. Pronta la riforma del civile” di Liana Milella La Repubblica, 26 novembre 2018 Libertà di stampa e giustizia. Lei Alfonso Bonafede è il Guardasigilli. Non si sente chiamato a garantire anche la nostra libertà nel rispetto, appunto, dei principi di giustizia e trasparenza? “Per me tutte le istituzioni devono partire dal presupposto che la libertà di stampa è una delle colonne portanti della democrazia moderna”. Sì, ma gli attacchi pesanti fatti da Di Maio e Di Battista non vanno in senso opposto? “Assolutamente no, perché un conto è la libertà di stampa che è sacrosanta, altro è l’invenzione di fatti e notizie creati ad arte per attaccare una forza politica. Dirò di più, i giornalisti bravi che credono nel diritto alla buona informazione devono criticare e isolare quelli che spacciano notizie false. Qui sta il confine”. Alla Camera lei ha ricordato la battaglia di M5S contro la riforma della Costituzione del Pd. Ha letto Zagrebelsky? Certo che non si vada verso la distorsione dei principi costituzionali nella politica sull’immigrazione? “Assolutamente no. Stiamo dimostrando con i fatti di amare la Carta e di considerarla la stella polare. Ne ho parlato proprio perché grazie a quella difesa oggi la doppia lettura delle leggi ci darà la possibilità di eliminare la norma sul peculato”. Oggi verrà messa la fiducia sul decreto sicurezza, strategico per la Lega, ma indigesto per molti di voi. Non è troppo alto il prezzo per avere in cambio la sua legge “spazza corrotti”? “Sono due provvedimenti del tutto differenti. M5S non ha pagato alcun prezzo per avere una legge che contiene battaglie per noi storiche, come il Daspo, l’agente sotto copertura, la trasparenza dei partiti. Il dl sicurezza viaggia su un binario differente, a cui abbiamo contribuito condividendo la versione finale. Non c’è alcun baratto con la Lega sui nostri valori”. Ma il vostro dissenso al Senato e alla Camera era evidente... “Ci mancherebbe. Possono esserci persone che la pensano in modo diverso, ma poi prevale la sintesi politica, perché ai cittadini interessa sapere come la pensa M5S, e alla fine si vota compatti”. È democratico espellere chi ha un’opinione diversa? “Sono i probiviri a prendere le decisioni disciplinari. Io non mi esprimo, ma considero poco rispettoso per la maggioranza andare per la propria strada. E dire il governo va avanti, ma a me questa norma non piace. Se tutti facessero così sarebbe il caos nel Movimento e nel Paese. Non siamo il Pd, non abbiamo e non avremo mai correntine interne”. Ce la farà con l’anticorruzione per fine 2018? “Sì, certamente. Il messaggio del governo sulla legalità è molto forte. Dopo anni in cui la giustizia veniva messa alla fine dell’agenda politica, o utilizzata pro o contro Berlusconi senza produrre nulla, ora è fuori dal pantano del dibattito politico e guarda ai cittadini”. Lasciamo stare gli slogan. È vero semmai che un anno per riformare il processo penale è troppo poco. “Non le permetto di parlare di slogan. È oggettivo che per vent’anni la giustizia era pro o contro Berlusconi. Comunque conto di impiegare anche meno. Ho già incontrato avvocati e magistrati per le basi del lavoro futuro. Tra dieci giorni li riconvoco. Non c’è un secondo da perdere”. L’emendamento sul peculato, che salva i leghisti sotto processo, non è come le norme ad personam di Berlusconi? “Innanzitutto non mi piace una domanda in cui si ricordano logiche che sono da prima e seconda Repubblica. Quella norma è sbagliatissima, sarà cancellata al Senato e la legge sarà approvata un mese prima del previsto senza di essa”. Lo sa che molti leghisti flirtano con Forza Italia e non vedono l’ora di fare un governo con loro? “Sono voci di corridoio che mi rifiuto di commentare. La Lega è stata un interlocutore serio anche per la legge anticorruzione”. Lei è un avvocato, ma gli avvocati sono in rivolta. I magistrati perplessi. Non la imbarazza? “No, perché gli uni e gli altri sono consapevoli che il rinvio al 2020 nasce dal dialogo con loro. Ma soprattutto sanno che la giustizia non può continuare a essere quella di oggi perché tra dieci anni avremo pure giudici, avvocati e cancellieri bravissimi, ma i cittadini non vorranno più entrare in un tribunale”. Come si sente quando la definiscono un giustizialista populista? “Chi lo dice non mi conosce e non guarda le leggi che stiamo approvando. Il fatto che voglia rispettare il contratto di governo non vuol dire essere populista, ma rispettare gli impegni presi con i cittadini. Capisco che in Italia non tutti sono abituati a questa idea di politica. Giudici e avvocati sono in via Arenula quasi ogni settimana e non credo che ciò sia avvenuto in passato”. Le norme sui partiti, vera trasparenza, o i pagamenti saranno frazionati, nulla andrà sui siti e non ci saranno le sanzioni? “La legge è chiarissima. Trasparenza per tutti i contributi ai partiti, anche frazionati, oltre i 500 euro. E questo vale pure per associazioni e fondazioni collegate ai partiti. Una rivoluzione, perché i cittadini potranno sapere chi li finanzia e capire di conseguenza che leggi faranno”. E l’associazione Rousseau? Dovrà sottostare alle stesse regole o come accusa l’opposizione sarà legibus soluta? “Lanciano accuse perché non hanno letto la legge. Rousseau è compresa nelle norme dell’articolo 11, ma già oggi adempie alle stesse regole di trasparenza pur senza esserne obbligata per legge”. Presenterà la riforma del processo civile? “Sì, la riforma sarà online a fine settimana. Prevede un processo veloce garantendo i diritti dei cittadini. Per le cause che lo consentono, senza istruttoria, il processo potrà durare una o due udienze al massimo. Se un imprenditore deve recuperare un credito, e c’è un’opposizione palesemente dilatoria, avremo un processo flessibile che può durare pochissimo”. Ci fa un esempio? “Oggi ci sono l’atto di citazione e il ricorso, in futuro ci sarà solo il ricorso. Sarà rilanciata la figura dell’avvocato perché addirittura è previsto che, nei casi di negoziazione assistita, sarà valorizzata la testimonianza o la produzione di documenti nel contraddittorio dei due legali prima che inizi la causa. In giudizio ci andrà non chi vuole perdere tempo, ma chi vuole tutelare un proprio diritto”. Non si rischia un processo per ricchi e per chi può permettersi avvocati di peso? “È esattamente il contrario, perché si ridurrà il tempo in cui si sta in tribunale, e quindi il costo della causa sarà inferiore”. Le denunce delle donne: codice rosso di Alessandro Farruggia Il Giorno, 26 novembre 2018 Le denunce per maltrattamenti subito davanti al pm. La donna dovrà essere sentita entro tre giorni. Il premier: “Corsia preferenziale per Le indagini”. Domani il disegno di legge in Consiglio dei ministri. “D’accordo con i ministri Bonafede e Bongiorno martedì (domani per chi legge, ndr) approveremo in Consiglio dei ministri il Codice rosso. Offriremo una corsia preferenziale alle denunce, imporremo indagini più rapide”, annuncia il premier Giuseppe Conte. “Non c’è più tempo da perdere - conferma il Guardasigilli Alfonso Bonafede. Abbiamo già presentato il disegno di legge sul Codice rosso con il ministro Giulia Bongiorno e Michelle Hunziker, fondatrici dell’associazione Doppia Difesa ispiratrice del provvedimento. Come avviene al pronto soccorso, alle denunce delle donne per maltrattamenti, violenza sessuale, atti persecutori e lesioni aggravate commessi in contesti familiari o di semplice convivenza, sarà applicato un codice rosso. La denuncia sarà portata direttamente sulla scrivania del pm che avrà un termine ristrettissimo - 3 giorni - per sentire la donna. E la polizia giudiziaria dovrà dare priorità alle indagini”. Il “Codice Rosso per dare priorità assoluta all’esame delle denunce di donne maltrattate, minacciate o molestate è un mio impegno, andrò fino in fondo”, twitta il ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Che vi fosse bisogno di un cambio di passo è convinzione di tutti. “Nel nostro Paese - ha ricordato il Capo dello Stato, Sergio Mattarella - il fenomeno della violenza sulle donne è ancora tragicamente alto e la sua denuncia ancora troppo reticente. Si devono favorire le condizioni, per superare questo ostacolo”. E quello che si sta cercando di fare da anni con risultati insufficienti, prima con le modifiche al codice del 2009 e del 2013 e per ultimo con il piano strategico nazionale sulla violenza contro le donne approvato nel 2017. Punto chiave del ddl Codice Rosso dicono i tecnici del ministero della Giustizia, è infatti “l’introduzione di una corsia preferenziale alle denunce di violenza in cui si ravvisano seri pericoli per l’incolumità della donna”. Tra i punti del ddl c’è la modifica dell’articolo 347 del codice, “con la previsione dell’obbligo della polizia giudiziaria di comunicare immediatamente al pm le notizie di reato acquisite se riguardano delitti di maltrattamenti, violenza sessuale, atti persecutori e lesioni aggravate commessi in contesti familiari o di semplice convivenza, senza alcuna discrezionalità sulla sussistenza dell’urgenza”. La ratio è quella di avviare tempestivamente la procedura, potendo adottare provvedimenti “protettivi o di non avvicinamento” prima dell’irreparabile. Si prevede anche l’ascolto della vittima da parte del pm entro 3 giorni dall’avvio del procedimento e l’integrazione dell’articolo 370 del Codice, “obbligando la polizia giudiziaria a dare priorità allo svolgimento delle indagini delegate dal pm, senza valutazioni discrezionali sull’urgenza, quando si vena in tema di reati come maltrattamenti, violenza sessuale, lesioni aggravate commessi in ambito familiare”. Per stabilire una priorità della trattazione dei procedimenti penali si era ripetutamente modificato nel tempo il codice di procedura penale, per ultimo con la legge 161/2017, ma di fatto la disposizione acceleratrice ha sì stabilito previsioni di indirizzo, ma prive di efficacia cogente restando la determinazione dei ruoli di udienza nel potere ordinatorio del giudice. Misure cautelari: l’ordinanza sul riesame può integrare la motivazione del primo giudice di Giuseppe Amato Il Sole 24 Ore, 26 novembre 2018 Cassazione - Sezione V penale - Sentenza 8 ottobre 2018 n. 44930. Anche a seguito delle modifiche apportate agli articoli 292e 309 del codice di procedura penale dalla legge 16 aprile 2015 n. 47, l’ordinanza che decide sulla richiesta di riesame può integrare l’eventuale carenza o insufficienza della motivazione di quella adottata dal primo giudice, salve le ipotesi di motivazione mancante o apparente, ovvero priva dell’autonoma valutazione delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa, in quanto, ricorrendo tali ipotesi, il tribunale del riesame è tenuto ad annullare il provvedimento impositivo della misura. Lo dice la Cassazione con la sentenza n. 44930dell’8 ottobre 2018. Per l’effetto, è apparente la motivazione quando il tribunale del riesame, di fronte all’eccezione difensiva relativa alla mancanza di un’autonoma valutazione da parte del Gip dei requisiti normativi previsti per l’adozione della misura coercitiva, confermi il provvedimento cautelare limitandosi ad affermare, in modo generico e sintetico, che il giudice, “in più parti”, ha inserito le proprie conclusioni e indicato gli elementi valutativi, senza precisare in quali punti, passaggi o pagine dell’ordinanza possa rinvenirsi l’autonoma valutazione che l’articolo 292 del codice di procedura penale richiede a pena di nullità. Il principio, peraltro, vale anche per l’ipotesi inversa, onde è parimenti apparente la motivazione quando il tribunale del riesame, investito dell’eccezione difensiva relativa alla mancanza di un’autonoma valutazione da parte del giudice che ha applicato la misura cautelare degli elementi forniti dalla difesa, annulli il provvedimento cautelare senza specificare, nel loro contenuto, gli elementi di fatto che, rappresentati dalla difesa, non sono stati tenuti nel dovuto conto dal giudice procedente (nella specie, accogliendosi il ricorso del pubblico ministero, è stata così annullata con rinvio l’ordinanza del tribunale del riesame che, con argomentazioni definite “di stile”, aveva a sua volta annullata l’ordinanza cautelare, limitandosi a affermare che in questa non erano stati valutati gli elementi di fatto valorizzati dalla difesa, senza neppure indicarli). È vero che, in materia di misure cautelari personali, l’obbligo di esporre i motivi per i quali non sono ritenuti rilevanti gli elementi addotti dalla difesa, è imposto sia al giudice che emette l’ordinanza sia al tribunale della libertà che rigetta la richiesta di riesame, allorché tali elementi siano prospettati dinanzi a quest’ultimo (sezione VI, 13 giugno 2017, Romeo; nonché, sezione I, 15 novembre 2011, Borgnis). Ma è anche vero - e in questa prospettiva si è posta la sentenza massimata - che la previsione dell’obbligo di esporre e valutare in modo autonomo “gli elementi forniti dalla difesa” riguarda gli elementi di fatto o, comunque, gli elementi su di essi fondati, e non le mere deduzioni o le dichiarazioni che si limitino a esporre ricostruzioni alternative, magari fantasiose o del tutto avulse dalle risultanze probatorie: perché, al contrario, l’onere motivazionale si disperderebbe in inutili e defatiganti considerazioni prive di riferimenti fattuali, con pregiudizio per la stessa comprensibilità della motivazione (così, sezione III, 8 marzo 2016, Barra e altri). Contro la corruzione messa alla prova allargata di Chiara Bussi e Bianca Lucia Mazzei Il Sole 24 Ore, 26 novembre 2018 Il nome in codice è Dpa, dall’acronimo inglese. Sta per “Deferred prosecution agreement”: un accordo tra l’autorità inquirente e un’azienda nel mirino per rinviare il processo per corruzione. E per sospenderlo se l’impresa si impegna a collaborare, a risarcire il danno e ad avviare un piano di “rieducazione”. Lo strumento - come mostra la fotografia scattata dal Sole 24 Orecon il contributo di Hogan Lovells sui sistemi di prevenzione messi in campo da cinque big mondiali - esiste dagli anni 90 negli Usa, è stato introdotto nel 2013 nel Regno Unito e nel 2016 anche in Francia con la “legge Sapin”. In Italia invece una misura simile esiste solo per le persone fisiche. Si tratta della messa alla prova che, nata per i minori, è stata poi estesa agli adulti. Nulla però per le imprese - neppure nel disegno di legge anticorruzione all’esame del Parlamento. “Ma - fa notare Francesca Rolla, socio di Hogan Lovells e responsabile del dipartimento italiano di litigation e investigation - con alcuni correttivi potrebbe essere introdotta anche nel nostro Paese. È uno strumento innovativo che incentiva la cultura della trasparenza e della collaborazione tra imprese e pubblica autorità, permette di risparmiare risorse pubbliche e può contribuire a ridurre le conseguenze reputazionali per l’impresa coinvolta”. Il Dpa piace anche all’Anac, l’autorità nazionale anticorruzione. “Prevedere una messa alla prova dell’ente anche per fatti di corruzione - dice Nicoletta Parisi, consigliere Anac e professore di diritto internazionale -, che porti all’estinzione del reato al termine di un periodo concordato durante il quale viene attuato un programma di risanamento e versato un risarcimento del danno, potrebbe essere molto utile”. Molteplici i vantaggi. “L’ente - continua Parisi - evita processo e sanzioni, l’attività d’impresa è salva e con essa la manodopera, il danneggiato viene risarcito”. L’ipotesi del Dpa incontra anche il favore delle imprese: secondo Confindustria sarebbe infatti uno strumento che potrebbe “riequilibrare l’approccio troppo spostato sulla repressione del Ddl anticorruzione”. L’occasione per introdurre lo strumento potrebbe essere proprio la futura legge “spazza corrotti” che per via delle frizioni all’interno della maggioranza gialloverde deve ancora arrivare a un’approvazione definitiva. Strumento per prevenire - Dove esiste, il Dpa è uno dei fiori all’occhiello della prevenzione. Negli Usa gli accordi conclusi sono stati circa 30 all’anno negli ultimi dieci anni e lo strumento esiste anche per le persone fisiche. Nel Regno Unito uno dei più noti ha portato Rolls Royce al pagamento di oltre 400 milioni di sterline nel gennaio 2017. Due, invece, gli accordi finora in Francia. Più in generale dal Duemila i big mondiali hanno alzato il tiro contro la corruzione, puntando proprio sulla cultura della prevenzione. Una tendenza partita dalle raccomandazioni delle organizzazioni internazionali, come l’Onu (con la Convenzione di Merida del 2003) il Consiglio d’Europa (attraverso il Greco, il Gruppo di Stati contro la corruzione) e l’Ocse. “Si è posto l’accento - aggiunge Rolla - sulla responsabilità diretta delle società, sulla conseguente opportunità di sistemi di prevenzione e controllo della corruzione sempre più efficaci e sulla diffusione di una cultura della trasparenza”. Così nel corso degli anni i cinque Paesi considerati hanno creato un’Autorità ad hoc, introdotto norme sul conflitto di interessi e sulla responsabilità amministrativa e penale delle società. Fino alla normativa sul “whistleblowing” nel settore privato, assente solo in Spagna. “L’Italia - dichiara Virginio Carnevali, presidente di Transparency International Italia - dalla legge Severino in poi ha fatto molti passi avanti”. Nell’ultima classifica dell’Organizzazione la posizione del nostro Paese (che resta 54esima su 180), risulta migliorata. “La situazione normativa - conclude Carnevali - è adeguata, ma i processi restano ancora troppo lunghi”. Tenuità del fatto, valida anche in presenza di mere denunce o precedenti di Giuseppe Amato Il Sole 24 Ore, 26 novembre 2018 Cassazione - Sezione IV penale - Sentenza 15 novembre 2018 n. 51526. La mera presenza di denunzie nei confronti dell’imputato o di “precedenti di polizia”, di cui si ignora l’esito, non può, di per sé, costituire elemento ostativo al riconoscimento dell’applicabilità della causa di non punibilità di cui all’articolo 131-bis del Cp. Per la Cassazione, sentenza 15 novembre 2018 n. 51526, il giudice, ove risultino in atti denunzie o precedenti di polizia, ove sollecitato dalla difesa o anche di ufficio, deve verificare l’esito di tali segnalazioni, per trarne l’esistenza di eventuali concreti elementi fattuali che dimostrino, in ipotesi, la abitualità del comportamento dell’imputato. In termini, sezione III, 22 febbraio 2017, El Aidi, dove si è affermato che, ai fini della declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto, è ravvisabile il comportamento “abituale”, ostativo all’applicabilità dell’istituto, quando l’autore ha commesso, anche successivamente, più reati (dunque almeno due) della stessa indole, oltre quello oggetto del procedimento (cfr. sezioni Unite 25 febbraio 2016, Tushaj, laddove si è precisato che il giudice può fare riferimento non solo alle condanne irrevocabili e agli illeciti sottoposti alla sua cognizione - nel caso in cui il procedimento riguardi distinti reati della stessa indole, anche se tenui - ma anche ai reati in precedenza ritenuti non punibili ex articolo 131-bis del codice penale). Al contrario, deve escludersi che a tal fine, per ritenere cioè la causa ostativa, possa farsi riferimenti all’esistenza di mere “denunce” ormai risalenti, in ordine al cui “destino” nulla risulti accertato o chiarito, senza neppure allegare se sia stato dato corso a un procedimento penale ovvero se vi sia stato un accertamento giudiziale. Proprio da queste premesse, in quell’occasione la Corte, accogliendo il ricorso di un imputato del reato di cui all’articolo 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, ha annullato con rinvio la sentenza di merito che aveva negata l’applicabilità della causa di non punibilità motivando genericamente sul fatto che a carico del medesimo vi erano “plurime denunce” per reati inerenti gli stupefacenti, ma nulla avendo precisato circa la relativa sorte. Reati di vilipendio alla nazione e rapporto con libertà tutelate dalla Costituzione Il Sole 24 Ore, 26 novembre 2018 Delitti contro la personalità interna dello Stato - Vilipendio o danneggiamento alla bandiera - Prestigio dello Stato e dei suoi emblemi - Bene costituzionalmente tutelato - Preminenza rispetto altri valori costituzionalmente protetti. Deve escludersi che la libertà di espressione del pensiero, come pure l’esercizio del diritto di critica possano avere efficacia scriminante rispetto a condotte di vilipendio o manifestazioni di disprezzo nei confronti di emblemi o simboli dello Stato, come la bandiera nazionale. Nel caso di specie, in cui agli imputati era stato contestato di avere dato fuoco alla bandiera italiana nel corso di una manifestazione di protesta, i giudici hanno ritenuto tale condotta esplicita e consapevole manifestazione di gratuito disprezzo e svilimento dell’emblema, la cui reputazione e onore, insieme allo Stato e alle sue istituzioni, sono oggetto della tutela penale e di diritti tutelati costituzionalmente, al cui interno anche la libertà di opinione trova i suoi limiti. • Corte di cassazione, sezione I penale, sentenza 16 novembre 2018 n. 51859. Delitti contro la personalità interna dello Stato - Vilipendio della nazione - Elemento soggettivo del reato - Dolo generico. L’elemento soggettivo del delitto di vilipendio della Repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle forze armate consiste nel dolo generico, e quindi nella coscienza e volontà di esprimere offensivi e aggressivi giudizi nei confronti delle istituzioni tutelate, con l’intenzione di produrre l’evento costituito dalla pubblica manifestazione di disprezzo delle stesse, con conseguente irrilevanza dei motivi particolari che possano aver indotto l’agente a commettere consapevolmente il fatto vilipendioso addebitato. • Corte di cassazione, sezione I penale, sentenza 17 gennaio 2018 n. 1903. Vilipendio - Della Repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle forze armate - Della nazione e dell’arma dei carabinieri - Configurabilità - Fattispecie di responsabilità penale dell’imputato per aver contestato l’operato dei carabinieri che avevano rilevato a suo carico un’infrazione al codice della strada. II reato di vilipendio della nazione italiana, previsto dall’art. 291 c.p., non si pone in contrasto con gli artt. 3, comma primo, 21, comma primo, e 25, comma secondo, della Costituzione ed è da ritenere sufficiente, per la sua configurabilità, che l’agente adotti, con coscienza e volontà, espressioni di ingiuria o di disprezzo atte a ledere il prestigio e l’onore della collettività nazionale, a prescindere da quelli che possano essere i veri sentimenti da lui nutriti al riguardo. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Corte ha ritenuto che correttamente fosse stata affermata la penale responsabilità dell’imputato in ordine al reato “de quo”, consistito, secondo l’accusa, per avere egli, in luogo pubblico e in presenza di più persone, nel contestare l’operato di una pattuglia di Carabinieri che aveva rilevato a suo carico un’infrazione al codice della strada, adoperato l’espressione “in questo schifo di Italia di m... “). • Corte di cassazione, sezione I penale, sentenza 4 luglio 2013 n. 28730. Reati contro la personalità dello stato - Delitti - Contro la personalità interna dello stato - Vilipendio alla bandiera o ad altro emblema dello stato - Oggetto materiale del vilipendio - Individuazione. Ai fini della sussistenza del delitto di cui all’art. 292 cod. pen. è necessario che la condotta di vilipendio si concretizzi in un atto di denigrazione di una bandiera nazionale e non anche di un’altra cosa che ne riporta i colori. (Fattispecie relativa alla ritenuta sussistenza del reato in riferimento alla bandiera effigiata su un manifesto di propaganda politica). • Corte di cassazione, sezione I penale, sentenza 13 giugno 2011 n. 23690. Reati contro la personalità dello stato - Delitti - Contro la personalità interna dello stato - Vilipendio alla bandiera o ad altro emblema dello stato. La bandiera nazionale è penalmente tutelata dall’articolo 292 cod. pen. non come oggetto in sé (diversamente da quanto si verifica, ad esempio, con riguardo al vilipendio di tombe o di cadavere, per il quale si richiede che la condotta vilipendiosa si concretizzi in atti di materiale manomissione del suo oggetto), ma unicamente per il suo valore simbolico, suscettibile, per sua natura, di essere leso anche da semplici manifestazioni verbali di disprezzo, la cui penale rilevanza, ai fini della configurabilità del reato, richiede quindi soltanto la percepibilità da parte di altri soggetti e non anche la presenza della “res”, da riguardarsi, in quanto tale, come del tutto indifferente. • Corte di cassazione, sezione I penale, sentenza 19 dicembre 2003 n. 48902. Campania: Terra dei fuochi, detenuti e operatori carceri in Giornata preghiera e digiuno agensir.it, 26 novembre 2018 Don Grimaldi (ispettore generale) scrive ai cappellani. Anche nelle carceri della Campania si parteciperà alla Giornata di preghiera e digiuno, voluta, il 29 novembre, da alcuni vescovi della Campania, (Acerra, Aversa, Caserta e Nola), per iniziativa dell’ispettore generale dei cappellani delle carceri italiani, don Raffaele Grimaldi, che, in una lettera inviata oggi ai cappellani degli Istituti per adulti, per minori e delle Scuole di polizia penitenziaria della Regione Campania, chiede di aderire all’iniziativa presa dai vescovi per “dare voce allo scempio della nostra terra, manifestando un senso di impotenza davanti a questo dramma del nostro territorio”. I presuli, scrive don Grimaldi, “chiederanno al popolo di Dio e a tutte le comunità, di dedicare una Giornata di preghiera e di digiuno per non restare in silenzio” perché “c’è il forte rischio che davanti al male che agisce nelle tenebre, si rimanga indifferenti, abituati e rassegnati”. L’invito dell’ispettore generale è “di estendere questa importante e significativa iniziativa ecclesiale in tutte le carceri della nostra amata terra campana, affinché anche da quei luoghi di pena si prenda coscienza che molti, con il loro malaffare, hanno contribuito ad inquinare la nostra terra Campania Felix”. La preghiera, spiega don Grimaldi, serve “per implorare la Misericordia di Dio, perché abbiamo tradito la Sua fiducia, avendo ricevuto nelle nostre mani l’impegno di custodire la bellezza del Suo Creato”; il digiuno “per purificare la nostra vita, le nostre scelte dai continui compromessi che hanno ferito la nostra terra”. “Sono fiducioso nella vostra azione pastorale e sono certo che condividerete questa iniziativa della nostra Chiesa regionale - afferma l’ispettore, rivolgendosi ai cappellani. Vi chiedo quindi, dove è possibile, con i detenuti e operatori tutti, di vivere questa iniziativa nei rispettivi istituti penitenziari di appartenenza, in modo da manifestare non solo la nostra solidarietà e attenzione a questo grave problema, ma anche di vivere, unitamente ai nostri pastori, la preoccupazione per il bene della nostra gente”. Milano: San Vittore, la normalità allo sportello di Luigi Ferrarella Corriere della Sera, 26 novembre 2018 Sanità, istruzione, lavoro: il Garante apre l’ufficio per le pratiche amministrative. Non si perdono i diritti quando si entra in carcere, anzi dal rispetto dei diritti si può ripartire. Ed è estremamente importante che chi si trova privato della libertà personale non si senta abbandonato dalle istituzioni”: per questo è stato aperto anche nel carcere di San Vittore uno sportello del Garante dei detenuti gestito dal Difensore civico regionale, Carlo Lio, proprio per favorire l’accesso ai servizi nei settori dell’anagrafe, sanità, istruzione e lavoro. In concreto lo sportello fornirà un supporto nei rapporti con la pubblica amministrazione, quali il disbrigo di pratiche e documenti necessari nella vita sociale dei detenuti e dei loro familiari. Lo sportello di San Vittore si aggiunge a quelli analoghi già attivi negli istituti milanesi di Opera e Bollate, a Pavia, Voghera, Vigevano e Monza, con quasi cento istanze negli ultimi 4 mesi (contro 48 nel medesimo periodo dello scorso anno). “Obiettivo di questo progetto è proprio avvicinare i detenuti all’istituzione che li tutela, aprendo sportelli direttamente accessibili all’interno del carcere - spiega Lio, ex sindaco di Cinisello Balsamo e già assessore regionale all’Edilizia nell’era Formigoni. È un segnale di vicinanza e di attenzione da parte della Regione. Il mio intento è portare tale servizio di garanzia in tutte le carceri della Lombardia, avviando collaborazioni con gli uffici dei Garanti dei cittadini nei Comuni sedi di case di reclusione”. Saluzzo (Cn): detenuti in protesta, qualche chiarimento dal garante Bruna Chiotti targatocn.it, 26 novembre 2018 Gentile Direttore, ho letto in questi giorni su alcuni giornali articoli sulla protesta dei detenuti del carcere Morandi di Saluzzo. Tali articoli riportavano pari pari le dichiarazioni di alcuni dei Sindacati di Polizia Penitenziaria ma non corrispondono alla realtà dei fatti. È vero, c’è una protesta da parte dei detenuti ma non in riferimento alla cucina interna che è in fase di ristrutturazione e quindi inevitabilmente ha creato disagi ma la protesta riguarda gli spostamenti interni dei detenuti da una sezione all’altra, senza tener conto delle loro legittime richieste sulle modalità di tali spostamenti. La protesta è pacifica anche se rumorosa e consiste nel battere sulle sbarre delle celle con pentolame vario ed è stata decisa dopo un incontro con la Direzione. Penso sia giusto informare l’opinione pubblica sulla corretta realtà dei fatti e non in modo fazioso e strumentale. Grazie. Bruna Chiotti Garante dei diritti delle persone private della libertà personale del carcere di Saluzzo Monza: lettura dietro le sbarre, Comune e carcere sottoscrivono l’accordo di Barbara Apicella seietrenta.com, 26 novembre 2018 Lettura e cultura dietro le sbarre, a Monza è una realtà consolidata: riconfermata la convenzione quinquennale tra il Comune e la casa circondariale di Sanquirico. Nei giorni scorsi l’assessore Pierfranco Maffè e il direttore del carcere Maria Pitaniello, hanno sottoscritto l’accordo che ormai continua da dieci anni offrendo ai detenuti la possibilità di accedere al servizio bibliotecario interno alla casa circondariale come preziosa opportunità di crescita professionale e culturale. Un servizio che conta un patrimonio di 10mila titoli e di 2mila prestati all’anno. Il documento prevede la condivisione delle competenze necessarie ad organizzare e gestire il servizio bibliotecario carcerario, anche attraverso la formazione professionale di alcuni detenuti per lo svolgimento delle attività di catalogazione del patrimonio librario delle biblioteche dell’istituto. Sono inoltre previste anche iniziative culturali, momenti formativi e reali possibilità per alcuni detenuti di svolgere attività presso le biblioteche cittadine. Garantita inoltre l’organizzazione e la gestione del prestito inter-bibliotecario, grazie alla rete territoriale di Brianza Biblioteche che sarà affiancata dall’Associazione monzese “La biblioteca è una bella storia” che già collabora con il Sistema Bibliotecario Urbano in diverse iniziative. “Penso che la lettura, particolarmente in questo luogo assuma un significato profondo - commenta l’assessore Maffè - quale strumento privilegiato di crescita, di apprendimento e di promozione personale anche ai fini di un reinserimento sociale che resta l’obiettivo primario di tutti i soggetti istituzionali coinvolti”. Milano: carcere di Bollate, un asilo nido oltre i confini di Roberta Rampini Il Giorno, 26 novembre 2018 Sperimentazione di inclusione sociale unica nel suo genere, l’esperienza del Centro per l’infanzia e le famiglie Biobab avviata dalla cooperativa Stripes all’interno del carcere di Bollate fa scuola. Per raccontare i risultati di questi tre anni, giovedì si terrà il convegno “Inclusione senza confini”, dalle 9.30 alle 13.30 all’interno della casa di reclusione. L’appuntamento sarà una importante occasione di confronto e condivisione per raccontare le buone prassi sviluppate in questi tre anni con l’intento di fare il punto su quanto realizzato sino ad oggi e promuovere azioni che siano in grado di andare oltre i confini. “In questi anni le famiglie, le istituzioni e il terzo settore si sono incontrate, conosciute e scoperte con l’obiettivo di dare vita a un servizio per l’infanzia dall’impronta fortemente ecologica che facesse da ponte tra il carcere e il territorio - spiegano gli operatori -, l’asilo nido è frequentato da figli degli agenti penitenziari, figli di detenuti e delle famiglie del territorio che crescono serenamente insieme. Bambini dai 3 ai 36 mesi che entrano da cancelli diversi e condividono le stesse esperienze”. Durante il convegno si alterneranno interventi istituzionali e pedagogici a momenti di racconto e testimonianza presentati tramite video e interviste realizzate con gli attori che in questi anni hanno vissuto in prima persona il Biobab: le famiglie e i genitori dei bambini. Oggi i bambini che frequentano Biobab sono 24, la struttura è all’avanguardia sotto vari punti di vista: il cibo proposto è biologico, genuino a chilometro zero, nell’orto didattico i bambini possono sperimentare direttamente il legame con la terra e, grazie alla collaborazione dell’Associazione Salto oltre il muro, entrano a contatto con i cavalli del maneggio aperto nel carcere. L’evento è aperto al pubblico e gratuito; per partecipare è necessario iscriversi inviando la propria richiesta all’indirizzo e-mail mara.colombo@pedagogia.it. Alessandria: “Artiviamoci”: festival delle arti recluse di Marco Madonia alessandrianews.it, 26 novembre 2018 Per scoprire due quartieri “particolari” della città. Dal 7 al 16 dicembre la città ospiterà il la rassegna “Artiviamoci - Le mani e le arti” dedicata alle attività svolte all’interno delle due carceri alessandrine, da poco riunite formalmente sotto un unico istituto. Dalla pittura all’arte contemporanea, dalla fotografia al teatro, ecco il programma degli eventi pensati per osservare il carcere sotto una nuova luce. Il nostro capoluogo ha due quartieri particolari, le due carceri alessandrine: la Casa Circondariale di Piazza don Soria e la Casa di Reclusione di San Michele, oggi riunite nell’unico Istituto di Reclusione “Cantiello e Gaeta”. Le persone di questi due quartieri svolgono quotidianamente molte attività al di là del muro e in città: panetteria, falegnameria, produzione agricola, arte, progetti di pubblica utilità. Per far scoprire ai tanti alessandrini che ancora ignorano questo mondo e offrire un’ulteriore occasione di contatto per chi invece desidera approfondire il tema, nasce, grazie all’impegno dei volontari che operano all’interno degli istituti penitenziari cittadini, il festival “Artiviamoci - Le mani e le arti’, vera e propria “rassegna delle arti recluse”. Il festival Artiviamoci presenterà a tutta la città le opere realizzate dai detenuti all’interno dei laboratori d’arte: la bottega di pittura, l’arte contemporanea, la fotografia, la xilografia e la stampa, il cinema, la letteratura, la ceramica, il teatro. Il programma del festival renderà possibili importanti momenti d’incontro dentro e fuori le mura del carcere, a patto che chi è interessato segnali per tempo i propri dati personali così da essere autorizzato all’ingresso. Il calendario di appuntamenti è ricco e coinvolgerà diversi luoghi: - Casa di Reclusione Cantiello e Gaeta, San Michele - Casa Circondariale Cantiello e Gaeta, piazza Don Soria - Istituto Superiore Saluzzo Plana, via Faà di Bruno, 85 - Comune di Alessandria, Piazza Della Libertà, 1 - Palazzo del Monferrato, via S. Lorenzo, 21 - Sala Affreschi e Chiostro di Santa Maria di Castello, piazza Santa Maria di Castello - Associazione Cultura e Sviluppo Alessandria, piazza F. De André, 76 Il progetto Artiviamoci è sostenuto dalla Compagnia di San Paolo nell’ambito di Progetto Libero 2016. Per informazioni è possibile contattare il coordinatore del festival, Piero Sacchi al numero di telefono 3206173150. Napoli: lavoro nelle carceri e sostegno famiglie, l’arte come strumento di comunicazione ateneapoli.it, 26 novembre 2018 Minori a rischio, carceri, adolescenti. I tre ambiti nel quale si muove “Interventi psicopedagogici nei contesti sociali”, insegnamento tenuto dal prof. Massimo Di Roberto e diretto agli studenti delle Magistrali in Programmazione, amministrazione e gestione delle politiche e dei servizi sociali e in Pedagogia e formazione continua: scuola, comunità, territorio. Il corso, che si è appena concluso, si basa su lezioni frontali e una parte esperienziale - simulazioni e anche incontri con educatori professionali. “Interveniamo nelle relazioni sociali, non come psicologi ma come educatori”, spiega il docente. Gli interventi sono multifattoriali, prevedono una corposa equipe: tra psicologi, dottori, assistenti sociali, avvocati. Quelli psicopedagogici all’interno delle istituzioni penitenziarie sono “finanziati dal Ministero della Giustizia. Il carcere non è solo, come si pensa, un luogo di punizione ma anche rieducativo”, sottolinea il docente forte di una esperienza diretta: “quando ho lavorato in questi ambienti mi sono trovato davanti persone per lo più recidive, che quindi non avevano accettato la sfida del cambiamento, ma erano rimaste bloccate sulle proprie idee perché incapaci di immaginare realtà diverse dalla propria. Bisogna prendersi cura della parte buona che vive in queste persone per potenziarla, o per farla uscire fuori”. Quindi “nelle carceri sono programmati laboratori ad esempio di falegnameria, di pasticceria” ma “non basta... Pakistan. Minacce ad Asia Bibi, è ancora silenzio di Pierluigi Battista Corriere della Sera, 26 novembre 2018 Bisogna insistere, costringere i governi a esprimersi, investire gli organismi internazionali per chiedere come si sta trattando una donna cristiana perseguitata perché cristiana. E che fanno i governi europei, quelli che esibiscono i buoni sentimenti dell’accoglienza, dell’attenzione ai diritti umani? Tacciono, e se si prova a chiedere loro se hanno intenzione di dare una mano alla donna perseguitata di nome Asia Bibi, evitano di rispondere, la retorica dell’accoglienza si affloscia, l’ostentazione dei luminosi valori europei si disintegra nell’ipocrisia. E il governo italiano? Tace, assente, accondiscendente, prigioniero di un cinismo che sembra essere la cifra morale specifica di una coalizione che scambia il valore della sovranità con l’indifferenza assoluta per tutto ciò che accade al di fuori dei confini nazionali. E le forze politiche che sbandierano il rispetto della dignità di ogni donna e di ogni uomo? Tacciono, non sanno come usare Asia Bibi per le loro convenienze. E le organizzazioni internazionali come Amnesty International? Mute, prive di ogni residua credibilità: in passato sembravano sincere nella difesa dei diritti fondamentali, ma adesso sono diventati enti inutili, peccato. I diritti fondamentali di Asia Bibi, la donna cristiana mostruosamente accusata in Pakistan di “blasfemia” solo per essersi dissetata alla stessa fonte dove avevano bevuto donne musulmane, e assolta da un giudice coraggioso (che adesso vive blindato), non sono riconosciuti. Non si sa dove sia Asia Bibi, se sia uscita di prigione o rintanata per non esporsi alle minacce dei fanatici islamisti che in questi giorni stanno dando la caccia ai cristiani del Pakistan come rappresaglia per l’assoluzione. L’avvocato difensore è già fuggito all’estero. Le istituzioni pakistane sono ostaggio dei fondamentalisti che minacciano di mettere a ferro e fuoco il Pakistan se Asia Bibi non verrà impiccata. E nel silenzio internazionale si sta consumando il dramma di una donna minacciata di morte violenta assieme a tutta la sua famiglia e che gli Stati europei, compreso (che vergogna) quello italiano, tengono lontana. In questi giorni si sta decidendo il destino di Asia Bibi, delle minoranze religiose, dei diritti umani fondamentali. Bisogna insistere, costringere i governi a esprimersi, investire gli organismi internazionali per chiedere come si sta trattando una donna cristiana perseguitata perché cristiana. E a salvare la vita di Asia Bibi per non sprofondare nella vergogna. Emirati Arabi. Il presidente al Nahyan grazia 785 detenuti per la festa nazionale Nova, 26 novembre 2018 Il presidente degli Emirati Arabi Uniti, Sheikh Khalifa bin Zayed Al Nahyan, ha ordinato la scarcerazione di 785 detenuti presenti in tutto il paese in vista delle celebrazioni del 47mo anniversario della Giornata Nazionale. La liberazione dei prigionieri e la risoluzione dei loro debiti e multe riflettono l’intenzione del presidente emiratino di concedere ai detenuti “un’altra possibilità per una nuova vita e per alleviare le loro difficoltà familiari”, secondo quanto si legge in una nota dell’agenzia di stampa emiratina “Wam”.